33) Beau ha paura

Il biglietto d’acquistare “Beau ha paura” è : Omaggio

“Beau ha paura” è un film del 2023 scritto e diretto da Ari Aster, con : Joaquin Phoenix, Parker Posey, Amy Ryan, Richard Kind, Kylie Rogers, Nathan Lane, Patti LuPone, Michael Gandolfini, Zoe Lister-Jones, Stephen Henderson, Joe Cobden, Denis Ménochet, Hayley Squires, Anana Rydvald.

Sinossi:

Beau ha paura, film diretto da Ari Aster, è ambientato in un presente alterativo ed è il ritratto pluridecennale di Beau (Joaquin Phoenix), un uomo molto ansioso, che ha un tormentato rapporto con sua madre, una donna autoritaria. Beau non ha mai conosciuto il padre ed è cresciuto sentendo l’assenza di questa figura genitoriale.

Quando l’uomo scopre che sua madre è morta, intraprende un viaggio verso casa, durante il quale dovrà affrontare varie e assurde minacce soprannaturali.

Recensione:

“La notte porta consiglio” dice un saggio proverbio, ma nel mio caso  sarebbe più giusto scrivere “Caro Ari , ringrazia l’embargo stampa scaduto alle 23 del 20 aprile”

Dicesi “embargo stampa “ per  i non “addetti ai lavori”, l’impegno firmato con il sangue da ogni povero critico prima della proiezione con il quale si impegna a non rivelare nulla sul film, pena atroci sofferenze fisiche oltre che cinematografiche.

Il sottoscritto, ovviamente, rispetta qualsiasi embargo stampa, ma generalmente la prima impressione non si scosta molto dalla recensione poi pubblicata.

Ieri sera dopo tre interminabili ore di film, io come  la gran parte dei colleghi presenti siamo fuggiti via,  evitando di scrivere una “first reaction” su quanto visto,  non volendo dare libero sfogo a giudizi trancianti o peggio ancora insulti al regista.

Ari Aster è considerato un “astro nascente” del genere horror , ma ai miei occhi è semmai un potenziale e talentuoso autore di criptici ed affascinanti  Spira Mirabilis.

 Se ieri sera  avessi dovuto mandare il pezzo alla direttora, non avrei avuto esitazioni nello scrivere “Non ci sono più dubbi, Aster ci prova gusto nel realizzare lunghi ed estenuanti Spira Mirabilis . Fate Presto: Fermatelo”

Stamani dopo un sonno quasi ristoratore e soprattutto dato  uno sguardo ai giudizi dei colleghi americani, ho modificato in parte la mia prospettiva su “Bea ha paura” ,salvando qualche passaggio, lo stile e soprattutto la maestosa  abbondante presenza fisica e talentuosa  interpretazione di  Joacquin Phoenix .

“Beau ha paura” pur rimanendo una Spira Mirabilis , comunque, per  uno spettatore occasionale , va  sottolineta l’elegante, ipnotica e visionaria messa in scena creata da Aster in cui si muove il protagonista.

Aster crea una personale, violenza, onirica visione del futuro in cui saccheggi, omicidi, povertà sono parte integrante di una società abitata da personaggi folli, diversamente normali, o dei “mostri” mascherati da un ipocrita perbenismo americano.

Lo spettatore segue la vita di Beau fin dalla faticosa e drammatica nascita, poiché il neonato uscito dal ventre materno, è resistente agli stimoli esterni dei medici mentre sentiamo le urla disperate della madre, fino a quando non è schiaffeggiato per farlo piangere.

E ’una prima scena simbolica oltre che funzionale al resto della lunga e caotica esistenza di Beau,  dove osserviamo, subiamo un  uomo di mezz’età  incapace di prendere una posizione, paralizzato  dalla  paura di vivere e dalla vita e dipendente dagli psicofarmaci.

Scopriamo strada facendo chi sia Beau e soprattutto  quanto intenso e ingombrante  sia il  rapporto con la madre, raccontato in modo puntuale e soffocante tramite  l’utilizzo dei flashback di Beau bambino e/o adolescente.

Beau non ha mai conosciuto il padre, morto di cuore  durate la prima notte di nozze.

Il sesso è un’altra paura per l’uomo,  rimasto legato al ricordo del primo amore per una coetanea conosciuta durante una crociera.

Beau subisce gli eventi e le persone, parlando solamente se obbligato con la forza, senza mai conoscere il suo pensiero e volontà

Joaquin Phoenix si conferma un attore camaleontico, imprevedibile, folle nell’accettare sfide attoriali al limite come questa, in cui pochi altri colleghi sarebbero stati capaci di sostenere un film del genere.

Phoenix scompare dentro il suo personaggio, dandogli vita, credibilità e soprattutto una personalità indecifrabile.

Gli occhi di Beau esprimo paura, stupore , innocenza, ma allo stesso  tempo covano una rabbia repressa, lampi di cattiveria, follia.

Lo spettatore è incerto  nell’inquadrare , definire Beau,  ciò nonostante  l’accompagna nell’arzigogolato , pasticciato e surreale  ritorno a casa del protagonista come  fosse un novello Ulisse almeno secondo lo script di Aster.

“Beau ha paura” non è un horror, né tanto meno una commedia come alcuni siti hanno tentato di presentarlo.

È semmai un film alla Aster, dove è necessario possedere tanta pazienza e un gusto estetico molto elevato per coglierne pienamente il significato  più profondo di un  film straripante, lungo, imprevedibile quanto respingente e noioso in molti passaggi.

Il rapporto tra madre e figlio può essere di differente tipo : sano, patologico, simbiotico , ma nessuno di questi è paragonabile a quello di Beau con la madre, che alla fine del viaggio diventa il perno, l’anima di una storia che lascia alla fine il pubblico stanco, perplesso su quanto visto, ma  portandosi dietro un pezzo di Beau, unico quanto vicino al nostro rapporto con il mondo e soprattutto con il genitore di riferimento.

32) Mon Crime -La colpevole sono io

Il biglietto d’acquistare per “Mon Crime” è : Ridotto

“Mon Crime” è un film del 2023 scritto e diretto da Francois Ozon , con : Nadia Tereszkiewicz, Rebecca Marder, Isabelle Huppert, Fabrice Luchini, Dany Boon, André Dussollier, Édouard Sulpice, Régis Laspalès, Olivier Broche, Félix Lefebvre, Franck de la Personne, Evelyne Buyle, Michel Fau, Daniel Prevost, Myriam Boyer, Jean-Christophe Bouvet, Suzanne De Baecque, Lucia Sanchez, Jean-Claude Bolle-Reddat, Dominique Besnehard, Anne-Hélène Orvelin.

Sinossi:

Parigi, 1935. Madeleine Verdier, aspirante attrice convocata da un celebre produttore per un ruolo e poi aggredita, è accusata a torto del suo omicidio. Con la complicità di Pauline Mauléon, avvocato senza clienti che si incarica della sua difesa, si assume il crimine e accede alla gloria denunciando la misoginia della società e l’incompetenza della giustizia. Il tribunale diventa ‘teatro’ della sua performance. L’ingiustizia subita commuove l’opinione pubblico, il successo è immediato. Per Madeleine comincia una nuova vita, gli ingaggi piovono coi fiori e le proposte di matrimonio ma la vera colpevole bussa alla porta e reclama la sua parte..

Recensione:

“Innocente fino a prova contraria! “

“  Bisognerebbe essere garantisti fino al terzo grado di giudizio”

“ No a qualsiasi forma di violenza sulle donne”

Almeno uno volta abbiamo ascoltato, letto  una di queste frasi durante un programma televisivo o gridato  in qualche manifestazione di protesta

Nei romanzi  gialli e /o nei  thriller scoprire il volto dell’assassino è  la conclusione della storia.

Ma  se l’assassino è una donna,  tutto cambia o quasi. L’autore o sceneggiatore di turno tende a giustificare la responsabilità dell’omicida perché mossa da un pregresso di violenza subita o per spirito di vendetta.

La figura de “La  femme fatal” brutale e spietata è un topos letterario/artistico che tranne  meritate eccezioni,  ha fatto  storcere il naso al pubblico.

Sono  un maschilista  misogino?

Forse, ma credo d’essere in una numerosa compagnia ,   sicuramente con  quella del del regista francese Francois Ozon.

 Francois Ozon  ha dimostrato intelligenza, ironia e sagacia narrativa nello scrivere una sceneggiatura divertente, ironica, provocatoria nel ribaltare, stravolgere  certezze giuridiche, conquiste femministe ed infine plot cinematografici di successo .

“Mon crime” si fa beffe dei cliché e luoghi comuni sulla fragilità femminili , irride con garbo sia  il movimento ”Me too”  quanto “il maschilismo imperante” soprattutto nel mondo del cinema”, dando vita ad un thriller inedito e spassoso

Ozon mette in scena  una storia a trazione femminile e femminista, portando avanti l’ardita idea che la protagonista, una giovane attrice, dichiarandosi  colpevole di un omicidio  possa trarne vantaggi e  celebrità  facendo leva sulla stupidità dell’uomo ed in questo caso dei responsabili della giustizia francese.

Ozon è riuscito a mantenere il potenziale narrativo e stilistico cona  una messa in scena azzeccata e convincente, anche se dal ritmo piuttosto lento.

Altresì è meritevole di lodi l’intero  cast artistico , ed in particolare quello femminile  rivelatosi  un giusto mix di freschezza ed esperienza con il trio  composto da :Nadia Tereszkiewicz, Rebecca Marder, Isabelle Huppert.

I personaggi maschili seppure siano degli “stupidi” “utili idioti” o semplicemente manipolabili, sono utili alla causa autoriale del regista.

Fabrice Luchini e Dany Boon nei rispettivi ruoli del giudice istruttore più  ottuso e dell’architetto scenografo vanesio   sono davvero esilaranti e credibili.

“Mon Crime”  presenta  un minutaggio eccessivo rispetto alla reale esigenza di racconto e ciò provoca inevitabilmente qualche passaggio di troppo e/o ridondante.

“Mon Crime” è in conclusione un film godibile e graffiante che per una volta vedrà trionfare in modo inusuale il bene e sconfitti i cattivi o se preferite la mala giustizia machista.

31) La Casa -Il Risveglio del Male

Il biglietto d’acquistare per “La Casa -Il Risveglio del Male” : Neanche Regalato (Con Riserva)

“La Casa – Il Risveglio del Male” è un film del 2023 scritto e diretto Lee Cronin , con : Alyssa Sutherland, Lily Sullivan, Nell Fisher, Morgan Davies, Jayden Daniels, Gabrielle Echols, Billy Reynolds-McCarthy, Tai Wano.

Sinossi:

La Casa – Il risveglio del male, film diretto da Lee Cronin, racconta la storia di due sorelle (Alyssa Sutherland e Lily Sullivan), che sono state a lungo separate. Il loro ricongiungimento è interrotto dalla scoperta di un manufatto, che risveglia alcuni terribili demoni. Queste entità porteranno le due sorelle a una lotta per la sopravvivenza, mentre la riunione di famiglia si trasforma in un incubo.

Recensione:

Chiedo scusa ai numerosi fan della saga de “La Casa”, agli amanti del genere horror e soprattutto dei film splatter , ma onestamente per il sottoscritto sarebbe stato  cinematograficamente più saggio oltre che opportuno non risvegliare niente e nessuno.

“La Casa – Il risveglio del Male” di Lee Cronin è un eccessivo, sgraziato e sgangherato omaggio ad un film cult e soprattutto alla “La casa 2” così mi  nonché un amico e collega  esperto della saga e del genere horror.

Le due ore del film appaiono infinite, noiose , ripetitive sul piano narrativo e stilistico,   “innaffiate” da litri di sangue  con l’unico scopo di colpire visivamente lo spettatore.

La visione parte subito in salita con un prologo pasticciato ed esagerato mostrando la presenza demoniaca  famelica ed invincibile nei panni di una ragazza che ritornerà nel finale del film

La presenza dei produttori originali e visionari della Casa volutamente sottolineata nel manifesto avrebbe dovuto essere garanzia di “qualità” e coerenza del nuovo progetto in linea con i precedenti capitoli.

E’ stata una mossa azzeccata sul piano della comunicazione e marketing, ma completamente sbagliata quanto infelice per il resto.

“La Casa” di Lee Cronin parte dal presupposto che un vecchio libro ritrovato causalmente nelle fondamenta di un vecchio palazzo , possa giustificare la notte di male e sangue che si scatena contro gli abitanti di una casa.

E’ altresì improprio definirla una casa indemoniata, quando  sullo schermo osserviamo i  componenti della famiglia cadere nell’oscurità alla stregua di zombi od infettati da un virus.

L’intreccio narrativo non è altro che una serie di scene splatter unite tra loro senza avere alcun filo narrativo indispensabile per dare un senso alla storia e/o ai  personaggi.

Lee Cronin ha cercato di rinverdire una saga a favore delle nuove generazioni, ma finendo per farne una brutta ed irritante copia.

“La Casa -Il Risveglio del Male”  probabilmente avrà una buona accoglienza al box office , ma sicuramente  non lascerà traccia tra gli amanti della Casa e del vero horror/splatter.

30) Il Sol dell’Avvenire

“Il Sol dell’Avvenire” è un film

di Nanni Moretti. Con Nanni Moretti, Margherita Buy, Silvio Orlando, Barbora Bobulova, Flavio Furno. Drammatico, 95′. Italia 2023

Sinossi:

Giovanni, regista italiano in ambasce tra una moglie in analisi e un produttore sull’orlo del fallimento, ha smesso di credere nell’avvenire. A immagine del suo protagonista, figura di prua dell’Unità e della sezione comunista del Quarticciolo, vuole “farla finita” col mondo che avanza in direzione ostinata e contraria: la consorte ha deciso di investire su un giovane regista de-genere, la figlia di sposare un uomo (molto) più vecchio di lei, la sua attrice principale di improvvisare l’amore in un racconto politico e poi c’è Netflix che produce cinema in scatola.

Recensione:

“Dopo “Tre piani”, deludente, freddo, teatrale, il film meno morettiano della sua lunga e prestigiosa carriera, Nanni Moretti torna a raccontare se stesso, attraverso metafore di un disagio comune e condiviso”.

Questo è l’attacco che una cara collega mi ha voluto regalare, vedendomi in evidente difficoltà nel presentare “Il sol dell’avvenire”, uscito al cinema in Italia il 20 aprile, prima della presentazione in concorso al prossimo Festival di Cannes.

L’attacco perfetto per un critico cinematografico allineato e colto, ma non per me. E allora torno a usare le mie parole, per dire che sì, Moretti torna alle origini – o se preferite al suo stile – dopo essersi bruciato due anni fa con una sceneggiatura non sua. continua su

6) Bell’Abissina -Un’ indagine del commissario Marino (Carlo Lucarelli)

“Bell’abissina  – Un’indagine del commissario Marino” è un romanzo scritto da Carlo Lucarelli e pubblicato  il 22 Novembre 2022 da Mondadori Editore.

Sinossi:

Nella “Presidenziale”, la sezione della polizia che si occupa della sicurezza di Mussolini, c’è un gruppo molto particolare chiamato “Squadra Fognature”, comandato a perlustrare il sottosuolo di strade e piazze su cui passerà il Duce, a caccia di eventuali bombe. Ed è durante una di queste perlustrazioni che agli inizi degli anni ’30 gli agenti della Fognature trovano le ossa dello scheletro di una donna, sgozzata e scarnificata. Dieci anni più tardi, a Cattolica, il commissario Marino, segretamente e attivamente antifascista col nome di battaglia “Locàrd”, riceve le confidenze di uno degli ex agenti della Fognature: forse la morte della ragazza, e di tante altre, ha a che fare con la famiglia di Francone Brandimarzio, un ricco imprenditore che ha fatto fortuna nelle Colonie, e che adesso si è ritirato a Cattolica, insieme al figlio Attilio e a una giovane e affascinante ragazza eritrea. Una famiglia all’apparenza irreprensibile, e soprattutto intoccabile, dal momento che foraggia gerarchi corrotti e ladri di regime, occultando e distribuendo fiumi di denaro sporco. Il commissario Marino si rende conto che, oltre a smascherare un assassino seriale, questa indagine può mettere in grave difficoltà il regime, ma il filo su cui si muove è davvero sottile, e il rischio di cadere dietro l’angolo.

Recensione:

Non sapevo esattamente cosa aspettarmi da questo romanzo storico firmato dal Maestro Lucarelli.

La stima ed ammirazione sconfinata  che il sottoscritto nutre verso Carlo Lucarelli, scrittore , autore televisivo e soprattutto “padre” del format “Blu Notte” capace d’appassionare milioni d’italiani ai delitti e misteri d’Italia, rischiava di condizionare il mio giudizio su “Bell’abissina”.

Devo ammettere che ho faticato un po’ prima di comprendere, almeno spero, il filo rosso narrativo e soprattutto politico di questo giallo ambientato in epoca fascista  a poche settimane dalla  scellerata dichiarazione di guerra del Duce alla Francia ed Inghilterra.

Carlo Lucarelli “parte” da lontano ed oserei dal profondo inteso come il sottosuolo per scrivere una storia d’orrore, ferocia che si mescola ed alterna  all’amore ed al dissenso politico impersonificato dal commissario Matino contro l’arrogante potere del regime.

“Bell’abissina” è una storia di resistenza, di furbizia, apparenza e razzismo che se da una parte colpisce dall’altra confonde il lettore , non trovando un’immediata e chiara chiave di lettura.

L’intreccio narrativo è basato su eccessive linee di racconto che si intrecciano con fatica comportando una lettura non sempre agile e comoda.

Il commissario Marino ci appare come un anti eroe, abbandonato dalla moglie, un idealista deluso, ma che allo stesso tempo è un uomo mai banale ed attento al dettaglio.

Marino  deve   apparire come un fedele servitore dello Stato, quando in realtà è un partigiano sotto copertura.

“Bell’abissina” è una brutta storia, come direbbe il Lucarelli televisivo, in cui i figli dei potenti si sentono intoccabili e portatori sani nella difesa e purezza della razza italica.

“Bell’abissina” racchiude in sé diverse tematiche : storico, noir, thriller ed infine politico.

Quello politico è l’aspetto più forte e risolutivo del romanzo  con un finale convulso , spiazzante e cinico.

“Bell’abissina” denuncia il paradosso  fascista che se pubblicamente invocava “ordine e pulizia”, nel “privato” i suoi rappresentati si macchiavano di crimini, furti e disonestà di ogni tipo certi di rimanere impuniti.

Una convinzione che sarà tragicamente smentita con l’entrata in guerra al fianco della Germania nazista.

5) Le Variazioni di Giuditta (Sabrina Sciabica)

“Le variazioni di Giuditta” è un romanzo scritto da Sabrina Sciabica e pubblicato l’undici Febbraio 2023 da PortoSeguroEditore.

Sinossi:

Una metropoli sovrappopolata in cui si costruisce sottoterra; appartamenti trasformati in tuguri in multiproprietà, con servizi in comune nei quali gli abitanti non devono mai incontrarsi. Un governo che applica divieti di ogni sorta, e usa gli spazi prima dedicati ai musei per attività, a suo dire, più redditizie. È la Roma di un futuro prossimo, a tratti distopico, descritta in Le variazioni di Giuditta. Una città degradata, umiliata e non più capitale. «Perché Giuditta mi ossessiona?» si chiede Nya, giornalista che sfugge all’insoddisfazione rifugiandosi nell’instancabile ricerca di questa figura, nel “web limitato” a cui è consentito accedere. «Perché gli esseri umani si sono adattati a tutto, comprese le limitazioni della libertà personale?» si domanda Andrea, che non sopporta la prigionia nella quale è costretto a vivere. Per caso, da un foglio sfuggito al rigoroso sistema di disinfezione quotidiano, nell’unico ambiente condiviso, comincia un intrigante scambio di doni tra i due coabitanti.  Tra incontri, scontri e assemblee clandestine, in quanto gli assembramenti sono vietati per evitare la comparsa di forme di associazioni sovversive, l’arte recupera i suoi spazi.

Riuscirà a risvegliare i cittadini dal torpore in cui si sono adagiati?

La parola “Libertà” è scandita, urlata, pretesa , invocata , riscoperta dalla singola persona nel momento   in cui le viene tolta, limitata e/o tolta , magari dallo Stato per raggiungere un obiettivo più alto e nobile.

È ancora vivo e doloroso il ricordo delle chiusure del 2020, quando tutti noi ci  ritrovammo chiusi dentro le quattro mura di casa.

Decliniamo il concetto di libertà  in  differenti declinazioni: c’è quella dii muoversi, esprimersi , viaggiare, creare, contestare, scrivere.

Ma come sarebbe l’Italia  privata  dell’Arte e della cultura e con musei  chiusi definitivamente ?

Quale Italia vivremo  in cui  Milano è  diventata capitale d’Italia, mentre  Roma è stata declassata ,umiliata scivolando nell’oscurità e degrado civile, sociale ed artistico?

Sarebbe un  Paese schiacciato da un regime che obbliga i propri cittadini a lavorare dieci ore al giorno ed a vivere una vita anonima e ripetitiva dentro i rispettivi tuguri.

È un incubo di società che Sabrina Sciabica ci presenta con il suo nuovo romanzo “Le Variazioni di Giuditta”.

 “Le Variazioni di Giuditta” non è un semplice romanzo di genere dispotico, semmai utilizzato come espediente letterario per dare vita   a drammaturgia più complessa , ricca di citazioni e rimandi letterati, artistici e politici.

“Le variazioni di Giuditta” è  l’urlo della generazione over 35 che si è sentita tradita, intrappolata dalla politica.

Una generazione sospesa  dentro un  sistema elitario , soffocante  e soprattutto volutamente miope di fronte ai veri  talenti  , offrendo visibilità e posti di responsabilità agli incompetenti di regime.

Sciabica scrive un romanzo di critica politica, sociale ben mascherato in una storia d’amore e ribellione.

Una ribellione pacifica organizzata da uomini e donne stanche del pensiero unico e di una” normalizzazione” che ha quasi ucciso la creatività e curiosità di conoscenza ed il desiderio d’amare e mettersi in gioco.

“Le variazioni di Giuditta” è anche un gradevole ed intelligente guida alle bellezze di Roma che nonostante il degrado odierno  conserva tutto il proprio fascino e bellezza.

“Le Variazioni di Giuditta” è un invito a non rimanere indifferenti , a non sentirsi sazi e privi di sogni ed aspirazioni.

Sabrina Sciabica  scrivendo questo romanzo, probabilmente ha avuto una funzione catartica e liberatoria.

Al lettore pigro e svogliato va il mio accorato invito alla lettura, al fine di capire che non è mai troppo tardi per cambiare se stessi e magari la società grazie all’Arte!

29) I Tre Moschettieri -D’Artagnan

Il biglietto d’acquistare per “I tre moschettieri -D’Artagnan” : Ridotto (Riserva)

“I Tre moschettieri -D’Artagnan” è un film del 2023 diretto da  Martin Bourboulon, scritto da Martin Bourboulon, Matthieu Delaporte, Alexandre de la Patellière, con : Eva Green, Vincent Cassel, Louis Garrel, François Civil, Romain Duris, Pio Marmaï, Vicky Krieps, Lyna Khoudri, Eric Ruf, Jacob Fortune-Lloyd, Alexis Michalik, Ralph Amoussou, Marc Barbé, Patrick Mille, Ivan Franek.

Sinossi:

I tre moschettieri: D’Artagnan, film diretto da Martin Bourboulon, racconta la storia di D’Artagnan (François Civil), un giovane molto vivace originario della Guascogna, zona della Francia sud-occidentale. Dopo aver cercato di salvare una ragazza da un rapimento, tutti lo credono morto. In verità, D’Artagnan giunge a Parigi, dove tenta in ogni modo di rintracciare gli aggressori. La sua ricerca, però, lo porterà nel vivo di una vera e propria guerra, che rischia di compromettere il futuro della Francia. È così che D’Artagnan decide di allearsi con Athos, Porthos e Aramis (Vincent Cassel, Pio Marmaï e Romain Duris), i tre Moschettieri del Re, per affrontare i malvagi stratagemmi messi in atto dal Cardinale Richelieu (Eric Ruf).

Il giovane, però, finisce con l’innamorarsi perdutamente di Costance (Lyna Khoudri), confidente della regina. Questi sentimenti lo porteranno a inimicarsi Milady (Eva Green), ovvero colei che diventerà il suo più acerrimo nemico.

Recensione:

“Nel 2023 abbiamo davvero bisogno dell’ennesima trasposizione cinematografica basata sull’omonimo romanzo di Alexandre De Dumas  scritto nel 1844?”

Questa domanda mi ha accompagnato fino all’inizio dell’anteprima stampa del film di Martin Bourboulon.

Avevo perplessità e dubbi sul fatto che il genere “cappa e spada” potesse essere ancora  attrattivo, interessante per il pubblico più giovane.

Il vecchio critico era pronto a scrivere una recensione critica e negativa, invece i tre sceneggiatori del film sono riusciti nell’impresa di ribaltare un verdetto già scritto.

La sceneggiatura si è dimostrata rispettosa del romanzo di Dumas, lavorando su pochi quanto incisivi aspetti della storia , conferendo alla trama un taglio nuovo, giovanile ed “inclusivo”

“I Tre Moschettieri – D’Artagan” è contemporaneamente  una storia classica, lineare , di genere quanto un film pop caratterizzato una rilettura moderna dei personaggi , accattivante, sontuosa nella ricostruzione storica e costumi e complessivamente  soddisfacente a livello recitativo e registico.

Martin Bourboulon nel mettere in scena  i suoi “Tre Moschettieri” ha evitato saggiamente fughe in avanti e colpi creativi spesso fuori luogo di molti suoi colleghi ,“limitandosi” ad inserire dei propri  elementi stilistici e registici   in una struttura nota, solida e sovente maltrattata in modo negativo.

Il film può anche contare su un cast artistico composto  da  stelle affermate ed esperte e da  giovani promesse. Un mix di gioventù e carisma che dato ai personaggi di Dumas, una decisa ed opportuna spolverata, adattandoli ai gusti moderni dello spettatore.

“I tre Moschettieri – D’Artagnan”  unisce con bravura ed intelligenza classicità e modernità, dando vita ad un “cappa e spada” 2.0 ma senza eccedere nel nuovismo di turno.

Il primo dei due film della saga , pur eccedendo nel minutaggio, in  qualche passaggio  narrativo poco funzionale e/o frettoloso, consente una  visione condivisa sia agli spettatori diversi d’età , come agli amanti di Dumas , quest’ultimi forse i più felici nel vedere i propri “eroi” nuovamente apprezzati, amati ed attesi nel sequel. Intanto uno per tutti, tutto per uno andate al cinema!

28) Mia

Il biglietto d’acquistare per “Mia” è : Ridotto (Con Riserva)

“Mia” è un film del 2023 diretto da Ivano De Matteo, scritto da Valentina Ferlan e Ivano De Matteo, con : Greta Gasbarri(Mia), Edoardo Leo(Sergio), Milena Mancini (Valeria) Riccardo Mandolini(Marco), Alessia Manicastri, Giorgia Faraoni, Giorgio Montanini, Melinda De Matteo, Vinicio Marchioni

Sinossi:

Mia, il film diretto da Ivano De Matteo, racconta la storia di una famiglia semplice e felice in cui entra violentemente un ragazzo, un manipolatore, che stravolge la vita di una quindicenne meravigliosa, rendendola un incubo. Quando la ragazza, aiutata dal padre, riesce ad allontanarsi e ricominciare a vivere, il ragazzo decide di distruggerla.

Al padre rimane solo una cosa: la vendetta.

Recensione:

 “Mamma” e “papà” sono le prime parole pronunciate da un bambino, ma subito dopo in modo naturale quanto straordinario l’infante scopre il significato del possesso, della proprietà rivendicando ogni oggetto come proprio.

“Mia” è un aggettivo possessivo , ma nel mondo degli adulti assume un diverso significato  in campo affettivo /sentimentale.

Il partner / un figlio/ un nipote sono persone da proteggere, amare , ma soprattutto  vengono considerati non condivisibili con nessun altro.

Quante volte abbiamo sentito, ascoltato la frase “è mia e di nessun altro!”

La gelosia è un  sentimento particolare, incontrollabile e spesso nocivo.

Dimentichiamo tutti noi che non si dovrebbe mai ritenere una persona  come una propria proprietà.

Altrettanto grave è l’errore di un padre nell’ accettare che la propria figlia possa crescere diventando una donna amata e desiderata da un altro uomo

Ivano Di Matteo con il suo nuovo film “Mia” scritto insieme alla compagna Valentina Ferlan  , racconta  come e quanto l’amore possa condizionare, travolgere ed a volte distruggere la vita stessa della persona amata.

“Mia” è la storia di una ragazzina di 15 anni come tante, che trascorre le sue giornate tra gli allenamenti di pallavolo, le lunghe chiacchierate con la migliore amica e le prime schermaglie amorose.

Mia è il nome dell’adolescente, protagonista suo malgrado dello scontro  di potere e d’amore tra Marco , il classico ventenne arrogante quanto affascinante e Sergio, un padre geloso e protettivo oltre modo.

Si assiste ad lotta di posizione e d’influenza che  Edoardo Leo e Riccardo Mandolini con i loro rispettivi personaggi rendono  credibile e destabilizzante, “combattuta”  sul corpo, cuore e testa della bella e fragile Mia.

Da una parte lo spettatore  partecipa emotivamente al duello maschile , rispecchiandosi alcune volte  nelle istanze paterne, altre volte in quelle del fidanzato manipolatore.

Dall’altra parte ci chiede  come mai nessuno chieda cosa voglia davvero Mia senza imporle una difficile scelta.

“Mia” è una girandola d’emozioni contrastanti, trasmette angoscia, desiderio di libertà e soprattutto senso d’impotenza nel vedere la piccola e sorridente Mia cadere, rialzarsi ed ancora drammaticamente cadere  per mano di Marco, colpito nell’orgoglio.

“Mia” è allo stesso tempo una storia d’amore inizialmente bella e successivamente tossica, il ruolo della famiglia e degli amici per un’adolescente  caduta in preoccupante crisi esistenziale. Infine  terza fase in cui si affronta la complessa e delicata tematica del “Revenge Porn” , paradossalmente meno convincente sul piano narrativo e strutturale perché  slegata rispetto alle precedenti linee drammaturgiche e messa in scena con più superficialità e fretta.

“Mia” scuote e colpisce il pubblico , sentendosi parte di questo psico dramma adolescenziale e contemporaneamente impotente e desideroso di vendetta come Sergio,  perché nessun padre può accettare la propria bambina infelice o sporcata dalla cattiveria e menefreghismo di un altro uomo.

27) Leila e i suoi fratelli

“Leila e i suoi Fratelli” è un film di Saeed Roustayi. Con Taraneh Alidoosti, Navid Mohammadzadeh, Payman Maadi, Farhad Aslani, Mohammad Ali Mohammadi. Drammatico, 165′. Iran 2022

Sinossi:

Leila e i suoi quattro fratelli vivono un momento di crisi economica da cui però potrebbero sperare di risollevarsi se non fosse per ciò che il loro anziano padre ha deciso di accettare. Gli è stato infatti proposto di diventare il padrino al matrimonio del primogenito di una famiglia potente che lo ha sempre tenuto a distanza. Per l’uomo l’invito rappresenta un’occasione unica di riscatto sociale ma questo porterà con sé più di un problema all’interno del nucleo familiare.

Recensione:

La saggezza popolare ci insegna che i soldi non danno la felicità, ma nel corso degli anni, crescendo e soprattutto ingoiando tutta una serie di bocconi amari, realizziamo che servono e non poco. Soprattutto per mantenere la pace familiare.

C’è un’eredità, morale prima che economica, che i genitori dovrebbero lasciare ai figli? Le teorie si sprecano, in tutti le parti del mondo.

Ce lo conferma Saeed Roustayi nel suo “Leila e i suoi fratelli”, presentato a Cannes nel 2022. Nelle quasi tre ore di film (oggettivamente troppe) vengono raccontate le contraddizioni, le bizzarrie e gli egoismi della società iraniana, imbevuta di maschilismo e sospesa tra fatalismo e nichilsmo. continua su

4) L’ultima corsa per Woodstock (Colin Dexter)

“L’ultima corsa per Woodstock” è un romanzo scritto da Colin Dexter nel 1975 e pubblicato in Italia il 24 Giugno 2010  da Sellerio.

Sinossi:

In questo, che è il primo romanzo della serie, due ragazze a Oxford attendono alla fermata l’ultimo autobus per Woodstock. Il bus è in ritardo e le due ragazze si incamminano a piedi sperando di trovare un passaggio. E lo trovano perché dopo un po’ una macchina si ferma e le fa salire a bordo. Passaggio fatale per una delle due, che verrà ritrovata assassinata poche ore dopo. L’ispettore Morse inizia l’indagine con l’aiuto del sergente Lewis, suo aiutante (in questa e in tutte le avventure che seguiranno). La verità si fa strada con difficoltà e non sarà una scoperta facile né felice.

Recensione:

Ringrazio fin da subito l’amico Don  Paolo Tenaglia per avermi dato l’opportunità di conoscere un nuovo scrittore: Colin Dexter.

E’ stato un regalo di Natale che colpevolmente  ho terminato di leggere solamente ad  otto giorni dalla Santa Pasqua.

L’amico Tenaglia da tanto tempo mi aveva caldeggiato la lettura dei gialli firmati  Dexter e soprattutto di conoscere i metodi investigativi dell’ispettore Morse.

Colin Dexter è un giallista “pubblicato” con colpevole ritardo in Italia e rilanciato in grande stile da Sellerio Editore.

“L’ultima corsa per Woodstoock” scritto da Dexter nel 1975 è stato il primo romanzo della serie con protagonista l’ispettore Morse e quale lettura più giusta e propedeutica poteva esserci per un lettore neofita?

La logica  imponeva questa scelta e così fece il mio amico Paolo, ma mai affidarsi alla logica quando di mezzo c’è il mio gusto letterario .

Non me ne voglia Paolo oltre che i numerosi fan di Dexter, ma l’ispettore Morse non si è rivelato un personaggio trascinante, empatico oppure tanto antipatico e cattivo da  colpire davvero la mia attenzione , destando in me la voglia di divorare in pochi giorni il romanzo.

“L’ultima corsa per Woodstock” è un giallo  del 1975, pensato da uno scrittore figlio del suo tempo e rivolto ad una fascia di pubblico non di “primo pelo”.

La struttura narrativa è dilatata, si concede pause, digressioni  apparentemente inutili e fuori contesto, per poi  comprendere alla fine quanto invece siano stati funzionali alla risoluzione del caso.

L’indagine di Morse e dal sergente Lewis si svolge  senza avere il supporto di tecnologie e/social e di conseguenza fatta alla “vecchia maniera”: interrogatori, controlli incrociati e prove raccolte sul campo.

Morse è un ispettore che vive di fiammate improvvise ed intuizioni bizzarre, ma ben lontane dalla descrizione fatta di Dexter sulla sfera personale del protagonista :  un uomo  schivo , metodico e single.

L’ispettore Morse è  come diesel, parte piano, ogni tanto sbanda, ma alla fine trova il guizzo per incastrare il colpevole, il meno sospettabile di tutti.

Un’indagine che cerca di risolvere l’omicidio brutale di una giovane donna , portando  drammaticamente a galla i peccati e contraddizioni della middle class inglese.

“L’ultima corsa per Woodstock” ha un ritmo basso, privo di scossoni , non presenta colpi di scena inverosimili o si perde in sotto storie morbose di sesso,  semmai descrive, fa vivere allo spettatore la straordinaria normalità del male insita dentro l’uomo e pronta ad esplodere.

“L’ultima corsa per Woodstock” è la lettura consigliata per chi ama i tempi lunghi e le pause opportune per scaldarsi e trovare il giusto mood emozionale per amare un personaggio letterario.