115) Finale di Stagione 2018 – Le Classifiche

Non possiamo, non vogliamo accostarci all’eleganza , stile e talento di Riccardo Garrone nel pronunciare la celebre e geniale battuta del film “Vacanze di Natale” del compianto Carlo Vanzina
Eppure , in qualche modo, ci sentiamo vicini alla modalità emotiva dell’indimenticabile Avvocato Giovanni Covelli, nell’esercitare il diritto/dovere di tediarvi con il nostro #FinaleDiStagione anche in questa caldissima estate 2018.
Si conclude oggi ufficialmente la stagione cinematografica 2017/2018 caratterizzata da qualche luce, poche sorprese , ma soprattutto da tante ombre e delusioni per il cinema italiano.
Inutile girarci intorno, il cinema italiano attende con ansia e speranza il ritorno del Re Mida Zalone per risollevarsi dall’ acuta e profonda crisi d’incassi in cui è sprofondato negli ultimi due anni. Sarà solo una coincidenza?


Noi dello Spettatore Pagante abbiamo cercato, come sempre, di seguire , scrivere, raccontarvi al meglio delle nostre possibilità e con passione gli eventi più glamour e prestigiosi della 7 Arte, della letteratura e della TV.
Probabilmente potevamo fare di più e magari qualche evento è stato affrontato con “meno furore” giornalistico rispetto al passato.

Siamo stanchi? Annoiati? Forse.
Indubbiamente speravamo di poter realizzare tanti progetti stupendo il mondo .
Non è stato possibile, al momento.
Viviamo un momento di riflessione e meditazione riguardo il nostro futuro produttivo e creativo.
Attenzione ,” una pausa di riflessione” non significa però abdicare dalle nostre ambizioni e sogni.
Il viaggio continua, state tranquilli. Nessuno molla nulla da queste parti.
Ringraziamo di cuore nuovamente: Roberta Turilazzi, Cristina Torrisi e Lidia Ottelli per la fiducia accordateci ogni anno nel rappresentare , orgogliosamente, le “loro creature” in giro per l’Italia e l’Europa.

I “numeri” dello Spettatore Pagante al 31 luglio confermano in egual modo la nostra feroce volontà . determinazione nel ricercare e scrivere ogni tipo di bellezza artistica e creativa: 112 film, 37 libri , 14 programmi televisivi, 1 spettacolo teatrale.

Ecco le nostre consuete e temute Classifiche.

Cinema:
1) Il Filo Nascosto di Paul Thomas Anderson
http://paroleacolori.com/il-filo-nascosto-un-dramma-sorprendente-di-paul-thomas-anderson/
2) Ex Equo L’Ultimo Viaggio di Nick Baker -Monteyes
http://www.nuoveedizionibohemien.it/index.php/appuntamento-al-cinema-50/
La Terra dell’Abbastanza dei fratelli D’Innocenzo
http://www.nuoveedizionibohemien.it/index.php/appuntamento-al-cinema-65/

3) Ex Equo A Quiet Place di di John Krasinski
http://paroleacolori.com/a-quiet-place-un-posto-tranquillo-un-horror-dove-il-silenzio-fa-rumore/
Sofia di Meryem Benm’Barek
http://paroleacolori.com/sofia-unopera-prima-di-grande-spessore-sociale-politico-e-artistico/

Premio Rivelazione:
Parlami di Lucy
http://paroleacolori.com/parlami-di-lucy-una-struggente-e-devastante-opera-prima/
Colpo di Fulmine:
Tully di Jason Reitman
http://paroleacolori.com/tully-gioie-e-dolori-della-maternita-in-una-commedia-non-scontata/

Libri:
1)L’uomo del Labirinto di Donato Carrisi
https://ilritornodimelvin.wordpress.com/2018/01/12/7-luomo-del-labirinto-donato-carrisi/

2) Ex Equo L’Università del Crimine di Petros Markaris
https://ilritornodimelvin.wordpress.com/2018/05/27/120-luniversita-del-crimine-petros-markaris/
Il Metodo Catalanotti di Andrea Camilleri
https://ilritornodimelvin.wordpress.com/2018/06/18/137-il-metodo-catalanotti-andrea-camilleri/
3)Arabesque di Alessia Gazzola
https://ilritornodimelvin.wordpress.com/2018/03/11/53-arabesque-alessia-gazzola/

TV:
1)Il Cacciatore
http://paroleacolori.com/il-cacciatore-francesco-montanari-nella-serie-tv/

2) Ex Equo Il Commissario Montalbano: Amore
http://paroleacolori.com/il-commissario-montalbano-un-format-che-non-conosce-crisi/
La Mafia uccide solo d’estata Capitolo 2
http://paroleacolori.com/la-mafia-uccide-solo-destate-al-via-la-seconda-stagione/
3)La Linea Verticale
http://paroleacolori.com/la-linea-verticale-la-rai-innova-la-serie-tv-e-sfida-netflix/

166) Eleanor Oliphant sta benissimo (Gail Honeyman)

“Eleanor Oliphant sta benissimo” è un romanzo scritto da Gail Honeyman e pubblicato in Italia da Garzanti nel Maggio 2018.

Sinossi:
Mi chiamo Eleanor Oliphant e sto bene, anzi: sto benissimo.
Non bado agli altri. So che spesso mi fissano, sussurrano, girano la testa quando passo. Forse è perché io dico sempre quello che penso. Ma io sorrido. Ho quasi trent’anni e da nove lavoro nello stesso ufficio. In pausa pranzo faccio le parole crociate. Poi torno a casa e mi prendo cura di Polly, la mia piantina: lei ha bisogno di me, e io non ho bisogno di nient’altro. Perché da sola sto bene.
Solo il mercoledì mi inquieta, perché è il giorno in cui arriva la telefonata di mia madre. Mi chiama dalla prigione. Dopo averla sentita, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto.
E se me lo chiedete, infatti, io sto bene. Anzi, benissimo.
O così credevo, fino a oggi.
Perché oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita. E all’improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie paure, non cercano a ogni istante di dimenticare il passato. Forse il «tutto» che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene.
Anzi: benissimo.
Gail Honeyman ha scritto un capolavoro. Un libro che secondo la stampa internazionale più autorevole rimarrà negli annali della letteratura. Un romanzo che per i librai è unico e raro come solo le grandi opere possono essere. In corso di pubblicazione in 35 paesi, è il romanzo d’esordio più venduto di sempre in Inghilterra, dove è da più di un anno in vetta alle classifiche. Ha vinto il Costa First Novel Award e presto diventerà un film. Una protagonista in cui tutti possono riconoscersi. Una storia di resilienza, di forza, di dolore, di speranza. Un grande romanzo con una grande anima.

Recensione:
Sono i piccoli, semplici ed apparentemente banali gesti d’affetto, gentili, amicali a poter cambiare e stravolgere l’esistenza di una persona schiva e solitaria.
Il sorriso e la costante presenza e disponibilità di un inaspettato amico può offrirti la possibilità di vedere e riconsiderare, da una diversa prospettiva, la tua schematica e rigida vita.
La mente umana è sofisticata, misteriosa, vasta quanto fragile.
Nessun psichiatra, neurologo, ad oggi, può permettersi l’ardire di conoscerne pienamente i meccanismi e tutte le funzionalità.
La mente è contemporaneamente il nostro miglior alleato quanto il nostro peggior nemico.
La sfera razionale e quella emotiva si parlano raramente, il più delle volte si affrontano in durissime battaglie pur ottenere la supremazia.
Eppure quando la sfera emotiva rischia di soccombere per colpa di un dolore o evento traumatico causato dal mondo esterno è la parte razionale ad aiutarla innalzando barriere di difesa e blocchi di memoria in difesa della prima.
È difficile stabilire, a posteriori, se le azioni compiute dalla sfera razionale siano state davvero giuste o meno.
In queste situazioni emergenziali la mente agisce per puro istinto di conservazione e protezione di sé stessa.
Chi “subisce” questo “trattamento” dalla propria mente, non nè  è ovviamente consapevole.
Anzi molto spesso la “vittima” prosegue, apparentemente serena e tranquilla, la propria quotidiniatà.
“Eleanor Oliphant sta benissimo” di Gail Honeyman non è altro che il toccante, sincero, emozionante racconto di “una sopravvissuta” a questo cruciale e doloroso “trattamento” di conservazione, reso accessibile e comprensibile a tutti utilizzando l’efficace e magistrale “escamotage” del romanzo di finzione
Eleanor Oliphant è una giovane e carina donna di trent’anni, laureata in lingue straniere e lavora da nove anni come contabile in ufficio di design.
Eleanor vive nel suo mondo fatto di regole, schemi, silenzi e solitudine. È una sorta di “fantasma” per i colleghi ed il mondo esterno.
La protagonista non ha alcun amico, ama fare i cruciverba e leggere i classici della letteratura.
La sua vita è scandita da orari ed abitudini fisse, come quella di dover “subire” ogni mercoledì la telefonata dell’amata/temuta madre rinchiusa in una prigione.
Ma chi è veramente Eleanor? Perché è così succube della madre? Perché quest’ultima è in prigione?
Eleanor Oliphant pensa d’avere tutto sotto controllo, finché una sera mentre si trova, malvolentieri, a una festa di colleghi vede e si innamora perdutamente di un rude cantante che si sta esibendo sul palco.
Un’infatuazione tardo adolescenziale che impone ad Eleanor di rinunciare a consolidati schemi ed abitudini e soprattutto di modificare il suo modo di relazionarsi con il prossimo.
Eleanor rompe inconsapevolmente il muro che la separava dal resto del mondo venendo travolta dalla simpatia e calore di Raymond, semplice quanto bizzarro collega d’ufficio, che si rivelerà essere ben presto una preziosa risorsa e indispensabile sostegno per la nostra protagonista.
Raymond offre ad Eleanor l’opportunità di conoscere nuove persone, di vivere nuove esperienze e soprattutto di provare una sensazione mai provata prima: poter avere un amico su cui contare sempre.
“Eleanor Oliphant sta benissimo” è un romanzo particolare, intimo, profondo, per alcuni versi un noir psicologico, che rischia di provocare nel lettore all’inizio un possibile “rigetto” letterario.
Ma superata la lunga e forse troppo articolata prima parte, la lettura diventa più “leggera”, comprensibile, avvolgente e soprattutto il lettore entra finalmente in empatia con Eleanor ed in qualche modo si allinea e sorride di fronte alle sue uscite ed azioni spiazzanti quanto sincere e mai cattive.
Mentre leggevo le tragicomiche giornate di Eleanor Oliphant, è stato quasi naturale e spontaneo paragonala a Melvin, celebre personaggio del film “Qualcosa è cambiato” di James L Brroks
Melvin interpretato dal geniale Jack Nicholson, era uno scrittore misantropo, ossessivo e soprattutto emotivamente solo.
Per entrambi i personaggi è stato il sentimento amoroso a trascinarli fuori dalla loro sicura e silenziosa torre d’avorio.
“Eleanor Oliphant sta benissimo” trova la ragion d’essere a livello narrativo e creativo e giustificazione del meritato successo letterario nella terza e conclusiva parte, in cui il lettore accompagna Eleanor nel passaggio più difficile della propria vita: smettere di scappare dal proprio doloroso e tragico passato ed affrontarlo.
Scoprire la verità è sempre doloroso e fonte di sofferenze soprattutto se riguarda la tua famiglia.
Eleanor, con il determinate aiuto di una brava psicoterapeuta, incomincia ad aver gli strumenti necessari per conoscere sé stessa e soprattutto il coraggio d’affrontare e rompere la patologica dipendenza dalla madre.
Il finale giustamente “aperto”, malinconico, realistico quanto coraggioso lascia nel lettore la speranza che è possibile ancora trovare persone buone e gentili in un mondo contraddistinto da egoismo e superficialità e la quasi certezza che Eleanor Oliphant stia, finalmente, benissimo, nonostante tutto.

165) Io, Dio e Bin Laden

“Io, Dio e Bin Laden” è un film di Larry Charles. Con Nicolas Cage, Russell Brand, Wendi McLendon-Covey, Amer Chadha-Patel, Denis O’Hare. Avventura, 92′. USA 2016

Sinossi:

Gary Faulkner è disoccupato, ha alle spalle qualche condanna per reati minori e davanti a sé forse qualche birra di troppo, quando riceve la “chiamata” divina per una missione a cui non può sottrarsi: partire per il Pakistan e catturare Osama Bin Laden. Armato di una spada da samurai comprata tramite una televendita e della convinzione, risalente all’infanzia, di dover fare qualcosa di grande, Faulkner, malato di reni ma psichiatricamente dichiarato sano, lascia la donna che lo ama e lo sopporta per inseguire il suo destino.

Recensione:

Nella storia recente poche date hanno assunto l’importanza dell’11 settembre 2001. Quel giorno gli americani vennero colpiti al cuore, in casa loro, come non era mai successo prima. Quel giorno scoprirono di non essere invincibili.

Il nemico venne identificato in Osama Bin Laden, leader di Al Qaeda. La caccia all’uomo condotta dalla CIA e dagli altri servizi segreti occidentali è andata avanti per dieci anni, tra fallimenti e depistaggi, tanto da diventare una sorta di mito – Bin Laden stesso sembrava un fantasma, un’ombra.

Almeno fino alla sera del 2 maggio 2011 quando il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama annunciò in diretta tv che Bin Laden era stato ucciso nel corso della cosiddetta Operation Neptune Spear.

Ma perché è stato necessario tanto tempo per portare a termine l’operazione? Dove si nascondeva Bin Laden? Certo un intervento divino avrebbe semplificato le cose… In effetti proprio un’apparizione spinse Gary Faulkner, eccentrico disoccupato americano, a partire per il Pakistan e mettersi sulle tracce del ricercato numero uno al mondo.

Non è uno scherzo, la storia è vera, per quanto stravagante, e raccontata in un articolo del 2010 a firma di Chris Heath che ha dato il là al film di Larry Charles “Io, Dio e Bin Laden” con protagonista Nicolas Cage.

Potremmo considerare la pellicola come una sorta di rilettura ironica, grottesca e surreale del “Don Chisciotte” di Miguel Cervantes, con una differenza: Faulkner non è stato dichiarato pazzo da nessuna perizia psichiatra a cui è stato sottoposto.

Lo spettatore è trascinato dentro una storia costantemente in bilico tra realtà e follia, una follia divertente, però, che non mette a disagio, ma piuttosto genera pathos. Merito del protagonista, un uomo buono, gentile, altruista, per quanto pieno di sé.

Nicolas Cage sfodera senza dubbio la miglior performance degli ultimi dieci anni. Il suo Gary è autentico, istrionico, sensibile, soprattutto mai caricaturale. Non sembra azzardato il paragone con il personaggio di James Franco nella commedia de “The disaster artist” (qui la recensione) che valse all’attore un meritato Golden Globe. continua su

http://paroleacolori.com/io-dio-e-bin-laden-don-chisciotte-moderno/

164) Ocean’s 8

Il biglietto da acquistare per “Ocean’s 8” è:
Nemmeno regalato. Omaggio (con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Ocean’s 8” è un film di Gary Ross. Con Sandra Bullock, Cate Blanchett, Anne Hathaway, Mindy Kaling, Sarah Paulson. Azione, 110′. USA 2018

Sinossi

Debbie Ocean ha passato cinque anni in carcere a progettare un colpo del secolo degno delle imprese del fratello Danny, ormai dato per morto. Il piano di Debbie è ambizioso: rubare una collana di Cartier del valore di 150 milioni di dollari, e farlo durante il Gala annuale del Metropolitan Museum. Ma per portare a termine quel piano ha bisogno di alleate, tutte donne perché “un lui si nota e una lei si ignora”. La prima componente della banda è la sua partner storica nel crimine, la biker Louise. Seguono un’esperta di gioielli, una hacker, una borseggiatrice, una stilista di moda e una ricettatrice. Riusciranno le nostre antieroine a mettere a segno la grande truffa?

Recensione:

Dopo la trilogia diretta da Steven Soderbergh e prodotta da Jerry Weintraub, uscita tra il 2001 e il 2007, c’era davvero bisogno di tornare sul tema, proponendo un “Ocean’s 8”? Probabilmente no.

Viviamo però nella stagione del #MeToo e della ripresa dei movimenti femministi, per quanto beceri, e Hollywood, colpita al cuore e al portafoglio dagli scandali non può non cogliere al volo ogni occasione di pulirsi la coscienza e prendere posizione. Considerando poi la tendenza degli ultimi anni a produrre sequel, remake e reboot a ripetizione non sorprende il proliferare, nella programmazione dei prossimi mesi, di titoli tutti al femminile.

Togliamoci subito il dente: “Ocean’s 8” è complessivamente un film godibile, leggero, a tratti divertente, senza alcuna pretesa autoriale. Il classico film estivo, da vedere magari in un cinema sotto lo stelle con vista mare.

Il cast di stelle, però, può poco per salvare una pellicola che, sin dalle prime battute, si dimostra semplice e persino banale, con un intreccio solamente a tratti coinvolgente.

A unire il film alla celebre trilogia “maschile” che l’ha preceduto, il personaggio Debbie Ocean (Bullock), sorella di Danny (Clooney). Dopo aver scontato una pena per truffa, Debbie vuole riscattarsi realizzando un colpo storico. Mette quindi insieme una banda, tutta al femminile. continua su

http://paroleacolori.com/oceans-8-cast-di-stelle-per-un-reboot-tutto-al-femminile-della-saga/

163) Hereditary

Il biglietto d’acquistare per “Hereditary: le radici del Male” è: Di pomeriggio (Con Riserva).

“Hereditary: le radici del Male” è un film del 2018 scritto e diretto da Ari Aster, con : Toni Collette, Gabriel Byrne, Alex Wolff, Milly Shapiro, Ann Dowd, Mallory Bechtel, Zachary Arthur
Sinossi:
Quando l’anziana Ellen muore, i suoi familiari cominciano lentamente a scoprire una serie di segreti oscuri e terrificanti sulla loro famiglia che li obbligherà ad affrontare il tragico destino che sembrano aver ereditato.
Presentato al Sundance Film Festival 2018 nella sezione Midnight, il film Hereditary, disturbante opera prima di Ari Aster ha conquistato la critica americana che l’ha acclamato all’unanimità come uno degli esordi più brillanti degli ultimi anni.

Prima di questo film, Aster si era già fatto notare nel circuito festivaliero coi corti The Strange Things About The Johnson e Munchausen, incentrati anch’essi su oscuri segreti famigliari ed entrambi visibili sul sito ufficiale del regista.

Tutta la critica e il pubblico che finora ha visto il film concordano su una cosa: Hereditary, a differenza della maggior parte degli horror contemporanei, fa davvero paura.
A molti ha ricordato classici come L’esorcista, Rosemary’s Baby o film più recenti ma di indubbio impatto come Babadook.
Il critico di Variety l’ha definito “il film più eccitante del Sundance di quest’anno. Perché “ha la sostanza che dà corpo ai momenti di paura e mira a qualcosa di sofisticato: il modo in cui un danno fisico e mentale diventa parte dello spirito di una famiglia e viene trasmesso come se fosse… uno spirito. Comunque la pensiate sul paranormale, questo è un dramma sintonizzato sugli spettri della comunione genitore-figli che vive in tutti noi”.

Dal canto suo, Avi Aster ha dichiarato di essere contrario alla concezione contemporanea dell’horror che mira solo a intrattenere il pubblico, come una corsa sulle montagne russe che non lascia segni dopo esserne scesi. Da sempre ama un cinema diverso e tra i film che l’hanno terrorizzato da bambino cita Carrie di Brian De Palma e Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante di Peter Greenaway, che non è nemmeno un horror ma che considera terrorizzante e realizzato da un vero misantropo.
Recensione:
Quanti di voi , almeno una volta, esasperati e furiosi nei confronti dei rispettivi nuclei familiari, avete pensato e detto ad alza voce: la mia famiglia è composta da pazzi?!
Ancora quanti di voi, seppure scettici se non addirittura agnostici, di fronte a una serie ripetuta di incidenti e sfortune che vi hanno colpito , avete anche solo ipotizzato d’essere vittima di una maledizione o presi di mira da qualche forza maligna?
Follia e Famiglia sono paradossalmente due parole spesso associate ed utilizzate dai media quando si leggono, ascoltano di drammatici e tragici conflitti esistenziali all’interno del focolare domestico.
L’esordiente Ari Aster decide con coraggio e creatività di esacerbare queste scottanti tematiche inserendole all’interno di una pellicola spiazzante, disturbante ed angosciante che solamente sulla carta si può definire di genere horror.
“Hereditary: le radici del male” ha un impianto drammaturgico articolato, meticoloso, accurato, quanto caotico e dispersivo, impedendo allo spettatore di trovare una chiara ed immediata chiave di lettura e comprensione.
Aster fa conoscere allo spettatore la famiglia Graham in occasione della celebrazione del funerale di Ellen, madre di Anne (Collette) e nonna di Charlie (Shapiro) e Peter ( Wolff).
Ellen è stata una donna difficile, misteriosa, piena di segreti e con un passato tragico quanto doloroso, ci svela la stessa commossa Anne durante la commemorazione funebre.
Anne ha avuto un rapporto conflittuale e teso con la madre e solamente durante gli ultimi mesi di vita di quest’ultima, le due donne si sono riavvicinate.
La morte di Ellen è solamente il preludio, il “casus belli” narrativo da parte di Aster per mostrare allo spettatore dapprima la travagliata fase del lutto da parte dei componenti della famiglia Graham ed in particolare della piccola Charlie profondamente legata alla nonna.
Una crescente atmosfera di morte, tensione ed infine terrore alleggia sulla casa e sui Graham stessi, come se lo spirito di Ellen anziché proteggerli dal male li spinga sadicamente verso l’oscurità e la perdizione. continua su

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162) La Bella e Le Bestie

Il biglietto da acquistare per “Beauty and the dog” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre (con riserva)

“La Bella e le Bestie” è un film di Kaouther Ben Hania. Con Mariam Al Ferjani, Chanem Zrelli, Noomane, Mohamed Akkari, Chedly Arfaoui, Anissa Daoud, Mourad Charsalli. Drammatico, 104’. Tunisia, Francia, Svezia, Norvegia, Libano, Svizzera, 2017

Titolo originale: Aala Kaf Ifrit

La primavera araba, che tra il 2010 e il 2011 ha contribuito a spazzare via alcuni dei regimi oppressivi e antidemocratici del Nord Africa e del Medio Oriente, aveva generato grandi speranze tra i giovani, convinti di poter ottenere diritti civili e una libertà, anche di pensiero, fino a quel momento negata.

In Tunisia questo vento di libertà ha portato a uno storico cambio di governo.

Da osservatori esterni, a sei anni da quella stagione, ci chiediamo se le trasformazioni auspicate sul momento si siano verificate davvero, se la mentalità araba abbia davvero subito una svolta libertaria, anche per ciò che riguarda i diritti delle donne.

Una giovane tunisina gode oggi di maggior rispetto e considerazione rispetto al passato?

Una risposta, non politica o sociologica ma cinematografica, la fornisce la regista Kaounther Ben Hania in “Beauty and the dog”, ispirato a una storia vera, presentato in concorso nella sezione Un certain regard del Festival del cinema di Cannes.

Myriam (Al Ferjani), studentessa ventunenne, è felice di passare una serata in discoteca con le amiche. Bevendo un drink, si avvicina a un ragazzo con cui, da qualche minuto, sta scambiando sguardi d’interesse.

Myriam e Youssef, così si chiama il ragazzo, per chiacchierare senza il frastuono della musica, decidono di uscire dal locale per una passeggiata sulla spiaggia.

È l’inizio di una notte di passione, starete giustamente pensando voi. Nella scena successiva, invece, vediamo Myriam correre disperata, con Youssef che cerca di raggiungerla. Che cosa è successo tra loro? Perché lei è tanto sconvolta?

Veniamo poi a sapere che la studentessa è stata assalita e stuprata da tre poliziotti, senza che Youssef potesse fare nulla per impedirlo. Nonostante lui sia un estraneo, non esita a sostenere la ragazza, spingendola a recarsi in ospedale e denunciare quanto lo è successo. continua su

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161) Avventure Tragicomiche di Una Supplente ( Beatrice Viola)


“Avventure tragicomiche di una supplente” è un romanzo scritto da Beatrice Viola e pubblicato da Harper Collins nel luglio 2018.

Sinossi:
Con due settimane di ritardo, anche quest’anno per la Supplente è suonata la campanella d’inizio scuola, aprendo una parentesi che non è dato sapere quando si chiuderà. “Fino ad avente diritto” si legge infatti sul suo contratto. Sostituisce una docente che, in congedo di maternità, è rimasta in Sicilia con i suoi due gemellini. Dopo una lunga lunghissima estate, la Supplente è grata ai parti plurimi e alla Sicilia, al governo che non ha abbattuto la supplentite, all’autunno che sa di primavera, con il suo rifiorire di opportunità… D’altronde, ha conquistato nuovamente un posto in una scuola e avrà uno stipendio! Una raccolta di incontri, luoghi e stupori durante anni di insegnamento precario: dagli aspiranti meccanici un po’ bulli un po’ belli ai nanetti montani e lontani, ai giovani molto tecnici e professionali, il tutto passando per i gironi infernali dell’INPS e le incertezze che il futuro le riserva. Perché la Supplente si sente un punticino dentro una grande macchina ma, nonostante le numerose difficoltà e incognite, non perde il suo sguardo ironico e riconosce la bellezza della scuola e del mestiere che ha scelto. Un libro che racconta in modo sarcastico e travolgente le fatiche quotidiane di una supplente.
Recensione:
Per l’uomo comune è difficile capire, intuire, farsi anche solo un ‘idea in quali condizioni riversi oggi la scuola italiana.
Tutti noi conserviamo, in un angolo remoto del nostro cuore, i ricordi, le emozioni ed i dolori legati al periodo scolastico.
È tuttavia una prospettiva personale e molto spesso distorta priva di qualsiasi valore conoscitivo e sociale.
Sappiamo altrettanto bene come qualunque governo, negli ultimi vent’anni, abbia  avuto l’ardire di toccare, cambiare od addirittura riformare la scuola, nè sia  uscito  elettoralmente  distrutto.
Chi tocca la scuola muore!
Può apparire come un’antica e misteriosa maledizione, ma in vero è esclusivamente la tragicomica realtà del nostro Paese.
Allora in che modo un comune lettore può ottenere notizie vere, documentate evitando di doversi leggere un noioso e pesante saggio o magari una cripta circolare del Ministero dell’Istruzione?
Ci ha pensato Beatrice Viola, pseudonimo inevitabile per l’autrice oltre che davvero supplente, per poter firmare il suo romanzo d’esordio e regalare al lettore un prezioso quanto brillante contributo su questa controversa tematica
“Avventure tragicomiche di una supplente” non è altro infatti che il resoconto delle tragicomiche avventure affrontate realmente dalla protagonista, ogni qualvolta, è stata chiamata a svolgere il ruolo di Supplente in una scuola… “fino ad avente diritto” come recita la formula di rito all’atto di firmare il contratto d’assunzione.
“Avventure tragicomiche di una supplente” è un affresco agrodolce, sincero, garbato quanto pungente sulle dinamiche relazionali emotive che si vivono quotidianamente dentro una classe.
Beatrice Viola è una giovane e bella donna di trent’anni, convive da tempo con il suo compagno Gianpazienza, così definito dalla stessa autrice
“di natura pazienza e di formazione filosofo, ma è assunto con l’inquadramento di un animatore senza titolo, ha un contratto a tempo indeterminato con una cooperativa che può perdere l’appalto ogni anno e ogni anno dirgli “ciao” “,
Beatrice ama il proprio lavoro… ma ogni volta deve attendere la chiamata. …di un “divino” preside.
La nostra Supplente pur d’insegnare accetta degli improbabili incarichi paragonabili per difficoltà e sfinimento psicofisico alle più spericolate avventure di Tom Cruise di “Mission Impossible”.
Beatrice crede nel proprio ruolo, nella scuola e nella “mission” d’aprire la mente dei suoi studenti, rimanendo poi puntualmente delusa ed affranta di fronte all’insipienza e menefreghismo delle nuove generazioni.
Se da una parte il lettore sorride amaro leggendo le cronache di straordinaria mediocrità intellettiva e culturale che albergano nella futura classe dirigente del nostro Paese, dall’altra non può non apprezzare il coraggio e la testardaggine di questa eroina al cui confronto fa sembrare “savio” anche il caro Don Chisciotte.
“Avventure tragicomiche di una supplente” deve essere vista anche come una storia d’eroismo, perché solo una persona dotata di una straordinaria virtù può uscire indenne dalle giornate infernali trascorse agli uffici dell’Inps!
Chi ha amato il celebre quanto poetico romanzo “Io speriamo che me la cavo “(1990) scritto dal maestro Marcello D’Orta, non potrà non trovare analoghi sentimenti verso il libro di Beatrice Viola.
Due romanzi scritti da due persone accomunate dall’amore per la scuola e dalla ferrea convinzione che non esistono cattivi studenti bensì solamente svogliati e poco stimolati da professori interessanti ormai a prendere lo stipendio mensile
Beatrice Viola oltre ad essere una brava e coscienziosa supplente ha dimostrato di possedere buone potenzialità creative, artistiche oltre che umane, meritandosi fin da subito il ruolo di “scrittrice” a titolo definitivo.

160) Il primo giorno della mia vita (Paolo Genovese)


“Il primo giorno della mia vita” è un romanzo scritto da Paolo Genovese, pubblicato nel maggio 2018 da Einaudi Editore.

Sinossi:
Emily, ex ginnasta olimpica, Aretha, poliziotta dal carattere forte, e Daniel, piccolo divo della pubblicità, hanno ognuno un motivo preciso per essere disperati. Napoleon, un professionista di successo, no; eppure, fra tutti, è il più determinato a farla finita. Un attimo prima che compiano il gesto irreparabile uno sconosciuto li persuade a stringere un patto: mostrerà loro cosa accadrà quando non ci saranno più, cosa lasciano, cosa si perdono, quale sarà la reazione di amici e parenti. Per una settimana i quattro avranno il privilegio di osservare sé stessi dal di fuori e l’occasione di riscoprire ciò che di più prezioso hanno dentro; affronteranno avventure ai confini della realtà, diventeranno un gruppo unito e vedranno realizzati desideri cui ormai avevano rinunciato, dopodiché saranno riportati indietro. A quel punto dovranno prendere una decisione. E per qualcuno l’ultimo giorno della vita potrebbe trasformarsi nel primo di una vita nuova.
Recensione:
“Tutti mentono “ci ha insegnato il geniale quanto corrosivo Dr. House.
Chi vi dice di non aver pensato, almeno una volta nella vita, alla proprio morte ed in un momento di sconforto personale anche al suicidio: mente due volte, senza alcun dubbio.
La morte è un argomento delicato, terribile quanto affascinante e complesso.
Chi possiede il dono della fede vede nella morte il necessario passaggio per poter ambire alla vita eterna.
Chi invece per scelta, moda, indolenza, cinismo non crede a niente e nessuno, si limita a vivere una vita evitando d’affrontare il minor numero di rotture di coglioni di decimo livello, si  rivela  discepolo oltre che fan del vice questore Rocco Schiavone.
Esiste, purtroppo, anche una terza categoria fortemente legata alla tematica, tragicamente e quotidianamente in crescita: tutte quelle persone colpite dal demone più feroce e subdolo esistente: il mal di vivere alias depressione capace d’infettare qualsiasi anima.
La depressione non dà alcun preavviso, avvinghia la propria preda e raramente l’abbandona fino a quando non ha portato termine il compito: distruggerla fisicamente e spiritualmente.
Vincere la guerra contro il mal di vivere è veramente un atto eroico più di qualsiasi impresa vista ed applaudita al cinema con i film targati Marvel.
Chi decide di suicidarsi, non è un vigliacco come molti dicono e scrivono con estrema facilità, ma bensì un soldato stanco di una guerra lunga, sfibrante e soprattutto combattuta in solitaria.
La depressione e il suicidio sono diventati spesso fonte di ispirazione narrativa ed artistica per scrittori, registi uniti nel folle ed ambizioso tentativo d’indagare l’animo umano e capirne i lati più intimi e profondi.
Paolo Genovese oltre ad essere entrambi è anche un uomo curioso, sensibile ed attento agli usi e costumi della nostra società. Ergo non poteva non esimersi dall’affrontare questa sfida , al momento, in campo  letterario.
“Il primo giorno della mia vita”, magari, non è il romanzo più originale, innovativo, dirompente esistente in letteratura su questa tematica,  nonostante  ciò contiene spunti e passaggi narrativi sicuramente intensi, profondi e non scontati per il lettore.
“Il primo giorno della vita” è un romanzo “cinematografico”, nel senso più positivo del termine, poiché lo stile semplice, diretto quanto avvolgente di Genovese permette al lettore d’ immaginare ,fin dalla prima pagina, i luoghi, personaggi e situazioni inseriti nell’intreccio.
Il lettore entra subito in empatia con i protagonisti della storia condividendone i dolori, dubbi e contrastanti emozioni.
“Il primo giorno della mia vita” rivela come “il mal di vivere” possa colpire chiunque, non risparmiando neanche un indifeso e dolce bambino, non ascoltato ed “amato “in modo egoistico dai propri genitori.
Genovese si chiede e ci chiede quale sarebbe la nostra reazione di fronte alla possibilità d’ assistere al proprio funerale e osservare ed ascoltare le reazioni dei nostri cari ed amici.
Da tale esperienza potremmo ricavare qualche insegnamento ? Saremmo disposti a cambiare qualcosa nella nostra esistenza?

Chi ha compiuto il gesto estremo, potendo usufruire di tale dono per 7 giorni, tornerebbe poi sui propri passi ?
“Il primo giorno della mia vita” evita, fortunatamente, una deriva narrativa ed emozionale totalmente prevedibile e melensa riguardo la scelta finale compiuta dai cinque protagonisti, lasciando al lettore l’ inevitabile quanto necessaria dose di cinismo e delusione.
La vita è un dono d’apprezzare e godere, nonostante le avversità, ogni giorno come fosse il primo.
Allo stesso tempo chi decide altrimenti , non va il nostro stolto biasimo , quanto semmai la sincera preghiera   affinchè  la sua  anima sia finalmente libera e serena.

159) Chiudi gli Occhi

Il biglietto da acquistare per “Chiudi gli occhi – All I see is you” è:
Nemmeno regalato. Omaggio (con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Chiudi gli occhi ” è Un film di Marc Forster. Con Blake Lively, Jason Clarke, Danny Huston, Yvonne Strahovski, Wes Chatham. Drammatico, 110′. USA 2016

Sinossi:

Gina e suo marito James vivono a Bangkok, in Thailandia, dove si sono trasferiti per il lavoro di lui. Cieca per la maggior parte della sua vita, Gina fa affidamento a James per i suoi occhi. Quando fa un trapianto di cornea, la sua vita cambia drasticamente permettendole di vedere la loro relazione sotto una nuova luce.

Recensione:

Quali sono, secondo voi, le basi per un matrimonio solido? Il sentimento, da solo, basta, oppure serve altro, ad esempio la capacità di perdonare gli eventuali passi falsi del partner?

Non è una novità: oggi ci si sposa sempre meno e anche quando si decide di farlo basta un intoppo o un problema a far scricchiolare la coppia. E che dire di quelle unioni dove uno dei coniugi è in una posizione di debolezza, sia essa fisica o psicologica? Cosa significa, allora, il matrimonio?

“Chiudi gli occhi – All I see is you” di Marc Foster racconta la storia di Gina (Lively) e James (Clarke), apparentemente coppia innamorata e felice, nonostante la cecità di lei in seguito a un incidente stradale.

Fin dalle prime scene notiamo come Gina, per quanto forte e solare, sia dipendente da James e quanto la sua condizione l’abbia spinta a reprimere parte di sé, della sua sessualità e personalità.

L’equilibrio matrimoniale comincia a scricchiolare in seguito a un intervento chirurgico che permette alla donna di riottenere la vista dall’occhio destro. Questo la porta a riconsiderare la sua vita e mette anche il marito di fronte a non pochi dilemmi.

La prima parte di “Chiudi gli occhi – All I see is you” risulta nel complesso convincente e apprezzabile sul piano narrativo e godibile su quello visivo, merito di una brillante e creativa messa in scena. continua su

http://paroleacolori.com/chiudi-gli-occhi-all-i-see-is-you-blake-lively/

158) La Collina ( Andrea Delogu -Andrea Cedrola)


“La Collina” è un romanzo scritto da Andrea Delogu e Andrea Cedrola e pubblicato da Fandango Libri nel gennaio 2014.

Sinossi:
Su quella collina non c’era nulla, solo una vigna non curata e un casolare abbandonato. Su quel pezzo di terra incolta Riccardo Mannoni ha costruito un mondo di salvezza e speranza. Rispettando le sue regole in Collina scoprirai la libertà del vivere in comune, una libertà diversa da quegli eccessi che diventano prigione. È questo che Riccardo promette a chiunque varchi quel cancello, la Collina può strapparti all’eroina e restituirti alla vita. Di quel regno Ivan è il figlio prediletto. Ha saputo guadagnarsi la fiducia di Riccardo, diventando il suo autista, la persona a cui affidare i compiti più delicati. In Collina Ivan ha conosciuto Barbara, inquieta e ribelle. Si sono innamorati e si sono sposati, dopo aver ottenuto il permesso di Riccardo. Perché è lui a decidere chi puoi amare e chi devi odiare. Valentina è nata e cresciuta in comunità, un giardino incantato immerso nel verde dove tutti hanno da dormire e da mangiare. Tutti lavorano e sono uguali, il denaro non esiste. Ma non tutti sanno, e molti fanno finta di non sapere, che da quel paradiso è impossibile scappare. Ci sono “gli angeli” per questo, chi ci prova viene ripreso e riportato indietro con qualunque mezzo, sempre. E la salvezza passa talvolta per l’umiliazione, le botte, le catene e le celle d’isolamento. Una cura che ha il sapore di una condanna. La Collina è un romanzo epico, la storia di una famiglia che si unisce a quella di tanti uomini e donne che hanno abitato quel mondo sperando di tornare alla luce. È il racconto incalzante e appassionato di una voce candida che cuce insieme i fili di tanti destini, i salvati e i sommersi che in nome della guerra alla droga hanno finito spesso per sacrificare sé stessi.
Recensione:
“Cado dalle nubi “sono state le mie prime zaloniane parole rivolte ai due autori dopo aver assistito lunedì scorso alla toccante e coinvolgente presentazione della nuova edizione del romanzo “La Collina” nella suggestiva location dell’Isola Tiberina a Roma.
Avevo letto della presentazione letteraria nei giorni precedenti sul web ed incuriosito che uno dei due autori fosse la bella e solare Andrea Delogu, decido di vincere, una volta tanto, la mia giornaliera guerra con la pigrizia ed indolenza cronica.
Non avendo fatto però “i compiti a casa”, mi sono ritrovato emotivamente oltre che giornalisticamente impreparato nell’ascoltare e scoprire una storia straordinaria quanto drammatica vissuta in prima persona da Andrea Delogu e dalla sua famiglia.
A differenza di molti lettori e blogger di tendenza, amo leggere storie autobiografiche, libri di memorie ed affini perché ritengo che si possa sempre trarre ispirazione e spunti di riflessione dalle vite ed esperienze altrui,
Ma mai avrei immaginato che Andrea Delogu fosse “letteralmente “una figlia di San Patrignano, nota quanto discussa comunità per tossicodipendenti, fondata dal carismatico ed ambiguo Vincenzo Muccioli.
Andrea Delogu ha vissuto la propria infanzia a San Patrignano, frutto dell’amore di due anime segnate dal demone dell’eroina ma decisi a dare un futuro diverso e migliore ai propri figli.
“La Collina” pubblicato per la prima volta nel 2014 dalla Fandango Libri suscitò diverse, numerose e contrastanti reazioni nell’opinione pubblica, diventando ben presto un caso letterario.
Un caso per tutti, tranne per il sottoscritto perennemente in ritardo nell’apprendere e seguire le tendenze e le notizie degne d’attenzione.
La nuova versione della “Collina” presenta due grandi e fondamentali novità rispetto alla precedente edizione: La copertina vede protagonista, in una vecchia foto, una sorridente famiglia Delogu e l ‘intesa prefazione firmata dalla stessa autrice.
Due scelte dal significato più personale avendo infatti un grande valore simbolico, affettivo oltre che drammaturgico ed editoriale.
Una foto del passato e una breve quanto sentita prefazione permettono al lettore d’acquisire ulteriori ed intese notizie sulla genesi del romanzo e soprattutto di comprendere quali sono state le motivazioni che hanno spinto il personaggio pubblico Andrea Delogu a raccontare e condividere con il lettore la propria vita e soprattutto svelandone alcuni passaggi delicati quanto tragici.
Un consiglio spassionato: Una volta terminato il romanzo, riguardate con attenzione la copertina e soprattutto rileggete quanto scritto dalla Delogu.
Credetemi proverete diverse e particolari sensazioni rispetto alla prima volta.
“La collina” è un romanzo forte, difficile, articolato, controverso che indubbiamente costringe il lettore a prendere posizione decidendo chi siano le vittime e soprattutto chi i cattivi o se volete il cattivo in questa storia.
Sulla gestione di San Patrignano e sulle azioni compiute dal suo fondatore e dai suoi più stretti collaboratori sono stati celebrati processi ed emesse sentenze che ci impongono d’evitare commenti inopportuni e fuorvianti.
“La Collina” è un romanzo costruito volutamente sul sottile “gioco” tra finzione e realtà provocando nel singolo lettore, inevitabilmente, una serie di ipotesi, congetture, riflessioni e chiavi di lettura che in egual modo possono essere ritenute giuste quanto sbagliate.
Andrea Delogu e Andrea Cedrola firmano un romanzo spiazzante, disturbante, duro e soprattutto autentico nel trasmettere al lettore vivide e contrapposte emozioni e sensazioni e soprattutto facendoli conoscere, vivere e respirare una fase storica, sociale e culturale assai travagliata e tragica per un ‘intera generazione e più in generale della nostra società.
“La Collina” è un racconto familiare, un thriller, ma ci piace evidenziarlo anche come un crudo e spietato affresco dell’Italia degli anni 70 e 80 in cui la diffusione ed abuso dell’eroina da parte dei giovani iniziava ad assumere i livelli di una piaga sociale oltre che criminale, senza che lo Stato fosse in grado d’eliminarla o almeno porne un efficace argine.
In quegli anni tanti, troppi giovani sono “caduti” nella spirale della tossico dipendenza non avendo avuto adeguato solidarietà e sostegno né dalle proprie famiglie né dalle istituzioni.
In questo grave ed enorme vuoto affettivo e governativo è nata, cresciuta e prosperata “La collina” di Riccardo Mannoni, un uomo che ha pensato, creduto prima di potersi sostituire allo Stato e successivamente di farsi venerare come un “dio” dalla propria comunità.
“La Collina” è un condensato di numerosi sentimenti: amore, rabbia, tradimento, fedeltà, cattiveria, solitudine, ben rappresentati, descritti ed incarnati in ogni personaggio di questa storia.
“La Collina” ci piace però riassumerla, alla fine, come una storia di speranza e rinascita, in cui è stato possibile costruire qualcosa di bello e solido: Valentina.
La piccola Valentina, nonostante tutto, è diventata una donna serena, consapevole, quanto coraggiosa ed onesta nel rivedere, parlare ed infine scrivere del proprio passato, non smettendo mai di sorridere al mondo.
È stato bello e commovente, per una volta, “Cadere dalle Nubi” grazie alla bellezza umana e creativa dei due Andrea.