“Gli Eredi della Terra” è un romanzo scritto da Ildefonso Falcones e pubblicato in Italia nell’ottobre 2016 da Longanesi.
È un periodo amaro e deludente come lettore. Dopo Zafon, anche Falcones non è stato capace di soddisfare le mie attese letterarie.
Il suo nuovo romanzo “Gli Eredi della Terra” presentato dalla critica come il sequel dell’acclamato “La Cattedrale del Mare”, è, ahimè, un non riuscito tentativo di allungare il brodo narrativo oltre modo su tematiche e storie già lette e raccontate da altri autori.
Per carità Ildefonso Falcones si conferma uno scrittore valido, preparato, colto, capace di maneggiare con cura e naturalezza la Storia, mescolandola sapientemente con la finzione, arrivando a costruire un prodotto ben scritto, a tratti anche interessante, ma privo di quel quid creativo e stilistico che hanno caratterizzato le sue precedenti opere.
“Gli Eredi della Terra” è però un romanzo eccessivamente lungo, prolisso, dispersivo che solamente in parte riesce a conquistare l’attenzione del lettore, a causa di un intreccio narrativo troppo caotico senza una vera e precisa identità.
Ci ritroviamo a Barcellona, 1387. Arnau Estanyol, dopo le mille traversie che hanno segnato la sua vita e la costruzione della grandiosa Cattedrale del Mare, è ormai uno dei più stimati notabili di Barcellona. Giunto in città ancora in fasce e stretto tra le braccia del padre, un misero bracciante, nessuno sa meglio di lui quanto Barcellona possa essere dura e ingiusta con gli umili. Tanto che oggi è amministratore del Piatto dei Poveri, un’istituzione benefica della Cattedrale del Mare che offre sostegno ai più bisognosi mediante le rendite di vigneti, palazzi, botteghe e tributi, ma anche grazie alle elemosine che lo stesso Arnau si incarica di raccogliere per le strade. Sembra però che la città pretenda da lui il sacrificio estremo. Ed è proprio dalla chiesa tanto cara ad Arnau a giungere il segnale d’allarme. Le campane di Santa Maria del Mar risuonano in tutto il quartiere della Ribera: rintocchi a lutto, che annunciano la morte di re Pietro… Ad ascoltare quei suoni con particolare attenzione c’è un ragazzino di soli dodici anni. Si chiama Hugo Llor, è figlio di un uomo che ha perso la vita in mare, e ha trovato lavoro nei cantieri navali grazie al generoso interessamento di Arnau. Ma i suoi sogni di diventare un maestro d’ascia e costruire le splendide navi che per ora guarda soltanto dalla spiaggia si infrangono contro una realtà spietata. Tornano in città i Puig, storici nemici di Arnau: finalmente hanno l’occasione di mettere in atto una vendetta che covano da anni, tanto sanguinosa quanto ignobile.
La tragica morte di Arnau è lo spartiacque drammaturgico del romanzo che utilizza l’autore spagnolo per costruire un nuovo filone narrativo, tutto imperniato sulla vita del giovane Hugo.
Il lettore così seguirà le vicende personali, umane e professionali di Hugo Llor, scanditi da lutti, delusioni amorosi, matrimoni imposti, rovesci finanziari e il sogno di diventare il più bravo vinicoltore di Barcellona.
La vita di Hugo è condizionata e segnata anche dagli accadimenti politici e religiosi che scuotano Barcellona e la Spagna in generale, costringendo il nostro protagonista a subire diverse umiliazioni e rinunce dolorose imposte dal potente di turno.
Hugo Llor è un ragazzo e poi un uomo semplice, onesto, lavoratore a cui Aranau ha insegnato a “non piegare mai la testa nei confronti di nessuno”, e queste parole rappresentano una sorta di mantra e guida per la tutta vita di Hugo.
Il personaggio di Hugo conquista ed avvolge il lettore solamente in parte, anche se non può non provare simpatia e vicinanza per le tante vicissitudini e problemi che affliggono il povero Llor.
“Gli Eredi della Terra” è in definitiva un buon romanzo storico, ma assai lontano dai vertici creativi, drammaturgici e di pathos narrativo a cui il lettore era stato ben abituato da Falcones. Una vera delusione letteraria primaverile.