34)Don’t Make Me Go

Il biglietto d’acquistare per “Don’t Make Me Go” è : Ridotto

“Don’t Make Me Go” è un film del 2022 diretto da Hannah Marks, scritto da Vera Herbert, con : John Cho, Mia Isaac, Kaya Scodelario, Josh Thomson.
Sinossi:
Don’t Make Me Go, film diretto da Hannah Marks, racconta la storia di Max (John Cho), un padre single a cui viene diagnosticata una malattia terminale. Sapendo che gli resta poco tempo da trascorrere in compagnia di sua figlia, l’adolescente Wally (Mia Isaac), Max decide di dedicarsi completamente a lei. Con la scusa di darle lezioni di guida, l’uomo convince la ragazza ad accompagnarlo in un viaggio dalla California a New Orleans, per una rimpatriata con dei vecchi compagni del college in occasione dei vent’anni trascorsi dalla laurea.
In verità, Max sta cercando di fare il pieno di momenti in compagnia di Wally, dandole quel supporto e quell’amore che non potrà donarle in futuro. Inoltre, il viaggio fino a New Orleans è un’occasione per far sì che la figlia incontri e si ricongiunga con la madre, che ha abbandonato la famiglia diverso tempo prima.
Recensione:
Essere genitore è probabilmente il mestiere più difficile del mondo.
Crescere una figlia da padre single è quasi una sfida impossibile .
Ma l’amore genitoriale può trasformare un aspirante rockstar in un noioso assicuratore nonc padre responsabile e previdente.
Non è mai semplice convivere e crescere con una figlia adolescente.
Non esistono modelli e/o manuali da consultare, un genitore spera di fare sempre il meglio per il proprio figlio.

Ma ogni sforzo può essere vanificato da un destino beffardo quanto drammatico.
“Don’t Make me go” di Hannah Marks e scritto da Vera Herbert, presentato al Tribeca Festival e dal 15 luglio disponibile su Prime Video, è un piccolo gioiellino nel raccontare, incarnare il rapporto tra padre e figlia.
Nonostante il film presenti un plot narrativo di partenza piuttosto classico ovvero la scoperta di una male incurabile da parte di uno dei due protagonisti come “scusa” per iniziare un viaggio fisico oltre simbolico che cambierà la vita d’entrambi.
“Don’t Make me go” è un road movie esistenziale che si sviluppa su binari narrativi e stilistici già visti in altre pellicole in questi ultimi anni.
Il tema della morte e soprattutto la parola “cancro” è stata “sdoganata” e resa normale nel linguaggio comune tra i giovani dando vita ad sotto genere cinematografico.
Ma “Don’t Make me go” è riuscito brillantemente nell’obiettivo di distaccarsi dal rischio creativo del “copia e incolla”, trasmettendo un senso freschezza, brio, sincerità e creando connessione emotiva con il pubblico grazie alla bravura ed alchimia della coppia protagonista.

John Cho e Mia Isaac nei rispetti ruoli di Max e Wally , padre e figlia risultano credibili, affiatati, complementari e mai melensi anche nei passaggi più dolorosi drammatici.
John Cho incarna con misura ed efficacia le paure e soprattutto l’incubo peggio di un padre : dover lasciare una figlia adolescente.
Max è diventato una persona misurata, riflessiva, prudente per amore di Wally, chiudendo la porta ai suoi sogni di musicista.
Wally è una “normale” adolescente alle prese con i primi tormenti amorosi.
Max e Wally discutono, fanno pace e si sostengono l’uno con l’altro come solo una vera famiglia può fare.
Questo viaggio in auto attraversa l’America si rivelerà come l’occasione migliore per conoscersi veramente ed aprendo la propria anima e cuore all’altro.
“Don’t Make me go” è un film delicato, struggente sul piano emozionale , quanto lineare ed essenziale a livello strutturale e registico eppure capace di conquistare l’attenzione ed interesse dello spettatore fino all’inaspettato e tragico finale che ovviamente non sveleremo.
La perdita di una persona cara può rappresentare un dolore indicibile , ma allo stesso tempo ti fornisce lo stimolo necessario per cambiare mentalità ed approccio alla vita stessa.
Da un dolore immenso si può rinascere, ripartire avendo nel cuore e nella mente le lezioni ricevuti durante un indimenticabile on road tra padre e figlia.

33) Resident Evil -La Serie

“Resident Evil , la Serie” è composta da otto episodi disponibile dal 14 Luglio su Netflix,  creata da Andrew Dabb, basata sull’omonima serie di videogiochi.

Evelyn Marcus : Paola Nunez

  • Albert Wesker (stagione 1-in corso), interpretato da Lance Reddick[3]
  • Jade Wesker, interpretata da Ella Balinska[3]
  • Jade Wesker (da giovane), interpretata da Tamara Smart[3]
  • Billie Wesker , interpretata da Adeline Rudolph[3]
  • Billie Wesker (da giovane) (stagione 1-in corso), interpretata da Siena Agudong[3]
  • Arjun Batra , interpretato da Ahad Raza Mir[4]
  • Sinossi:
  • La serie si sviluppa attorno a due linee temporali: la prima di queste coinvolge due sorelle di 14 anni, Jade e Billie Wesker, che dopo essersi trasferite a New Raccoon City, si rendono conto che il loro padre potrebbe nascondere oscuri segreti che potrebbero distruggere il mondo; mentre la seconda sequenza temporale è ambientata quattordici anni dopo, quando sulla Terra sono rimasti solo 15 milioni di esseri umani, a causa del Virus T.[1][2]
  • Recensione:

Chi vi scrive, pur essendo stato  da ragazzo un grande appassionato di video giochi, ha ignorato totalmente  il fenomeno “Resident Evil”.

Da spettatore cinematografico si  è sorbito ls visione di qualche episodio della saga  cinematografica esclusivamente per stima ed amore nutrito nei riguardi della  bellissima protagonista: Milla Jovovich.

Ma al  netto della Jovovich, la  saga cinematografica composta da sei film e reboot  ha ampiamente stancato.

Così quando ho letto dell’uscita della serie su Netflix,  sono stato attraversato da un sinistro presentimento da  vecchio teledipendente.

Un timore che si è concretizzato  quando la direttora Turilazzi mi ha dato l’incarico di vederla e recensirla.

Non è stato semplice.

Vi dirò più, mai come in questo caso ho dovuto dare fondo al mio senso del dovere.

“Resident Evil” è una serie che aggiunge poco o nulla al fan del videogioco, se non addirittura provocargli   un sentimento negativo e trasmettendo invece un senso di noia al neofità.

La serie creata da  Andrew Dabb  sviluppata su  otto episodi dal minutaggio medio di 50 min non brilla per originalità, pathos e livello attoriale (fatto salvo èer   le due interpreti Tamara Smart e Siena Agudong[3], e Paola Nunez nel ruolo della cinica e spietata Evelyn Marcus capo dell’Umbrella)

Otto episodi appaiono oggettivamente troppi oltre che lunghi  aggiungendo ulteriore  prova  alla resistenza e pazienza dello spettatore.

Una struttura narrativa incentrata su linee temporali: passato e presente.

Un prima e dopo dell’evento apocalittico, come ormai sappiamo, ha cambiato per sempre il  mondo.

Una scelta narrativa  piuttosto classica , ma che in questo caso si dimostra “vecchia” quanto prevedibile. Dopo i primi episodi in cui lo spettatore volenteroso cerca di capire la mission degli autori e l’evoluzione interiore   e  il legame mutato  tra due  sorelle (Jade e Billie) tra le due linee di racconto,  fatica non poco nel proseguire con la visione

Jade e Billie adolescenti rappresentano la linea temporale del 2022,  appena trasferite a New Raccoon City, poiché il padre è il responsabile di un misterioso progetto dell’Umbrella Corporation

Invece  il mondo del 2036 è un mondo abitato da zombi, miliardi di morti e l’umanità “sana” si è ridotta solamente a  300 milioni.

In questa cornice tragica e desolante si muove la Jade adulta, scienziata oltre che guerriera disposta a tutto pur di trovare una cura al virus che ha sterminato l’umanità.

L’intento autoriale era quello di unire le due temporali  nell’ultimo episodio, fornendo risposte e generando il climax necessario per una seconda stagione lasciandoci con un finale aperto.

Ebbene la missione è decisamente fallita.

Gli ultimi episodi sono decisamente i più sconclusionati,  a tratti quasi comici o peggio ancora  grotteschi  sotto ogni aspetto.

“Resident Evil -la Serie” appare un progetto tardivo per il panorama seriale, dopo che il pubblico e critica sono stati conquistati  dalla saga “Walking Dead” e similari.

Il legame tra sorelle , funziona ed appassiona nei primi quattro episodi, per merito delle attrici giovani che interpretano i personaggi di Jade e Billie.

Lo spettatore segue con una certa curiosità ed apprensione le vicende delle due adolescenti “trascinate” in questa  città controllata dall’Umbrella.

Ma la tematica adolescenziale e la sorellanza in una città controllata dall’Umbrella  non sono sufficienti  per dare respiro e verve ad una storia decisamente fiacca e confusionaria.

“Resident Evil- la serie” mischia  più generi(horror, fantascienza, dispotico) senza trovare una propria  anima e stile registico.

In conclusione “Resident Evil -la serie” è un progetto “fuori tempo” , limitato sul piano narrativo e creativo e privo del quid indispensabile per  farsi amare e vedere da un fan seriale di Netflix.

61) Shark Bait

“Shark Bait” è un film di James Nunn. Con Holly Earl, Manuel Cauchi. Thriller, 87′. Gran Bretagna 2022

Sinossi:

Un gruppo di amici – Nat e il fidanzato Tom, Milly, Tyler e Greg – sta trascorrendo una vacanza in una località marittima. Per divertirsi dopo una notte di baldoria, si impossessano di due moto d’acqua per una gita in mare aperto. Dopo essere sfrecciati lontano dalla riva, i giovani non trovano di meglio, per spassarsela, che puntare le moto d’acqua una contro l’altra a tutta velocità con la conseguenza di causare un incidente nel quale Greg si ferisce e l’unica moto rimasta a galla comunque non riparte. E se la situazione sembra brutta, peggiora quando compare sulla scena un famelico squalo bianco.

Recensione:

Gioca coi fanti ma lascia stare i santi, recita il detto. Che riadattato in chiave cinematografica potrebbe diventare: alcuni capolavori è meglio che restino unici, senza tentativi (spesso mediocri) di recupero in chiave moderna.

60)The Twin -L’altro volto del Male

Il biglietto d’acquistare per “The Twin -L’altro Volto del Male” è : di pomeriggio

“The Twin -L’altro Volto del Male” è un film del 2022 diretto da Taneli Mustonen, scritto da Aleksi Hyvärinen, Taneli Mustonen, con : Teresa Palmer, Tristan Ruggeri, Toni Tikkanen, Steven Cree, Barbara Marten.

Sinossi:

The Twin – L’altro volto del male, film diretto da Taneli Mustonen, racconta la storia di Rachel e Anthony (Teresa Palmer e Steven Cree), una coppia che ha perso uno dei figli gemelli a causa di un tragico incidente. I due decidono di trasferirsi molto lontano, dall’altra parte del mondo, e dedicarsi unicamente al figlio sopravvissuto, Elliot (Tristan Ruggeri), sperando così di elaborare il lutto e ricostruirsi una nuova vita. Nella campagna scandinava, dove vivono ora, le giornate sembrano inizialmente trascorrere tranquille e l’isolamento nella natura sembra fare davvero bene alla famiglia, favorendo la loro guarigione.

Questa pace ritrovata, però, rischia di essere minacciata dallo stesso Elliot, che sembra essere posseduto da un’entità malvagia, intenzionata a impadronirsi della sua anima. Rachel cerca di combattere contro queste oscure forze, che sostengono di non essere altro che il figlio morto, ma è così che la donna scoprirà un’orribile verità sul gemello sopravvissuto…

Recensione:

L’incubo peggiore di un genitore è  dover seppellire il proprio  figlio.

Quando un incidente, una disgrazia inverte l’ordine naturale delle cose,  costringendo una madre a piangere la morte di figlio, nulla sarà come prima.

Se poi l’incidente è stato provocato dalla stessa donna, il senso di colpa misto all’immane dolore può devastare anche la  mente più forte e sana.

Taneil Mustonen insieme con l’altro sceneggiatore Hyvarinen   aprono  il loro  script, raccontandoci  l’orrore più grande: lo straziante dolore  di una madre magistralmente incarnato da Teresa Palmer.

Il regista pone una serie di domande esistenziali  allo spettatore  dando spazio alle  immagini rispetto alla parola, conferendo così  maggiore gravità, angoscia e crudezza al travaglio interiore vissuto dai protagonisti

 Una madre può resistere al dolore, al senso di colpa? Una madre può avere la forza d’andare avanti per amore del figlio sopravvissuto?

Trasferendosi dall’altra parte del mondo, in tranquilla ed apparente accogliente cittadina della Finlandia, una famiglia può ritrovare un senso, un equilibrio, la serenità perduta?

“The Twin” presentato come un horror, si rivela ben presto qualcosa di diverso, più vicino ad un thriller psicologico avendo anche una  componente religiosa

L’intreccio si sviluppa per tre quarti del film su tre principali tematiche : elaborazione del lutto, presenza maligna ed apparente  ostilità della comunità.

Tre elementi narrativi che gli autori hanno mescolato ed alternato nella scrittura dando vita ad una storia magari originale , mai banale e noiosa. 

Ma nonostante l’apprezzabile sforzo creativo, il film scivola via  sequenza dopo sequenza all’interno di una cornice di racconto già ampiamente vista.

I fan dell’ horror potrebbero  provare un senso di delusione  di fronte ad una visione  più introspettiva che sovrannaturale.

Teresa Palmer si carica sulle spalle l’intero peso del film, dimostrando talento, presenza scenica e personalità  nell’indossare i panni di una madre  sospesa tra dolore e paura.

Il personaggio di Rachel  è la chiave di volta per comprendere, scoprire quale sia la mission finale degli autori.

Rachel è pazza di dolore o davvero l’altro suo figlio è  in grave pericolo?

La mente umana è un filo sottile e   se da una parte  basta poco per spezzarsi , dall’altra per proteggerti  da dolore può  spingerti dentro una bolla altrettanto pericolosa alla lunga.

“TheTwin” è un film che viaggia sui ritmi piuttosto blandi, per poi accelerare improvvisamente nel finale imponendo allo spettatore  un radicale quanto inaspettato cambio di prospettiva sull’intera storia e come  la perdita un figlio sia ancora più terribile di una presenza maligna.

25) Come Vento cucito alla Terra ( Ilaria Tuti)

“Come vento cucito alla Terra” è un romanzo scritto da Ilaria Tuti e pubblicato  il 7 Giugno 2022 da Longanesi.

Sinossi:

«Le mie mani non tremano mai. Sono una chirurga, ma alle donne non è consentito operare. Men che meno a me: madre ma non moglie, sono di origine italiana e pago anche il prezzo dell’indecisione della mia terra natia in questa guerra che già miete vite su vite.

Quando una notte ricevo una visita inattesa, comprendo di non rispondere soltanto a me stessa. Il destino di mia figlia, e forse delle ambizioni di tante altre donne, dipende anche da me. Flora e Louisa sono medici, e più di chiunque altro hanno il coraggio e l’immaginazione necessari per spingere il sogno di emancipazione e uguaglianza oltre ogni confine.

L’invito che mi rivolgono è un sortilegio, e come tutti i sortilegi è fatto anche d’ombra. Partire con loro per aprire a Parigi il primo ospedale di guerra interamente gestito da donne è un’impresa folle e necessaria. È per me un’autentica trasformazione, ma ogni trasformazione porta con sé almeno un tradimento. Di noi stessi, di chi ci ama, di cosa siamo chiamati a essere.

A Parigi, lontana dalla mia bambina, osteggiata dal senso comune, spesso respinta con diffidenza dagli stessi soldati che mi impegno a curare, guardo di nuovo le mie mani. Non tremano, ma io, dentro di me, sono vento.»

Recensione:

La penna di Ilaria Tuti è diventata con merito  l’indispensabile e prezioso strumento nel  far riemergere dal  passato storie di donne coraggiose e valorose di cui oggi il mondo ha un disperato bisogno.

In un mondo in cui i giovani affollano i cinema per inneggiare ai supereroi targati Marvel, Ilaria Tuti con pazienza e tenacia negli ultimi due anni si è ritagliata il nobile ruolo di “cacciatrice di eroine” realmente vissute dando loro  una meritata e toccante visibilità.

Ilaria Tuti è diventata il megafono di storie sepolte e sconosciute firmando romanzi che definire solamente “storici” sarebbe davvero riduttivo.

La pandemia ci ha fatto riscoprire l’importanza della scienza e la professionalità dei medici ed infermieri.

Uomini e donne che hanno giurato  di curare , prendersi cura dei pazienti come scopo di vita oltre che come lavoro.

Ilaria Tuti è una scrittrice creativa, talentuosa, ma è anche una donna dotata di uno spiccato “senso civico”, sensibilità ed umanità.

Quest’ultime doti le hanno permesso di dare vita al genere letterario   “Tuti” ovvero romanzi di coscienza, sensibilizzazione e soprattutto di coraggio con protagoniste donne che hanno deciso  di sfidare il sistema, i pregiudizi e ribaltando le ottuse certezze di un  mondo maschilista quanto gretto.

Se oggi tante donne indossano con merito ed orgoglio “ il “camice bianco” , lo devono anche  alla caparbietà di queste dottoresse che durante la prima guerra mondiale  sfidando  pericoli , insidie ed ostilità decisero d’aprire un ospedale .

“Come vento cucito alla terra” è una storia di coraggio, orgoglio, competenza e professionalità messa al servizio dei soldati  impegnati al fronte.

Ilaria Tuti  partendo da un lungo e scrupoloso lavoro di ricerca, ha costruito un impianto narrativo avvincente, credibile, incalzante in cui pathos e  ritmo crescono pagina dopo pagina.

“Come vento cucito alla terra”  è il riconoscimento del talento, conoscenza, affidabilità e professionalità delle prime donne medico  in una situazione di grave emergenza come la prima guerra mondiale

Altresì Ilaria Tuti  ha reso  il lettore partecipe dell’evoluzione del paziente alias soldato dall’iniziale diffidenza all’affidarsi serenamente  alla competenza e cura di un medico donna.

Assistiamo così con grande trasporto ed emozione ribaltamento dei ruoli tra uomo e donna ,  ad una rivoluzione culturale oltre che medica  realizzatasi  concretamente  tra i letti di un ospedale , dove il dolore e la sofferenza non consentono ogni forma di misoginia e stupidità.

“Come vento cucito alla terra” è ancora un racconto d’amore , di protezione verso  quei ragazzi costretti ad imbracciare un fucile, violentando la loro vera natura.

Infine il romanzo ci mostra come possano esistere “cure alternative” per alleviare una mente, un’anima devastata dall’orrore della guerra come ad esempio: l’arte del cucito.

Non vogliamo svelarvi altro della trama, invitandovi con sincera convinzione alla lettura di un libro  in dove eroismo e medicina si sono unite in modo magistrale ed emozionante.

59) X- a Sexy Horror Story

Il Biglietto d’acquistare per “X-A Sexy Horror Story” è : Omaggio

“ X -A Sexy Horror Story” è un film del 2022  scritto e diretto da Ti West, con :

Cast artistico:

Mia Goth       Maxine / Pearl

Jenna OrtegaLorraine

Brittany Snow      Bobby-Lynne

Kid Cudi   Jackson

Martin Henderson       Wayne

Owen Campbell RJ

Stephen Ure Howard

Sinossi:

X – A Sexy Horror Story, film diretto da Ti West, è ambientato nel 1979 e racconta la storia di una troupe cinematografica, formata da giovani e ambiziosi registi, decisa a girare un film per adulti nelle zone rurali del Texas. Vengono ospitati da una coppia di anziani, proprietari di un’isolata fattoria.
Il loro progetto, però, si trasformerà in un incubo, quando i due anziani scopriranno che genere di film stanno realizzando. È così che la troupe si ritroverà a lottare per la propria sopravvivenza.

Recensione:

In ogni campo della vita esiste un prima ed un dopo.

Per gli amanti del porno (  innumerevoli quanto trasversali nella nostra società)  ha rappresentato una pietra miliare poter vedere e gustarsi un film  sulla TV di casa   tramite la rivoluzione dei  VHS.

Il mercato dell’ home Video alla fine degli anni 70 ha cambiato usi e costumi di milioni di persone.

Le famose “videocassette” hanno rese “felici” intere generazioni di adolescenti e non.

Il porno ,al netto delle proprie opinioni personali, è uno dei maggiori business cinematografici costantemente in crescita

Anzi oggi , se è possibile, è considerato un genere “quasi autoriale”

La parola “X” indicava  per i parametri della  censura una visione consigliata agli over 18, essendo presenti scene esplicite di sesso e violenza.

Ty West partendo da queste considerazioni sociologiche /commerciali ha rievocato quel passaggio storico  inserendo  l’elemento horror in una sceneggiatura variegata ed ambiziosa.

Ci troviamo così davanti ad un intreccio narrativo complessivamente non  banale e supportato da uno stile registico intrigante, che inizialmente predispone lo spettatore positivamente alla visione.

 L’ intrigante idea di partenza perde  forza però nella messa in scena evidenziando  come West non sia stato capace di tenere dritta la proprio visione creativa sul film,

“X”  alterna infatti momenti di “back stage” cinematografici del film amatoriale ad altri di thriller rurale e spettrale della campagna americana incarnata dalla coppia anziana proprietaria della fattoria

All’inizio del film osserviamo Wayne (Martin Henderson)  trasportare  sul proprio pullmino  la piccola troupe  in ua decadente fattoria nel cuore del Texas per girare un nuovo film per adulti .

Un cast artistico composto dalla sua giovane fidanzata Maxine (Mia Goth),  Bobby-Lynne (Brittany Snow), l’ex soldato Jackson (Kid Cudi) ed invece come cast tecnico RJ (Owen Campbell) e la sua timida ragazza Lorraine (Jenna Ortega) come fonico

Una fattoria dove vive un’inquietante coppia d’anziani di cui sappiamo poco e nulla.

La “convivenza” tra la troupe e la coppia di coniugi si incrina quasi subito, quando la moglie Pearl rivela d’avere ancora degli insospettabili appetiti ..sessuali.

Le iniziali e provocanti scene di sesso si mescolano nella seconda parte con quelle di splatter “spinto”   creando nella struttura , a nostro giudizio, un cortocircuito  narrativo.

“X”  risulta  un film “incompiuto”  volendo  strizzare l’occhio a due generi così differenti, perdendo alla lunga coerenza e linearità di racconto e soprattutto buona parte dell’attenzione da parte del pubblico.

L’effetto amarcord e il meta cinema  funzionano  bene nella prima parte solleticando i “pruriti” del pubblico maschile e rievocando i classici dell’horror

La seconda parte invece caratterizzata dallo splatter e brutali esecuzioni si rivela qualcosa di visto e piuttosto confuso ed approssimativo. “X” è quel genere di film che siamo soliti vedere a casa in seconda /terza serata in una domenica torrida d’estate

58) Una boccata d’Aria

Il biglietto d’acquistare per “Una Boccata d’aria” è : Di pomeriggio

“Una Boccata D’Aria” è un film del 2022 diretto da Alessio  Lauria, scritto da Aldo Baglio, Alessio Lauria

Cast Artistico:

Salvo: Aldo Baglio

Teresa :Lucia Ocone

Lillo: Giovanni Calcagno

Emma: Ludovica Martino

Enzo: davide Calgaro

Carmela : Manuela Ventura

Nunzio : Tony Sperandeo

Sinossi:

Una boccata d’aria, film diretto da Alessio Lauria, racconta la storia di Salvo (Aldo Baglio), che dopo aver saputo che il padre, con cui non ha alcun rapporto da diverso tempo, è morto, parte alla volta della sua terra natìa, la Sicilia. Il reale obiettivo dell’uomo è l’eredità, ovvero il casale di famiglia.
Salvo vuole convincere il fratello Lillo a vendere la proprietà così da usare i soldi per salvare la sua pizzeria, prossima al fallimento. Né la moglie né i figli sanno che l’attività naviga in cattive acque e lui spera che non ne vengano mai a conoscenza, pagando i debiti con l’eredità paterna Ma convincere Lillo si rivela un compito davvero arduo e Salvo si ritroverà costretto a fare i conti con tutte quelle scelte che ha preso nel corso della sua vita.

Recensione:

Riconoscere i propri errori non è mai facile.

Chiedere scusa è un atto di grande onestà.

Confessare di ritrovarsi in difficoltà e chiedere aiuto è difficile quasi impossibile per una persona orgogliosa e testarda.

Rappacificarsi con la figura paterna rappresenta un passaggio difficile per un figlio soprattutto quando il primo è morto.

Se a  tutte problematiche esistenziali e familiari  aggiungi le difficoltà economiche con il concreto rischio di fallire con la pizzeria costruita negli anni a Milano,  avrai di fronte Salvo, il protagonista di questa commedia agrodolce incentrata sul “ritorno a casa” .

Salvo è un siciliano emigrato a Milano o se preferite fuggito dall’oppressione paterna, deciso a dimostrare di non essere “una cosa inutile”.

Salvo si è creato una bella famiglia, aperto la pizzeria dei suoi sogni a Milano.

Per trent’anni e più ha tagliato i ponti con la Sicilia e soprattutto con la sua famiglia d’origine, ma come spesso capita , il passato è  tornato a bussare alla sua porta presentandogli il conto.

La vita e soprattutto le certezze lavorative di Salvo si stanno sgretolando e l’unica soluzione è tornare a casa ed affrontare il proprio doloroso passato.

“Una boccata d’aria”  lo potremmo definire  narrativamente da una parte  come la rivisitazione leggera della parabola biblica del “figliol prodigo” e dall’altra come il viaggio inverso compiuto da un “terrone” che troverà una seconda chance di vita nella sua controversa terra grazie all’ odiata casa paterna.

Aldo Baglio  stupisce e convince in un inedito ruolo da commedia regalando allo spettatore sorrisi ed emozioni.

Baglio ha  dimostrato di possedere un’ indipendenza attoriale fuori dalla bolla del trio con Giovanni e Giacomo.

Alessia Lauria al suo secondo lungometraggio  firma con gli altri sceneggiatori una storia semplice, lineare ma allo stesso tempo delicata, poetica ed universale sui rapporti familiari e sul bisogno di pacificazione con l’ingombrante figura paterna.

Alessio Lauria dirige con bravura e sensibilità Aldo Baglio ed il resto del cast  artistico tirando il meglio da ogni interprete , trovando il giusto tono ed equilibrio tra l’evoluzione personale del protagonista ed il cambiamento di rapporti con il resto dei personaggi.

Se Aldo Baglio brilla , non si può non evidenziare l’ottima performance di Lucia Ocone nel ruolo della moglie.

L’inedita coppia coniugale strappa più di una risata sulla scena e soprattutto dimostra naturalezza ed una convincente alchimia.

“Una boccata d’aria” è una commedia agrodolce che si muove all’interno di una cornice narrativa e registica  piuttosto classica quanto efficace portando lo spettatore dentro una Sicilia antica , magica ed allo stesso tempo dotata di una notevole  potenzialità   turistica  e capace di affascinare con la sua bellezza naturale e paesaggistica.

“Una boccata d’aria” è un film sul perdono e sulla riscoperta della famiglia come luogo  sicuro e strumento prezioso per ripartire anche in campo professionale.

Alessia Lauria firma una regia pulita, calda quanto garbata offrendo una visione godibile , a tratti emozionante, in altri  divertente di un film  complessivamente da vedere in questa  torrida estate anche come momento di riflessione.

57) Io e Spotty

Il biglietto d’acquistare per “Io e Spotty” è : Ridotto

“Io e Spotty” è un film del 2022 diretto da Cosimo Gomez, scritto da Luca InfascelliCosimo Gomez, con : Filippo ScottiMichela De RossiPaola MinaccioniVioletta ZironiAlessia Giuliani.

Sinossi:

Io e Spotty, film diretto da Cosimo Gomez, racconta la storia di Matteo (Filippo Scotti), una ragazzo di 27 anni molto solitario e introverso, che riesce a essere se stesso solo quando torna casa. Lontano dal lavoro e dalla sfera sociale, Matteo dà vita al suo alter ego: il cane Spotty. È quando la sera torna a casa dall’ufficio, indossa il costume da cane e si comporta di conseguenza, che il ragazzo si sente veramente sé stesso e finalmente libero e felice.
Il giovane, però, avverte che manca qualcosa nella sua vita ed è così che un giorno decide di pubblicare un annuncio per la ricerca di un dogsitter per Spotty. A rispondere è Eva (Michela De Rossi), una studentessa fuori sede di 25 anni alla ricerca di un impiego per mantenersi gli studi. Al contrario di quella di Matteo, la vita di Eva è caotica, con scarsi risultati in campo accademico, condita da lovestory poco durature e da lavoretti altrettanto precari, che finisce ogni volta per perdere.
Dopo l’imbarazzo iniziale, tra la ragazza e Spotty inizia a nascere un’intesa, unica nel suo genere e ricca ogni giorno di sfide da superare. Sarà questa relazione speciale a portare anche Eva e Matteo ad andare incontro l’uno verso l’altro…

Recensione:

“Chi si ferma è perduto” recita un antico proverbio.

Nella nostra controversa e complessa società non è consentito mostrarsi debole, fragile, vulnerabile.

La malattia mentale rimane ancora  un tema scottante e diviso.

La pandemia ha costretto  all’isolamento miliardi di persone, provocando un grave disagio psichiatrico  soprattutto  tra i  giovani.

I giovani si sforzano d’apparire belli, forti, indistruttibili, ma purtroppo la realtà  è ben diversa guardando i numeri delle persone   che fanno uso di psicofarmaci.

Le recensioni dei colleghi su “Io e Spotty”  sono quasi tutti uniformi nel lodarlo  definendo la seconda opera di Cosimo Gomez , un film “poco italiano” sul piano narrativo , stilistico ed attoriale.

Personalmente vorrei aggiungere al giusto “peana” , un elemento più concreto: il coraggio umano ed  artistico di Gomez di raccontare, mostrare   con leggerezza e sensibilità  la diversità, le paure, fobie dei ragazzi under 30.

Cosimo Gomez  con  Luca Infascelli firma una sceneggiatura originale, garbata, surreale , poetica ma evitando di costruire una storia avulsa dal quotidiano e dalla nostra società.

“Io e Spotty” è il racconto di due ragazzi  (Matteo ed Eva) che sulla carta avrebbero tutte le condizioni e potenzialità per “mordere la vita” e che invece si ritrovano a vivere un momento di difficoltà esistenziale.

Matteo è  un bravo animatore creativo, ma la sua solitudine l’ha spinto ad indossare la maschera del cane Spotty, sperando di trovare così affetto ed attenzione.

Invece Eva  è una giovane studentessa alle prese con degli attacchi di panico  che le impediscono di sostenere gli esami universitari al punto di mentire anche alla propria madre.

Sono due anime fragili, diverse tra loro, ma accomunate dalla paura d’essere schiacciati da un quotidiano opprimente e da una società incapace d’ascoltarli.

I mondi di Matteo ed Eva  si incrociano per una bizzarra offerta di lavoro e dopo l’iniziale diffidenza della seconda,  si scoprono complementari e più simili di quanto si  potesse credere.

Cosimo Gomez ha dimostrato bravura e lungimiranza cinematografica  nella scelta dei due protagonisti, che si sono rivelati credibili, intensi, belli.

Se Filippo Scotti  “scelto” prima del successo  planetario di “E’ stato la Mano di Dio” , ha  confermato d’essere una promessa attoriale, ha sorpreso positivamente, almeno per chi vi scrive, Michela De Rossi davvero perfetta ed a suo agio nel ruolo di Eva. Scotti e De Rossi sono riusciti con abilità  ad incarnare le contraddizioni, paure e fragilità di una generazione dando vita nella parte finale  anche ad una tenera storia d’amore  donando  un sorriso in più allo spettatore già preso dall’unicità di Spotty

56) Le Voci Sole

Il biglietto d’acquistare per “Le Voci Sole” è : Di pomeriggio

“Le Voci Sole” è un film del 2022 diretto da Andrea BrusaMarco Scotuzzi, scritto da Andrea Brusa, con :  Giovanni e Alessandra Faiella.

Sinossi:

Le voci sole, il film diretto da Andrea Brusa e Marco Cotuzzi, racconta la storia di Giovanni (Giovanni Storti), senza lavoro a causa della pandemia, è costretto a emigrare in Polonia per cercare una nuova occupazione. Giovanni però resta in contatto con la moglie Rita (Alessandra Faiella) e il figlio (Davide Calgaro) grazie a lunghe videochiamate quotidiane in cui la donna gli insegna a cucinare da remoto e poi tutta la famiglia si siede a tavola con il telefono vicino per cenare insieme e cercare di accorciare quella distanza.
Quando una di queste telefonate diventa inaspettatamente virale in rete, la coppia raggiunge una popolarità – grazie anche all’aiuto del figlio – che pare la soluzione di tutti i loro problemi economici. Presto però questa botta di fortuna si trasformerà in una trappola…

Recensione:

C’era una volta un mondo in cui la verità  era dimostrabile con  fonti riscontrabili.

C’era una volta un mondo in cui la sostanza valeva più dell’apparenza.

C’era una volta un mondo in cui le chiacchere fatte al bar erano chiacchiere e nulla di più.

Quel mondo era il nostro prima dell’avvento e sviluppo dannoso dei social e di Internet.

Oggi viviamo in un mondo capovolto in cui serietà, educazione e semplicità vengono messi alla berlina dalla massa informe degli utenti .

Basta un commento ed  una persona può ritrovarsi “sotto attacco” o se preferite” in una tempesta di merda” dagli haters o “voci sole”.

Viviamo in un mondo rovesciato dove le apparenze e le mode “mordi e fuggi” hanno soppiantato talento e competenza.

Siamo in un’ epoca dove un uomo di mezz’età  licenziato causa la crisi economica post (?) pandemia è costretto ad emigrare in Polonia per trovare  lavoro come operaio.

Ed ancora siamo in una società in cui  incredibilmente  puo  diventare “virale” un video dove una moglie insegna al proprio marito a cucinare , trasformando i due coniugi normali in “personaggi”.

Può  sembrare come  una favola  o una farsa tragicomica a seconda dell’età dello spettatore , ma il duo registico composto da   Andrea BrusaMarco Scotuzzi  probabilmente più propenso per  seconda lettura, ha messo  in scena le contraddizioni e limiti  di una  società iper connessa .

“le Voci sole” è un esperimento narrativo e registico decisamente valido, interessante  offrendo diversi spunti di riflessione allo spettatore.

La disoccupazione, una famiglia divisa, internet, l’ingenuità delle persone bene sono  solo alcune delle tematiche che  sono affrontate e descritte con sapienza e creatività in uni script essenziale quanto incisivo.

“le voci sole”  è uno  spettacolo teatrale  rimodulato sul grande schermo , che se da parte  produce una sincera immedesimazione  dello spettatore con l’evoluzione psicologica di  Giovanni e Rita e del loro modo d’ascoltarsi e comprendersi

paradossalmente dall’altra   la scelta cinematografica ne depotenzia  la forza drammaturgica e simbolica di una storia  semplice quanto universale.

“Le voci sole”  si illumina e funziona per merito delle voci dei due bravi e convincenti interpreti: Giovanni Storti ed Alessandra Faiella,  che dimostrano sul campo come un attore “comico”  sia più poliedrico e versatile rispetto ai colleghi più “seri”.

Giovanni rappresenta nella coppia, la persona rimasta uguale allo “tsunami” del web e della popolarità,  faticando a capire i passaggi e gli obblighi dei video e il perché  degli omaggi aziendali.

Rita invece  incarna la  casalinga ,la donna semplice rimasta abbagliata o se preferite sedotta dall’improvvisa celebrità.

Una celebrità che rischierà d’incrinare un  solido e duraturo rapporto matrimoniale fondato sul “amore e sudore” per il bene della famiglia.

“Le voci sole” è complessivamente una visione consigliata avendo trovato il giusto mix per una tragicommedia che ognuno di noi potrebbe vivere e peggio ancora travolti se non avessimo la fortuna d’avere un partener vero e solidale come Giovanni o Rita.

32) Il Mostro dei Mari

Il biglietto da acquistare per “Il mostro dei mari” è:
 Di pomeriggio.

“Il Mostro dei Mari ” è un film di Chris Williams. Con Zaris-Angel Hator, Marianne Jean-Baptiste. Animazione, 105′. USA 2022

Sinossi:

In un’epoca in cui terrificanti creature popolano i mari, ai cacciatori di mostri è affidato il compito di inseguirli e predarli. Jacob Holland è il più leggendario e amato tra i cacciatori, considerato un vero eroe. Partito per una nuova avventura in acqua mai esplorate, Jacob scopre che sulla sua nave si nasconde un clandestino: la giovane orfana Maisie Brumble. Nonostante la sua presenza a bordo sconvolga la vita del cacciatore, Maisie si rivelerà un’alleata preziosa… 

Recensione:

È un assioma di cui nel corso degli anni e dei secoli ci sono state innumerevoli dimostrazioni: la storia viene scritta dai vincitori. Se a questo aggiungiamo la paura connaturata dell’uomo per ciò che è ignoto e “diverso” avrete un’idea delle premesse su cui si basa “Il mostro dei mari”, il nuovo film d’animazione Netflix diretto dal regista Premio Oscar Chris Williams.

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