117) Il Signor Diavolo

Il biglietto da acquistare per “Il Signor Diavolo” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Il Signor Diavolo ” è un film di Pupi Avati. Con Filippo Franchini, Lino Capolicchio, Cesare Cremonini, Gabriel Lo Giudice, Massimo Bonetti. Drammatico, 86′. Italia 2019

Sinossi:

Roma, 1952. Il giovane funzionario ministeriale Furio Momenté viene convocato dal suo superiore per una questione delicatissima. In Veneto, un minore ha ucciso un coetaneo convinto di uccidere il diavolo. Per motivi elettorali la questione va trattata in modo da evitare scandali. La madre della vittima è molto potente e, da sostenitrice della causa della maggioranza politica, ha cambiato opinione assumendo una posizione assai critica nei confronti della Chiesa e di chi politicamente la supporta. Il compito di Momenté è quindi quello di evitare un coinvolgimento di esponenti del clero nel procedimento penale in corso. Durante il lungo viaggio in treno, Momenté legge i verbali degli interrogatori condotti dal giudice istruttore, a partire da quello del piccolo assassino, Carlo. La realtà che comincia a dispiegarglisi davanti è complessa e sinistra, ma le cose, una volta che si troverà sul posto, si dimostreranno ben peggiori.

Recensione:

Fin dalla notte dei tempi le forze del bene e quelle del male si sono contese il controllo sull’animo umano. I miti, la letteratura, la storia ci insegnano che nessuno è immune dalla tentazione del Diavolo, sommo mistificatore.

Dopo sei anni di assenza, Pupi Avati torna al cinema riprendendo in mano con esperienza e bravura l’amato genere horror/gotico. “Il Signor Diavolo”, trasposizione spiazzante dell’omonimo romanzo, è ambientato a Roma negli anni ’50.

Il film, più che paura, trasmette inquietudine, timore e senso di oppressione nell’osservare come molti temi caldi di oggi siano simili a quelli dell’Italia del dopoguerra, impegnata nella ricostruzione. Il “diverso”, in questo caso, è il giovane Emilio (Salvatori), marchiato come figlio del demonio, considerato pericoloso e cattivo.

Scena dopo scena, attraverso atmosfere splendidamente ricostruire e contraddizioni di una società bigotta, ci si rende conto che l’epoca raccontata da Avati, con il suo inconfondibile marchio, è lontana da noi soltanto sulla carta. continua su

“Il Signor Diavolo”: Pupi Avati riscrive il suo romanzo, tra horror e storia

116) Il Tempo dell’Ipocrisia (Petros Markaris)

“Il Tempo dell’Ipocrisia” è un romanzo scritto da Petros Markaris pubblicato da La Nave di Teseo nel Giugno 2019

Sinossi:
Il commissario Charitos è appena diventato nonno del piccolo Lambros, quando un imprenditore filantropo, proprietario di una catena di alberghi, viene ucciso con un’autobomba nei dintorni di Atene. L’attentato viene rivendicato da un gruppo che si firma Esercito degli Idioti Nazionali, ma i motivi dell’omicidio restano oscuri. I sospetti su terrorismo e criminalità organizzata svaniscono a mano a mano che la polizia ricostruisce i segreti della vittima, ben nascosti sotto la vita di specchiata onestà che ha sempre esibito. Un messaggio ricevuto dagli investigatori conferma che sono sulla strada giusta: la vittima è colpevole di ipocrisia. La scia di sangue non si ferma, alcune tra le più alte sfere della Grecia e dell’Europa vengono assassinate con la stessa accusa, che sembra l’unico elemento in comune tra loro. Charitos, diviso tra il desiderio di guadagnarsi l’agognata promozione e quello di godersi il nipotino, conduce l’inchiesta come un direttore d’orchestra, che tutti ascolta e da ciascuno coglie un elemento che può rivelarsi decisivo, fino a scoprire chi si cela dietro l’Esercito degli Idioti Nazionali e perché ha deciso di vendicare l’ipocrisia e l’ingiustizia del nostro mondo. Kostas Charitos indaga su un nemico dai mille volti, che costringerà il suo implacabile desiderio di giustizia a fare i conti con la propria coscienza, e con le ragioni imprevedibili del cuore.
Recensione:
Parafrasando le sacre scritture “Scagli la prima pietra chi non è mai stato accusato od indicato qualcuno d’essere  stato ipocrita!”
La verità appare nella nostra società come qualcosa d’inopportuno, scomodo, fastidioso ed addirittura pericoloso.
Chi mente, omette, tradisce è altresì destinato ad avere un futuro radioso e ricco di soddisfazioni.
Ma chi paga le conseguenze di questa condotta amorale e falsificata se a “praticarla” sono soprattutto i nostri politici e le istituzioni formalmente impegnate a verificare la correttezza dei primi?
Ovviamente siamo noi i cittadini a pagare il conto di quest “insano” Mondo dei Balocchi 3.0.
Già per quanto appaia assurdo e grottesco viviamo in un’epoca in cui i redivivi “Gatto e la volpe” di collodiana memoria abbiano preso il potere riuscendo a far credere che la loro visione di vita sia quella più giusta ed equa.
“Il Tempo dell’Ipocrisia” di Petros Markais mi ha personalmente trasmesso l’amara quanta tragica sensazione di leggere una versione cupa di “Pinocchio” di Collodi, in cui le bugie e le malefatte sono diventate le basi fondanti dell’Istituzioni e che la popolazione abbia ormai passivamente accettato questo stato di cose.
Petros Markais firma, a mio modesto avviso, il romanzo più devastante, cinico quanto lucido e sincero della saga del commissario Kostas Charistos, esplicitando con l’abituale lungimiranza e realismo il declino morale prima ancora che economico della Grecia e più in generale dell’Europa.
L’invocata quanto ipocrita austerity imposta al popolo greco ha affamato milioni di persone, distrutto la “classe media” e soprattutto creando i presupposti per una ribellione sociale quanto mai imminente e giustificata.
“Il tempo dell’Ipocrisia” seppure costruito come un classico “thriller” si dimostra ben presto come un puntuale saggio critico sulle malefatte e mancanze del governo greco e come gli annunci trionfalistici della fine dell’austerity imposta dalla “Troika” e l’inizio della ripresa economica non corrispondano per nulla alla realtà sociale del Paese in cui la generazione dei cinquantenni si è ritrovata improvvisamente senza un lavoro e pochi fortunati sopravvivendo con una pensione da poche centinaia di euro.
“Il Tempo dell’Ipocrisia” è una storia di finzione ma che tristemente odora di quotidiano, trasuda rabbia e frustrazione e soprattutto lancia un chiaro monito alle forze politiche nazionali ed internazionali: continuando con questa “cura” non soltanto si uccide i pazienti, ma trasforma i “moribondi” in pericolosi quanto risoluti vendicatori della povertà.

115) L’Ospite

Il biglietto da acquistare per “L’ospite” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“L’Ospite” è un film di Duccio Chiarini. Con Daniele Parisi, Silvia D’Amico, Anna Bellato, Thony, Milvia Marigliano. Commedia, 94′. Italia, Francia 2018

Sinossi:

Guido (38 anni) ha una relazione con Chiara (33 anni) che viene messa in crisi dalla possibilità che lei sia rimasta incinta. Mentre lui si sente pronto per la paternità lei ci vuole pensare. Nell’attesa Guido, sperando di farle cambiare idea, se ne va di casa ottenendo ospitalità sia dai suoi genitori che dagli amici. Avrà modo di diventare testimone di storie che non conosceva fino in fondo.

Recensione:

Ci sono molti modi di raccontare la crisi e la fine di una stora d’amore tra ultratrentenni. Gabriele Muccino ha costruito la sua fortuna affrontando questo tema, ed elevandosi al ruolo di “cineasta generazionale” e dopo di lui in tanti hanno provato a fare altrettanto.

Se però, caro spettatori, rientri tra coloro che non ne possono più di eterni Peter Pan e personaggi eccessivi e urlanti, non potrai non apprezzare come una ventata di aria fresca la commedia di Duccio Chiarini “L’ospite”, presentata al TFF 2018 nella sezione Festa Mobile.

Chiarini, al secondo lungometraggio dopo “Short skin” (2014), conferma di possedere grande sensibilità e spirito romantico. Queste doti umane, unite al talento e alla creatività del regista, cooperano a creare uno stile di racconto semplice, lineare quanto profondo, incisivo e autentico.

“L’ospite” è una commedia agrodolce, classica quanto originale, che racconta sì la fine di un solido rapporto di coppia ma, per una volta, non per colpa di un tradimento o di un colpo di testa dei uno dei due partner. È che nella vita reale l’amore, qualche volta, semplicemente non basta.

Uno degli elementi originali della pellicola – che finisce per diventare un’indagine sociologico-sentimentale sul significato e l’utilità della vita di coppia – è che la famigerata “pausa di riflessione” viene raccontata per una volta dal punto di vista maschile, con inaspettati risvolti narrativi ed emotivi. continua su

“L’ospite”: quando la crisi sentimentale è raccontata senza forzature

114) Il Libro dell’Inquietudine di Bernardo Soares ( Fernando Pessoa)

“Il Libro dell’Inquietudine” di Bernardo Soares è un romanzo scritto da Fernando Pessoa e pubblicato da Feltrinelli nel dicembre 2012.

Sinossi:
“Il libro di Soares è certamente un romanzo. O meglio, è un romanzo doppio, perché Pessoa ha inventato un personaggio di nome Bernardo Soares e gli ha delegato il compito di scrivere un diario. Soares è cioè un personaggio di finzione che adopera la sottile finzione letteraria dell’autobiografia. In questa autobiografia senza fatti di un personaggio inesistente consiste l’unica grande opera narrativa che Pessoa ci abbia lasciato: il suo romanzo”. (Antonio Tabucchi).
Recensione:
Oggi se avvertiamo una sorta di malessere interiore, ci sentiamo insoddisfatti, ansiosi, “depressi” non abbiamo alcuna esitazione a farci prescrivere dal medico di base o magari dal primo psichiatra trovato sull’elenco degli psicofarmaci illudendoci di risolvere così ogni problema.
Quelli “più illuminati” consapevoli che solamente “la pasticca” non possa essere sufficiente ad arginare i tormenti dell’anima decidono d’affidarsi ad uno psicoterapeuta iniziando un lungo, costoso e spesso doloroso percorso di analisi.
Nonostante i progressi della farmacologia e soprattutto delle neuroscienze la cura dell’anima e financo della mente rimangono ancora campi per lo più inesplorati e misteriosi.
Non esiste la cura universale, ogni persona /paziente è un caso a sè stante
Su un punto convergono i vari neurologi, psichiatri e psicoterapeuti, la scrittura è uno degli strumenti più consigliati e funzionali affinché un paziente possa liberarsi del proprio malessere.
Scrivere di sé, mettere su carta le proprie paure, ossessioni o banali pensieri svolge una funzione catartica, liberatoria e soprattutto terapeutica.
Tenere un diario, prendere appunti, raccontare una storia non è soltanto un impegno creativo, ma è altresì un esercizio di costanza e volontà che consente alla mente d’uscire dall’impasse emotiva e sbloccando la paralisi psicologica.
Fernando Pessoa, pur non disponendo delle moderne conoscenze mediche e psichiatriche, scrivendo “Il Libro dell’Inquietudine” , da geniale autore, anticipò  i tempi realizzando un’opera rivoluzionaria non soltanto in campo letterario ma anche a livello medico.
“Il Libro dell’Inquietudine” con una prima quanto superficiale lettura potrebbe visto e percepito come una sorta di “Zibaldone” di leopardiana memoria, quando in realtà è qualcosa di più profondo oltre che di diverso.
Pessoa nell’ attribuire la “paternità” del romanzo all’immaginario ed anonimo contabile Bernardo Soares, rende più sincero, realistico, toccante il flusso di pensieri, gli stati d’animi e le fragilità che possono attraversare il cuore e la mente di qualsiasi individuo.
Sebbene i pensieri di Soares siano numerati e datati non consentono di stabilire una vera e chiara struttura narrativa del romanzo, lasciando volutamente al lettore una sensazione d’ improvvisazione quanto confusione autoriale.
Una sensazione ovviamente ingannevole studiata con talento e sensibilità da Pessoa per descrivere e raccontare con maggiore efficacia ed intimità la personalità e psicologia del protagonista.
“Il Libro dell’Inquietudine” è un tortuoso, amaro, malinconico viaggio nella psiche umano magistralmente descritto, rappresentato facendo diventare Bernardo Soares, non soltanto una persona conosciuta, ma soprattutto un amico a cui voler bene sentendolo vicino nella comune consapevolezza che il suo malessere è vicino al nostro.
Perché ciò che scrive e prova Bernardo è una declinazione della vita fatta di luci ed ombre, con le ultime sempre più numerose e pericolosamente in agguato.
“Il libro dell’inquietudine “è una lettura consigliata soprattutto a coloro che in modo sciocco  si dichiarano immuni a certe tematiche e soprattutto diffidenti   all’introspezione.

113) Crawl- Intrappolati

Il biglietto da acquistare per “Crawl – Intrappolati” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Crawl – Intrappolati” è Un film di Alexandre Aja. Con Kaya Scodelario, Barry Pepper, Ross Anderson, George Somner, Ami Metcalf. Azione, 87′. USA 2019

Sinossi:

Haley Keller non parla più con suo padre Dave, per anni anche suo allenatore di nuoto. I genitori si sono separati e papà è rimasto nella casa di famiglia in Florida, incapace di accettare che sua moglie ora abbia un altro. Haley, dal canto suo, continua a gareggiare e ad essere superata in velocità e destrezza dalle compagne, risentendo le parole del padre che la spingeva costantemente oltre i suoi limiti. Ma quando un potentissimo uragano colpisce la costa sud-est degli Stati Uniti, la ragazza decide di mettere da parte le ostilità e si reca alla sua casa, trovandolo intrappolato e ferito…

Recensione:

Capita spesso di paragonare i rapporti conflittuali o problematici con i genitori a delle vere e proprie calamità naturali. Eppure, ogni ostilità dovrebbe venire meno – e spesso è così! – davanti a situazioni di emergenza o pericolo.

Dopo “Piranha 3D” del 2010, Alexandre Aja torna a immergersi in acque torbide e pericolose con “Crawl – Intrappolati” (si noti la doppia valenza del titolo inglese, che allude sia al seminterrato che allo strisciare tipico dei coccodrilli), una pellicola che mescola in modo convincente horror e azione con dei buoni spunti drammatici e familiari.

La sceneggiatura è avvincente – anche se nella seconda parte perde terreno, con passaggi forzatamente epici e una tendenza eccessiva verso l’inverosimile. Il regista si dimostra capace di mantenere un discreto equilibrio narrativo, oltre che visivo, per tutta la durata della pellicola, coinvolgendo il pubblico e mantenendo viva la sua attenzione fino alla fine. continua su

“Crawl – Intrappolati”: tra azione e horror, claustrofobia e ossessione

112) Il Cuoco dell’Alcyon (Andrea Camilleri)

“Il cuoco dell’Alcyon” è un romanzo scritto da Andrea Camilleri e pubblicato da Sellerio Editore nel Giugno 2019

Sinossi:

“Tutto è indecidibile, sogno e realtà, vero e falso, maschera e volto, farsa e tragedia, allucinazione e organizzata teatralità di mosse e contromosse beffarde, in questo thriller che impone al lettore, tallonato dal dubbio e portato per mano dentro la luce fosca e i gomiti angustiosi dell’orrore, una lettura lenta del ritmo accanito dell’azione. Tutti si acconciano a recitare, nel romanzo: che si apre drammaticamente con i licenziamenti degli impiegati e degli operai di una fabbrica di scafi gestita da un padroncino vizioso e senza ritegno, detto Giogiò; e con il suicidio, nello squallore di un capannone, di un padre di famiglia disperato. Da qui partono e si inanellano le trame macchinose e la madornalità di una vicenda che comprende, per «stazioni», lo smantellamento del commissariato di Vigàta, la solitudine scontrosa e iraconda del sopraffatto Montalbano, lo sgomento di Augello e di Fazio (e persino dello sgangherato Catarella), l’inspiegabile complotto del Federal Bureau of Investigation, l’apparizione nebbiosa di «’na granni navi a vela», Alcyon, una goletta, un vascello fantasma, che non si sa cosa nasconda nel suo ventre di cetaceo (una bisca? Un postribolo animato da escort procaci? Un segreto più inquietante?) e che evoca tutta una letteratura e una cinematografia di bucanieri dietro ai quali incalza la mente gelida di un corsaro, ovvero di un più aggiornato capufficio dell’inferno e gestore del delitto e del disgusto. «L’Alcyon (…) aviva la bella bitudini di ristari dintra a un porto il minimo ‘ndispensabili e po’ scompariri». Il romanzo ha, nella suggestione di un sogno, una sinistra eclisse di luna che incombe (detto alla Bernanos) su «grandi cimiteri». La tortuosità della narrazione è febbrile. Prende il lettore alla gola. Lo disorienta con le angolazioni laterali; e, soprattutto, con il tragicomico dei mascheramenti e degli equivoci tra furibondi mimi truccati da un mago della manipolazione facciale. Sorprendente è il duo Montalbano-Fazio. Il commissario e l’ispettore capo recitano come due «comici» esperti. «Contami quello che capitò», dice a un certo punto Montalbano a Fazio. E in quel «contami» si sente risuonare un antico ed epico «cantami»: «Cantami, o Diva, del pelide Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei (…)». Il cuoco dell’Alcyon è «una Iliade di guai».” (Salvatore Silvano Nigro)

Recensione:
Con la morte nel cuore scrivo le mie brevi riflessioni sulla nuova indagine del commissario Montalbano a poche settimane dalla tragica quanto dolorosa scomparsa del Maestro Camilleri.
Ed ancora più mi pesa dover sottolineare come “Il cuoco dell’Alycon” si sia stata come una delle indagini meno convincenti, entusiasmanti ed avvolgenti della popolare saga.
Lo stesso Camilleri, magari anticipando possibili rilievi da parte della critica, scrive nella sua abituale nota di fine romanzo “Questo romanzo è nato una decina di anni fa non come romanzi ma come soggetto per un film italo-americano. Quando è venuta a mancare la coproduzione, ho usato quella stessa sceneggiatura, con alcune varianti, per un nuovo libro di Montalbano che, inevitabilmente, risente, forse nel bene, forse nel male, della sua origine non letteraria”.
Nonostante il talento ed esperienza del Maestro, “Il Cuoco dell’Alcyon” risente fortemente della sopracitata riscrittura evidenziando passaggi narrativi poco funzionali se non forzosi rispetto all’abituale intreccio drammaturgico di Montalbano.
Il lettore avverte fin dalle prime pagine come quest’indagine si sviluppi in modo anomalo e teso in modo sistematico ai continui colpi di scena snaturando le caratteristiche peculiari dei protagonisti sul piano umano e caratteriale.
“Il Cuoco dell’Alycon” tramutatasi in una spy story ambientata in quel di Vigata si rivela una storia solo a tratti avvincente e credibile, dando al lettore la sensazione di leggere una sorta di caricatura del genere utilizzando gli amati personaggi ideati dal Maestro.
La lettura del romanzo procede a strappi trasmettendo un inusuale smarrimento narrativo e soprattutto un discontinuo coinvolgimento emotivo al lettore.
Il Maestro nel tentativo di dare un’anima siciliana ad un progetto americano, si è sfortunatamente confrontato con maggiori difficoltà creative e stilistiche rispetto al solito
Il commissario Montalbano non è James Bond e vederlo all’opera in questa seconda veste inevitabilmente ci ha fatto storcere la bocca.
“Il cuoco dell’Alycon” se sul piano squisitamente letterario rappresenta un passo indietro rispetto ai precedenti romanzi, rimarrà nell’immaginario collettivo dei lettori l’ultimo romanzo del Maestro pubblicato prima della sua scomparsa.
Anche solo per questo motivo, nonostante tutto, non potrà non avere un posto importante nel nostro cuore.

111) Eccentrico : Autismo e Asperger in un saggio autobiografico (Fabrizio Acanfora)

“Eccentrico – Autismo e Asperger in un saggio autobiografico” è un saggio scritto da Fabrizio Acanfora pubblicato il 22 novembre 2018 da Effequ
Sinossi:
Gli ultimi anni hanno visto crescere il dibattito sull’autismo, eppure non di rado ci si trova di fronte a teorie pseudoscientifiche e terapie che cercano di costringere l’autistico a rinunciare alla propria identità in nome di un’integrazione non necessariamente utile, che soprattutto non tiene in considerazione i bisogni e l’essenza stessa di una persona con autismo. Quali sono i vissuti di chi si trova in una tale condizione? Questo saggio autobiografico racconta l’autismo a partire dall’esperienza quotidiana di una persona con sindrome di Asperger. Emergono le difficoltà vissute in prima persona, le crisi che ciclicamente intervengono nel mondo di un autistico, le loro cause e conseguenze, l’incapacità di comprendere un mondo strutturato e regolato da e per persone ‘normali’. Un libro per contribuire alla conoscenza dell’autismo come modo di vedere il mondo, che può portare alla comprensione di una realtà ancora troppo spesso rappresentata attraverso stereotipi cinematografici. Un libro per chi è autistico, perché comprenda che nella sua unicità non è solo né ‘guasto’: non c’è nulla da riparare bensì, probabilmente, solo abilità da affinare, strategie da sviluppare. Per far emergere ciò che è buono, e non per compiacere gli altri.
Recensione:
In questi anni leggendo, ascoltando la parola “coming out” ci viene ormai quasi spontaneo associarla alla sfera sessuale, intima di una persona.
È caduto ogni forma di tabù, riservatezza, ogni aspetto della nostra vita deve essere condiviso, fotografato, diffuso tramite gli amati/odiati social network.
Tutto è lecito, tranne rivelarsi debole o peggio ancora ammettere un disagio mentale o difficoltà psicologica,
Il “pazzo”, lo strano, il diverso continua ad essere visto come una persona da evitare, deridere temendo un calo dei consensi o chissà quali pericolose conseguenze.
In un mondo folle quanto contradittorio non si può non esprimere simpatia prima ancora dell’apprezzamento letterario e creativo per il coraggioso “coming out” di Fabrizio Acanfora sulla propria “patologia” psichiatra.
Fabrizio Acanfora firma un saggio originale, sincero, interessante sotto forma di diario raccontando come abbia “scoperto” la causa delle proprie “stranezze” all’età di 39 anni.
Fabrizio Acanfora condivide con il lettore il sorprendente senso di liberazione nell’accogliere la propria diagnosi psichiatra: sindrome di Asperger.
Acanfora dopo aver vissuto 39 di vita costretto a sopprimere sé stesso, a dover “fingere” d’essere altro, soffrendo a causa delle sue stranezze e fragilità, con la giusta diagnosi si sente finalmente libero di gran parte dei propri complessi ed infelicità.
Fabrizio può essere finalmente sé stesso fino in fondo.
“Eccentrico” come dice lo stesso titolo è un via di mezzo tra un saggio ed una confessione laica in cui l’autore con coraggio ed intelligenza scoperchia il proprio vaso di Pandora conquistando prima l’interesse e poi il cuore del lettore.
“Eccentrico” è una lettura sincera, vivida, emozionante in cui si alternano ricordi spesso dolorosi, pensieri e riflessioni dell’autore a passaggi di natura scientifica e psichiatra, con quest’ultimi affrontati e spiegati con uno stile semplice, lineare e soprattutto comprensibile per un lettore medio.
“Eccentrico” è un invito a non avere paura, imbarazzo della propria identità, anima, fragilità oltre ad affidarci, qualora fosse necessario, a dei bravi specialisti nel percorso di scoperta ed accettazione di sé insegnandoci gli idonei strumenti per relazionarci con il mondo esterno.
Fabrizio Acanfora oggi è un uomo felice, realizzato in campo personale e professionale e le sue stranezze si sono trasformati in punti di forza e quasi d’orgoglio aggiungiamo noi.

110) The Quake

“The Quake” è un film di John Andreas Andersen. Con Kristoffer Joner, Ane Dahl Torp, Kathrine Thorborg Johansen, Jonas Hoff Oftebro, Edith Haagenrud-Sande. Azione, 106′. Norvegia 2018

Sinossi:

Il geologo Kristian Elkjord è un uomo la cui vita privata è appesa a un filo: l’ossessione verso il suo lavoro lo ha portato a separarsi dalla moglie Idun e a trascurare i due figli: lo studente universitario Sondre e la piccola Julia. La sua grande esperienza e il suo intuito di geologo lo portano a scoprire che Oslo è minacciata da un catastrofico terremoto, abbastanza potente da distruggere l’intera città. Convincere di questo le persone che gli stanno intorno sarà un’impresa difficile, ma non abbastanza da scoraggiarlo a tentare…

Recensione:

Non c’è niente di più devastante, cieco e tragicamente maestoso della forza della Natura. Ogni disastro naturale – si tratti di un terremoto, di uno tsunami, di un’alluvione – ha la capacità di restare scolpito per sempre nella memoria collettiva, anche se lo vediamo mediato dalla tv o dal pc.

Guardando la cosa dal punto di vista puramente creativo, possiamo dire che ogni disastro ha un altissimo potenziale narrativo… E Hollywood ha visto bene di sfruttarlo, puntando parecchio negli ultimi anni sui cosiddetti disaster movie.

Personalmente trovo il genere alquanto noioso e ripetitivo, col suo riproporre praticamente sempre lo stesso schema cambiando solo il cataclisma in questione – e inserendo qua e là qualche spunto familiare/personale. La trama, in questi film, viene considerata un optional: quello che conta sono gli effetti speciali e la spettacolarità

Alla luce di quanto scritto, vale la pena vedere “The quake – Il terremoto del secolo” di John Andreas Andersen? Sì, ed essenzialmente per due motivi. Il primo è che si tratta di una produzione europea, norvegese per la precisione, che non sfigura nel confronto con i ben più potenti cugini americani, per quanto riguarda realizzazione e recitazione. continua su

“The quake – Il terremoto del secolo”: quando il disaster movie è europeo

109) Nevermind

“Nevermind” è un film di Eros Puglielli. Con Paolo Sassanelli, Andrea Sartoretti, Giulia Michelini, Massimo Poggio, Paolo Romano. Commedia, 110′. Italia 2018

Sinossi:

Uno psicologo investito una, due e tre volte da un carro attrezzi, un avvocato ossessionato dall’intimo, una babysitter senza bambino, un imprenditore senza capitale, un aspirante cuoco paranoico si incrociano per le strade di Roma. Vittime della follia del prossimo e dell’assurdità umana, a turno proveranno a fare fronte alle contingenze, fuggendole o sopportandole fino a soccombere.

Recensione :

Arriva nelle sale “Nevermind” di Eros Puglielli, uno dei film rivelazione della Festa del cinema di Roma 2018, intrigante, curioso, particolare, psichedelico, “quasi impossibile da definire”, stando alle parole dello stesso regista.

Film a episodi – tre -, formula per tradizione poco fortunata al box office di casa nostra ma che qui funziona alla perfezione, “Nevermind” spiazza a partire dalla sceneggiatura, potente, stralunata, bizzarra, cinica, feroce, dalla sua totale assenza di buonismo, dal desiderio di essere realistico piuttosto che politicamente corretto.

Al centro del racconto multiplo ci sono i meandri più nascosti e oscuri della mente umana, un’amara quanto sconvolgente indagine psicologica con sfumature tragicomiche sulla nostra società, personaggi surreali e grotteschi (magistralmente interpretati da un cast esperto e talentuoso). continua su

“Nevermind”: quando la commedia è sopra le righe, insensata, inattesa

108) Dolcissime

Il biglietto da acquistare per “Dolcissime” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Dolcissime” è un film di Francesco Ghiaccio. Con Giulia Barbuto, Alice Manfredi, Margherita De Francisco, Giulia Fiorellino, Licia Navarrini. Commedia, 85′. Italia 2019

Sinossi:

Chiara, Letizia e Mariagrazia sono compagne di scuola e grandi amiche. Le tre sono anche accomunate da un altro dettaglio: la taglia oversize, che le rende oggetto di insulti da parte dei “normotaglia”. La madre di Mariagrazia, ex campionessa e ora allenatrice di nuoto sincronizzato, iscrive la figlia a un corso di aquagym, e Mary trascina le amiche del cuore nell’impresa. Nella stessa piscina si allena però la squadra di nuoto sincronizzato capitanata da Alice, la “vincente” della scuola nonché cocca della mamma di Mary…

Recensione:

Ci siamo talmente abituati a leggere sui giornali e a sentire raccontate in tv storie di bullismo, che si verificano soprattutto in ambito scolastico e sui social, da arrivare a considerarle quasi una sorta di passaggio di crescita obbligato per i giovani di oggi. Falso, falsissimo.

Il problema è che noi “adulti” difficilmente riusciamo a capire fino in fondo la portata distruttiva di un commento o di una foto postate online, e di quella violenza psicologica e verbale a cui sono esposti alcuni giovani, amplificata dalla diffusione social.

Francesco Ghiaccio, con il suo secondo film, “Dolcissime”, prova a colmare il gap generazionale e ad affrontare la questione con garbo e la giusta dose di ironia, attraverso una storia attuale e intensa con protagoniste tre ragazze “bullizzate”, Mariagrazia, Chiara e Letizia, e la bella ma stronza di turno, Alice.

L’intreccio narrativo è semplice, lineare, magari prevedibile e scontato in alcuni passaggi e poca approfondito e sviluppato in altri ma sicuramente capace di catturare lo spettatore, che segue con passione le vicende di queste tre outsider.

Giulia Barbuto, Margherita De Francisco e Giulia Fiorellino sono credibili, autentiche e talentuose nell’interpretare le tre protagoniste, dando loro la giusta profondità, umanità e forza ma mettendone anche in evidenza fragilità e contraddizioni. Alice Manfredi è la meno sicura davanti alla telecamera, ma ha dalla sua il fatto di essere un’esperta atleta di nuoto sincronizzato. continua su

“Dolcissime”: ironia e garbo per parlare di bullismo a scuola