97. Il venditore di medicine

medicine

Il biglietto d’acquistare per “Il venditore di medicine” è: 1)Manco Regalato 2) Omaggio 3) Di Pomeriggio 4)Ridotto 5) Sempre

“Il venditore di medicine” è un film di Antonio Morabito, scritto da Antonio Morabito, Michele Pellegrini e Amedeo Pagani e prodotto da Amedeo Pagani per Classic Srl.(IT) e Peacock Film (CH) e distribuito da Cinecittà Luce.
Con: Claudio Santamaria, Isabella Ferrari, Evita Ciri, Marco Travaglio, Roberto De Francesco, Ignazio Oliva, Giorgio Gobbi, Vincenzo Tanassi, Leonardo Nigro, Ippolito , Chiarella, Alessia Barela, Paolo De Vita, Pierpaolo Lovino.
Chi sceglie di fare il medico decide di mettere sé stesso e le proprie conoscenze al servizio del paziente e della vita.
Il giuramento di Ippocrate non è solo una formalità burocratica, ma un impegno d’Onore che ogni medico prende con la propria coscienza.
Quando nel 1968 Alberto Sordi con la consueta bravura e ferocia ironia mostrò i vizi e le debolezze del medico della mutua con il Dott Guido Tersilli, gli italiani risero amaro, ma risero.
Sordi anticipò come sarebbe cambiata la professione del medico e quali e quanti interessi economici avrebbe portato l’arrivo della mutua.
Era un film di denuncia travestito da commedia, ma ancora fa riflettere.
“Il venditore di medicine” è un pugno allo stomaco, racconta senza fronzoli il complesso e oscuro mondo che lega i medici alle case farmaceutiche.
Il film ci racconta la vita di Bruno(Santamaria) operatore farmaceutico di un importante azienda diviso tra lavoro e vita privata.
Fin da subito il clima del film è plumbeo, angosciante , ma cattura l’attenzione dello spettatore.
Assistiamo durante la prima scena a un riunione degli operatori riuniti dalla spietata e fredda direttrice di zona Giorgia(Ferrari) che sprona i suoi sottoposti a vendere i farmaci ai medici, nonostante un indagine in corso della magistratura su recente scandalo sulla sanità.
Bruno è un bravo operatore, privo di scrupoli, disilluso e disposto a tutto pur di far carriera.
Lo spettatore scopre il linguaggio degli operatori farmaceutici : “i topi”(gli uomini che si sottopongono per bisogno alla sperimentazione dei farmaci), “le sentinelle”(i farmacisti) “le regine”(i medici della mutua) “gli squali”(i primari degli ospedali).
Seguiamo Bruno nei suoi appuntamenti con i vari medici, quasi tutti ben felici di accettare “regalie” per diffondere medicine inutili e a volte dannosi , tranne qualche” mosca bianca” che ancora pensa al bene del paziente.
Il quadro è davvero impietoso e desolante. La figura del medico è spesso negativa.

Il protagonista, avuta la possibilità di carriera dal capo Giorgia di lavorare con uno “squalo” l’incorruttibile prof Maliverni(Travaglio), si troverà a compiere azioni discutibili per uscire dall’impasse lavorativa e anche personale con la moglie.
La sceneggiatura, seppure scarna e semplice, convince nell’intento di raccontare, denunziare e scuotere lo spettatore. Toglie un amaro e triste velo davanti agli occhi.
I dialoghi sono serrati e ben costruiti e rendono bene l’atmosfera di quel mondo.
La regia anche se risulta nel complesso di stampo televisivo, convince e riesce a dare un buon ritmo al film, perdendo solo nel finale un pò di brillantezza e incisività
Santamaria riesce con talento a dare intensità e profondità al suo personaggio oscuro e in lotta con la sua coscienza, emozionando comunque lo spettatore.
Asciutta ma di qualità la prestazione di Isabella Ferrari,sempre bella, che regala la figura di una manager spietata, ma a sua volta messa sotto torchio dai vertici.
Il resto del cast si dimostra all’altezza del compito dando ulteriore qualità alla storia
Marco Travaglio nel ruolo dello “squalo” supera la prova, risultando credibile.
Il finale è amaro e cupo, dove gli amari protagonisti sono cinismo e malinconia.
Dopo aver visto“Un venditore di medicine” lo spettatore vedrà con occhi diversi il suo medico di fiducia.

Vittorio De Agrò presenta “Essere Melvin”,la Notting Hill italiana
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96. La Sirena (Camilla Lackberg)

sirena
“La Sirena” è un libro scritto da Camilla Lackberg e pubblicato in Italia nel marzo del 2014 dalla Marsilio Editore.
I paesi nordici sono famosi per la loro civiltà, progresso, efficienza e anche per le belle donne.
Ma con la trilogia di Stieg Larsson il genere giallo non è stata più una supremazia americana.
Dopo l’improvvisa morte di Larsson, i lettori erano nel totale sconforto, quando è apparsa, quasi dal nulla, Camilla Lackberg giovane scrittrice svedese che in poco tempo ha stregato milioni di lettori con le indagini della dinamica e variopinta coppia Erica- Patrick, ambientate nella piccola cittadina di Fjallbacka in Svezia.
Lo stile della Lackberg semplice ma, accattivante e incalzante ha dato uno nuovo impulso creativo al genere giallo.
Nel corso degli anni il lettore ha conosciuto il micro mondo di Fjallbacka con i suoi personaggi e storie spesso oscure e drammatiche.
Erica Flack scrittrice e soprattutto donna curiosa ed intuitiva aiuta spesso il compagno Patrik Hedstroom, poliziotto, a risolvere i casi più complessi.
Nell’ultimo libro avevano lasciato Erica già madre della piccola Maja, sorpresa di scoprire d’essere nuovamente incinta come la sorella Anna.
“La Sirena”inizia con le indagini condotte da Patrik sulla misteriosa ed inspiegabile scomparsa di un uomo ,Magnus Kijellne, e con Erika, in attesa di due gemelli, nella veste di mentore di un giovane scrittore Christian Thydell, autore del romanzo”La Sirena”.
Ancora una volta il lettore segue, in apparenza, tre storie divise tra passato, presente e l’inizio delle indagini, ma nel corso delle lettura si comprende quale è il filo rosso che lega le storie.
Lo “scomparso” Magnus viene trovato morto imprigionato nei ghiacciai, lo scrittore Christian, osannato dalla critica, comincia a ricevere lettere anonime di morte e i flashback raccontanti in prima persona evidenziano un passato oscuro e angoscioso di un protagonista misterioso della storia.
Il libro ha un ritmo vivace ed avvolgente, il lettore segue gli sviluppi degli indagini con curiosità e stupore.
Ogni pagina regala quasi sempre un colpo di scena. Christian non è l’unico a ricevere minacce.
Saranno coinvolti altri personaggi, accomunati da un comune segreto inconfessabile.
La struttura del romanzo è ben fatta e scorrevole. I personaggi hanno tutti una loro profondità e sono ben descritti anche nelle piccole sfumature.
La coppia Erica-Patrik alterna momenti d’intimità a quelli d’azione senza mai eccedere o annoiare.
Forse l’unico limite del libro, paradossalmente, è la ricchezza di creatività e di notizie, il lettore rischia di perdersi.
Il finale è all’altezza del racconto, appassionate ed emozionate, anche se drammatico.
“La Sirena” si legge tutto di un fiato e ti lascia con il desiderio e curiosità di sapere cosa succederà nel prossimo libro alla coppia Erica-Patrick.
Larsson ha lasciato un vuoto, ma Camilla Lackberg lo sta riempiendo alla grande.

Vittorio De Agrò presenta “Essere Melvin”
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95. La Tredicesima ora

lucarelli
Nella vita di un uomo, a volte, arriva l’ora dove si sente il bisogno di dare una svolta alla propria vita, di dire basta ai soprusi e alle ingiustizie subite, di ribellarsi e di cambiare la società in cui si vive.
Nella storia l’esempio probabilmente più eclatante di coraggio è quello dello schiavo Spartaco nella sua drammatica lotta per libertà contro i Romani.
Il coraggio è un dono raro, distingue l’uomo dall’eroe. Spesso le imprese di un uomo coraggioso sono storie “normali”del quotidiano eppure degne d’essere raccontate, magari da un brillante scrittore.
Così ha deciso di fare Carlo Lucarelli al suo ritorno in TV su Rai Tre con il suo nuovo programma “La Tredicesima ora”.
Dopo gli anni di”Blu Notte” dove lo scrittore bolognese ha raccontato i più grandi misteri d’Italia ei più efferati omicidi rimasti insoluti, con questo nuovo programma ha virato sulle grandi storie di uomini semplici e umili che con il loro coraggio hanno cambiato la loro vita e quella degli altri.
Lo stile e il tono di Lucarelli sono rimasti uguali:intesi ed coinvolgenti.
Nella prima puntata della “Tredicesima ora” è stato affrontato il tema scottante, triste e indegno del”caporalato” in agricoltura in Puglia
Lucarelli porta alla ribalta la piaga del nuovo schiavismo attraverso la storia di un giovane camerunense di 26 anni, Yvan Sagnet che giunto in Italia con il sogno di studiare si è ritrovato a lavorare, privo di ogni diritto sotto pagato, nei campi sotto le minacce dei caporali.
Mentre vedevo il programma e ascoltavo la storia del ragazzo,da proprietario terriero che da sempre paga regolarmente i suoi collaboratori, ho provato vergogna per i miei colleghi.
Sagnet stanco di queste ingiustizie, troverà la forza e il coraggio di ribellarsi e di denunciare i caporali alla giustizia. Realizzerà il suo sogno di laurearsi e diventerà un sindacalista.
Lucarelli ricostruisce ogni passaggio come se stesse raccontando un delitto, creando pathos e inchiodando lo spettatore allo schermo.
“La Tredicesima ora” è come un pugno allo stomaco, ma che incassi volentieri per il talento nel raccontare di Lucarelli.
La regia mescola in maniera sapiente parole e immagini creando un prodotto di qualità.
Rai Tre e il direttore Vianello, ancora una volta, si dimostrano all’avanguardia regalando al loro pubblico un programma d’inchiesta come se fosse un “thriller”.
“La Tredicesima ora” ogni venerdì alle 23 su Rai Tre.
Vittorio De Agrò presenta “Essere Melvin”
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94.Nymphomaniac – Volume 2

ninfomane
Il biglietto d’acquistare per “Nymphomaniac – Volume 2” è 1)Manco regalato 2) Omaggio 3)Di Pomeriggio 4) Ridotto 5)Sempre

“Nymph()maniac – parte 2” è un film drammatico del2013 scritto e diretto da Lars von Trier. Con: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Christian Slater, Shia La Beouf, Willem Dafoe, Mia Goth, Jamie Bell.

Delusione è questo il sentimento che mi ha invaso poche ore fa alla fine della proezione della seconda parte del film di Lars Von Trier.
Se il primo film mi era piaciuto molto, regalandomi emozioni e spunti di riflessioni, il secondo mi ha lasciato con un gusto amaro in bocca.
“Nynph()maniac parte II” è come se dopo aver mangiato un ottimo antipasto e primo, il resto del pranzo risultasse deludente e non all’altezza dell’aspettative.
Avevamo lasciato alla fine del primo capitolo la nostra protagonista giovane Joe(Martin) disperata perchè incapace di raggiungere il piacere durante l’amplesso amoroso con il suo Jerome(Beouf).
Cosi la matura Joe(Gainsbourg) riprende il racconto della sua vita al vecchio Seligman.
Nonostante l’assenza dell’orgasmo, la nostra protagonista comunque tenta di formare una famiglia con Jerome, diventando anche madre del piccolo Marcel.
Joe è diventata donna, ma i suoi impulsi sessuali sono comunque forti che il solo Jerome non è sufficiente a soddisfare. Spinta dallo stesso compagno a fare altre esperienze per placare “la sua fame”, tra cui anche un divertente menage a trois con due uomini di colore,
Ma un tema di questo secondo capitolo è come spesso il sesso non significhi piacere e coccole, anzi.
Joe alla ricerca dell’orgasmo perduto entra nel mondo del sadomaso, sottoponendosi “alle cure” del misterioso del giovane K(Bell) ogni notte.
Il dolore, la violenza e le umiliazioni inflitte da K diventano per Joe l’unico modo per provare qualcosa. Non riesce più rinunciarci al punto d’abbandonare la famiglia, dopo l’ultimatum di Jerome.
Joe ormai sola, prova d’arginare i suoi impeti con una terapia di gruppo, ma senza fortuna.
Così decide di vivere fino in fondo la “sua malattia” e di reagire a un mondo incapace d’amarla e accoglierla.
Si illude di trovare l’amore con un’altra donna, ma sarà ancora una volta delusa.
Anche in questo secondo capitolo, il regista affronta il tema della colpa, del dolore e della sofferenza in contrapposizione alla gioia giocando sul tema sesso e dei suoi estremi, come se fosse un cattolico integralista, ma stavolta il risultato non convince lo spettatore.
Probabilmente i tagli della censura hanno inciso maggiormente nella struttura della sceneggiatura e soprattutto nei dialoghi, rendendo l’opera meno brillante e incisiva della prima parte.
La “confessione laica” di Joe e il controcanto di Seligman sono meno coinvolgenti ed ispirati.
Si delinea la figura di Seligman come antitesi di Joe
Il film ha un ritmo lento e a tratti monocorde risultando molto celebrale e assai poco provocatorio.
Le discusse scene hard sono anche in questo secondo capitolo “contenute”, ma rispetto al primo capitolo, hanno meno forza d’impatto visivo nel racconto.
Joe raccontando di sé, muta ed evolve, espiando i suoi presunti peccati.
Nel finale scopriamo chi e perché ha aggredito Joe lasciandola ferita e priva di senso per strada.
L’ultima scena è un misto d’ilarità, grottesco e cupezza che comunque sconcerta lo spettatore.
Lo spettatore dopo 4 ore di racconto, non può non pensare che in fondo dentro di noi, abbiamo un po’ di Joè.
Vittorio De Agro presenta “Essere Melvin”
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93. La sedia della felicità

sedia felicità

Il biglietto d’acquistare per “La sedia della felicità” è :1)Manco regalato 2)Omaggio 3)Di pomeriggio 4)Ridotto 5)Sempre

“La sedia della felicità” è un film del 2014 scritto e diretto da Carlo Mazzacurati, distribuito dalla 01 Distribution, con:Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese, Giuseppe Battiston, Katia Ricciarelli, Raul Cremona, Marco Marzocca, Milena Vukotic, Roberto Citran,Fabrizio Bentivoglio, Silvio Orlando, Antonio Albanese.
Da bambini almeno una volta abbiamo partecipato a una caccia al tesoro. Molti, probabilmente, avranno letto “L’isola del Tesoro” di Robert Louis Stevenson.
Tanti giocano alla lotteria e al gratta e vinci perché sognano di cambiare vita.
Il compianto Carlo Mazzacurati è partito da questa semplice idea per fare il suo ultimo film, regalando al pubblico una favola moderna ambienta nel variegato Veneto.
Bruna (Ragonese) è una giovane estetista,sognatrice, ma sommersa dai debiti e sfortunata in amore.Durante una visita in carcere, raccoglie la confessione in punta di morte di Norma Pecche(Ricciarelli), madre di pericoloso criminale veneto, di un estimabile tesoro nascosto dentro una sedia. La rivelazione è ascoltata anche da Padre Weiner(Battiston), prete sui generis e amante dei videopoker.
Bruna decisa a cambiare la sua vita, decide di trovare “la fortunata” sedia e coinvolge in questa singolare caccia al tesoro il vicino di negozio, Bruno (Mastandrea) tatuatore , separato e anch’egli in eterna bolletta.
I due protagonisti scoprono l’’esistenza di otto sedie identiche e che sono state vendute anni prima a un asta.
Inizieranno cosi una spasmodica e comica ricerca tra i vari e stravaganti acquirenti, girando in lungo e largo il Veneto.
Dopo una iniziale diffidenza si unirà alla ricerca anche Padre Weiner, formando cosi un improbabile team.
Il punto di forza del film è sicuramente negli attori, tutti validi e convincenti.
La coppia Mastandrea-Ragonese piace , regalando allo spettatore momenti di ironica malinconia. Riescono a dare ai loro personaggi quel giusto tocco d umanità e simpatia facendoli amare al pubblico.
Battiston si conferma attore di talento con il suo personaggio dosando e mischiando con intelligenza grottesco e comico, senza mai eccedere.
Anche il resto del cast è all’altezza del compito.
I camei di Albanese, Citran, Orlando e Bentivoglio sono preziosi e donano al film maggiore spessore.
La sceneggiatura ben scritta e mai volgare anche se non molto originale, ci racconta il Veneto e i suoi abitanti con l’eleganza e umorismo.
I dialoghi ben costruiti nella loro semplicità riescono a coinvolgere lo spettatore in questa surreale caccia alla sedia.
Il film ha un discreto ritmo ed è abbastanza vivace-
L’ultima regia di Mazzacurati è sicuramente una delicata pennellata d’autore su come vede il discusso Nord e soprattutto gli usi e costumi dei suoi abitanti.
Come ogni favola, il finale è ovviamente a lieto fine per i nostri protagonisti, ma anche se scontato convince lo spettatore.
“La sedia della felicità” regala più di un sorriso allo spettatore, non sarà la felicità assoluta, ma è un buon punto di partenza.
Vittorio De Agrò presenta Essere Melvin
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92. The amazing Spider-Man – il potere di Electro

spiderman

Il biglietto d’acquistare per “The Amazing Spider-Man-il potere di Electro” è : 1) Manco regalato
2)Omaggio 3)Di pomeriggio 4) Ridotto 5) Sempre

“The amazing Spider-Man –il potere di Electro” è un film del 2014 diretto da Marc Webb, con Andrew Garfield, Emma Stone, Jamie Fox, Paul Giamatti, Sally Field, Dane DeHaan,, Chris Cooper.
Mi piace l’Uomo Ragno, da piccolo indossavo il suo costume e guardavo in Tv i suoi cartoni animati, ma confesso di non aver letto mai il fumetto, non mi considero “un purista”.
Quando nel 2011 la Sony annunciò di voler ricominciare la saga da zero per seguire più fedelmente il fumetto onestamente rimasi perplesso.
Personalmente la bella trilogia di Sam Raimi con l’intense e convincenti interpretazioni di Tobey Maguire e Kristen Dunset avevano esaurito l’argomento, ma non volevo chiudere la porta vista anche la felice esperienza di Batman rivisitata da Christhoper Nolan.
Ma dopo due episodi di The amazing, il responso non può non essere che negativo.
Anche se più fedele al plot originale, questo nuovo Spider –Man non convince e non scalda il cuore del dello spettatore. Se Il primo episodio fu criticato dai fan perché Rhys Ifans:(Curt Connors/Lizard) non si era rivelato all’altezza come antagonista, questo secondo episodio punta molto sul desiderio di Peter Parker(Garfield) di scoprire il mistero della morte dei genitori e sulle ricerche condotte da suo padre al servizio di Norman Osborn (Chris Cooper).
Il primo episodio si era concluso con la promessa fatta da Parker al morente padre di Gwen di non coinvolgere la figlia nelle sue avventure.
Nonostante la promessa e i dubbi del protagonista, i due innamorati continuano a frequentarsi.
Parker ormai calato perfettamente calato nella parte dell’eroe mascherato combatte il crimine di New York.
Il film alterna la complicata storia d’amore tra Peter e Gwen all’avanzare dei vari cattivi.
La Sony per soddisfare i fan ha deciso di moltiplicare gli avversarvi di Spiderman.
Cosi lo spettatore vedrà apparire nell’ordine Paul Giamatti ( Aleksei Sytsevich/Rhino), JamieFox(Electro) e Dane DeHaan( Harry Osborn/Green Goblin.)
Ma come spesso accadde non è la quantità a fare qualità. Il film pieno di effetti speciali e con i affascinanti sfondi di New York arranca nella storia assai banale e scontata.
La coppia,anche nella vita, Garfield- Stone non regge il confronto con la precedente Maguire-Dunset. Recitano il copione senza particolari guizzi e forza interpretativa.
I “cattivi” sono piatti e scialbi. Jamie Fox è poco “elettrico” nel ruolo di Electro, un tempo l’insignificante ingegnere elettronico Max Dillon.
Se Giamatti almeno strappa un sorriso con il uo “grottesco personaggio”, Dane DeHaan nel difficile ruolo del Goblin è quasi irritante oltre che vanesio, facendo rimpiangere addirittura James Franco.
Si salva dal grigiore del cast una sempre valida e intesa Sally Field nel ruolo della zia May
La sceneggiatura e i dialoghi falliscono l’obiettivo di raccontare in maniera diversa Peter Parker e il suo alter ego Spider Man.
La regia non riesce a fare un salto di qualità al film, bloccato su un canovaccio noioso.
Il finale drammatico con la battaglia finale di Spiderman con i vari avversari non riesce comunque a dare una scossa al film, ma si ha solo la sensazione che la produzione “l’abbia voluta buttare in caciara” comunque deludendo lo spettatore.
Come annunciato dalla Sony avremo anche un terzo episodio di The Amazing, ma lo spettatore uscendo dalla sala non ha l’impulso di segnare l’evento sull’agenda.

Vittorio De Agrò presenta “Essere Melvin”
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91. Gigolò per caso – Storia di Irene (Erri De Luca)

gigolo per caso

Il biglietto d’acquistare per “Gigolò per caso “ è :1) Manco Regalato 2) Omaggio 3) Di pomeriggio 4) Ridotto 5) Sempre

“Gigolò per caso” è un film scritto, diretto e interpretato da John Turturro, distribuito in Italia dalla Lucky Red. Con John Turturro, Woody Allen, Sharon Stone, Vanessa Paradis, Sofia Vergara, Liev Schreiber.
La prostituzione è il mestiere più antico del mondo.
Oggi alcuni partiti politici chiedono, a gran voce, che le escort paghino le tasse e abbiano la partita IVA, ma nonostante ciò questo”mestiere” viene visto dalla ipocrita opinione pubblica come degradante e umiliante.
Eppure le stesse donne di ogni età sentono il bisogno d’avere al loro fianco dei baldi giovani come temporanei compagni.
Nel 1980 il primo a sdoganare il ruolo del gigolò fu Richard Gere con il bel film “American Gigolò” di Paul Schrader.
Nel 2014 con “Gigolò per caso” c’è il passaggio di consegne dall’atletico Gere a John Turturro. Nel film lo spettatore segue le vicende di un gigolò di mezza età ,dai modi eleganti e dallo sguardo malinconico.
Ambientato a New York, Fioravante(Torturro) è un fioraio precario, ma di bell’aspetto e questo basta al suo vecchio amico ebreo Murray(Allen), ormai libraio in pensione,a convincerlo a diventare un “gigolò”.
Fioravante, sebbene titubante, accetta d’entrare in società con l’amico, di fatto divenuto il suo “pappa “Dan Bongo”.
Fioravante, a sorpresa, mostra d’avere “talento” con le donne e nel giro di poco tempo riesce a crearsi una grossa clientela.
Così vediamo sfilare nella suo appartamento come clienti, donne di vario genere: sposate e annoiate come la Dottoressa Parker (Sharon Stone) oppure vogliose di esperienze nuove e forti come Selima(Vergara) o semplicemente sole come la vedova ebrea Avigal(Paradis).
Murray con la sua parlantina incessante e dissacratoria cerca di spazzare i dubbi dell’amico sulla sua nuova loro proficua attività.
Le loro conversazioni con lo sfondo di New York, grazie anche a una bella fotografia, divertono lo spettatore.
Il film ha un discreto ritmo per quasi tutta la proiezione, solo nel finale perde d’ intensità e vivacità.
La forza del film risiede sia in una sceneggiatura ben scritta , anche se semplice e poco originale e soprattutto nel talento dell’intero cast.
Turturro dirige con mano delicata ed esperta, riuscendo a tirare fuori il massimo da ogni interprete, riuscendo così a creare il giusto mix tra malinconia e ironia sull’amore.
Non mancano le stoccate al mondo ebraico e a i sui costumi, raccontati in modo dissacratorio, ma con stile.
“Gigolò per caso” per immagini e contenuti potrebbe essere un film d Woody Allen, vecchio stile.
Turturro e Woody Allen formano una coppia ben assortita, tra il romanticismo del primo e il cinismo del secondo.
Sharon Stone e Sofia Vergara anche se con età diverse, rendono bene l’idea della donna che desidera ancora provare emozioni forti e magari innamorarsi.
Meno convincente nel complesso la prova di Vanessa Paradis, forse anche perché è la più difficile.
Raccontare la solitudine non è cosa semplice e l’attrice francese riesce solo in parte a convincere ed emozionare lo spettatore.
Il finale anche se è la parte più debole e forse meno riuscita del film, comunque mostra una coerenza di “concetto” ed è reso godibile dal gioco di sguardi e parole dei protagonisti.
“Gigolò per caso” non è un film sull’amore, ma su cosa ci aspettiamo dall’amore e lo spettatore se lo chiede sorridendo uscendo dalla sala.

Vittorio De Agrò presenta “Essere Melvin”
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“Storia di Irene” è un libro scritto da Erri De Luca e pubblicato da Feltrinelli nel 2013.
Non avevo mai letto nulla dello scrittore napoletano .Confesso d’aver trovato molte difficoltà a comprenderne lo stile e il linguaggio,
De Luca pur avendo una scrittura asciutta e breve, usa parole ed espressioni non sempre comprensibili alla prima lettura.
“Storia di Irene” contiene tre racconti tutti accomunati dall’elemento surreale e metaforico.
Il mare, l’inverno e la guerra sono i temi dei racconti nei quali lo scrittore parla di sé e del suo passato.
Gradevole e particolare il primo, ambientato in Grecia dove la protagonista Irene, ragazza di 14 anni incinta, racconta la sua storia a un “cantastorie”napoletano. Irene una ragazza che si trova più a suo agio con i delfini che con gli uomini. Una storia che, forse, vuole sottolinearci l’incapacità di comunicazione tra gli uomini e come sia più genuino invece il rapporto con la natura.
Il secondo racconto”Il cielo in una stalla” rievoca invece un ricordo di guerra del padre dello scrittore, dopo la firma dell’armistizio, attraverso la figura di un ebreo suo compagno di viaggio.
Infine “Una cosa molto stupida” paragona la vecchiaia e la solitudine dell’uomo, rappresentata da un vecchio che nonostante la bufera esce di casa e mangia di gusto il mandorlo, al freddo dell’inverno in pieno febbraio
De Luca non è uno scrittore per letture rilassate e magari sotto l’ombrellone, ma sicuramente stimola l’intelletto.
irene

90. Ti sposo ma non troppo

ti sposo

Biglietto d’acquistare per “Ti sposo ma non troppo”:1)Manco Regalato 2)Omaggio 3) Di pomeriggio 4) Ridotto 5)Sempre

“Ti sposo ma non troppo” è un film del 2014 scritto, diretto e interpretato da Gabriele Pignotta, prodotto dalla Lotus Production e Rai Cinema. Con Gabriele Pignotta, Vanessa Incontrada, Chiara Francini, Fabio Avaro, Paola Tiziana Cruciani ,Paolo Triestino, Michela, Andreozzi, Francesco Foti.
“Il matrimonio è la tomba dell’amore”, “Il matrimonio è una lucida follia”, “il matrimonio è peggio dell’ergastolo”.
Almeno una volta nella nostra vita abbiamo ascoltato una frase del genere tra il serio e il faceto da chi ha avuto il coraggio di compiere “l’ardito passo” del matrimonio.
Il mondo è cambiato. L’egoismo e la sindrome da Peter Pan sono gli abiti che calziamo meglio.
Il solo pensare di “Fare coppia, costruire una famiglia, diventare genitori” sono garanzia di successo perpetuo per lo Xanax e per molti psicologi.
Gabriele Pignotta all’esordio come regista cinematografico, ma stimato autore teatrale, mette in scena una delle sue “piecè” più riuscite sull’Amore e sulle paure e ansie dei quasi quarantenni d’oggi.
Il film inizia con i due protagonisti Luca(Pignotta) e Andrea(Incontrada) speranzosi di realizzare il loro sogno d’amore con i rispettivi partner
Luca, fisioterapista precario, è lasciato dalla fidanzata proprio nel momento in cui ha deciso di chiederle in moglie. Andrea invece viene lasciata sull’altare dal fidanzato in preda al panico.
Per entrambi, ovviamente la botta è tremenda. Luca cercherà confronto in uno psicologo, per curare le sue ferite d’amore.
Dopo un anno di terapia Luca si sente pronto a “tornare in campo” con le ragazze divertendosi sui social network. Farà da”mentore” in questo campo al suo amico Andrea(Avaro) che dopo 10 anni di fidanzamento sembra deciso a sposare la sua Carlotta(Francini).
Luca “eredita” dal suo psicologo in fuga d’amore studio e pazienti. Così conoscerà la bella Andrea bisognosa d’aiuto,perché preda di attacchi di panico non appena sente la parola”matrimonio”
Inizia così la classica commedia degli equivoci e di scambi d’identità tra i protagonisti.
Se Pignotta e Incontrada durante “la terapia” si conoscono e si innamorano
La coppia Avaro-Francini rischia di scoppiare sotto i colpi dei preparativi del matrimonio e della presenza ingombrante dei genitori di lei.
Il film parte lento e con poco ritmo per poi acquisire vivacità e briosità nel secondo tempo.
La sceneggiatura risente del suo retaggio teatrale, non ha i tempi e i ritmi cinematografici.
Anche se scritta bene e mai volgare non ha particolari guizzi creativi.
I dialoghi sono semplici , ma ben costruiti anche se in alcuni passaggi po’ retorici.
La Regia è sicura, senza fronzoli, ma probabilmente sarebbe stata più adatta a un palcoscenico televisivo.
Gabriele Pignotta si dimostra una discreto interprete, senza sbavature e detta bene i tempi comici alla Incontrada, ancora “acerba” per il genere e solo a tratti convincente
La coppia è carina, ma emoziona poco. Decisamente pìù convincente e riuscita la coppia Avaro-Francini. Sono loro le scene che nella seconda parte regalano allo spettatore qualche emozione oltre a far sorridere.
Chiara Francini si conferma attrice di talento e con ottime potenzialità “comiche”, paradossalmente essere anche una bella donna distrae lo spettatore dall’abilità recitativa.
Menzione particolare per Paola Tiziana Cruciani e Paolo Triestino sono credibili nel ruolo della vecchia coppia sposata, mostrando allo spettatore il lato oscuro” del matrimonio.
Il finale, in salsa Bollywood , piace e diverte.
“Ti sposo ma non troppo” ti strappa qualche risata e con ironia ti invita a una riflettere sulla parola”impegno” senza farti prendere lo Xanax.
Vittorio De Agrò presenta “Essere Melvin”
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89. Song ‘E Napule

napoli

Il Biglietto d’acquistare per “Song ‘E Napule”:1)Manco Regalato 2)Omaggio 3) Di pomeriggio 4) Ridotto 5)Sempre

“Song ‘E Napule” è un film dei Manetti Brothers, scritto da Michelangelo La Neve,Giampaolo Morelli, Manetti Bros, prodotto da Luciano Lea e Dania Martino per Devon Cinematografica con Rai cinema.Con Alessandro Roja, Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Paolo Sassanelli, Peppe Servillo e Carlo Buccirosso.
Il film è stato presentato lo scorso anno al Festival Internazionale del Film di Roma, nella sezione Fuori Concorso, riscuotendo un importante consenso di pubblico.
Un leghista di Bergamo Alta dovrebbe vedere questo film e molto probabilmente cambierebbe la sua opinione sul Mezzogiorno e i suoi abitanti.
I Manetti Brothers firmano una pellicola piacevole e particolare, portando per mano lo spettatore tra le vie di Napoli senza filtri e soprattutto mostrandoci gli usi e costumi dei napoletani.
Napoli è la vera protagonista del film che lascia nel bene e nel male lo spettatore senza fiato.
Una città unica e affascinante, ma “soffocata” dalla mano lunga della camorra.
Il protagonista della storia è Paco Stillo(Roja), un napoletano “atipico”:ordinato, rispettoso della legge , non parla il dialetto ed è diplomato al Conservatorio ed è disoccupato cronico.
Riesce ad entrare in polizia grazie alla raccomandazione di un assessore, amico della madre.
Inadeguato, ovviamente al mestiere, viene spedito dal Questore Vitali(Buccirosso) alla sezione giudiziaria.
A seguito di un ordinaria operazione di polizia, il pool anti camorra viene a scoprire che il noto boss latitante Serracane(Servillo) sarà presente a un matrimonio di amici.
Il commissario Cammarota (Sassanelli) che da anni insegue il boss, coglie l’opportunità d’arrestarlo e impone a Stillo d’infiltrarsi nella band che suonerà al matrimonio affinchè possa dare un volto a Serraccane
Così Stillo, suo malgrado, conosce il popolare cantante melodico Lollo Love(Morelli).
Così lo spettatore segue l’operazione sotto copertura di Stillo alias Pino “O la Dinamite”, divenuto batterista del gruppo.
Love e il suo gruppo passa da una serata a una comunione tra Napoli e provincia tra l’entusiasmo dei fan.
Stillo dapprima diffidente e molto rigido a contatto con questo mondo, comincerà a vedere Napoli e i suoi abitanti in modo diverso e troverà anche l’amore in Marianna(Serena Rossi), sorella di Love.
Arrivato finalmente il giorno del matrimonio, Stillo riuscirà tra mille difficoltà e perizie a riconoscere il Boss e a compiere il suo dovere, dimostrando, a sorpresa, d’essere un vero poliziotto d’azione.
Il film ci mostra con amara ironia e crudo realismo grazie al talento degli attori, tre diverse tipologie di poliziotto: La prima è quella di Buccirosso , il questore Vitali, disilluso da uno Stato che non gli fornisce i mezzi adeguati per lavorare e deve “arrangiarsi” con quello che passa il convento.
Roja è il giovane Stillo, idealista ed integralista, ma soprattutto ingenuo che costretto dalla necessità è diventato poliziotto, come tanti ragazzi.
Infine un intenso e profondo Paolo Sassanelli con il personaggio del commissario Cammarota, ci mostra lo Stato che non vuole arrendersi alla camorra, pronto anche “a mettere le mani nella merda se serve”.
Giampolo Morelli è convincente nel ruolo del cantante melodico, rivelando anche una piacevole voce oltre a divertire lo spettatore con la sua interpretazione.
Serena Rossi si conferma attrice in crescita, dopo televisione e teatro, aggiunge anche il cinema al suo curriculum. Il personaggio di Marianna, bella e sveglia “guagliona”, è ben interpretato e le dà un tocco di autenticità e simpatia.
Tutto il cast mostra con bravura allo spettatore la mentalità e le varie sfaccettature dei napoletani.
Il film ha buon ritmo e rimane costante per tutta la proezione. La sceneggiatura è ben scritta,scorrevole e mai banale. I dialoghi sono semplici , ma intensi e ben costruiti.
La regia è sempre all’altezza , riuscendo a mescolare con bravura il genere poliziesco alla commedia.
Bella e orecchiabile la colonna sonora degli Avion Travel.
Il finale piace perché mantiene freschezza e vivacità.
Dopo aver visto“Song ‘E Napule”, se possibile amerete più Napoli e il leghista della Bergamo Alta avrà voglia d’ascoltare le canzoni di Lollo Love.

Vittorio De Agrò presenta “Essere Melvin”
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88.Transcendence

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Biglietto d’acquistare per “Transcendence: 1)Manco Regalato 2)Omaggio 3) Di pomeriggio 4) Ridotto 5)Sempre

“Transcendence” è un film di Wally Pfister, scritto da Jack Paglen Con Johnny Depp, Paul Bettany, Rebecca Hall, Kate Mara, Cillian Murphy. Clifton Collins Jr., Morgan Freeman, Cole Hauser.
Esistono film brutti, quelli noiosi, quelli brutti e infine quelli “d’elite” che nelle speranze di produttori e registi dovrebbero segnare la vita dello spettatore e che invece li segna solo nel portafoglio per i soldi spesi.
“Transcendence” appartiene a questa ultima categoria. Basato su idea interessante,è diventata poi una sceneggiatura davvero indigeribile.
Può un computer avere un’anima? Come si può dimostrare che un computer abbia coscienza di sé?
Questo quesito è l’idea portante del film che racconta, in un futuro non troppo lontano, come lo scienziato Will Caster(Deep) stia lavorando a creare una coscienza artificiale insieme alla bella moglie Evelyn(Rebecca Halll).
Un gruppo di giovani terroristi contrario al progetto decide di uccidere lo scienziato durante un convengo.
Evelyn non vuole perderlo e cosi decide insieme al collega e amico Max(Bettany) di trasferire la mente del marito all’interno di un sofisticato computer(PINN), sperando di realizzare un mix tra anima e tecnologia.
L’esperimento funziona, Will “torna” a vivere, desideroso di dimostrare come le sue ricerche possano funzionare. Evelyn accecata dall’amore non riesce a vedere cosa in vero sia “tornato” dalla morte.
Max unitosi al gruppo terroristico, si rende conto invece di quanto questo” nuovo” Will sia pericoloso.
Inizierà cosi “una battaglia” ideologica oltre che fisica su quale sia il limite della tecnologia e come l’uomo ne sia davvero succube.
Un film per convincere e coinvolgere uno spettatore, deve saper raccontare e mostrare attraverso parole e immagini la storia in maniera semplice e chiara.
In questo caso sono le parole a venire meno. La “filosofia” del film risulta confusa, complessa e dispersiva. Il rapporto tra tecnologia e uomo , seppure molto attuale, non sviene sviluppato in maniera adeguata, finendo per confondere se non addirittura annoiare lo spettatore.
Dopo Her, questo film aveva l’ambizione di fare un ulteriore passo nel futuro indagando sui rapporti umani, ma fallisce l’obiettivo.
Anche in “Transcendence” c’è una storia amore , ma rimane piatta e scialba.
Wally Pfister è all’esordio come regista, ma affermato direttore della fotografia e lo si nota non solo ovviamente dalla qualità della fotografia stessa, ma dall’equilibrio ed eleganza delle scene che sono sicuramente uno dei punti di forza del film.
Delude Johnny Depp, non convincendo nel ruolo. Presta volto e voce al computer, ma il cuore resta una chimera cinematografica.
Abbastanza convincente e intensa Rebecca Hall. Per almeno tre quarti di film, nella coppia con Depp, è sicuramente lei che suscita nello spettatore qualche emozione, perdendosi e appiattendosi nel soporifero e insulso finale con il resto del cast, inadeguato e sottotono.
Uscendo dalla sala, lo spettatore ha due certezze. La prima che ha contribuito al pagamento del mutuo di Depp e soci, la seconda che un’anima forse il computer non l’avrà mai, ma il Commodore 64 regalò alla sua uscita, comunque grandi emozioni al suo pubblico.

Vittorio De Agrò presenta “Essere Melvin”
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