119. Maleficent

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Il biglietto d’acquistare per “Maleficent” è :1)Manco regalato 2)Omaggio 3)Di pomeriggio 4)Ridotto 5)Sempre

“Maleficent” è un film del 2014 diretto da Robert Stromberg, al debutto da regista e scritto da
Paul Dini, Linda Woolverton, John Lee Hancock.Con Angelina Jolie, Elle Fanning, Sharlto Copley.

Non sono stato un bambino amante delle favole. Non ho particolari ricordi di favole lette dai miei genitori o nonni prima di dormire la sera. Sono cresciuto a pane e cartoni d’animato. Le varie Biancaneve e Cappuccetto Rosso li ho recuperati vedendo poi i “classici” della Disney.
Quando la stessa Disney, di recente, ha cominciato a “rivedere” e “trasformare” le favole in chiave moderna o addirittura in chiave dark, ha trovato il mio modesto assenso.
Ho sempre pensato che tutto si possa modificare e cambiare, se fatto con intelligenza e talento.
Le favole hanno avuto il merito di trasmettere a varie generazioni di bambini ideali come l’ Amore e la Giustizia e di soprattutto d’imparare a distinguere il giusto dallo sbagliato.
Oggi però rileggendoli con occhi adulti potremmo dire che le favole, forse, sono ad alta densità buonista ed molto duri con i “ cattivi”.
Le streghe sono davvero così cattive e senza cuore? Quale è l’origine di queste “anziane signore”?
La strega cattiva per eccellenza è sicuramente Malefica della “Bella Addormentata”.
Ebbene la Disney con questo film ci racconta la vera storia della strega, avendo come voce narrante proprio la Bella Addormentata.
Lo spettatore scopre che Malefica(Angelina Jolie) era una giovane fata felice e sognatrice ,con le sue ali belle e forti, nel Regno di Brughiera. Il suo mondo era in conflitto con quello degli uomini, ma nonostante questo, un giorno incontra e si innamora di Stefano, un umile ragazzo, ma molto ambizioso.
La loro è una bella storia d’Amore e Malefica pensa davvero d’aver trovato il suo Principe.
Ma Stefano nel corso degli anni cambia, vuole diventare Re a tutti i costi fino al punto di tradire la fiducia di Malefica.
La vendetta della donna ferita e delusa dall’ Amore ricade , anni dopo, con una maledizione sulla neonata Aurora(Fanning) figlia di Stefano(Sharlto Copley) divenuto ormai Re.
Il maleficio si compirà al sedicesimo anno della bambina e potrà essere rotto solo dal bacio del vero Amore.
Il film non è né carne né pesce. È rimasto a metà strada tra la favola originale e la versione dark con una ambientazione medievale- gotica ,evidenziando però limiti strutturali e narrativi.
L’ambizione di raccontare da una diversa prospettiva la favola, seppure lodevole e interessante, non trova sbocco nella storia.
Le sontuose scenografie e i ricchi effetti speciali non bastano a colmare i limiti della sceneggiatura e dei dialoghi poveri di forza emotiva.
La regia esordiente governa bene la materia , ma non riesce a dare un ritmo adeguato e coinvolgente al film.L’occhio dello spettatore si gode la bellezza delle scene, ma non nè è pienamente coinvolto perché abbastanza prevedibili e scontate.
Angelina Jolie è bella, ricca di fascino e come sempre con il suo sguardo “hot”. La sua Malefica è una sorta di “Catwoman” con le corna e ali. Ha tutto il peso del film sulle spalle, ma solo in parte riesce credibile e convincente nel ruolo della”cattiva” con un cuore.
Il resto del cast timbra il cartellino senza lodi e senza infamia.
Il finale, anche se scontato, riesce a emozionare lo spettatore per il talento e forza espressiva della Jolie.
Dopo aver visto”Maleficent”, magari lo spettatore leggerà le favole con occhio diverso,ma sicuramente racconterà ai propri figli che il vero Amore non sempre è un copyright del Principe azzurro.
Vittorio De Agrò presenta la “Notting Hill “italiana con “Essere Melvin”
http://www.lulu.com/spotlight/melvin2

118. Fuoco Amico, la storia di Davide Cervia

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Il biglietto d’acquistare per “Fuoco Amico, la storia di Davide Cervia” è: 1)Manco regalato 2)Omaggio 3)Di Pomeriggio 4)Ridotto 5) Sempre

Vorrei dirvi che ieri sera ho visto al nuovo cinema Aquila un bel thriller italiano “Fuoco Amico, la storia di Davide Cervia” di Francesco Del Grosso, prodotto da Giulia Piccione.
Vorrei tessere le lodi artistiche del regista. Vorrei plaudire il cast per quanto è stato convincente e coinvolgente nel dare spessore e profondità ai personaggi.
Vorrei sottolineare quanto il film abbia un buon ritmo per tutta la proezione e che l’attenzione dello spettatore rimane sempre alta.
Vorrei parlare di una sceneggiatura semplice e ben scritta e che nonostante non sia originale, presenta spunti interessanti e di riflessione sulla vita del nostro Paese.
Vorrei scrivere che il film, forse, ha il solo limite di non avere una voce narrante che spezzi il racconto e il continuo flusso di notizie e permetta allo spettatore di respirare e di non essere travolto dall’emozioni e soprattutto dalla rabbia.
Vorrei dirvi che Davide Cervia è un personaggio ben costruito dall’autore e che la sua storia spazia dalla spy story al dramma con pennellate di action movie.
Vorrei raccontarvi la storia di un misterioso rapimento avvenuto il 12 settembre del 1990 a Velletri, tra il silenzio, incuria e omertà delle forze dell’ordine.
Vorrei parlavi dell’inquietante, losco, spietato mondo della vendita delle armi in Italia e di come il nostro Paese sia uno dei massimi fornitori.
Vorrei rendervi partecipe che tra la fine degli anni 70 e primi anni ottanta, i tecnici italiani addestrati dalla Nato, erano i migliori esperti della guerre tecnologiche su piazza e come esiste il mercato delle armi parallelamente esisteva quello dei tecnici.
Vorrei con amarezza mista a una rabbiosa indignazione spiegarvi come parti del nostro Stato e soprattutto i suoi servizi segreti sono spesso i primi avversarvi da sconfiggere per avere un Paese civile e moderno.
Vorrei denunciare i tanti segreti di Stato che ci portiamo dietro da anni e quanto dolore si portano dietro.
Potrei continuare, ma se vedrete” Fuoco Amico”, sono certo che alla fine della proezione, vi farete tante domande e purtroppo scoprirete una pagina triste e vergognosa della nostra Repubblica.
Come direbbe Carlo Lucarelli in puntata di “Blu Notte”, la storia di Davide Cervia sembra davvero un thriller avvincente e sconvolgente, peccato che sia una vera storia, dove un uomo, un marito e padre di due figli venne rapito , scomparendo nel nulla.
Abbiamo la coraggiosa moglie,Marisa Gentile, i figli Daniele ed Erika e un battagliero comitato che da 24 anni lottano inutilmente per avere giustizia e soprattutto per ottenere verità da uno Stato reticente.
Giovedi 29 l’Avvocatura dello Stato chiederà al tribunale d’archiviare l’istanza dei familiari per avvenuta prescrizione.
Per lo Stato italiano Davide Cervia è stato rapito da ignoti e ha certificato “la presunta morte”
Se per Matteo Renzi è davvero #lavoltabuona, auguriamoci, che fermi l’omertà di Stato.
Stasera alle 20.30 andate a vedere al nuovo cinema Aquila di Roma, “Fuoco Amico, la storia di Davide Cervia” ,in concorso alla 4 edizione del “Contest il documentario in sala”. Non solo perché è fatto bene, ma perché dal “Vorrei.. “ si possa passare tutti insieme a scandire e gridare, se necessario,:”Non permettere che il silenzio cali sulla scomparsa di un uomo” (comitato per la verità su Davide Cervia)

Per chi volesse maggiori informazioni su la storia di Davide Cervia
https://www.facebook.com/fuocoamicoilfilm?fref=ts.
https://www.facebook.com/groups/31078930765/?fref=ts.

Vittorio De Agrò presenta la “Notting Hill” italiana con “Essere Melvin”
http://www.lulu.com/spotlight/melvin2

117. Alabama Monroe

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Il biglietto d’acquistare per “Alabama Monroe” è .1)Manco regalato 2)Omaggio 3) Di Pomeriggio 4)Ridotto 5)Sempre

“Alabama Monroe una storia d’amore” è un film del 2012 diretto da Felix Van Groeningen.
Con: Johan Heldenbergh, Veerle Baetens, Nell Cattrysse.

I genitori non dovrebbero seppellire i propri figli. L’elaborazione di un lutto a volte unisce, ma spesso distrugge l’esitenza d’intere famiglie.
Etica e scienza si confrontano ,da sempre, se ci sia un limite alla ricerca e mentre si discute in maniera accademica, la gente muore.
“Alabama Monroe” è nello stesso tempo una storia d’amore e di dolore. Vita e Morte si alternano sullo schermo con ferocia armonia come è nella realtà.
Il film, ambientato in Belgio, è costruito come un puzzle dove lo spettatore segue la storia d’amore tra Didier Bontnick(Heldenbergh) suonatore di banjo e amante della musica bluegrass, forma di country più pura e Elise Vandevelde(Baetnes) splendida tatuatrice, che esprime se stessa proprio con i tatuaggi sul suo corpo.
I due si amano da subito, condividono la passione per la musica e formano una famiglia con la nascita della loro dolce figlia Maybelle (Nell Cattrysse).
La serena favola viene bruscamente interrotta dall’amara scoperta del cancro alla figlia .Tutte le cure si rivelano inutili anche l’estremo tentativo d’utilizzare le cellule staminali. Cosi la piccola Maybelle muore in ospedale tra le braccia della madre.
Le vite di Didier ed Elise sono stravolte dal dolore e anche il loro grande amore comincia a sfaldarsi.
Didier, grande fan dell’America, ne diventa un feroce critico perché rea secondo lui di ostacolare lo studio e ricerca sulle cellule staminali per motivi etici, ameno così dichiarò il presidente Bush quando firmò il decreto per opporsi.
Elise invece si chiude nel dolore che solo una madre può provare e giorno dopo giorno perde il sorriso e quella voglia di vivere che l’ha sempre caratterizzata.
Il film è una bella, dolce, amara ballata sulla vita e su quanto la felicità possa essere effimera, ma anche una dura e spietata critica all’oscurantismo delle religioni che bloccano il progresso scientifico.
La sceneggiatura è ben scritta anche se non originale (La stanza del figlio di Moretti docet), coinvolge ed emoziona e pone con ruvida dolcezza domande importanti. Ha però il limite di avere un ritmo blando addirittura lento nella seconda parte, perdendo strada facendo forza emozionale e narrativa.
I dialoghi sono intensi e profondi soprattutto grazie agli efficaci e talentuosi interpreti.
La regia è sicuramente apprezzabile nello costruzione e sviluppo della storia, ma non riesce a legare emozioni e ritmo, perdendo freschezza e godibilità nel complesso.
La musica è la coprotagonista del film. Le varie canzoni e ballate che si susseguono, sono lo sfondo alle vicende amorose e drammatiche dei due protagonisti.
La coppia d’attori è bella, piace sia dal punto fisico che sul piano emozionale. Riescono a trasmettere allo spettatore una profonda gamma di sentimenti, riuscendo sempre a essere credibili e coinvolgenti.
Oltre ad essere ottimi interpreti, non si può non sottolineare le loro qualità canore.
Il finale drammatico, anche se un po’ confuso ed eccessivamente pesante, convince per l’approccio laico e liberal su temi delicati come la religione degno di menzione l’intenso monologo di Didier sul palco alla fine di uno spettacolo) e la dolce morte.
“Alabama Monroe” ti fa ballare, cantare, emozionare e nello stesso ti fa riflettere su quanto sia passeggera la felicità e quanto la scienza sia ancora impotente e in ritardo rispetto alla Morte sempre più “moderna e veloce”.

Vittorio De Agro presenta la “Notting Hill” italiana con “Essere Melvin”
http://www.lulu.com/spotlight/melvin2

116. METAmorfosi – X-Style

metamorfosi

“Metamorfosi” è uno spettacolo teatrale adattato e diretto da Vinicio Marchioni e Milena Mancini, prodotto dalla Cantus Planus Produzioni e Ciac Scuola di Musica.
Voce Narrante:Vinicio Marchioni. Musiche composte ed eseguite da Walter Savelli. Partecipazione straordinaria:Giovanni Baglioni. Pianoforte:Maurizio Tomberli. Tele di Roberto Meta. Corpo di ballo di Milena Mancini.
Ho frequentato il liceo classico, ma ho sempre detestato la letteratura latina. Ricordo i pomeriggi trascorsi ,sbadigliando, tra i testi cercando di comprenderli e soprattutto di tradurli.
Ma ho sempre avuto un debole per Apuleio e soprattutto per la storia di Amore e Psiche tratto dalla sua opera “Metamorfosi” unica opera latina arrivata integra ai giorni nostri. L’ho sempre immaginata come una “fiction” ante litteram. Psiche,un’ ingenua ragazza di una bellezza così straordinaria per essere “solo umana “al punto di suscitare l’invidia e gelosia di Venere che decide di punirla, dandola in sposa al più brutto e viscido degli uomini.
Così ordina a suo figlio Cupido, Dio dell’Amore, di scoccare la sua freccia contro Psiche, ma si rifiuta, innamoratosi dell’umana e decide di prenderla la moglie.
Così Apuleio ci racconta la storia d’amore dei due protagonisti tra pathos ed emozioni varie.
Vinicio Marchioni ieri sera è andato oltre l’esperimento teatrale, confermando come questo testo possa essere raccontato da diverse forme d’Arte.
La voce suadente, calda e sicura dell’attore romano accompagna lo spettatore dentro la storia, riuscendo ad emozionare e coinvolgere. Alternando con talento e intelligenza i toni, e interpretando il testo, come solo un Attore di livello può fare con efficacia.
Ma le orecchie dello spettatore sono sollecitate anche dalle melodie intense e profonde che i talentuosi musicisti regalano con due pianoforti, chitarra e violino, creando una perfetta simbiosi con le parole di Apuleio.
Dopo l’udito, anche la vista gode di uno spettacolo interessante grazie ai danzatori che rendono reale la magia delle parole , interagendo e ballando con loro, riuscendo a trovare un armonioso equilibrio d’immagini e suoni.
Anche la pittura dà il suo contributo alla storia con tre pittori che mettono sulla tela le loro emozioni e il loro personale punto di vista della storia.
Lo spettacolo è piacevole e ha un buon ritmo. Lo spettatore rimane colpito in tutti i suoi sensi dalla storia e da come viene raccontata attraverso i vari tipi d’Arte.
Bella ed elegante la scenografia e adeguati i costumi.
Marchioni dimostra d’essere un buon regista oltre che un valido attore.
“METAmorfosi”sostiene “Save the children”nelle sue battaglie ed è un motivo più per andarlo a vederlo.
Apuleio ha scritto una bella storia d’amore, Marchioni e il suo gruppo lo hanno resa moderna, e se possibile, ancora più bella.
“Metamorfosi” fino a domenica al Teatro Ghione di Roma.

Vittorio De Agrò presenta la “Notting Hill”italiana con “Essere Melvin”
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Io e la moda siamo come due rette parallele. La mattina è già un miracolo che riesca a indossare due calzini dello stesso colore e che non metta la maglietta al contrario. Ormai non si contano più le fashion blogger sul web e anche la TV non poteva non creare reality sulla moda come “Project Runway” . I termini “cool,” “fashion”, “old” sono entrati ormai nel nostro vocabolario e io mi sento ormai come un vecchio indiano nella riserva. Ieri sera stavo facendo zapping, dopo una serata teatrale, e l’occhio mi è caduto su canale 5 e la trasmissione “X-Style”. Dopo pochi minuti non ho potuto non ripensare con nostalgia a”Target” e “Nonsolomoda” programmi che negli anni Novanta raccontavano la moda e i costumi con uno stile e linguaggio diverso, fresco e soprattutto innovativo. Programmi che portarono alla ribalta nazionale l’attrice Giaia De Laurentins e l’ex modella Afef.
Ebbene “X-style” può essere considerato l’erede di questi due programmi o se vogliamo la versione 2.0. Manca la conduttrice che polarizzi l’attenzione, ma c’è però una bella e simpatica voce che presenta i vari servizi, ideati, scritti e fatti in maniera pregevole e accattivante al punto che anche il sottoscritto ne è rimasto colpito. Regia e testi sono degni di menzione. La trasmissione ha un buon ritmo e si segue volentieri. Insomma anche la moda, se raccontata in maniera creativa, può interessare anche chi pensa che “fashion” sia una lingua antica.
X-style ogni domenica dopo mezzanotte su Canale 5
moda

115. X-Men – Giorni di un futuro passato

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Il biglietto d’acquistare per” X-Men – Giorni di un Futuro Passato” è :1)Manco Regalato 2)Omaggio 3)Di pomeriggio 4)Ridotto 5)Sempre

“X-Men-Giorni di un Futuro Passato” è un film di del 2014 diretto da Bryan Singer, scritto da Simon Kinberg e ispirato al fumetto “Giorni di un futuro passato” scritto da Chris Claremont e John Byrne. Con: Hugh Jackman, Patrick Stewart, Ian McKellen, Halle Berry, James McAvoy, Michael Fassbender, Jennifer Lawrence, Ellen Page, Peter Dinklage.

Il passato è passato. “Con i se e con i ma non si fa la storia e ne sono piene le fosse”, ci insegnano i proverbi e gli uomini saggi.
E’ possibile cambiare il destino? La natura e l’istinto dell’uomo sono immodificabili? Una sola scelta può influenzare il resto dell’esistenza?
Queste domande sono il fulcro del settimo film sugli X-Men. Confesso d’aver perso qualche puntata della saga, ma il ritorno alla regia di Bryan Singer era per me una garanzia di qualità. Già il titolo “ermetico” invita lo spettatore a prepararsi a fare un viaggio nello spazio e nel tempo, tenendo presente però i precedenti film.
Si parte in un futuro cupo e drammatico dove i mutanti e gli uomini a loro vicini sono braccati e sterminati dalle Sentinelle, robot immuni a qualsiasi potere degli X-Men e determinati ad aprire un epoca per pochi umani eletti.
L’unica speranza per gli X-Men è tornare nel passato ed impedire che vengano create le Sentinelle dallo scienziato Bolivar Trask( Dinklage, il trono di Spade) evitandone anche l’assassinio da parte di Mystica(Lawrence) e la sua conseguente cattura.
L’unico in grado di poter compiere questo viaggio è Wolverine(Jackman) grazie ai poteri psico cinetici di Kitty Pryde(Page). Così Wolverine, catapultato nel 1973, cercherà il prof Xavier(MCAvoy) e Magneto(Fassbender)da giovani, nel futuro alleati nella drammatica guerra di sopravvivenza, ma nel passato divisi da incomprensioni e dall’amore per Mystica.
Inizia così per Wolverine una corsa contro il tempo per cambiare la storia e dare una speranza agli X-Men e cercare di far lavorare insieme i giovani e irruenti Xavier e Magneto.
Lo spettatore segue soprattutto i turbamenti e le angosce del giovane Xavier riluttante ad accettare il suo potere e soprattutto il suo mal d’amore, come un ragazzo qualsiasi.
Il film ha una notevole e coinvolgente potenza visiva e narrativa che trascinano l’attenzione dello spettatore dentro la storia per tutta la proezione.
Seppure la sceneggiatura presenti un inizio farraginoso,dimostra comunque una originalità tematica e una certa creatività e fantasia nello sviluppo. È scritta con un linguaggio semplice e diretto, ma avvolgente e convincente.
I dialoghi, seppure abbastanza scontati e prevedibili, sono ben costruiti e riescono per l’abilità degli interpreti ad emozionare lo spettatore.
La regia di Bryan Singer si dimostra di grande qualità e talento. Riesce a scandire i tempi del racconto con sapienza alternando i toni, ma mantenendo sempre ritmo e intensità. Sono molto belle e intense da vedere le scene di battaglia del futuro e del passato, come sono divertenti le scene di velocità del mutante Quicksilver.
Degne d’apprezzamento sono anche la fotografia e i costumi.
Un cast ricco di premi Oscar e di giovani talenti e di vecchie “volpi” di teatro aggiungono il quid al film.
Meritano una menzione in più le interpretazioni di James McAvoy e Jennifer Lawrence. Singer ha puntato molto sulla coppia e sulla loro complesso rapporto.
I due non deludono e riescono a creare una buona e intensa alchimia . Riescono a dare profondità e introspezione ai due personaggi risultando credibili e convincenti.
Michael Fassbender, che artisticamente non mi entusiasma troppo, è un buon Magneto anche se Mc Kellen resta inarrivabile. E’ il “terzo incomodo” della storia tra McAvoy e la Lawrence, mantenendosi però freddo, spietato e dedito al suo atavico e personale piano di salvezza della sua specie.
Hugh Jackman è apprezzabile in questa nuova versione di Wolverine , meno macho e più “atipico mentore” del giovane Xavier. Un Wolerine maturo e riflessivo che convince e diverte nel complesso.
Il finale, ben costruito, risulta emozionante e potente sia dal punto di vista visivo che narrativo e si fa seguire con interesse anche se l’esito è prevedibile.
“X-Men- Giorni di un futuro passato” riconcilia con questo genere di cinema, regala emozioni e riflessioni e soprattutto ti invita ad avere speranza in se stessi, unico vero artefice del proprio destino.

Vittorio De Agrò presenta la “Notting Hill italiana” con “Essere Melvin”
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114. Maps to the stars

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Il biglietto d’acquistare per “Map to the stars” è 1) Manco regalato 2) Omaggio 3) Di Pomeriggio 4)Ridotto 5) Sempre

“Maps to the stars” è un film del 2014 diretto da David Cronenberg, scritto da Bruce Wagner con Julianne Moore, John Cusack, Robert Pattinson, Olivia Williams, Mia Wasikowska, Evan Bird. La pellicola partecipa in concorso alla 67ª edizione del Festival di Cannes].
Nerone bruciò Roma quando capì che la decadenza civile e morale della città era ormai irrecuperabile.
Le colpe dei padri non dovrebbero ricadere sui figli.
La popolarità e il successo sono spesso l’anticamera della solitudine e del vuoto pneumatico.
Hollywood è il sogno di tanti, ma per molti diventa un incubo fatto di nevrosi e degenerazione morale e fisica.
David Cronenberg con questo film prova a raccontare e descrivere il precario e nevrotico mondo delle star basato sulla continua ricerca di conferme artistiche e con una vita privata devastata da varie turbe psichiche.
Il film inizia con tre storie, in apparenza, distanti e diverse tra loro. Lo spettatore conosce il giovanissimo attore, ma già popolare, Benjie Weiss(Bird) durante un”agghiacciante” visita a una giovane fan in ospedale, malata di linfoma no hodgkin. Osserva Agatha, misteriosa ragazza dal volto ustionato, appena ritornata a Los Angeles in pullman e infine ammira la splendida e problematica attrice Havana Segrand(Moore) desiderosa di fare il remake del film fatto anni prima dalla madre. Ben presto lo spettatore nota che dietro l’apparente vita felice dei due attori, si celano infelicità, abusi di farmaci e droghe e gravi problemi psicologici. Benjie costretto a crescere brutalmente dagli ambiziosi genitori Cusack e Williams e di fatto vittima del sistema. Havana prigioniera del proprio passato e ossessionata dal ricordo della madre è umorale e spesso eccessiva. Agatha diventa il trait d’union per le tre storie, rivelando il suo passato e i suoi legami con gli altri protagonisti.
Il film ha un discreto ritmo nella prima parte, lo spettatore segue con interesse le dinamiche della vita hollywoodiana e soprattutto non può non rimanere colpito dai modi fare e di pensare delle “star in erba”, per poi diventare noioso, lento e opaco nella seconda parte.
La sceneggiatura pur partendo da una idea abbastanza originale, ha poco respiro narrativo e si chiude dentro una serie di clichè e stereotipi senza riuscire a dare vera profondità e intensità al racconto. I dialoghi sono interessanti e ben costruiti all’inizio, ma poi risultano aridi e prevedibili.
La regia appare piatta e monocorde, da Cronenberg ci aspetta sempre un guizzo creativo misto a follia, qui completamente assente.
Lo spettatore però non può apprezzare ancora una volta la bravura e la bellezza di Julianne Moore, davvero perfetta nel ruolo. Tiene sempre alta la tensione drammatica, mescolando anche l’elemento grottesco senza risultare eccessiva. Da tenere d’occhio sabato sera per la Palma d’Oro come migliore attrice.
Convincente e credibile nel suo ruolo il giovane Evan Bird. Conferma di crescita artistica per Mia Wasikowska, non era facile il suo personaggio, senza cadere nel ridicolo.
Cusack , Pattinson e la Williams si pagano la rata di muto, con un prestazione da minimo sindacale.
Il finale, sebbene con diversi colpi di scena, risulta scialbo e privo di consistenza
“Maps to the stars” come spesso accade aveva grandi ambizioni sulla carta, ma alla fine della proezione la reazione dello spettatore dormiente è abbastanza eloquente”Che s…a di film!”.

Vittorio De Agrò presenta la “Notting Hill” italiana con “Essere Melvin”
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113. La Distanza da Helsinki di Raffaella Silvestri

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“La distanza da Helsinki” è il primo romanzo di Raffaella Silvestri pubblicato nel maggio del 2014 dalla Bompiani.
Chi è Raffaella Silvestri, vi starete chiedendo? Per la prima volta un teledipendente, sorridendo, potrebbe rispondere prima di un letterato. Pochi mesi fa su Rai Tre si è concluso “Masterpiece”, il primo talent show per scrittori. Un reality atipico per contenuti , toni , tempi e soprattutto per il linguaggio
Eppure nel corso delle puntate sono emersi oltre il talento anche le qualità umane degli scrittori.
Confesso d’aver cominciato a vederlo solo verso la fine, ma fin subito la Dott.ssa Silvestri mi ha colpito non solo per la sua bellezza, ma sopratutto per una personalità forte e per uno spirito combattivo.
Così quando lessi che seppure sconfitta nella finale, la Bompiani avrebbe pubblicato il suo romanzo ho voluto darle una chance.
“La distanza da Helsinki” racconta la “non” storia d’amore tra Viola e Kimi, due ragazzi diversi, ma nello stesso tempo molto simili. Entrambi sedicenni, la prima milanese, lui finlandese. Entrambi orfani di madre e con complessi rapporti di comunicazione con i rispettivi padri.
Si incontrano per la prima volta nella estiva Londra durante un corso d’inglese e tra loro scatta un’empatia, un’amicizia fuori dagli schemi.
Kimi vive nel suo mondo musicale ed è incapace di aprirsi al mondo, Viola è una ribelle, uno spirito libero, ma inseguita dai doveri che il suo mondo gli impone.
Il libro segue in maniera parallela le vite dei due protagonisti nel corso di quindici anni , le emozioni provate e soprattutto quelle non dichiarate durante i loro fugaci incontri.
E’ uno continuo sfiorarsi, cercarsi, ma nessuno dei due ha il coraggio di parlare apertamente dei rispettivi sentimenti.
Viola e Kimi crescono, maturano, fanno le loro esperienze, ma un filo rosso li lega comunque.
Mentre leggevo “La Distanza da Helsinki” la mia memoria evocava un ‘altro libro”Un giorno” di David Nicholls.
Le due storie sono molto simili, ma gli stili sono molto diversi. Quello di Nicholls è molto caloroso, avvolgente, appassionato e carico d’emozioni e suggestioni, quello della Silvestri è molto trattenuto, pacato, oserei dire freddo.
Alfred Hitchcock definì Grace Kelly “ghiaccio bollente” e mi permetto di usare questa definizione per il primo romanzo di Raffaella Silvestri.
Si legge tra le righe che i personaggi di Viola e Kimi hanno sicuramente qualcosa d’autobiografico della scrittrice, ma il “quid” scatta solo a tratti, tra il lettore e i protagonisti.
“La Distanza da Helsinki” è sicuramente un buon romanzo d’esordio, scritto bene e si legge con facilità, eppure si avverte come l’autrice non abbia voluto buttare il cuore oltre l’ostacolo.
Nonostante tutto, il finale(riletto tre volte, lo confesso) è convincente e coerente con la storia e soprattutto con la filosofia di fondo del libro. Non sempre i grandi amori diventano grandi storie d’amore e spesso la realtà ti impone di non ascoltare il tuo cuore.
“La Distanza da Helsinki” regala, forse, emozioni fredde, ma pur sempre emozioni e non sempre il lieto fine è sinonimo di felicità.

Vittorio De Agrò presenta la Notting Hill italiana “Essere Melvin”.
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112. Godzilla

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Il biglietto d’acquistare per “Godzilla” è :1)Manco regalato 2)Omaggio 3)Di pomeriggio 4)Ridotto 5)Sempre

“Godzilla” un film del 2014 diretto da Gareth Edwards, con Aaron Taylor-Johnson, Juilette Binoche, Bryan Cranston, Ken Watanabe, Elizabeth Olsen, Sally Hawkins, David Strathairn.

Da bambino non avevo paura del buio, i film horror erano il mio piano quotidiano e adoravo i mostri. Pur non essendo un grande fan di Godzilla, mi piaceva l’idea del mostro che ogni tanto si risvegliava dal sonno e decideva di farsi “una passeggiata” nel mondo. “Godzilla” è associato all’incuria e abuso dell’uomo nell’usare l’energia nucleare
Anche se è un prodotto tipicamente commerciarle, spesso il nostro amico mostro è stato usato come bandiera contro il nucleare dalla sinistra ambientalista e degli ecologisti tout court.
“Godzilla” quest’anno ha compiuto 60 anni e non poteva non esserci un nuovo film in suo onore.
Dopo il film flop Roland Emmerich del 1998 che aveva deluso i milioni di fan, c’era tanta attesa mista a diffidenza per il film di Edwards.
Il film ambientato tra il Giappone e gli Stati Uniti parte nel lontano 1999 quando un misterioso gruppo M.O.N.A.R.C.H guidato dagli scienziati Ichiro Serizawa(Watanabe) e Dottoressa Wates(Hawkins) scopre nelle Filippine delle inquietanti crisalidi aperti di creature preistoriche. Contemporaneamente a Tokyo si verifica un gravissimo incidente in una centrale nucleare diretta da Joseph Brody(Cranston), dove morirà l’amata moglie Sandra(Binoche).
Quindici anni dopo Brody scopre, prima di morire, che l’incidente nucleare non fu naturale e come il governo giapponese ha cercato di studiare e nascondere il MUTO(creatura preistorica) che si nutre d’energia nucleare e che è incontrollabile.
Ben presto si scopre l’esistenza di due MUTI che cominciano a devastare le varie città provocando il risveglio di Godzilla, antico predatore , portando così sulla scena ben tre mostri.
L’uomo assiste così impotente alla lotta spettacolare e cruenta tra le tre creature. Emblematica è la frase di Watanabe “« L’arroganza dell’uomo è pensare che la natura sia sotto il nostro controllo e non il contrario. » e poi rivolto ai militari “Facciamoli combattere”.
Questo “Godzilla” è sicuramente più fedele alla tradizione e allo spirito del suo creatore.
Godzilla è un mostro, ma nello stesso tempo l’unico in grado di poter salvare il mondo, anche se lo fa per il suo interesse. Il film è ricco di effetti speciali e ha una bella fotografia, ma nonostante tutto ha un ritmo lento e quasi noioso. Non c’è simbiosi tra i due piani di racconto (gli uomini e i mostri). La sceneggiatura non riesce a creare pathos ed emozioni fino in fondo. Risulta prevedibile e scontata. I dialoghi sono poveri e retorici.
Le scene di battaglia tra i mostri sono ben costruite e sicuramente coinvolgono lo spettatore.
Da menzionare la scena dei soldati che si lanciano con i paracaduti in mezzo ai mostri nell’oscurità della notte, davvero suggestiva.
La regia convince abbastanza pur non avendo a disposizione una sceneggiatura valida. Ha sicuramente il merito d’aver ridato lustro all’immagine di Godzilla riportandolo agli antichi fasti con delle belle sequenze.
Il cast è anonimo e si limita a timbrare il cartellino, senza scaldare lo spettatore.
Il finale “aperto” piace perché omaggia il vincitore della battaglia e conferma quanto l’uomo sia ben poca cosa rispetto alla potenza della Natura.
“Godzilla 2014” è un discreto film dove manca l’eroe tradizionale, ma lo spettatore alla fine si rende conto che i veri mostri sono altri.

Vittorio De Agrò presenta la Notting Hill italiana:”Essere Melvin”
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111. Padre Vostro.

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Il biglietto d’acquistare per “Padre Vostro “ è : 1)Manco regalato 2)Omaggio 3)Di Pomeriggio 4)Ridotto 5)Sempre

“Padre Vostro” è un film di Vinko Bresan. Con Kresimir Mikic, Niksa Butijer, Drazen Kuhn, Marija Skaricic, Jadranka Djokic.

Esistono ancora dei tabù nel nostro Paese? La Chiesa, il Papa e i preti possono essere oggetti di critica? Siamo ufficialmente un paese cattolico e perbenista, ma siamo soprattutto un popolo d’ipocriti. Il divorzio, l’aborto, il preservativo, il sesso prematrimoniale, la comunione per i divorziati, la pedofilia e i gay sono argomenti molto scomodi per il Vaticano.
L’ascesa di Papa Francesco alla sedia di Pietro ha accesso tante speranze nei credenti e non, perchè finalmente la Chiesa cambi almeno in parte le sue regole e prenda atto che il mondo è cambiato radicalmente.
Eppure il mondo della cultura italiana seppure ufficialmente “laico” è molto timido per non dire timoroso nel raccontare il Vaticano e affini.
Vediamo in TV solo fiction elogiativi di Papi e di Santi, senza voler mettere le mani “nel fango” e mostrare il lato oscuro del Vaticano.
Da credente non praticante e da uomo di destra credo comunque d’avere un approccio “liberal” sull’argomento e spero sempre di trovare artisti liberi d’esprimersi senza paura.
Questo è il caso di “Padre Vostro” del regista croato Bresan, presentato con intelligenza come una commedia almeno nei trailer, dove scopriamo che un giovane prete Don Fabijan (Mikic), assegnato a una piccola comunità in un isola della Dalmazia, per ottenere visibilità e prestigio ai danni del vecchio prete, decide di combattere a modo suo la bassa natività, bucando i preservativi con l’aiuto di alcuni amici.
Il film parte con una tema divertente e originale per poi svilupparsi come sottile, ma ferocia critica alla Chesa di Roma e ai suoi dogmi dottrinali.
La Croazia paese ultra cattolico è l’emblema delle contraddizioni del mondo cattolico.
Il sesso e l’uso degli anticoncezionali sono la punta dell’iceberg di una visione perbenista che il film fa a pezzi con ironia e toni surreali che divertono lo spettatore. Don Fabijan ben presto si renderà conto come modificare e sfidare il Destino e il “volere di Dio” possa essere complicato e pericoloso.
Bresan non risparmia nulla allo spettatore, mostrando le debolezze umane dei preti e le loro colpe.
La sceneggiatura è originale e ben scritta. I dialoghi sono divertenti e ben costruiti.
Molto pregevole e intensa la fotografia.
Non conoscevo il regista fino a ieri, ma si dimostra di talento e creativo nel raccontare e coinvolgere lo spettatore, dando al film un buon ritmo nella prima parte, perdendo di freschezza e vivacità nella seconda parte, ma probabilmente preparatorio per il finale.
L’intero cast è degno di menzione per la qualità e intensità interpretativa. Ogni personaggio diverso dall’altro ci racconta in maniera credibile le sfumature e ipocrisie del cattolico d’oggi
Il finale spiazzante è un pugno allo stomaco, mescola con sapienza dramma, decadenza morale e soprattutto lancia angosciose domande sul ruolo della Chiesa moderna.
“ Padre Vostro” non è un anatema contro la fede anzi è l’augurio che ci possa essere un vero cambiamento perche in un mondo cosi complesso, c’è bisogno di una guida spirituale salda e soprattutto sana e pura.

Vittorio De Agrò presenta “La notting Hill italiana” con “Essere Melvin”
http://www.lulu.com/spotlight/melvin2

110. The English Teacher

julianne moore

Il biglietto d’acquistare per “The English Teacher” è :1)Manco regalato 2)Omaggio 3)Di pomeriggio 4) Ridotto 5)Sempre

“The English Teacher” è un film del 2013 diretto da Craig Zisk, con Julianne Moore, Greg Kinnear, Lily Collins, Nathan Lane, Michael Angarano.
L’insegnamento è una missione, un tempo ambita e gratificante, oggi invece considerata triste e avara di gratificazioni.
Insegnare è un talento per pochi. Abbiamo pochi Maestri e troppi professori. Nella mia vita scolastica ho avuto buoni e cattivi maestri, ma solo in pochi hanno davvero creduto in me. Sono un diversamente ignorante perché sono una persona curiosa. Ho imparato ad amare e leggere i libri quando non ero più obbligato da doveri scolastici.
Un professore è prima d’ogni altra cosa una persona con i suoi pregi e difetti e con una vita, ma spesso lo dimentichiamo.
Chi ama insegnare dona tutto se stesso oltre il suo sapere all’alunno e soprattutto lo sprona a credere in se stesso e ai suoi talenti.
Linda Sinclair (Moore) è una quarantacinquenne insegnate d’inglese dedita solo al lavoro e senza famiglia. Sono vani i suoi tentativi di trovare un partner adeguato. Linda con la sua forma mentis da insegnante precisa e esigente li boccia tutti. La sua tranquilla esistenza subisce un improvviso cambiamento quando incontra Jason(Angarano), un suo ex alunno, oggi deluso autore teatrale. Linda decide d’aiutare il ragazzo, convinta del suo talento, a mettere in scena lo spettacolo teatrale nella sua scuola. Così il film segue le varie prove eseguite dagli studenti, tra cui spicca la bella Hallie(Colins), coordinati da Linda e dal suo eccentrico collega Carl Kapinas(Lane).
Le prove sono galeotte per Linda e Jason e ciò provocherà non pochi problemi alla nostra protagonista sul piano personale e lavorativo.
“The English Teacher” è nel complesso una commedia gradevole e divertente, anche se è poco originale nei contenuti e risulta più come un buon prodotto televisivo. La sceneggiatura è scritta in maniera chiara e lineare e descrive discretamente i vari personaggi. II dialoghi sono divertenti anche se abbastanza scontati e prevedibili.
La regia all’esordio cinematografico, dopo un’ottima esperienza televisiva, è semplice e affidabile. Riesce a dare al film un discreto ritmo e intensità, guidando bene tutto il cast.
Conferma d’Attrice per la bella e naturale Julianne Moore che ha praticamente tutto il peso del film sulle spalle. Con bravura riesce a rendere credibile la figura della professoressa con una noiosa vita privata, alternando con efficacia momenti malinconici a situazioni ironiche e esilaranti.
Deliziosa e convincente Lily Collins nel ruolo della studentessa aspirante attrice.
Conferme per Lane e Kinnear nei rispettivi ruoli dell’insegnate e del padre esigente di Jason.
Il finale anche se prevedibile, piace soprattutto per la bravura degli interpreti.
“The English Teacher” diverte lo spettatore e alla fine della proezione non può non farti pensare ai tempi della scuola e al quel professore che ha creduto e dato fiducia prima all’uomo che all’alunno.

Vittorio De Agrò presenta la Notting Hill italiana, “Essere Melvin”
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