102) Sara al Tramonto (Maurizio De Giovanni)

“Sara al Tramonto” è un romanzo scritto da Maurizio De Giovanni e pubblicato da Rizzoli Editore nell’Aprile 2018.

Sinossi:
Sara non vuole esistere. Il suo dono è l’invisibilità, il talento di rubare i segreti delle persone. Capelli grigi, di una bellezza trattenuta solo dall’anonimato in cui si è chiusa, per amore ha lasciato tutto seguendo l’unico uomo capace di farla sentire viva. Ma non si è mai pentita di nulla e rivendica ogni scelta. Poliziotta in pensione, ha lavorato in un’unità legata ai Servizi, impegnata in intercettazioni non autorizzate. Il tempo le è scivolato tra le dita mentre ascoltava le storie degli altri. E adesso che Viola, la compagna del figlio morto, la sta per rendere nonna, il destino le presenta un nuovo caso. Anche se è fuori dal giro, una vecchia collega che ben conosce la sua abilità nel leggere le labbra – fin quasi i pensieri – della gente, la spinge a indagare su un omicidio già risolto. Così Sara, che non si fida mai delle verità più ovvie, torna in azione, in compagnia di Davide Pardo, uno sbirro stropicciato che si ritrova accanto per caso, e con il contributo inatteso di Viola e del suo occhio da fotografa a cui non sfugge nulla. Maurizio de Giovanni ha dato vita a un personaggio che rimarrà tra i più memorabili del noir italiano. Sara, la donna invisibile che, dal suo archivio nascosto in una Napoli periferica e lunare, ci trascina nel luogo in cui tutti vorremmo essere: in fondo al nostro cuore, anche quando è nero.
Recensione:
Esistono dei rari e precisi momenti che possono cambiare, sconvolgere, resettare la vita di una persona.
Tali eventi possono essere positivi o negativi, ma in ogni caso niente sarà più come prima.
Un amore unico, travolgente, intenso ha cambiato l’esistenza di Sara Morozzi, all’epoca giovane e brillante agente e felice moglie e madre di un bambino piccolo, facendole compiere una scelta dolorosa e rischiosa, di cui non si è mai pentita.
Così è successo a Sara, quando si innamorò perdutamente , al primo sguardo di Massimiliano, suo superiore.
Sara abbandonò bruscamente la famiglia, rimanendo accanto all’amato Massimiliano fino alla sua tragica morte, avvenuta dopo una lunga e dolorosa malattia.
La morte di Massimiliano ha devastato emotivamente e fisicamente Sara, facendola diventare, apparentemente una malinconica ed anonima pensionata.
La donna trascorre le proprie giornate al parco in attesa di combattere, nelle notti insonni, il lacerante dolore per la sua perdita.
Sara però ha ancora un motivo per rimanere ancorata alla vita: Viola, una giovane e bella fotografa incinta di suo figlio Giorgio, mai più visto dalla donna  e deceduto improvvisamente.
Le due donne si incontrano ogni giorno al tramonto in un parco di Napoli, cercando in quest’inedita e forzata amicizia, la forza per guardare con più ottimismo al futuro.
Sara ha un talento unico nell’osservare e decifrare da lontano le persone studiandone la postura, i gesti ed i labiali.
Un talento che Sara aveva giurato di non utilizzare più, fino a quando Teresa Pandolfi detta “La Bionda”, sua vecchia ed ex collega le chiede di tornare “in servizio” per un caso asso delicato e controverso: salvare la vita di una bambina, figlia di un’assassina, reo confessa del proprio padre.
“Sara al Tramonto” è un romanzo psicologico, intimistico, catartico piuttosto che un giallo.

L’indagine poliziesca è utilizzatà solamente come cornice o pretesto narrativo,  paradossalmente risultando la parte meno convincente della storia.
Maurizio De Giovanni con la consueta sensibilità, umanità e talento crea il nuovo personaggio di Sara ,che in qualche modo potremmo definire l’alter ego femminile del Commissario Ricciardi, con un ‘importante e sostanziale differenza .
Sara ha conosciuto l’amore profondo e totale e solamente nell’impossibilità d’elaborare lutto , la sua vita è scandita dalla malinconia e solitudine.
Sara Marozzi è una donna coraggiosa, forte, determinata che non ha mai rimpianto le proprie scelte. Conoscendo e poi amando Massimiliano è rinata emotivamente e come donna. Il lettore imparerà ad apprezzare i silenzi, gli sguardi di Sara ,condividendone il travaglio esistenziale e la capacità amare senza sé e senza ma.
“Sara al Tramonto” segna probabilmente l’inizio di una nuova serie di successo con una donna protagonista, caso raro nel panorama editoriale italiano, capace di trasmettere emozioni, colpi scena e riflessioni sulle conseguenze di una scelta amorosa coraggiosa quanto difficile e come sia possibile rialzarsi grazie all’aiuto inaspettato ed efficace di una nuora e di un poliziotto scorbutico quanto romantico.

101) Tu mi nascondi qualcosa

“Tu mi nascondi qualcosa” è un film di Giuseppe Lo Console. Con Giuseppe Battiston, Stella Egitto, Sarah Felberbaum, Rocio Munoz Morales, Rocco Papaleo. Commedia, 87′. Italia, 2018

Sinossi:

Valeria (Felberbaum), un’investigatrice privata, si trova per errore a pedinare la persona sbagliata. Scopre che la promessa sposa di Francesco (Battiston) lo tradisce. Quando la cosa viene fuori, il matrimonio salta e Francesco, piombato in depressione, si rivolge all’investigatrice: lei gli ha distrutto il rapporto e lei dovrà aiutarlo a rimetterlo in sesto. Irene (Rossi) fa un appello in tv denunciando la scomparsa di suo marito Alberto(Papaleo). Un ospedale risponde dicendo che l’uomo è lì ricoverato da quindici giorni a seguito di un incidente ma ha perso la memoria. Quando Irene raggiunge il marito, trova un’amara sorpresa: un’«altra» moglie tunisina (Muñoz Morales) è già al capezzale di Alberto che ovviamente, non ricorda nessuna delle due. Ezio (Tiberi) e Linda (Egitto) sono una coppia molto affiatata, nonostante l’insolito mestiere di lei: Linda infatti è una pornostar. Il fatto che la sua donna abbia rapporti sessuali con altre persone per ragioni “cinematografiche”, non impensierisce minimamente Ezio. Almeno finché non comincia a sospettare che tra Linda e il suo partner lavorativo ci sia una tresca.

Recensione:

La sincerità, nei rapporti umani e specialmente nella vita di coppia, è davvero necessaria? Una relazione può durare anche se uno dei partner omette qualche particolare e non è proprio limpido come uno specchio d’acqua montana?

Ma soprattutto, la verità è solo una, oppure di una stessa storia possono esistere più versioni, non necessariamente false?

“Tu mi nascondi qualcosa”, opera prima del regista Giuseppe Lo Console, si sforza di raccontare come la vita di coppia non sia mai una linea retta, una strada senza buche, ma piuttosto un percorso a ostacoli, dove talvolta la bugia diventa lo strumento indispensabile per il quieto vivere.

Il fine giustifica i mezzi sosteneva già nel Cinquecento Niccolò Machiavelli, non immaginando che questa sua frase sarebbe poi stata applicata anche in campo sentimentale.

Il film è un caleidoscopio di situazioni, tra tradimenti, delusioni, equivoci. Si assiste alla fine di matrimoni e di convivenze di lunga data, e alla crisi di una storia d’amore apparentemente solida e felice. Il tutto provocato dalla scoperta di una bugia, più o meno innocua.

“Tu mi nascondi qualcosa” è formato da tre episodi, incentrati sui temi della poligamia, del tradimento, e della mancanza di fiducia. A legare il tutto, l’amore, sentimento che cambia, si evolve, porta a toccare vette altissime di piacere ma può anche spezzare il cuore.

Il film risulta nel complesso godibile, divertente e in alcuni passaggi anche commovente. Non è una semplice commedia romantica, ma piuttosto una sincera e riuscita rappresentazione delle difficoltà una coppia deve affrontare ogni giorno. Perché il difficile non è tanto trovarsi e innamorarsi, ma restare insieme!

In un cast artistico di assoluto livello, ci piace sottolineare la prova della brava e poliedrica Stella Egitto, che conferma, nel ruolo solo sulla carta più leggero di Linda Angel, quanto di buono fatto vedere di recente al cinema e in tv. continua su

http://paroleacolori.com/tu-mi-nascondi-qualcosa-un-film-corale-che-va-oltre-la-commedia/

100) Interruption

“Interruption” è un film di Yorgos Zois. Con Alexandros Vardaxoglou, Sofia Kokkali, Pavlos Iordanopoulos, Romanna Lobach, Angeliki Margeti. Drammatico, 109′. Grecia, Francia, Croazia, 2015

Sinossi:

Un teatro di Atene ai nostri giorni. In scena si sta rappresentando l’Orestea di Eschilo in un adattamento postmoderno. All’improvviso, in seguito a un breve blackout, un gruppo di giovani in abiti scuri e armati di pistole sale sul palco invitando chi lo desidera a raggiungerli per prendere il posto degli attori. La recita prosegue ma ora le dinamiche sono profondamente mutate.

Recensione:

Il teatro è morto. A dirlo, con amarezza mista a rabbia, sono gli stessi attori e addetti ai lavori che a questa forma d’arte hanno consacrato la loro vita.

Purtroppo è un triste dato di fatto: oggi per portare il pubblico in sala servono “volti noti”, interpreti di serie tv, fiction o persino youtuber. E a questa logica – più che a quella del talento – si attengono i direttori artistici, al momento di stilare il cartellone della stagione.

È il trionfo dell’ignoranza e dell’effimero sulla bellezza e sulla cultura, la negazione stessa dell’essenza del teatro. Chissà cosa penserebbero gli antichi Greci, e quale tragedia potrebbero comporre, osservando la degenerazione di questa loro creatura bella e splendente.

Il 23 ottobre 2002 cinquanta ceceni armati presero in ostaggio 850 spettatori all’interno del teatro Dubrovka di Mosca. Inizialmente il pubblico, affascinato dall’ambivalenza del momento, pensò di avere davanti degli attori e che tutto facesse parte della rappresentazione. In momenti tanto cruciali, finzione e realtà, verità e bugie, logica e assurdo si fondono.

Come avrete capito da questa presentazione, “Interruption” di Yorgos Zois non è un film per tutti. La comprensione del messaggio e della storia è complicata, data l’intersezione di metateatralità e finzione (rappresentata dalla messa in scena moderna dell’Orestea di Eschilo).

“Interruption si svolge all’interno di un teatro. La parola ‘teatro’ deriva dal greco theatron, che significa luogo in cui vediamo. Il mio è quindi un film sull’atto di vedere. – Yorgos Zois”

È come avere davanti agli occhi un reality show teatrale, dove il finale é nelle mani del pubblico, incapace di distinguere tra realtà e finzione. Ma “Interruption” è anche un atto d’accusa nei confronti dell’ignoranza che oggi dilaga, dell’assenza di una coscienza civile e politica, di un pubblico acritico che accetta qualunque cosa, sulla scena come nella vita. continua su

http://paroleacolori.com/interruption-qual-e-la-funzione-del-teatro-ieri-come-oggi/

99) La Mafia uccide solo d’estate – 2 Stagione

“La mafia uccide solo d’estate ” è una serie scritta da Michele Astori, Stefano Bises e Michele Pellegrini. Diretta da Luca Ribuoli. Con Edoardo Buscetta, Claudio Gioè, Anna Foglietta, Angela Curi, Francesco Scianna, Valentina D’Agostino, Nino Frassica.

Ispirata all’omonimo film di Pif, il racconto del fenomeno criminale in Sicilia, tra tragedia e commedia.

Recensione :

Restare o scappare? Rimanere in silenzio o parlare? Questi due dubbi di carattere etico-sentimentale hanno scosso e sconvolto nel profondo la vita della famiglia palermitana Giammarresi, protagonista della serie tv “La mafia uccide solo d’estate”, ispirata all’omonimo film di Pif.

Nella prima stagione, Salvatore (Buscetta) è stato testimone oculare del barbaro omicidio del suo amico capo ispettore Boris Giuliano da parte della mafia, e suo padre Lorenzo (Gioè) ha deciso di collaborare con la Polizia, testimoniando.

La sua scelta ha messo in pericolo la famiglia, e il fratello della moglie Pia (Foglietta), Massimo (Scianna), preoccupato per le possibili ripercussioni li ha convinti a prendere una nave e lasciare per sempre Palermo. Ma all’ultimo Salvatore ha convinto i genitori a tornare sui loro passi.

La seconda stagione della serie in onda su Rai1 riparte da questo insolito atto di coraggio da parte di una famiglia perbene e normale. Siamo nel 1979 e Palermo si appresta a vivere “la più sanguinosa guerra di mafia della storia”, quella tra i boss palermitani e i corleonesi di Totò Riina.

Si rinnova la scommessa della prima stagione: raccontare fatti cruenti e sanguinosi con un tono a tratti leggero e da commedia, trattandoli come una cornice narrativa per le vicende di una famiglia normale, provando così ad avvicinare il pubblico, anche quello giovane, a pagine drammatiche della nostra storia recente.

Nel 1979 la mafia cambia pelle diventando, se possibile, più feroce e pericolosa nel suo intento di dominio del territorio, dichiarando guerra allo Stato e a chi lo serve. Quello che contraddistingue il periodo, però, è anche la contrapposizione tra omicidi e delitti e momenti, diciamo, positivi. Come l’elezione alla Presidenza della regione Sicilia del democristiano Piersanti Mattarella.

E questo alternarsi di orrore e speranza si ritrova nella serie tv, dove si passa nel giro di poche scene dal sorriso alla commozione. Emozionandosi, come di consueto, per le vicende umane della famiglia Giammarresi.

Salvatore vivrà gioie e dolori del primo amore, e scoprirà che le ingiustizie sociali esistono anche tra i giovani. Angela (Curri) inizierà un percorso di crescita che la porterà a capire quale sia il suo posto nel mondo.

Guai in vista – sotto forma di due donne di troppo, ognuna, a suo modo, pericolosa – per le due coppie della serie: quelle formata da Lorenzo e Pia, e da zio Massimo e Patrizia (D’Agostino). A irretire il secondo sarà Jolanda (Dajana Roncione), un’affascinante cantante, mentre Lorenzo stringerà un’amicizia particolare con Marina (Claudia Gusmano), giovane assistente di Mattarella.

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98) I Fantasmi d’Ismael

Il biglietto da acquistare per “I fantasmi d’Ismaël” è:
Nemmeno regalato. Omaggio (con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“I Fantasmi d’Ismael”  è un film di Arnaud Desplechin. Con Marion Cotillard, Charlotte Gainsbourg, Louis Garrel, Mathieu Amalric, Alba Rohrwacher. Drammatico, 110′. Francia 2017

Sinossi:

Ismaël Vuillard, regista febbrile, scrive di notte per ricacciare gli incubi. Legato sentimentalmente a Sylvia, astrofisica con la testa tra le stelle, ha perso Carlotta, la giovane consorte inghiottita vent’anni prima dal nulla. Da allora si prende cura di Henri Bloom, autore cinematografico, mentore e padre inconsolabile di Carlotta, che una mattina d’estate ritorna dall’aldilà. Fantasma tangibile, la sua morte non è mai stata accertata, rientra da una fuga ostinata e da un soggiorno in India, dove si è risposata e dove è rimasta vedova. Di nuovo sola nel mondo, ripara nella sua vecchia vita e tra le braccia di Ismaël, sopraffatto dalle emozioni e dallo sconcerto. Il fantasma di Carlotta lo appressa e finisce per frangere i suoi sentimenti e la sua produzione artistica.

Recensione:

Mai dire mai, nella vita. Anche quando ci si illude di aver raggiunto un equilibrio mentale e sentimentale dopo tanto penare, possono sempre sbucare dei fantasmi pronti a rovinare tutto. Perché ognuno di noi ha dei conti aperti con il passato.

Nel caso di Ismael (Amalric), protagonista del film “I fantasmi d’Ismael” di Desplechin che ha aperto il Festival di Cannes 2017 fuori concorso, sceneggiatore e regista intento a completare il suo nuovo lavoro, il fantasma è quello della moglie Carlotta (Cotillard), scomparsa misteriosamente ventuno anni prima.

Le vite di tutti i personaggi verranno sconvolte dall’improvviso ritorno della donna, che sembra intenzionata a riprendere il suo posto al fianco del marito, come se i ventuno anni d’assenza non si fossero mai verificati.

“I fantasmi d’Ismael” si presta a diverse chiavi di lettura e offre più sfumature sul piano drammaturgico. Dopo un inizio da commedia pura, diventa un melo sentimentale con venature esistenziali, per poi tornare commedia, ma grottesca, e finire con toni agrodolci poco convincenti.

La maggiore criticità del film è una sceneggiatura eccessivamente fumosa, che sebbene nel complesso sia ben scritta non riesce ad avere una chiara identità, né a rendere l’intreccio scorrevole e coinvolgente dall’inizio alla fine. continua su

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97) La Melodie

Il biglietto d’acquistare per “La Melodie” è: Omaggio(Con Riserva).

“La Melodie” è un film del 2017 diretto da Rachid Hami, scritto da Rachid Hami, Guy Laurent, con : Kad Merad, Samir Guesmi, Jean-Luc Vincent, Alfred Renely, Slimane Dazi, Mathieu Spinosi.

Sinossi:
Simon, un famoso musicista ormai disilluso, arriva in una scuola alle porte di Parigi per dare lezioni di violino. I suoi metodi d’insegnamento rigidi non facilitano il suo rapporto con degli allievi problematici. Tra di loro c’è Arnold, un timido studente affascinato dal violino che scopre di avere una forte predisposizione per lo strumento. Grazie al talento di Arnold e alla incoraggiante energia della sua classe, Simon riscopre a poco a poco le gioie della musica. Riuscirà a ritrovare l’energia necessaria per superare gli ostacoli e mantenere la promessa di portare i bambini a suonare alla Filarmonica di Parigi?

Recensione:
I cugini francesi sono complessivamente delle brave persone, ma hanno un piccolo grande problema: la Grandeur.
Nonostante la loro stessa Storia nazionale gli dimostri come sia sconsigliabile incaponirsi, non riescono proprio a vaccinarsi da questa sindrome finendo spesso per farsi male.
Vi starete chiedendo che cosa c’entri la Grandeur francese, con la recensione del film “la Melodie”. Molto, caro lettore, purtroppo c’entra molto.
“La Melodie” doveva essere nelle intenzioni drammaturgiche dei due sceneggiatori la risposta francese alla celebre serie americana “Saranno Famosi” e al meraviglioso e duro “Whiplash”” di Damien Chazelle.
Volendo però i due autori aggiungere nella sceneggiatura un tocco d’autorialità e realismo, ecco spiegata la scelta d’ambientare il plot narrativo in una scuola di periferia parigina, dove convivono ragazzi francesi di diversa etnia e colore.
Il messaggio da veicolare doveva essere duplice: La Musica supera ed annulla ogni differenza sociale e culturale, offrendo altresì una possibilità di riscatto al disilluso e burbero insegnate e l’affermazione di nuovo giovane talento, per ripagarlo dall’assenza di una figura paterna fin dalla nascita
Non vogliamo però essere accusati di cinismo o d’insofferenza culturale nei confronti dei cugini francesi, quanto piuttosto evidenziare la nostra delusione per un progetto artistico ambizioso sulla carta quanto piuttosto deludente e freddo nei fatti. continua su

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96) Ex Libris: New York Pubblic Library

Il biglietto da acquistare per “Ex Libris: New York Public Library” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Ex Libris: New York Pubblic Library” èUn film di Frederick Wiseman. Documentario, 197′. USA, 2017

Sinossi:

Il sistema bibliotecario di New York, cuore pulsante della vita culturale cittadina, è un apparato complesso, costituito da novantadue sedi. Sostenuto grazie a una gestione mista di fondi pubblici e privati, è nato per garantire a tutti i cittadini accesso gratuito alle proprie raccolte.

Recensione:

La madre di tutti gli incubi per l’inviato a un festival del cinema è ritrovarsi, la sera della premiazione, ad aver mancato di vedere e recensire il film vincitore, lasciando il suo sito scoperto. Un incubo che – lo confesso – io ho già vissuto sia lo scorso anno a Venezia che a Cannes.

Oggi conosceremo i vincitori della Biennale 2017 per il concorso principale e la sezione Orizzonti e un nome che circola da giorni con insistenza come papabile Leone d’oro è sicuramente “Ex Libris: New York Public Library” di Frederick Wiseman.

Il celebre documentarista, classe 1930, ha presentato la sua ultima fatica, oltre tre ore che raccontano la vita del sistema bibliotecario newyorkese, cuore pulsante della vita culturale cittadina con 92 sedi, e dei suoi frequentatori.

Vi basti sapere che io e Valeria Lotti ci siamo affidati al caso, per stabilire chi dovesse vedere e recensire il film. La sorte ha puntato su di me, quindi eccoci qui.

Non avendo visto alcun documentario di Wiseman prima di questo, non ho i requisiti per stabilire se questo sia all’altezza dei precedenti oppure no. Quello che mi sento di scrivere è che “Ex Libris” non dovrebbe vincere il Leone d’Oro, perché ci sono altre pellicole in gara più meritevoli per drammaturgia, regia e recitazione. continua su

http://paroleacolori.com/ex-libris-new-york-public-library-viaggio-nelle-biblioteche/

 

 

95) Parlami di Lucy

“Parlami di lucy” è un film di Giuseppe Petitto. Con Antonia Liskova, Michael Neuenschwander, Linda Mastrocola, Mia Skrbinac. Drammatico, 84′. Italia, Svizzera, Slovenia, 2017

Sinossi:

Nicole (Liskova) è una donna attenta a controllare la propria vita fin nei più insignificanti dettagli. La sua piccola Lucy è una bambina di otto anni solitaria e problematica. Roman, suo marito, è un uomo affascinante e più vecchio di lei, colpevole di aver in passato messo a repentaglio il loro matrimonio con un tradimento. Sogni inquietanti e inspiegabili tormentano Nicole. Oscure presenze si manifestano all’interno e nei dintorni della loro isolata villa di montagna. La ragione non è più sufficiente a spiegare gli angoscianti fenomeni che si palesano. Lucy è chiaramente in pericolo e Nicole deve trovare la forza di mettere in discussione tutte le proprie certezze per salvare la bambina.

Recensione:

Caro lettore, è per me umanamente difficile scrivere del film “Parlami di Lucy” dopo aver appreso, dalla cartella stampa, che il regista Giuseppe Petitto è tragicamente scomparso in un incidente stradale nel settembre 2015 all’età di soli 46 anni.

Oltre il cordoglio per la famiglia, è triste pensare che Petitto – laureato in giurisprudenza e poi formatosi al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, regista, produttore e montatore con una spiccata passione per i film inerenti i diritti civili – non sia qui per ricevere il meritato plauso per la sua coraggiosa opera prima.

Mi è sembrato giusto partire da questa nota extra-cinematografica, perché solo così è possibile capire come “Parlami di Lucy” sia diventato, da opera prima e involontariamente, una sorta di testamento artistico – che avrebbe meritato un passaggio in qualche festival, sia per la portata della storia che per darle il massimo della visibilità.

La storia mostra come una famiglia “tradizionale” possa sfaldarsi per via dell’infedeltà di uno dei coniugi e come questo influisca drammaticamente sulla vita non solo dei partner ma dei figli.

Nicole (Liskova) sembra apparentemente una donna sicura, elegante, rigida nell’educare la figlia. In realtà, se si allarga la prospettiva, ci troviamo davanti una moglie umiliata, tradita, che si rifugia nell’alcolismo per lenire il dolore dell’anima, creando però i presupposti per una lenta e inesorabile dissociazione, prima emotiva e poi mentale.

“Parlami di Lucy” è un viaggio doloroso, straziante, intenso, autentico dentro l’anima devastata di una donna. Antonia Liskova regala, probabilmente, la migliore interpretazione della sua carriera, sparendo dentro il personaggio, rendendolo vivo, umano e trascinando lo spettatore nel suo dramma, dove realtà e illusione si mescolano. continua su

http://paroleacolori.com/parlami-di-lucy-una-struggente-e-devastante-opera-prima/

94) Molly’s Game

Il biglietto d’acquistare per “Molly’s Game” è: Ridotto

“Molly ‘ s Game” è un film del 2017 scritto e diretto da Aaron Sorkin, tratto dal romanzo autobiografico di Molly Bloom “Molly’s Game: The True Story of the 26-Year-Old Woman Behind the Most Exclusive, High-Stakes Underground Poker Game in the World”, con : Jessica Chastain, Idris Elba, Kevin Costner, Michael Cera, Jeremy Strong, Chris O’Dowd, Bill Camp.
Sinossi:
Debutto alla regia per Aaron Sorkin, Molly’s Game è la trasposizione cinematografica della vera storia di Molly Bloom (Jessica Chastain), già raccontata nell’omonimo libro autobiografico pubblicato nel 2014.
Molly Bloom è un’ex sciatrice del Colorado di fama mondiale. Nell’estate del 2004, dopo aver fallito l’obiettivo delle Olimpiadi a causa di un infortunio e prima di proseguire gli studi di giurisprudenza a Harvard, decide di trasferirsi a Los Angeles per dare una svolta alla propria vita.
Per sbarcare il lunario inizia a lavorare come cameriera e in seguito come assistente di un organizzatore di partite di poker, che la licenza senza motivo. Decide allora di organizzare il suo giro di poker clandestino, che ben presto diventa il più esclusivo e ambito della città. Il buy-in è di 250.000 dollari. Il giro muove centinaia di milioni di dollari e viene frequentato dai più celebri nomi di Hollywood: campioni dello sport, uomini d’affari, imprenditori, attori, produttori, miliardari, magnati e, a sua insaputa e suo malgrado, esponenti della mafia russa (tra gli interpreti di questi personaggi spiccano Ben Affleck, Tobey Maguire e Leonardo DiCaprio).
La Bloom gestisce il giro per 8 anni, incassando circa 4 milioni di dollari l’anno. La sua tenacia e la sua energia le permettono una scalata sociale sorprendente: è lei a decidere chi avrebbe fatto parte del giro e chi no, rendendola ambita come amica e amante, richiestissima negli ambienti più esclusivi e glamour della città. Ma improvvisamente l’FBI scopre tutto, irrompe armata nel pieno della notte in casa sua e la arresta, smantellando lo sfavillante giro di poker clandestino. Minacciata su più fronti (l’FBI decisa a fermarla, la mafia russa interessata a sottrarle la sua attività e i clienti preoccupati di venire traditi), la Bloom inizia una dura battaglia legale e trova un unico alleato nel suo difensore, Charley Jaffey(Idris Elba): inizialmente titubante, l’avvocato conoscerà il passato della Bloom, in particolare il suo complicato rapporto con il padre Larry (Kevin Costner), e scoprirà che la ragazza cela un vissuto molto più profondo di ciò che dicono di lei la stampa, i tabloid e i gossip scandalistici.
Recensione:
Esistono tre diverse modalità nell’ affrontare la visione del film “Molly’s Game”, esordio alla regia del Premio Oscar Aaron Sorkin: la prima è quella del vero ed appassionato giocatore di poker. La seconda è come fan della bella, carismatica e brava attrice Jessica Chastain ed infine la terza se sei un paladina/o dell’idea, oggi molto di moda, del“Woman Power”.
“Molly ‘s Game” è infatti tutte queste tre cose insieme oltre ad essere la “tipica storia americana” di caduta e riscatto morale ed umano del protagonista principlae
Nel nostro caso la protagonista è una giovane donna, Molly Bloom (Jessica Chastain) che di “cadute” fisiche anche molto dolorose nel corso della sua breve esistenza ne ha dovuto subire ben due, superandole entrambe con un’energia e forza di volontà davvero uniche.
Molly Bloom è letteralmente e moralmente una ragazza “cazzuta” che dopo ogni caduta ha saputo trovare dentro di sé la tempra e il coraggio per rialzarsi reiventandosi ogni volta mostrando intelligenza, spregiudicatezza e un machismo da far impallidire molti presunti uomini.
Molly Bloom è stata una brillante atleta olimpionica, nonostante un grave incidente alla schiena all’età di dodici anni, e quando il Destino nuovamente l’ha fatta cadere ad un passo dell’oro olimpico, ha voluto dimostrare al rigido ed inflessibile padre nonché allenatore Larry ed al resto del mondo d’essere capace di poter essere competitiva anche in altri campi.
Molly ‘ Game è una storia di una donna furba, scaltra, consapevole del proprio fascino che irrompe e conquista il mondo del gioco d’azzardo storicamente maschile, diventandone “La Principessa”, così definita dagli stessi media.
“Molly ‘s Game” è la storia di un incredibile cortocircuito finanziario-giudiziario-gossipparo d’altissimo livello che ha rischiato di travolgere Molly, “destinata” a tramutarsi nel classico “capro espiatorio” per salvare o incastrare nomi insospettabili ed intoccabili .
“Molly ‘s Game” è la storia anche di una donna orgogliosa, testarda e corretta nell’assumersi le proprie responsabilità fino in fondo, non volendo perà “vendere” informazioni private e personali dei propri clienti al FBI in cambio dell’immunità.
Molly  Bloom  non è né un’eroina , né una povera ingenua, né tantomeno una figlia cresciuta senza famiglia, eppure lo spettatore seguendo con attenzione, pathos e curiosità le incredibili e controverse vicissitudini, non può non provare empatia e stima per una donna davvero unica nel suo genere. continua

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93) Ghost Stories

Il biglietto da acquistare per “Ghost stories” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre (con riserva).

“Ghost Stories” è un film di Andy Nyman, Jeremy Dyson. Con Andy Nyman, Paul Whitehouse, Alex Lawther, Martin Freeman, Jake Davies. Drammatico, 98′. Gran Bretagna, 2017

Sinossi:

Il professor Philip Goodman (Nyman) è un investigatore televisivo del soprannaturale, che ritiene possa essere sempre smascherato come una truffa tutto ciò che appare inspiegabile. Ha un mito di gioventù, un altro uomo di televisione che faceva la stessa cosa, ma è scomparso da anni. Quando questi si mette in contatto con Philip, il professore vede il suo entusiasmo deluso nel trovare l’uomo non solo in disgrazia, ma pure convinto di aver sbagliato tutto e che il soprannaturale esista davvero. Affida a Philip tre casi per lui inspiegabili, sperando che sappia risolverli e gli dica di non aver gettato la sua vita. Il primo caso riguarda un guardiano notturno che ritiene di essersi imbattuto in un fantasma, il secondo un giovane che sostiene di aver incontrato una creatura demoniaca, il terzo è un uomo di successo la cui casa è infestata da poltergeist.

Recensione :

È sempre difficile, per il sottoscritto, scrivere la recensione di un film cercando, da una parte, di non fare spoiler, dall’altra di rendere il compito del caporedattore Turillazzi non troppo gravoso.

“Ghost stories” di Andy Nyman e Jeremy Dyson è sicuramente una di quelle pellicole dove il rischio di rovinare la visione allo spettatore, usando le parole sbagliate nel pezzo, è concreto.

Si tratta un piccolo, grande capolavoro drammaturgico e registico, nato e celebrato in teatro ma che nella trasposizione cinematografica riesce a trasformarsi in qualcosa di diverso, mantenendo però i pregi che l’hanno reso così popolare tra il pubblico negli anni.

“La religione ha rovinato la mia famiglia. Mio padre, ebreo, da rigido credente ci ha distrutto ogni possibilità di serenità e felicità.”

Per cogliere pienamente l’essenza filosofica di “Ghost stories”, lo spettatore è caldamente invitato a osservare attentamente la scena iniziale e soprattutto ad ascoltare la voce fuori campo, che appartiene al protagonista, il professor Goodman (Nyman).

Un breve passaggio che, di fatto, è la chiave di lettura migliore per comprendere il finale, quanto mai spiazzante e sorprendente. Il film, infatti, è da una parte un horror, tra storie di fantasmi ed entità maligne; dall’altra, però, è un’indagine sul senso di colpa e su quanto questo possa condizionare l’esistenza e soprattutto l’animo umano. continua su

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