36) Lasciali Parlare

Il biglietto da acquistare per “Lasciali parlare” è:
Nemmeno regalato. Omaggio (con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Lasciali Parlare” è un film di Steven Soderbergh. Con Meryl Streep, Gemma Chan, Lucas Hedges, Candice Bergen, Dianne Wiest, Pete Meads. Drammatico, 113′. USA 2020

Sinossi:

La scrittrice Alice Hughes, vincitrice del Pulitzer, è stata invitata in Inghilterra per ritirare un altro prestigioso premio. Ma ha paura di volare: decide così di fare il viaggio in nave, a bordo di un transatlantico, e di invitare le sue migliori amiche del college, Roberta e Susan, oltre all’amato nipote Tyler. La nuova agente di Alice, Karen, con l’obiettivo di carpire dettagli sul manoscritto attualmente in lavorazione della sua cliente, si intrufola a sua volta sulla nave, approcciando Tyler per avere informazioni su come avvicinare al meglio la zia. Il viaggio di una settimana sarà pieno di ricordi, risentimenti e battute.

Recensione:

Esistono un tempo e un modo “giusto” per regolare i conti e chiarirsi, tra amiche di lunga data? Oppure il rischio di rovinare tutto, ricorrendo a parole sbagliate, ad esempio, devono far desistere anche le persone meglio intenzionate?

“Lasciali parlare”, il nuovo film di Steven Soderbergh, disponibile in esclusiva digitale, cerca di rispondere a queste domande, utilizzando l’escamotage narrativo, classico, del viaggio… ma non in auto, in nave!

La traversata per mare dagli Stati Uniti al Regno Unito, secondo la scrittrice premio Pulitzer Alice Hughes (Streep), in cerca di ispirazione per il nuovo libro, è l’occasione ideale per riallacciare i rapporti con Susan (Wiest) e Roberta (Bergen), amiche del college rimaste indietro nella vita e oscurate dal suo successo, e chiudere i conti col passato. Ma come dice il proverbio: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare… continua su

32) Nient’altro che la verità (Michele Santoro)

“Nient’altro che la verità” è un’inchiesta /intervista scritta da Michele Santoro e pubblicata da Marsilio nell’Aprile 2021.

Sinossi:

Maurizio Avola non è famosa come Tommaso Buscetta e non è un capo come Totò Riina. Ma non è un killer qualsiasi: è il killer perfetto, obbediente, preciso, silenzioso, e proprio per questo indispensabile nei momenti decisivi. Forse sottovalutato dai suoi capi e dagli inquirenti che ne hanno vagliato le testimonianze, ha archiviati nella memoria particolari, voci, volti che coprono tre decenni di storia italiana. Ad accendere l’interesse di Santoro è il fatto che Avola abbia conosciuto Matteo Messina Denaro e abbia compiuto con «l’ultimo padrino» diverse azioni. Scoprirà però che è solo una parte, e non la più rilevante, di quanto Avola può svelare, andando incontro a quella che è probabilmente l’inchiesta più importante della sua vita. Addentrandosi nel labirinto dei ricordi, il giornalista si trasformerà man mano da interlocutore reticente in sodale a cui Avola affida le tessere del puzzle e le sconvolgenti rivelazioni che emergono. Mafia e antimafia, politica e potere, informazione e depistaggi, vicende personali e derive sociali si intrecciano in un racconto che si muove tra passato e presente, dalla Sicilia degli anni settanta al paese che siamo diventati.
Michele Santoro con le sue inchieste ha raccontato trent’anni di storia italiana. Maurizio Avola è un killer della mafia che ha alle spalle ottanta omicidi e ha preso parte alla stagione delle stragi. Il loro incontro sradicherà le certezze dell’uno e porterà alla luce le verità nascoste dell’altro.

«Non so bene perché ho deciso di incontrare uno che ha ucciso ottanta persone. Guardo Avola e ho la sensazione di trovarmi davanti uno specchio nel quale comincio a riconoscere tratti che sono anche i miei. Inizio a seguirlo in un labirinto di ricordi».

Recensione:

Michele Santoro può risultare antipatico o meno sul piano umano.

Può risultare fazioso o meno in campo politico, ma come giornalista, comunicatore, autore di format televisivi gli va dato atto del proprio talento e capacità di aver segnato un’epoca televisiva.

Personalmente pur avendo idee opposte a quelle di Michele Santoro ho sempre seguito le sue trasmissioni, arrabbiandomi, criticandolo, ma dandogli sempre atto della sua onestà intellettuale ed integrità professionale.

Mi dispiace che la TV generalista e non abbia “dimenticato” il Santoro giornalista.

 La pluralità dell’informazione ha perso una voce importante quanto autorevole in questi turbolenti  anni di “Terza Repubblica”.

Ho deciso di leggere “Nient’altro che la verità” dopo aver seguito un ospitata “promozionale” di Santoro a La 7, precisamente a Bersaglio Mobile di Mentana.

Michele Santoro insieme a Maurizio Costanzo svolsero negli anni 90 una coraggiosa battaglia civile e giornalistica contro Cosa Nostra, riaccendo il dibattito dentro un Paese piegato dalle bombe e dalla paura.

“Nient’altro che la verità” non è solo una lunga, dettagliata inchiesta /intervista al killer di mafia Maurizio Avola, ma come scrive lo stesso Santoro si è tramutata in una sorta di drammatico gioco di specchi in cui ha rischiato di perdersi riscontando alcune somiglianze con questo feroce assassino.

“Nient’altro che la verità” mi piace definirla come una mascherata autobiografia dello stesso Santoro.

Il giornalista si è “buttato” con la consueta passione e determinazione in questa caccia alla verità stanco d’essere un Cincinnato forzato dell’informazione.

“Nient’altro che la verità” costruito sui vari incontri tra Santoro ed Avola, è un crescendo di pathos, ritmo e sconcertanti rivelazioni su Cosa Nostra e sui legami di quest’ultima con le istituzioni prima e dopo l’inizio della fase stragista partita con l’assassinio del giudice Giovanni Falcone.

Un confronto teso, franco, crudo, che porta il lettore dentro una storia di delitti, violenza ed orrore descritta da Avola in modo naturale quanto disarmante.

La struttura narrativa, lo stile, le emozioni provate nel leggere i vari capitoli mi ha riportato alla memoria il celebre romanzo “A sangue freddo” di Truman Capote.

Chi è Maurizio Avola? È un mostro?  Oppure è un ragazzo che ha scelto la strada sbagliata pur avendo una famiglia onesta alle spalle?

Santoro è riuscito nell’impresa d’aprire una breccia nel muro “etico/omertoso” eretto dal mafioso Avola, dando vita ad un dialogo che ben presto è andato oltre i ruoli iniziali.

Michele ha ascoltato, aspettato, compreso i tempi e silenzi dell’Avola ottenendo in cambio una confessione graduale e sempre più terrificante.

Le “verità” di Maurizio Avola dovranno essere valutate, studiate, pesate dalle Procure e nei tribunali.

Al lettore il compito di trarre il suo personale giudizio su quanto letto.

Michele Santoro, a mio modesto parere, ha scritto, ancora una volta, una pagina importante del giornalismo italiano ed allo stesso tempo ha dato  al lettore una versione più intima del Santoro uomo.

Un uomo stanco di stare fermo, immobile e ancora pronto nel dare una scossa e monito ai suoi colleghi più quotati.

32) La tristezza ha il sonno leggero (Lorenzo Marone)

“La tristezza ha il sonno leggero” è un romanzo scritto da Lorenzo Marone e pubblicato da Longanesi nel 2016

Sinossi:
Erri Gargiulo hanno due padri, una madre e mezza e svariati fratelli. È uno di quei figli cresciuti un po’ qua e un po’ là, un fine settimana dalla madre e uno dal padre. Sulla soglia dei quarant’anni è un uomo fragile e ironico, arguto ma incapace di scegliere e di imporsi, tanto emotivo e trattenuto che nella sua vita, attraversata in punta di piedi, Erri non esprime mai le sue emozioni ma le ricaccia nello stomaco, somatizzando tutto. Un giorno la moglie Matilde, con cui ha cercato per anni di avere un bambino, lo lascia dopo avergli rivelato di avere una relazione con un collega. Da quel momento Erri non avrà più scuse per rimandare l’appuntamento con la sua vita. E deciderà di affrontare una per una le piccole e grandi sfide a cui si è sempre sottratto: una casa che senta davvero sua, un lavoro che ami, un rapporto con il suo vero padre, con i suoi irraggiungibili fratelli e le sue imprevedibili sorelle. Imparerà così che per essere soddisfatti della vita dobbiamo essere pronti a liberarci del nostro passato, capire che noi non siamo quello che abbiamo vissuto e che non abbiamo alcun obbligo di ricoprire per sempre il ruolo affibbiatoci dalla famiglia. E quando la moglie gli annuncerà di essere incinta, Erri sarà costretto a prendere la decisione più difficile della sua esistenza…

Recensione:
La crisi di mezz’età generalmente ci è stata raccontata, mostrata come quel passaggio in cui un uomo deve rinunciare ai propri sogni giovanili prendendo atto delle responsabilità di padre, marito e parte integrante della società.
E se invece tale crisi scoppiasse con l’annuncio di tradimento da parte di una moglie stanca e delusa di non essere diventata madre?
Già i figli sono una benedizione quanto fonte di guai e problemi. Ma non “poter” diventare genitore può essere causa di un dolore ancora più devastante.
Dopo aver apprezzato qualche mese l’adattamento cinematografico di Marco Mario De Notaris ero curioso di leggere il romanzo di Lorenzo Marone, per cogliere le differenze e/o somiglianze.
Ebbene lo dico subito il romanzo è ben diverso dal film per struttura, sviluppo narrativo ed ambientazione temporale.
Lorenzo Marone firma, a mio modesto parere, una versione ironica, garbata quanto melanconica de “I dolori del giovane Werther” di Johann Wolfgang von Goethe.
Erri Gargiulo è un quarantenne melanconico, insoddisfatto quando incassa la confessione del tradimento da parte dell’amata moglie Matilde.
Una confessione che manda in crisi il precario equilibrio di Erri costringendolo per la prima volta ad interrogarsi sul senso della propria vita e sulle scelte compiute.
Erri Gargiulo vivono un tardivo quanto goffo coming age dovendo altresì sopportare e supportare le paturnie della sua bizzarra famiglia allargata.
“La Tristezza ha il sonno leggero” è allo stesso tempo un viaggio esistenziale, una saga familiare, un divertente processo di auto analisi scritto in modo semplice, lineare quanto sincero.
Il lettore si immedesima con facilità nei panni di Erri, sorridendo dei suoi turbamenti, indecisioni e battibecchi con i suoi fratelli e sorelle.
La famiglia Ferrara – Gargiulo ci accoglie nel suo caloroso caos facendoci venire voglia di farne parte.
Le paure, indecisioni di Erri sono un po’ le nostre e quando alle fine di un tragicomico travaglio decide di compiere una coraggiosa quanto inaspettata scelta di perdono e continuità amorosa , la tristezza è evoluta in una gioiosa nuova consapevolezza.

35) Army of Dead

Il biglietto da acquistare per “Army of the Dead” è:
Neanche regalato (con riserva). Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Army of Dead” è Un film di Zack Snyder. Con Dave Bautista, Ella Purnell, Ana de la Reguera, Hiroyuki Sanada, Theo Rossi. Azione, 148′. USA 2021

Sinossi:

Una coppia di sposini si dà al sesso sulle strade del Nevada, che sono però meno deserte del previsto: finiscono infatti per sbandare contro un convoglio militare, liberando il paziente zero dell’apocalisse zombie! La città di Las Vegas finisce sotto il controllo dei non-morti e i superstiti sono variamente traumatizzati e disperati. Al punto che Scott Ward accetta l’offerta di ritornare tra i mostri per svaligiare il caveau di un casinò, poco prima che la città venga nuclearizzata. Mette insieme una banda pronta a tutto, ma che comprende pure sua figlia operatrice umanitaria, decisa a salvare una famiglia di immigrati.

Recensione:

Chi vi scrive non è mai stato un appassionato del genere zombie, tanto da non aver mai nemmeno voluto vedere una puntata della fortunatissima “The walking dead”. E personalmente ho difficoltà anche a giudicare questo tipo di film e serie come qualcosa di diverso da meri prodotti di intrattenimento.

Detto questo, mi tolgo subito il dente: l’attesissimo “Army of the Dead”, ritorno del visionario regista Zack Snyder al genere che lo ha reso famoso, è davvero deludente, banale e soprattutto povero e approssimativo sul versante della sceneggiatura.

La premessa è ben fatta, potente, suggestiva, magistralmente accompagnata da un’accattivante colonna sonora. Un partenza scintillante che fa ben sperare lo spettatore, pronto a godersi una storia originale ambientata nella sfavillante Las Vegas. continua su

34) Il Buco in Testa

Il biglietto da acquistare per “Il buco in testa” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto (con riserva). Sempre.

“Il Buco in Testa” è un film di Antonio Capuano. Con Teresa Saponangelo, Francesco Di Leva, Pietro Juliano.
Drammatico, 95′. Italia 2020

Sinossi:

Maria Serra ha un buco in testa: una zona oscura che condiziona tutta la sua vita, ferma al giorno in cui suo padre è stato ucciso. Mario Serra era un vicebrigadiere che il 14 maggio 1977 è rimasto a terra dopo essere stato colpito a morte da Guido Mandelli, attivista di Autonomia Operaia. Ora Maria vive a Torre del Greco con la madre Alba che non parla praticamente più, e sopravvive fra lavoretti precari e frequentazioni con alcuni maschi locali: un poliziotto, un insegnante, un ladruncolo di strada. Finché la sua psicologa la incoraggia ad incontrare a Milano l’assassino di suo padre, uscito di galera dopo aver scontato la sua pena. E Maria è intenzionata ad andare a quell’incontro con una pistola al fianco.

Recensione:

Non è semplice in linea generale avere una vita serena e felice. Lo è ancora meno se vivi nel sud Italia, ti ritrovi orfano di padre fin da neonato e tua madre si chiude in una sorta di mutismo assoluto come risposta al dolore.

“Il buco in testa” di Antonio Capuano, presentato fuori concorso al Torino Film Festival 2020, è ad oggi una delle più interessanti e piacevoli sorprese della kermesse. Ispirata a fatti realmente accaduti, è un’intensa storia di rabbiosa solitudine al femminile, magistralmente interpretata da Teresa Saponangelo.

La sua Maria è una donna indipendente, forte ma allo stesso tempo fragile, consapevole dei limiti che non avere mai conosciuto il padre (poliziotto caduto in servizio durante una manifestazione) le ha lasciato in dote. Come avere “un buco in testa“. continua su

33) Si vive una volta sola

Il biglietto da acquistare per “Si vive una volta sola” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Si vive una volta sola” è un film di Carlo Verdone. Con Carlo Verdone, Anna Foglietta, Rocco Papaleo, Max Tortora, Mariana Falace, Sergio Muniz, Livia Luppattelli. Commedia, 105′. Italia 2021

Sinossi:

Il professor Umberto Gastaldi è un chirurgo di fama che dirige un’équipe dì fedelissimi: l’assistente Corrado Pezzella, la strumentista Lucia Santilli e l’anestesista Amedeo Lasalandra. A unirli non è solo la medicina ma una comune inabilità nel far coesistere la propria affermazione professionale con una vita personale decente, e la passione per gli scherzi che hanno come target loro stessi, soprattutto il tenero Amedeo. Quando però si viene a scoprire che uno di loro è, a sua insaputa, affetto da una malattia terminale la voglia di scherzare si trasforma nel desiderio di stringersi l’uno all’altro, con l’escamotage di una (ultima?) vacanza nel Salento.

Recensione:

Per una volta voglio tagliare sulle premesse e i giri di parole iniziali e andare dritto al sodo – non me ne voglia il buon Carlo Verdone. “Si vive una volta sola”, 27esimo film della sua carriera, disponibile su Prime Video, non è che una brutta quanto fastidiosa copia dell’immortale “Amici miei” di Mario Monicelli.

Girato tra maggio e luglio 2019, principalmente nei luoghi incantevoli della Puglia, il film sarebbe dovuto uscire nelle sale nel febbraio 2020. Il Covid ha portato a posticipare due volte la data e alla fine, nonostante la situazione epidemiologica stia migliorando, la storica decisione di portarlo solo online.

Personalmente penso che sia stata una buona scelta, perché “Si vive una volta sola” non sarebbe stato un buon biglietto da visita per il cinema italiano che spera di tornare alla normalità. Il film, infatti, è povero dal punto di vista drammaturgico, prevedibile nello sviluppo, piatto a livello emotivo. continua su

31) La Primavera Perfetta (Enrico Brizzi)

“La primavera perfetta” è un romanzo scritto da Enrico Brizzi pubblicato l’otto aprile 2021 da HarperCollins

Sinossi:
Luca Fanti non avrebbe saputo dire qual era stato l’istante esatto in cui le cose avevano iniziato a mettersi male. Dopotutto era un uomo fortunato. Una moglie affascinante, due splendidi figli, un lavoro che in tanti gli invidiavano: fare il manager di suo fratello Olli, uno dei ciclisti più forti del mondo.Poi qualcosa aveva sbagliato, certo. Errori piccoli, ed errori grandi. E il castello delle sue certezze si era sgretolato. Il divorzio, gli alimenti impossibili da pagare, le accuse della figlia maggiore, perfino un processo per aggressione, una cosa ridicola, in fondo aveva solo tirato un pugno a un amico. Certo, con suo fratello l’aveva davvero fatta grossa…
Enrico Brizzi, scrittore fra i più amati degli ultimi trent’anni, scrive uno dei suoi romanzi più belli, il libro della maturità, la storia della caduta e della redenzione di un uomo lontano dall’essere perfetto, ma al tempo stesso irresistibile, un meraviglioso concentrato di difetti, superficialità, speranze, slanci e voglia di lottare; dei vizi e delle virtù, insomma, che rendono umani.La primavera perfetta tratta temi fondamentali, dalla disintegrazione della famiglia tradizionale ai non detti tra fratelli, dal ruolo prezioso dell’amicizia alla sorpresa di fronte al riaffacciarsi del sentimento più tenero, e riesce a toccare la profondità con leggerezza, portando il lettore dal riso alla commozione.
È un romanzo che ricorda le splendide commedie di Frank Capra scritto con un’ironia degna dei fratelli Coen, un libro che mette in scena momenti epici indimenticabili e racconta una straordinaria storia d’amore. Il tutto con lo stile di Brizzi, la sua voce maturata negli anni ma sempre inconfondibile, il talento cristallino che ha fatto amare i suoi romanzi a un’intera generazione di lettori.
Recensione:
Il mio 2021 letterario continua nella tardiva scoperta di autori italiani già amati dai lettori ed acclamati dalla critica.
Leggendo “la Primavera Perfetta” ho avuto l’opportunità di “conoscere” lo stile, apprezzare il talento e soprattutto la sensibilità di Enrico Brizzi.
“La Primavera Perfetta” è paradossalmente un romanzo semplice, lineare nella struttura, quasi prevedibile nello sviluppo e nei colpi di scena.
Ciò nonostante il lettore si gusta fino all’ultima pagina, una storia di ascesa, caduta e rinascita scritta in modo autentico, sincero, utilizzando la giusta dose di buonismo e retorica.
La storia di Luca Fanti è il racconto di un quarantenne che si è sentito arrivato, convinto d’essere il più intelligente e furbo di tutti e capace di tenere tutto sotto controllo.
Luca Fanti incarna il rampante milanese del terzo millennio, il manager ambizioso che sgomita per avere il proprio posto al sole.
Luca Fanti cade giù come Icaro, proprio nel momento in cui ha creduto d’aver raggiunto il vertice: lavoro, una bella famiglia e la sicurezza economica.
Una caduta che ha coinciso con la bolla borsistica dei primi anni duemila gettando nella disperazione milioni di persone.
Ma Luca Fanti ha avuto la “fortuna” o se preferite il salvagente lanciato dal fratello minore Olli, la sua nemesi in tutto per tutto.
Ma quanto un fratello maggiore, ambizioso e soprattutto vanesio sopportare di vivere di luce riflessa del fratello minore?
Luca Fanti rischia di perdere tutto definitivamente quando per stolta cupidigia tradisce la fiducia fraterna.
“La Primavera Perfetta” mi piace vederlo come una rivisitazione moderna e positivo del legame biblico tra Caino e Abele.
“La Primavera Perfetta” è da una parte un romanzo sportivo ambientato nel mondo del ciclismo che consente al lettore di respirarne l’atmosfera e soprattutto il codice di comportamento, dall’altre il ciclismo è utilizzato in modo intelligente ed incisivo da Brizzi in chiave simbolica e metaforica su come i rapporti familiari e sentimentali possano essere tortuosi e faticosi come un gran premio di montagna.
“La Primavera perfetta” presenta qualche passaggio ripetitivo, altri meno incisivi ed evitabili, ma è complessivamente una lettura piacevole, emozionante quanto consigliabile.

32) Monster

Il biglietto da acquistare per “Monster” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio (con riserva). Ridotto. Sempre.

“Monster” è un film di Anthony Mandler. Con Kelvin Harrison Jr., Jennifer Ehle, Jennifer Hudson, Jeffrey Wright, John David Washington. Drammatico, 98′. USA 2018

Sinossi:

Il 17enne Steve Harmon viene arrestato e processato come complice di una rapina a una drogheria dove ci è scappato il morto. Faceva da palo e non è facile dimostrare la sua colpevolezza, ma il giovane è nero e la giustizia non è clemente con quelli come lui, anche se non ha mai avuto problemi, viene da una buona famiglia e ha ottimi risultati a scuola dove sogna di diventare un regista. È però pur sempre un ragazzo che vive in un quartiere dove non mancano giovani criminali, inoltre la vita da strada ha un fascino cinematografico a cui non sa del tutto resistere e quando un giovane gangster lo avvicina…

Recensione:

Vi sarà capitato almeno una volta nella vita di trovarvi nel posto sbagliato al momento sbagliato… Ma questa serie di “sfortunati eventi” può trasformarsi in un dramma, se il protagonista è di colore.

La morte di George Floyd, la scorsa estate, ha riportato in primo piano la mai risolta “questione razziale” negli Stati Uniti, l’atteggiamento discriminante della polizia, i pregiudizi e i diritti negati. E l’America si è scoperta ancora una volta divisa, malata, arrabbiata, e oltre tutto nel pieno di una pandemia.

“Monster” di Anthony Mandler – presentato al Sundance 2020 e distribuito adesso da Netflix – racconta con uno stile asciutto, efficace e incisivo questo cortocircuito giudiziario e razziale applicato alla vita di un 17enne.

Strutturalmente e narrativamente il film è un classico legal thriller, che punta tutto sull’ingenua quanto incredula prospettiva del giovane protagonista, Steve Harmon (un credibilissimo Kelvin Harrison Jr.), che si ritrova trascinato dentro un incubo di kafkiana memoria.

Una scelta stilistica nel complesso vincente, che trasmettere pathos, umanità e autenticità alla storia, coinvolgendo emotivamente lo spettatore nonostante qualche passaggio retorico e qualcuno affrontato in modo frettoloso e sbrigativo.

Steve è il classico bravo ragazzo, un promettente studente di cinema che sogna di diventare regista e può contare anche su una famiglia solida quanto amorevole alle spalle. Steve gira per il quartiere con la sua camera, cercando l’ispirazione per realizzare il suo primo film. continua su

31) The Human Voice

Il biglietto da acquistare per “The human voice” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“The Human Voice” è un cortometraggio di Pedro Almodóvar. Con Tilda Swinton.
Drammatico, 30′. USA, Spagna 2020

Sinossi:

Una donna sta aspettando che l’ex amante passi a ritirare le valigie che lei ha preparato per lui. L’amore è finito, resta solo il tempo dell’attesa. Con lei c’è un cane, anche lui abbandonato e in attesa del suo padrone. La donna esce di casa per comprare un’ascia e una tanica di benzina: si prepara a distruggere le cose del suo uomo, aspettando la chiamata che metterà fine al rapporto. Quando il telefono squilla, la donna, risvegliatasi da un sonno profondo causato dalle pillole, inizia un monologo disperato che la porta dall’ansia alla supplica, dalla rabbia alla rivalsa e infine al fuoco purificatore che distrugge lo stesso set in cui il film è stato girato…

Recensione:

Uno degli eventi più attesi della Mostra del cinema di Venezia 2020, il cortometraggio “The human voice” di Pedro Almodóvar, con protagonista assoluta Tilda Swinton, arriva al cinema.

Girato poco dopo la fine del lockdown, il corto è la prima collaborazione tra il regista spagnolo e l’attrice inglese, ma se prestiamo fede alle parole pronunciate dai due in conferenza stampa non resterà l’unica.

“The human voice” adatta per il cinema l’omonima pièce teatrale di Jean Cocteau, modernizzandone la storia e riscattando per molti versi la figura della donna, che da vittima passiva è resa qui protagonista. continua su

30) Later (Stephen King)

“Later” è un romanzo scritto da Stephen King e pubblicato da Sperling & Kupfer nel marzo 2021

Sinossi:
Solo i morti non hanno segreti. Jamie Conklin ha proprio l’aria di un bambino del tutto normale, ma ci sono due cose che lo rendono invece molto speciale: è figlio di una madre single, Tia, che di mestiere fa l’agente letterario, e soprattutto ha un dono soprannaturale. Un dono che la mamma gli impone di tenere segreto, perché gli altri non capirebbero. Un dono che lui non ha chiesto e che il più delle volte non avrebbe voluto. Ma questo lo scoprirà solo molto tempo dopo. Perché la prima volta che decide di usarlo è ancora troppo piccolo per discernere, e lo fa per consolare un amico. E quando poi è costretto a usarlo lo fa per aiutare la mamma, lo fa per amore. Finché arriva quella dannata volta, in cui tutto cambia, e lui è già un ragazzino, che non crede più alle favole. Jamie intuisce già, o forse ne è addirittura consapevole, che bene e male non sono due entità distinte, che alla luce si accompagnano sempre le tenebre. Eppure sceglie, sceglie la verità e la salvezza. Ma verità e salvezza, scoprirà tempo dopo, hanno un prezzo. Altissimo. “Later” è una nuova variazione King sul tema del bene e del male, un romanzo – come sempre – pieno di emozione e tenerezza nei confronti dell’infanzia e della perdita dell’innocenza, ma anche una riflessione matura sulla nostra possibilità di scegliere. Con un tocco di affettuosa ironia nei confronti dell’operoso mondo che ruota attorno a un grande autore.
Recensione:
Sarebbe stato possibile unire insieme la trama di due film cult come “Ghost” e “Il Sesto Senso” dando vita ad un romanzo in perenne quanto armonioso equilibrio tra il racconto di un coming age ed un horror con protagonista prima un bambino e poi un adolescente?
La risposta spontanea quando diretta sarebbe ovviamente no, se non fosse stato che il “Re” Stephen King abbia voluto dimostrare, come in campo letterario, nulla sia impossibile.
“Later” può così essere definito come l’inaspettato quanto convincente “crasi” narrativa di queste due sceneggiature sapientemente mescolate, adattate ed infine alternate in un impianto drammaturgico credibile, incalzante e ricco di colpi di scena.
Un racconto di morte, amore e sopravvivenza agli orrori compiuti dall’uomo , magistralmente descritto e vissuto in prima persona da Jamie, giovane protagonista del romanzo . Un bambino, suo malgrado, costretto ad affrontare sfide e situazioni da far tremare i polsi.
“Later” va letto, vissuto come una sorta di tragicomico coming age in cui Jamie vede e dialoga con i morti per salvare la propria vita e quella di sua madre.
“Later” si legge facilmente e con crescente curiosità e stupore pur sapendo di leggere tematiche già affrontate in precedenza.
King porta il lettore all’interno di una storia in cui paradossalmente la morte rappresenta il viatico salvifico o quanto meno la possibilità di risoluzione di gravi problemi.
Ma come ci insegnano gli antichi guai a scherzare con la morte o con le forze maligne, il rischio di pagarne un prezzo è sempre alto.
La “bravura” del Maestro King risiede d’aver reso questi temi comunque affascinanti, vividi ed intense evitando sensazione di prevedibilità o peggio di un noioso déjà-vu.
Tutti i personaggi della storia iniziando dal giovane Jamie sono ben strutturati, sviluppati ed inseriti in un contesto esistenziale /temporale assolutamente funzionale, razionale e adeguato a far crescere pagina dopo pagina il pathos e ritmo del racconto.
Il finale aperto ci fa facilmente immaginare che ci saranno nuovi incontri, viaggi nell’orrore con protagonista Jamie.
Nel frattempo divenuto uno studente universitario consapevole come sia impossibile fuggire dalla morte e da un dono ricevuto probabilmente da un padre che una volta scoperta l’identità, ha reso tutto drammaticamente meno mostruoso e pauroso.