222) Good Time

“Good Time” è un film di Josh Safdie, Ben Safdie. Con Jennifer Jason Leigh, Robert Pattinson, Barkhad Abdi, Ben Safdie, Marcos A. Gonzalez. Drammatico, 99’. USA, 2017
Data di uscita italiana: 26 ottobre 2017

Sinossi:
New York. Quartiere di Queens. Una rapina in banca finisce male, Connie (Pattinson) riesce a fuggire mentre suo fratello Nick (Safdie), affetto da un ritardo mentale, viene arrestato. Da quel momento Connie inizia a darsi da fare per poter trovare il denaro necessario per pagare la cauzione mentre progressivamente sviluppa un altro progetto: farlo evadere.

Recensione :

Il 25 maggio 2017 potrebbe essere ricordato come un giorno storico per il cinema internazionale, e probabilmente non è un caso che questo evento memorabile si sia verificato al Festival di Cannes.

Robert Pattinson – ammettiamolo, a sorpresa – ha dimostrato, dopo anni, che la parola ‘attore’ nella sua carta d’identità alla voce ‘professione’ non deve essere considerato un falso in atto pubblico.

Il merito va diviso in egual misura tra i fratelli Josh e Ben Safdie, registi del film “Good time” presentato in concorso a Cannes, bravi a esaltare il belloccio di “Twlight”, tirandogli fuori doti interpretative del tutto inedite.

Immaginate di vedere la versione crime di “Rain man”, con al posto della coppia Cruise-Hoffman, questa giovane e del tutto inedita, che però sin dalla prima scena conquista il pubblico dimostrando una perfetta alchimia umana oltre che artistica, bucando lo schermo e risultando molto credibile. continua su

http://paroleacolori.com/good-time-diseredati-fuga-da-una-gabbia-fisica-ed-esistenziale/

 

 

221) Vampiretto Il Film

“Vampiretto” è un film d’animazione del 2017 diretto da Richard Claus e Karsten Killerich, scritto da Richard Claus e Larry Wilson basato sui romanzi e personaggi di Angela Sommer-Bodenburg.

Sinossi: Basato sull’omonima saga di libri che ha venduto oltre 20 milioni di copie. Vampiretto racconta la storia di Rudolph, un piccolo vampiro che stufo di festeggiare il tredicesimo compleanno per la 300 volta, rimane isolato dal resto della famiglia e dal resto del suo clan, quando sono attaccati dal feroce cacciatore Rookery e dal suo geniale apprendista Maney.Per non bruciare con la luce del giorno Rudolph si rifugia in un hotel dove fa amicizia con suo coetaneo. L’umano Tony, che adora i vampiri e diventa subito suo amico. Tony aiuterà Rudolph a salvare la sua famiglia ed a fermare il temibile cacciatore di vampiri.

Recensione

A cura di Leon Sapienza con la collaborazione di zio Roberto

Ciao a tutti,
Sono Leon e vi voglio parlare del film “Vampiretto” che ho visto con il mio papà e zio Roberto prima degli altri bambini.
Lo zio mi ha detto che siamo andati all’anteprima stampa, anche se ancora non ho capito molto bene che cosa significhi questa parola esattamente.
So solamente che ora devo scrivere una “rincisione” sul film, perché se no lo zio ci rimane male.
Scusate volevo scrivere “recensione”, lo zio che è vicino a me, mi ha subito corretto.
Anche se non ho mai letto i libri e non conoscevo Vampiretto prima del film, mi sono divertito molto durante la proiezione, ridendo dall’inizio alla fine.
Non credo che sarei stato coraggioso come Tony nel fare subito amicizia con Rudolph, un Vampiretto simpatico, ma un pochino spaventoso con quei denti cosi affilati e pericolosi.
Nonostante siano diversi, Tony e Rudolph diventano amici per pelle, fidandosi l’uno dell’altro.
Infatti “Vampiretto” è la storia di una bella amicizia tra due bambini, nonostante i dubbi e preoccupazioni dei rispettivi genitori.
Avendo anch’io un mio amichetto del cuore ho seguito con interesse e curiosità le avventure di Rudolph e Tony, invidiando un po’ il secondo mentre volava con il suo amico vampiro dalla Germania alla Transilvania.
Il cacciatore Rookery è davvero una persona cattiva e soprattutto stupida nel perseguitare, senza alcun motivo, i pacifici ed innocenti vampiri.
Rookery è un tipo di adulto che non capirò mai. Come si fa ad odiare una persona solamente perché è un po’ diversa da te?
Lo zio mi chiede se ho avuto paura o chiuso gli occhi in qualche scena del film, essendo stato un po’ fifone in precedenti pellicole. continua su

http://www.nuoveedizionibohemien.it/index.php/appuntamento-al-cinema-18/

220) Nothingwood

Il biglietto da acquistare per “Nothingwood” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto (con riserva). Sempre.

“Nothingwood” è un film di Sonia Kronlund. Con Salim Shaheen. Documentario, 85′. Francia, Germania, 2017
Sinossi:
Produttore, regista, attore, autodistributore di oltre 110 film, Salim Shaheen è il volto indiscusso di un’incredibile non-industria cinematografica. Autodidatta, gira insieme ai suoi amici un film dietro l’altro, recita, canta, balla, viene riconosciuto per strada e acclamato dalla folla a più riprese come una sorta di eroe popolare. Nothingwood è il nome di questa terra cinematografica di nessuno. Quella che non ha mezzi, soldi, speranze. Non è Bollywood, non è Hollywood, non ha strutture nè professionisti, e tuttavia è cinema. Un cinema che ha come unico grande protagonista proprio Shaheen.

Recensione :

Nella vita frenetica del festival del cinema, tra proiezioni in serie e file interminabili, può ancora capitare di restare stupiti, godendosi una pellicola inaspettata.

Mi è successo con “Nothingwood party” della regista Sonia Kronlund, presentato nella sezione Quinzaine di Cannes 2017, un documentario che ha i tratti della favola moderna, quel tipo di favola che il cinema, nonostante tutto, è ancora capace di regalare.

Se Hollywood è la Mecca del cinema a stelle e strisce, la concorrente Bollywood sta crescendo in ricchezza e popolarità. Ma cosa mi dite di Nothingwood? Ne avete mai sentito nominare? Dove si trova, e che film produce?

Ebbene, amici cinefili, preparatevi a conoscere Samil Shaheen, star del cinema afghano, attore, regista e produttore di oltre cento film.

È lo stesso Samil a spiegare con disarmante simpatia e ironia all’inizio del documentario il significato della parola che è anche il titolo del film: “Ad Hollywood e Bollywood si realizzano film con tanti soldi, in Afghanistan il cinema si fa senza soldi. In Afghanistan abbiamo Nothingwood”.

Sonia Kronlund, che ha vissuto e lavorato per quindici anni in Afghanistan, raccontando al mondo trent’anni di guerra che hanno prodotto morte, distruzione e sofferenza nel paese e tra i civili, non ha saputo resistere alla tentazione di fare un film su Samil Shaheen.

Un uomo capace di portare avanti la sua attività nonostante i conflitti e gli orrori, un modello per milioni di connazionali, un artista, una star. continua su

http://paroleacolori.com/nothingwood-party/

Vittorio De Agrò presenta “Amiamoci, nonostante tutto”

219) La ragazza nella Nebbia – Il Film

Il biglietto da acquistare per “La ragazza nella nebbia” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto (con riserva). Sempre.

“La ragazza nella nebbia” è un film di Donato Carrisi. Con Toni Servillo, Alessio Boni, Lorenzo Richelmy, Galatea Ranzi, Michela Cescon. Thriller, 127′. Italia, Francia, Germania, 2017

Sinossi;La sedicenne Anna Lou – brava ragazza dai lunghi capelli rossi appartenente ad una confraternita religiosa molto conservatrice – scompare dal paesino montano di Avechot. A interessarsi del caso è l’ispettore Vogel (Servillo), che ha una reputazione professionale da salvare e una propensione a fare leva sui mass media. E dato che ad Avechot si sono appena trasferiti un professore di liceo (Boni) con moglie (Guidoni) e figlia, chi meglio di un estraneo alla comunità può candidarsi come principale sospettato?

Recensione:

Questo weekend sarà ricordato, al cinema, non solo per la consueta e aspra battaglia al botteghino, ma anche per l’attesa sfida tra Diego De Silva e Donato Carrisi.

Entrambi gli autori hanno voluto partecipare in modo attivo alla realizzazione degli adattamenti dei loro bestseller, “Terapia di coppia per amanti” e “La ragazza nella nebbia”, firmando la sceneggiatura il primo, cimentandosi nella regia il secondo.

Abbiamo già parlato della delusione provata per l’operato di De Silva, e memori di quello eravamo alquanto preoccupati per “La ragazza nella nebbia”, avendo amato molto il romanzo (qui la mia recensione). Come sempre sarà il pubblico a decretare il vincitore di questa inedita sfida, ma a mio modesto parere Carrisi batte De Silva 3-0!

“La ragazza nella nebbia”, per chi non avesse letto il romanzo, offriva già il materiale per una perfetta sceneggiatura, con la sua scrittura incalzante, avvolgente, intensa, precisa, curata e capace di tenere il lettore inchiodato alla pagina fino all’ultimo.

La vera sfida, semmai, era quello di non rovinare questo gioiello dalle grandi potenzialità. E i miei dubbi – come quelli di molti critici – non riguardavano tanto le capacità di Carrisi come sceneggiatore ma come regista. Ebbene, lo scrittore ha dimostrato di avere le potenzialità e il talento per stare con successo dietro la macchina da presa.

“La ragazza nella nebbia” conserva, nel complesso, nella sua versione cinematografica la potenza e la profondità drammaturgica del libro, anche se con delle sostanziali differenze narrative. Come lo stesso Carrisi ha dichiarato in conferenza stampa (su Parole a Colori l’intervista completa): “Mi sono potuto concedere il lusso di uccidere l’autore al primo giorno di set, lavorando alla sceneggiatura in tranquillità”. continua su

http://paroleacolori.com/la-ragazza-nella-nebbia-un-thriller-che-porta-alla-luce-il-mostro-dentro-di-noi/

Roberto Sapienza presenta “Ninni, mio padre”

218) Terapia di coppia per amanti -Il Film

“Terapia di coppia per amanti” è un film di Alessio Maria Federici. Con Ambra Angiolini, Pietro Sermonti, Sergio Rubini, Franco Branciaroli, Anna Ferzetti. Commedia, 97′. Italia, 2017
Data di uscita italiana: 26 ottobre 2017

Sinossi:Viviana (Angiolini) e Modesto (Sermonti) sono amanti, entrambi sposati e con un figlio a testa. Il loro rapporto è talmente tormentato che decidono di sottoporsi ad una terapia di coppia: o meglio, Modesto si adegua alle richieste di Viviana, ma mantiene un laconico distacco nei confronti del terapista, il professor Malavolta (Rubini), star di una trasmissione televisiva che si chiama Jung-le Fever, soprattutto quando scopre che il terapista ha a sua volta problemi di relazione. Riusciranno Viviana e Modesto a vivere la loro storia d’amore senza soffocare nella conflittualità?

Recensione :

Ci sono due Diego De Silva oppure siamo di fronte a una persona afflitta da personalità multipla? È la domanda che mi sono fatto al termine della proiezione di “Terapia di coppia per amanti”, attesa trasposizione del romanzo dello scrittore napoletano.

Come può una stessa persona aver scritto un romanzo divertente, intimo, originale su un tema delicato e controverso come l’amore clandestino, romanzo che ha conquistato critica, pubblico e non ultimo il vostro inviato (qui la mia recensione) e la scialba sceneggiatura dell’adattamento cinematografico?

Il film “Terapia di coppia per amanti”, infatti, è una delusione quanto mai inaspettata sul piano drammaturgico e dello sviluppo narrativo, con un ritmo monocorde e scarso pathos. I dialoghi risultano per lo più banali, retorici e freddi; Modesto e Viviana, ottimi personaggi nel romanzo, caricaturali e finti.

Nel suo romanzo Diego De Silva sdogana il tema del tradimento, mettendo da parte ogni critica morale per mostrare come i sentimenti possano nascere anche nelle peggiori condizioni. Nel passaggio dalla pagina al grande schermo, però, la storia perde in autenticità, romanticismo, intensità e umanità, nonostante l’impegno e la discreta alchimia tra i due protagonisti, Ambra Angiolini e Pietro Sermonti. continua su

http://paroleacolori.com/terapia-di-coppia-per-amanti/

Vittorio De Agrò presenta “Amiamoci, nonostante tutto”

217 )Sympatia per il Diavolo

“Sympatia per Il Diavolo” è uno spettacolo teatrale scritto, diretto ed interpretato da Ludovica Ottaviani, e con: Stefano De Santis, Carlotta Guido e Marco Mazzullo.
Aiuto Regia: Clara Giannini, Scenografia e Costumista: Loredana Ivagnes, truccatrice Simona Paolantoni.
“Sympatia per il Diavolo” è in scena al Teatro “Le Sedie” al Labaro fino al 22 ottobre.

Sinossi: Lu (Ottaviani)-Il Diavolo in persona- è stanco, frustato e annoiato; decide così di scommettere con Dio(Guido) le anime dei Rolling Stones. Il prescelto della scommessa è Eli (De Santis), uno psichiatra londinese dalla vita apparentemente perfetta, che Lu è pronto a rovinare fino a spingerlo alla bestemmia. A patto di non toccarlo mai in prima persona, il Diavolo scende sulla terra pronto a vincere la sua scommessa, barattando – dopo una partita a carte- l’anima del turbolento fratello di Eli, Adam (Mazzullo), e costringendo “l’uomo serio” che ha scelto a perire sotto i colpi della sua bizzosa volontà.
Questo almeno finché non irrompe Zelda(Guido), una donna che metterà in crisi le certezze dei due uomini e che dimostrerà di saperne… una più del Diavolo stesso.

Recensione:
A cura di Roberto Sapienza

Gli antichi non so se fossero davvero saggi e lungimiranti come appaiono, ma sicuramente avendo vissuto momenti e situazioni particolari ed intensi prima di noi, hanno voluto tramandarci dei proverbi e delle massime che ancora oggi risultano calzanti ed universali.
Mentre ieri sera osservavo con attenzione e divertimento la brillante commedia di Ludovica Ottaviani, ripensavo ad alcuni di questi preziosi lasciti
“La donna ne sa uno più del Diavolo”
“Un vero giocatore i conti li fa in ascensore”
“il diavolo fa la pentola ma non il coperchio”
Anche se Ludovica Ottaviani, come ci tiene a precisare nelle sue note di regia, “All’origine di #Sympatya” c’è un’immagine: una foto in bianco e nero che ritraeva il Diavolo come un distinto gentiluomo in frac, protagonista della commedia di Ferenc Molnar. Da lì un lampo di genio: cosa succederebbe se il Diavolo, castigatore dei costumi come nella tradizione della commedy of manners britannica, si ritrovasse oggi sulla Terra per vincere ad ogni costo una scommessa?”

Ludovica dimostra d’essere un’attenta osservatrice della nostra società cogliendone tutte le contraddizioni, limiti e soprattutto evidenziandone il degrado morale ed intellettuale oltre che spirituale.
La Ottaviani si rivela una penna brillante, ironica, pungente, garbata e soprattutto intelligente, evitando con talento e furbizia di costruire una storia dai toni duri, critici tipici di Catone il Censore.
Invece, come nelle migliori tradizioni delle commedie inglesi, “Sympatia per il diavolo” ribalta la prospettiva, avendo come protagonista il Diavolo e come egli stesso si ritrovi in difficolta nel relazionarsi con i “diabolici” umani.
Lo spettatore osserva divertito le disavventure del “povero” Diavolo convinto di poter ancora manipolare, assoggettare, tentare l’uomo come ai bei tempi. Invece si renderà conto come l’uomo per quanto imperfetto sia capace di vincerlo in furbizia.
“Sympatia” è una commedia frizzante, allegra, musicale, che regala allo spettatore vere e sincere risate ed altrettanti spunti di riflessione per merito di una drammaturgia calibrata ed attenta nel dosare battute e provocazioni in modo elegante ed appropriato. Gli stessi dialoghi sono stati pensati, scritti ed infine interpretati con abilità, credibilità ed incisività.
Ludovica Ottaviani è “diabolicamente” brava nella triplice vesti di autrice, regista e soprattutto come autentica mattatrice sulla scena con il personaggio di Lou.
Il suo Lu è sornione quanto pericoloso, fascinoso quanto furbo ciò nonostante lo spettatore quasi si augura che possa vincere la scommessa con l’Altissimo.
Se la figura di Lu diverte, affascina e conquista è anche per merito degli altri personaggi drammaturgicamente ben costruiti anche sul piano psicologico e poi ben interpretati e resi autentici nelle loro rispettive imperfezioni e peccati dai validi e bravi componenti del cast.
“Sympatia per il diavolo” è uno spettacolo da vedere, gustare fino alla fine non solamente per trascorrere una piacevole serata, ma per ricordarci sorridendo quanto la natura umana possa essere anche molto perfida al punto da mettere in difficoltà anche il Re delle Tenebre.

Roberto Sapienza presenta “Ninni, mio padre”

216) Una Donna Fantastica

 

Il biglietto da acquistare per “Una donna fantastica” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre (con riserva).

“Una Donna Fantastica” è un film di Sebastian Lelio. Con Daniela Vega, Francisco Reyes, Luis Gnecco, Aline Küppenheim, Amparo Noguera. Drammatico, 104′. Cile, Germania, 2017

Sinossi: Santiago del Cile. Orlando (Reyes), un ultracinquantenne imprenditore tessile, ha una soddisfacente relazione con Marina (Vega) e intende festeggiarne il compleanno con un viaggio alle cascate di Iguazu. La sera della ricorrenza ha un malore in seguito al quale cade dalle scale di casa. Marina lo porta all’ospedale e avvisa il fratello che sopraggiunge. Orlando è deceduto e Marina viene invitata dalla ex moglie a tenersi lontana dalle esequie e dalla sua famiglia. Non perché sia l’amante ma perché è un transgender.

Recensione:

A cura di Vittorio De Agrò

Le coppie solide e affiatate formate da uomini di mezza età e donne molto più giovani sono piuttosto comuni, oggi, e non dovrebbero più fare tanto rumore. Uso il condizionale, perché anche se in teoria dovremmo esserci abituati a rapporti di questo tipo, la tentazione di giudicarli, definendoli magari di mero interesse è sempre in agguato.

Eppure il biblico “chi è senza peccato scagli la prima pietra” dovrebbe essere applicato anche all’amore, perché alla fine ognuno di noi ha le sue magagne e chi siamo, quindi, per giudicare quelle degli altri?

Sebastian Lelio, autore dell’acclamato “Gloria”, torna sul grande schermo con un’altra delicata storia d’amore, che ha come protagonisti Marina (Vega) e Orlando (Reyes), cameriera in un ristorante e talentuosa cantante nei ritagli di tempo, lei, imprenditore di successo, lui.

La grande differenza d’età non sembra essere un problema per loro. Ma i nodi vengono al pettine nel momento del bisogno, quando un malore uccide l’uomo. E Marina si ritrova spogliata di ogni diritto, non essendo legalmente sposata con lui.

Ma in realtà quello che spinge la ex moglie di Orlando ad allontanarla è il fatto che Marina non sia una donna, ma un transgender.

“Una donna fantastica” è un film straziante, tragico, commovente e poetico sulla vera essenza dell’amore, e al contempo su quanto ancora nel 2017 i diritti civili possano essere ignorati e derisi dalla società oltre che dallo Stato. continua su

http://paroleacolori.com/una-donna-fantastica-di-storie-damore-e-diritti-umani-inalienabili/

Roberto Sapienza presenta “Ninni, mio padre”

215) Origin (Dan Brown)

“Origin” è un romanzo scritto da Dan Brown e pubblicato nell’ottobre 2017 da Mondadori Editore.

Sinossi: Robert Langdon, professore di simbologia e iconologia religiosa a Harvard, è stato invitato all’avveniristico museo Guggenheim di Bilbao per assistere a un evento unico: la rivelazione che cambierà per sempre la storia dell’umanità e rimetterà in discussione dogmi e principi dati ormai come acquisiti, aprendo la via a un futuro tanto imminente quanto inimmaginabile. Protagonista della serata è Edmond Kirsch, quarantenne miliardario e futurologo, famoso in tutto il mondo per le sbalorditive invenzioni high-tech, le audaci previsioni e l’ateismo corrosivo. Kirsch, che è stato uno dei primi studenti di Langdon e ha con lui un’amicizia ormai ventennale, sta per svelare una stupefacente scoperta che risponderà alle due fondamentali domande: da dove veniamo? E, soprattutto, dove andiamo? Mentre Langdon e centinaia di altri ospiti sono ipnotizzati dall’eclatante e spregiudicata presentazione del futurologo, all’improvviso la serata sfocia nel caos. La preziosa scoperta di Kirsch, prima ancora di essere rivelata, rischia di andare perduta per sempre. Scosso e incalzato da una minaccia incombente, Langdon è costretto a un disperato tentativo di fuga da Bilbao con Ambra Vidal, l’affascinante direttrice del museo che ha collaborato con Kirsch alla preparazione del provocatorio evento. In gioco non ci sono solo le loro vite, ma anche l’inestimabile patrimonio di conoscenza a cui il futurologo ha dedicato tutte le sue energie, ora sull’orlo di un oblio irreversibile. Percorrendo i corridoi più oscuri della storia e della religione, tra forze occulte, crimini mai sepolti e fanatismi incontrollabili, Langdon e Vidal devono sfuggire a un nemico letale il cui onnisciente potere pare emanare dal Palazzo reale di Spagna, e che non si fermerà davanti a nulla pur di ridurre al silenzio Edmond Kirsch. In una corsa mozzafiato contro il tempo, i due protagonisti decifrano gli indizi che li porteranno faccia a faccia con la scioccante scoperta di Kirsch… e con la sconvolgente verità che da sempre ci sfugge.

Recensione
A cura di Roberto Sapienza
Caro Dan,
Spero che non ti offenda se mi permetto di scriverti in questo modo informale, sebbene tu sia uno degli scrittori più apprezzati e letti al mondo, mentre il sottoscritto è invece uno sconosciuto blogger e soprattutto un lettore diversamente ignorante.
Ma trovo il coraggio di scriverti questa lettera aperta, essendo diventato un tuo grande fan, dopo aver letto anni fa il tuo best seller “Il Codice da Vinci,” grazie al prezioso consiglio del mio caro amico Giovanni.
I tuoi romanzi hanno sempre provocato polemiche, critiche e dividendo storici, cattolici e semplici lettori.
Personalmente ritengo che, se uno scrittore o un ‘artista in generale ,con il proprio lavoro suscita una qualsiasi reazione o emozione nel pubblico, ha comunque vinto la sua personale scommessa.
L’Artista ha il compito di scuotere la società dall’apatia e dall’immobilismo intellettuale e morale mai come oggi dilagante e soffocante.
Tu, Dan, con i tuoi precedenti romanzi hai assolto pienamente a questa missione oltre che a conquistare con merito, a mio modesto avviso, gli elogi dei critici letterari per la qualità, profondità, incisività dei tuoi testi.
Ma stavolta con “Origin, caro Dan, onestamente non ho compreso fino in fondo quale fosse il tuo messaggio.
Il cuore drammaturgico, filosofico e soprattutto spirituale della tua ultima fatica è rappresentata dal personaggio di Edmond Kirsch, quarantenne miliardario e futurologo, che prima d’essere brutalmente ucciso si apprestava ad affrontare la madre di tutte le sfide per uno scienziato: dimostrare l’inutilità della religione.
Kirch si chiede e soprattutto domanda ai suoi illustri invitati, tra cui il suo ex professore ed ora caro amico Robert Langdon, e soprattutto ai milioni di utenti collegati nel mondo “Da Dove Veniamo? E dove stiamo andando?”
“Origin” ruota intorno a queste due semplici e straordinarie domande e come, durante una lunga e ansiogena notte, Langdon e la sua ultima compagna d’avventura la bella Ambra, futura Regina di Spagna, possano darvi risposta onorando la memoria del comune amico Edmond.

Dan non hai voluto rischiare nulla confermando o se preferisci ripetendo lo stesso impianto e intreccio narrativo dei tuoi ultimi lavori.
Ti sei voluto affidare all’”usato sicuro”, forse anche per pigrizia creativa, e mi duole scriverlo finendo per rivelarsi un grave errore.

Hai voluto affrontare il delicato e complesso conflitto tra scienza e fede utilizzando il genere thriller che ben presto appare inadeguato e povero per contenere il pathos e la profondità etica e spirituale di una contesa antica quanto moderna.
Chi ti scrive è un credente pigro, distratto, fortemente convinto che la scienza possa davvero migliorare ed aiutare la qualità di vita dell’umanità, ma più mi addentravo nella lettura del tuo romanzo, più sentivo crescere dentro di me un forte e crescente sentimento di opposizione alla tua idea di mondo migliore e più giusto.
L’uomo può e deve credere ai progressi della scienza, della tecnologia, ma in egual modo non può e non deve sentirsi “arretrato” nel credere, sperare in un’entità, Dio, chiamala come preferisci, a cui affidarsi nei momenti di sconforto, paura ed attesa che possono verificarsi nell’arco di una vita.
“Origin” è un ottimo romanzo, caro Dan, come sempre il tuo stile è semplice, lineare quanto incalzante, avvolgente. Ancora una volta hai confermato il tuo talento nel costruire una storia capace d’incuriosire il lettore “costringendolo” a divorare le pagine del libro per arrivare all’atteso finale.
Ma almeno per me, “Origin” è una delusione sul piano creativo, ideale ed esistenziale.
Nonostante tutto, caro Dan, continuerò a credere …ed a ritenerti un brillante autore, perché in fondo la fede sia essa religiosa o letteraria può vacillare, ma mai venire meno.
Con stima ed affetto
Roberto

214) Brutti e Cattivi

Il biglietto da acquistare per “Brutti e cattivi” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto (con riserva). Sempre.

“Brutti e Cattivi” è un film di Cosimo Gomez. Con Claudio Santamaria, Marco D’Amore, Sara Serraiocco, Simoncino Martucci, Narcisse Mame. Commedia, 87′. Italia, Belgio, Francia, 2017

Sinossi: Periferia di Roma. Un mendicante paraplegico soprannominato il Papero (Santamaria), con la complicità di sua moglie, una bellissima donna senza braccia detta la Ballerina (Seraiocco), del suo accompagnatore, un tossico rastaman detto il Merda (D’Amore) e di un nano rapper il cui nome d’arte è Plissé (Martucci), mette a segno una rapina nella banca dove il boss di un potente clan mafioso cinese nasconde i proventi delle sue attività illecite. Dopo il colpo però le cose si complicano.

Se la vulgata buonista impone di pensare che chi ha una disabilità fisica o psicologica non possa essere una cattiva persona, “Brutti e cattivi” di Cosimo Gomez sfata questo luogo comune, raccontando le avventure di una banda di rapinatori senza scrupoli, tutti disabili.

Quella che si dice una rivoluzione drammaturgica – oltre che sociologica – per il cinema italiano! Fino ad oggi il ruolo del cattivo era sempre toccato a personaggi guasti dentro ma fisicamente integri – se non addirittura fascinosi. Ma qui si cambia musica.

Partendo dal soggetto vincitore al Premio Solinas, Gomez riscrive con talento, creatività e originalità la commedia nera italiana. Il suo film è il nuovo modello da seguire per chi, in futuro, vorrà cimentarsi nel genere.

“Brutti e cattivi” è divertente, scorretto, dissacrante su alcuni temi storicamente tabù nel nostro Paese come la fede e la condotta privata di chi si professa cattolico.

Per quanto si tratti di una produzione italiana, per la spumeggiante sceneggiatura e la messa in scena di notevole livello stilistico e tecnico potrebbe essere inserita senza sfigurare nel genere indie a stelle e strisce. continua su

http://paroleacolori.com/brutti-e-cattivi-una-commedia-spregiudicata-e-nerissima/

Roberto Sapienza presenta “Ninni, mio padre”

 

213) Ritorno in Borgogna

Il biglietto d’acquistare per “Ritorno in Borgogna” è: Di pomeriggio.

“Ritorno in Borgogna” è un film del 2017 diretto da Cédric Klapisch, scritto da Cédric Klapisch, Santiago Amigorena, con : Pio Marmaï, Ana Girardot, María Valverde, François Civil, Jean Marc Roulot, Karidja Touré, Florence Pernel, Jean-Marie Winling, Eric Caravaca.

Sinossi:
Ritorno in Borgogna vede protagonisti tre fratelli proprietari di un grande vigneto nella regione francese. Informato della malattia terminale del padre, Jean(Pio Marmaï) torna a casa dopo dieci anni di assenza per aiutare la sorella Juliette (Ana Girardot) e il fratello Jérémie (François Civil) nella gestione della tenuta di famiglia. Ricostruire il legame non è facile e i rapporti ormai incrinati minacciano di interferire nella raccolta. La morte del padre poco prima della vendemmia infatti, investe i tre figli di responsabilità più grandi di loro. Con l’avvicendarsi delle stagioni e la collaborazione costante, i tre aspiranti viticoltori riscoprono e reinventano i loro legami familiari, grazie alla passione per il vino che li unisce fin da bambini.

Recensione:

Se amate vivere in città perché desiderat ogni comodità, il caos non vi turba e soprattutto vi fa sudare freddo il solo pensiero di sporcarvi i costosi vestiti e le scarpe firmate con la polvere della terra, allora “Ritorno in Borgogna” non è decisamente il film adatto a voi.
La vita agreste si ama o si detesta, non esistono vie di mezzo.
Oggi molti professionisti sognano e dicono, almeno a parole, di voler lasciare la rumorosa e inquinata città per trasferirsi armi e bagagli nella quiete e sana campagna.
Ma quanti poi, in concreto, sono quelli che compiono realmente questo cambiamento così radicale? Pochi, davvero pochi.
Chi scrive, prima d’essere un improbabile critico cinematografico, è stato ed è soprattutto un produttore agrumicolo, che insieme ai suoi due fratelli, tenta di condurre con tanta fatica e rare soddisfazioni economiche, da vent’anni, l’azienda agricola familiare lasciata in eredità dal comune padre.
Avrete quindi compreso da questa mia lunga premessa, poiché al sottoscritto invece la visione di “Ritorno in Borgogna” abbia suscitato, anche se a tratti, delle belle e sincere emozioni e soprattutto evocato tanti e vividi ricordi.
Cedric Klapisch, alla sua decima fatica cinematografica, ha voluto inserire e fondere insieme due tematiche a lui molto care: l’amore per il vino e per la Borgogna trasmesso dal proprio padre e il desiderio di raccontare, mostrare ed analizzare le dinamiche e i conflitti affettivi all’interno di una famiglia.
La malattia e morte di un genitore, è un incipit drammaturgico già visto se non abusato in precedenti pellicole, ma risulta necessario ed utile in questo caso per motivare il ritorno a casa di Jean, che appare un po’ “un figliol prodigo “e un po’ “Ulisse” in versione francese.
È un ritorno fisico quanto soprattutto esistenziale per Jean, che dopo tanto peregrinare necessità di stabilità per comprendere le vere priorità della propria vita.
È un ritorno al nucleo familiare, alla condivisione con i due amati fratelli ed alle tradizioni della famiglia rappresentante dalla conduzione e coltivazione dei vigneti di famiglia da parte dei tutti e tre fratelli.
Klapisch opta per uno stile e impostazione registica quasi da docufiction, almeno nella prima parte, per far conoscere all’ignoto pubblico prima la difficile, lunga e laboriosa fase del raccolto dell’uva e poi la successiva vendemmia.
Allo stesso tempo queste fasi rappresentano le delicate e sensibili metafore di quanto possa essere arduo e faticoso elaborare la morte di un padre per i figli.
Una scelta drammaturgica ed autoriale che si rivela solamente in parte convincente, dando troppo spazio e tempo alla parte “informativa” sulla vita dei campi, senza essere però mai completamente incisiva ed avvincente. continua su

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Vittorio De Agrò e Cavinato Editore presentano “Essere Melvin”