163) A Girl walks home alone at night

a girl walks home alone at night

Il biglietto d’acquistare per “A Girl Walks alone at night” è : 1) Neanche regalato 2) Omaggio (con riserva) 3) Di pomeriggio 4) Ridotto 5) Sempre.

A Girl walks home alone at night” è un film del 2014 scritto e diretto da Ana Lily Amipour con: Sheila Wand, Arash Marandi, Marashall Manes, Mozhan Marnò, Dominic Rains, Rome Shandaloo.

L’Iran è un Paese dal punto di vista cinematografico all’avanguardia, capace di mettere in campo una generazione di giovani e talentuosi attori, registi e autori che non hanno nulla da invidiare all’Occidente.

Personalmente pur non amando il cinema iraniano considerandolo troppo “autoriale”, non posso non evidenziare come creatività e fantasia siano elementi fondanti di molte pellicole.

Leggendo la sinossi di”A Girl walks home alone at night” si evince un film horror atipico e particolare lasciando presagire una visione non facile.

In effetti, la giovane regista e autrice Amipour con il suo primo lungometraggio, presentato nel 2014 al Sundace Festival, ha deciso di mettere in scena un prodotto difficile da collocare in un preciso genere. Non potendolo girare in Iran, la regista ha scelto come location uno sperduto paesino americano della California in mezzo al deserto facendo immaginare allo spettatore di essere comunque nel Paese orientale.

Lo spettatore si trova cosi nella spettrale e desolata Bad City in cui si muovono uomini e donne accomunati da un destino negativo e dissoluto.

Bad City è una città fantasma in cui spazio e tempo sono sospesi e in cui l’oscurità prevale sula luce. I diversi personaggi sono persone sole, senza una prospettiva di futuro e senza amore.

Ampour ha scritto una sceneggiatura visionaria, surreale, onirica che se da una parte ha il pregio di aver creato un’atmosfera intrigante e cupa, dall’altra ha il limite di un ritmo narrativo troppo compassato lasciando allo spettatore una sensazione di lentezza nel vedere il film.

E’ un testo ben scritto, ricco di citazioni e di omaggi cinematografici come a Sergio Leone e David Linch.

Si ha la sensazione di vedere un western gotico con alcune scene pulp di tarantiana memoria però senza riuscire completamente una propria identità narrativa. continua su

http://www.nuoveedizionibohemien.it/index.php/appuntamento-al-cinema-a-girl-walks-home-alone-at-night/

Vittorio De Agrò presenta “Amiamoci, nonostante tutto”

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162) Dragon Blade

dragon blade

Il biglietto d’acquistare per “Dragon Blade” è  : 1) Neanche Regalato (con Riserva) 2) Omaggio 3) Di pomeriggio 4) Ridotto 5) Sempre

“Dragon Blade” è un film del 2015  scritto e diretto da Daniel Lee, con : Jackie Chan, John Cusack, Adrien Brody, Lorie Pester, Peng Lin, Sharni Vinson.

La storia rappresenta l’evoluzione dell’uomo e da essa dovremmo noi oggi prendere esempio e ispirazione per non commettere gli stessi errori.I film storici sono un genere cinematografico che nel corso del tempo suscitata nel pubblico grandi consensi e delusioni in egual misura. Basta ricordare ad esempio “Il Gladiatore” di Ridley Scott o nel passato “I Dieci Comandamenti” di Cecile DeMille nel bene e come invece siano caduti nella polvere il “Noah” di Darren Aronofsky o la versione 2.0 biblica di “Exodus” con la regia di Ridley Scott.
“Dragon Blade” di Danie Lee era sulla carta un progetto ambizioso e interessante di raccontare una parte di storia poco conosciuta dal pubblico mettendo in scena come duemila anni fa l’impero Romano incontrò la cultura orientale della Cina volendosi impossessare dell’importante Via della seta, centro nevralgico d’interessi economici, politici e sociali. La pace nella Via della Seta è garantita dai Guardiani guidati dal coraggioso e pacifico comandante Huo An (Jack Chan) che ha, pone come filosofia di vita la serena convivenza tra le varie etnie e popoli. Huo An e i suoi soldati sono accusati ingiustamente di tradimento e costretti ai lavori forzati nella lontana città dei”Cancelli delle oche selvatiche”.Ben presto però An dovrà assumere il comando delle operazioni per affrontare il pericolo d’invasione da parte della legione romana guidata dal Generale Lucio (John Cusack). I due guerrieri dopo essersi affrontanti in uno spettacolare combattimento di fronte al pericolo di una tempesta di sabbia sono costretti a deporre le armi e a convivere con i rispettivi eserciti avendo così il modo di conoscersi e diventare amici.
Essendo un film epico, storico dovrebbe suscitare emozioni, pathos e coinvolgimento con lo spettatore, invece “Dragon Blade” è un’accozzaglia narrativa confusa e caotica priva di una vera identità. La sceneggiatura convince poco presentando delle criticità chiare ed evidenti nel collegare le varie scene e soprattutto nel dare forza e incisività ai momenti più intensi dal punto di vista del pathos. E’nonostante il notevole sforzo produttivo e l’impegno dello stesso Jack Chan, la storia fatica a decollare diventando ben presto un fotoromanzo in salsa cinese stucchevole e alcuni tratti retorici. continua su

La battaglia degli imperi – Dragon Blade

Roberto Sapienza presenta “Ninni, mio padre”

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161) Billions

billions
Dall’alba del 24 giugno anche il più ignorante e disinteressato di politica e d’economia non ha potuto fingere di non vedere e ascoltare almeno un telegiornale riguardante il “caso Brexit”.
Il mondo cambia, la storia corre veloce e ormai tutti sono costretti a studiare i misteri della finanza.
Cifre, tecnicismi, formule matematiche sono diventate ormai di comune uso per l’uomo della strada mentre beve il caffè la mattina al bar.
Il mondo economico e finanziario è diventato qualcosa non solo d’influente per le nostre vite, ma anche affascinante da raccontare al punto che il cinema e la televisione hanno scelto di realizzare a prodotti sull’argomento.
E’ possibile fare spettacolo e incuriosire il pubblico con il mondo borsistico? Solo qualche mese fa è stato premiato il film “La Grande Scommessa” con l’Oscar come migliore sceneggiatura non originale. La risposta è sì, essendo compito degli autori e produttori cogliere le esigenze del pubblico e soprattutto raccontare le evoluzioni e dinamiche della società.
Anche i produttori televisivi si sono buttati in questa difficile sfida e in particolare il canale americano Show Time producendo la serie tv “Billions”andata in scena lo scorso inverno in America e ora trasmesso in Italia, in esclusiva, su Sky Atlantic.
“Billions” è una serie atipica per il panorama televisivo attuale per la scelta degli sceneggiatori di costruire la storia intorno al dualismo tra i due personaggi principali: l’incorruttibile e giustizialista procuratore Chuck Rhoades e lo spregiudicato e ambizioso finanziere d’assalto Bobby “Axe” Axelrod interpretati rispettivamente da Paul Giamatti e Damian Lewis.
La storia è ambientata in New York pre Brexit, dove agiscono indisturbati in Borsa gli speculatori determinando il bello e cattivo tempo a danno dei piccoli e sprovveduti azionisti.
E’ una storia moderna sulla carta, ma in vero lo spettatore assiste a un lungo ed estenuante duello stile vecchio Western tra due uomini carismatici, intelligenti e soprattutto determinati e vincere sul proprio nemico.
Assistiamo nelle prime due puntate all’inizio di una complicata e snervante partita a scacchi tra Rhoades e Axe, dove non esiste una netta differenza tra buono e cattivo, al contrario entrambi i personaggi sono disposti a qualunque azione pur di incastrare l’altro. E’una gara di furbizia e di nervi, in cui è difficile prevedere i piani dei due giocatori.
“Billions” ha un impianto narrativo più teatrale che televisivo, avendo puntato tutto sulle intense e convincenti perfomance dei due attori perfettamente a loro agio nei rispettivi ruoli.
Non è tanto per intenderci una serie dal ritmo frenetico e nevrotico come furono i film “Wall Street” di Stone o “The Wolf of Wall Street” di Scorsese, anzi tutto il contrario. I tempi del racconto sono dilatati e il ritmo narrativo è forse troppo compassato mettendo a dura prova la capacità di attenzione e coinvolgimento dello spettatore.
Lo spettatore deve armarsi di pazienza e più che vedere dovrà tendere l’orecchio per apprezzare i fitti ed elaborati dialoghi che caratterizzano la serie rendendola assai incisiva e di livello.
Anche i ruoli femminili hanno un loro peso specifico rispetto al solito per prodotti di tale natura.
Sia Rhoades e Axe, hanno accanto una moglie capace e intelligente e dei figli. Per entrambi la famiglia è un luogo sicuro e certo, dove approdare dopo il lavoro. Le donne smettono di essere dei trofei da esporre.
Il punto di contatto tra i due avversari è Wendy Rhoades, interpretata dalla carismatica e intensa Maggie Siff, moglie del procuratore e brillante psicoterapeuta da quindici anni al servizio dell’azienda di Axe.
E’ un ruolo delicato, borderline che promette di dare allo show un contributo importante e decisivo.
La nostra calda estate televisiva, post Brexit, ha trovato sicuramente un appuntamento da non perdere per cercare di avere le idee più chiare sulla finanza e sui suoi misteriosi retroscena.

Roberto Sapienza presenta “Ninni,mio padre”

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160) Cinque Tequila

5 tequila

Il biglietto d’acquistare per “Cinque Tequila” è : 1) Neanche regalato 2) Omaggio (con riserva) 3) Di pomeriggio 4) Ridotto 5) Sempre.

Cinque Tequila è un film del 2016 diretto da Jack Zagha KababieJack Zagha Kababie, scritto da David Desola, Jack Zagha, Yossy Zagha con José Carlos RuizJosé Carlos Ruiz, Luis BayardoLuis Bayardo, Eduardo ManzanoEduardo Manzano, Pedro Weber.

C’è sempre tempo per invecchiare e finire i nostri giorni dentro un ospizio.
Finché l’uomo avrà voglia di viaggiare, rischiare e stare in compagnia non c’è nessun limite di età.
Cinque Tequila è la storia di una lunga e divertente amicizia tra quattro vecchietti ottantenni messicani: Emiliano, Augustin, Benito e Pedro. I quattro trascorrono le loro giornate al bar a giocare a domino, rimpiangendo la gioventù passata e lamentandosi su quanto le rispettive famiglie poco si occupino di loro.
Quando un giorno Pedro rivela di essere gravemente malato fa promettere ai suoi fraterni amici che, alla sua morte, esaudiranno il suo desiderio di portare fino alla città di Dolores un proprio cimelio, un fazzoletto di carta autografato donato dal famoso compositore e cantautore messicano Josè Alfredo Jimenez Sandoval.
La promessa è sancita da Pedro bevendo, in barba alla sua precaria salute, cinque tequila di fila.
Pochi giorni dopo giunge la ferale notizia della morte di Pedro e i tre amici, nonostante gli acciacchi, decidono di onorare la memoria dell’amico intraprendendo il pellegrinaggio verso Dolores.
Ha inizio così un road movie della terza età in cui lo spettatore assiste alla divertente e grottesca avventura dei tre protagonisti, di fatto scappati da casa e dai rispettivi problemi.
Cinque Tequila è un road movie diverso dal solito, perché incentrato sulla melanconia di una vita prossima alla fine piuttosto che all’inizio di un percorso esistenziale, come spesso accade in pellicole di questo genere.
Una commedia pulita, ironica, garbata che, nel complesso, si lascia vedere, anche se presenta un ritmo non particolarmente brillante. Infatti, dopo un inizio promettente, la pellicola procede per strappi, non riuscendo a mantenere un costante pathos narrativo e una precisa identità, diventando una via di mezzo tra un road movie e una commedia nera. continua su

https://www.mygenerationweb.it/201606253184/articoli/palcoscenico/cinema/3184-cinque-tequila-road-movie-della-terza-eta

Vittorio De Agrò presenta “Amiamoci, nonostante tutto”

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159) True Story di Michael Finkel

true story
“True Story” è un romanzo scritto da Michael Finkel e pubblicato in Italia nel 2015 da Piemme Edizioni.

A volte si decide di leggere un libro solo perché la copertina o la quarta hanno stuzzicato la tua curiosità. Così è stato per me quando lo scorso dicembre mi aggiravo per una libreria Mondadori dovendo scegliere i titoli da farmi regalare per Natale dalla mia famiglia.
La mia attenzione è stata colpita da questo romanzo e dopo averne l’incipit, l’ho messa nella mia lista dei desideri.
Solamente due settimane fa, smaltiti i regali letterari, ho potuto dedicarmi alla lettura di questo libro come dice la fascetta rossa “un bestseller da cui è stato tratto un bellissimo film con James Franco e Jonathan Hill”.
Chi è Michael Finkel? Un giornalista bugiardo. Un valente reporter del New York Times che per ambizione ha scelto di manipolare la realtà scrivendo un articolo falso sul fenomeno del lavoro minorile in Africa. Un falso scoop che gli costa il lavoro e soprattutto la reputazione.
Finkel è un uomo finito e come dice lui stesso nel libro, non può fare altro che rifugiarsi nella sua baita e scomparire. Finché un giorno riceve una telefonata da un giornalista locale, lo informa che un uomo appena accusato di aver ucciso moglie e figlio e scappato in Messico è stato appena arrestato. L’uomo aveva assunto come falsa identità il nome di Finkel. Il ricercato si chiama Christian Longo. Finkel incuriosito dalla vicenda comincia a indagare sull’uomo finchè non riceve una telefonata di quest’ultimo dal carcere.
E’ l’inizio di un rapporto prima telefonico e poi epistolare tra i due uomini diventando per entrambi una sorta di terapia per bugiardi.
Il lettore è catturato dal resoconto di Finkel nel descrivere la dinamica e soprattutto l’evoluzione del suo rapporto con Longo, il quale ha l’abilità e il talento di catturare l’attenzione del cronista fino al punto di far nascere un’atipica amicizia.
Finkel non è certo della colpevolezza di Longo e decide di scrivere una storia sulla vita dell’uomo e in qualche modo trovando l’opportunità per un riscatto personale e professionale. Finkel si specchia in Longo trovando delle inedite somiglianze caratteriali e umane, ma nello stesso tempo arrivando fino al momento del processo per gli omicidi ne scopre il lato più oscuro e terribile.
“True Story” è un libro che si fa leggere con leggerezza e facilità appassionando il lettore e per merito dell’autore di distinguere in maniera chiara e distinta la sottile ma profonda differenza umana e di sensibilità tra i due personaggi.
Longo è un bugiardo patologico oltre essere un efferato criminale, Finkel è un bugiardo ma ha ancora una sua etica che le permetterà di costruirsi un futuro e una famiglia.
La seconda parte del romanzo incentrata sul processo a Longo è maggiormente intensa, emozionante e carica di pathos che inchioda il lettore alla pagina.
Lo stile di Michael Finkel è essenziale, incisivo, intenso e di taglio giornalistico, ciò nonostante riesce a conquistare e avvolgere il lettore con una prosa di qualità.
Il finale seppure drammatico e tragico regali comunque al lettore un sorriso per come in fondo due bugiardi possano trovare l’uno nell’altro il modo di essere uomini migliori.

Roberto Sapienza presenta “Ninni,mio padre”

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158) Segreti di Famiglia

segreti

Il biglietto da acquistare per “Segreti di famiglia” è: 1)Neanche regalato; 2)Omaggio; 3)Di pomeriggio (con riserva); 4)Ridotto; 5)Sempre.

Un film di Joachim Trier. Con Isabelle Huppert, Gabriel Byrne, Jesse Eisenberg, Devin Druid, Amy Ryan. Drammatico, 105. 2015.

L’elaborazione del lutto, quando a venire meno è una persona cara, è in molti casi un percorso lungo, complesso e delicato. Ognuno ha il suo modo di affrontare il dolore della perdita. Se però in una famiglia a mancare è una figura femminile, una moglie, una madre, ecco che le ripercussioni psicologiche su chi resta si dimostrano se possibile ancora più difficile da assorbire.

Presentato lo scorso anno al Festival del cinema di Cannes, “Segreti di famiglia” di Joachim Trier è una sorta di terapia familiare a cui lo spettatore è invitato a partecipare come osservatore esterno.

La talentuosa fotografa di guerra Isabelle (Huppert) è morta da ormai tre anni, ma il marito e i due figli sono ancora lontani dall’aver superato la perdita. Di questa famiglia spezzata sono rimasti il padre, Gene (Byrne), insegnante con un passato da attore, Jonah (Eisenberg), divenuto padre da poco, e poi il tormento Conrad, il minore (Druid).

Tre uomini legati dall’amore per Isabelle, ma molto lontani, nel loro dolore, uno dagli altri. Ognuno ha infatti una propria visione e un’idea ben precisa della madre e moglie deceduta, e le custodisce gelosamente.

Il film è da una parte una storia d’amore tra padre e figli, dall’altra la lotta individuale di ogni membro della famiglia di conservare un proprio ricordo di Isabelle per andare avanti. continua su

Al cinema: Segreti di famiglia

Vittorio De Agrò presenta “Amiamoci, nonostante tutto”

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157) Kiki e i segreti del sesso

kiki e i segreti del sesso

Il biglietto d’acquistare per “Kiki e i segreti del sesso” è : 1) Neanche regalato 2) Omaggio (con riserva) 3) Di pomeriggio 4) Ridotto 5)Sempre.

Kiki e i segreti del sesso” è un film del 2016 diretto da Paco Leon, scritto da , Paco León, Fernando Perez con: Natalia de Molina, Alex Garcia,Candela Peña, Luis Callejo, Silvia Rey, Paco León, Ana Katz.

Chi vi scrive è una persona bigotta e che considera il sesso di per sé noioso e meccanico.

Forse penserete che non sia la persona giusta a recensire questa pellicola che in Spagna ha conseguito un grande successo di pubblico.

Forse in parte è vero, ma ero curioso di vederlo avendo letto in rete dei giudizi positivi soprattutto da parte del pubblico.

Sgombriamo subito il campo dall’equivoco che il film possa apparire qualcosa di pruriginoso, volgare o da maniaci, anzi tutto il contrario.

Paco Leon scrive, dirige e interpreta una commedia sul sesso e sulle sue molteplici sfumature in maniera pulita, simpatica e almeno in parte divertente.

Si può ridere e ironizzare sulle fantasie sessuali di un individuo e sulle sue devianze senza apparire malati o esseri immondi.

La pellicola è suddivisa in cinque microstorie in cui lo spettatore conosce e osserva cinque coppie alle prese con il sesso e con le proprie ossessioni che in qualche modo ne condizionano la vita.

Non c’è nulla di morboso o di oscuro nell’intento del regista di scandagliare i gusti e le preferenze sessuali dell’uomo, semmai di mostrare la diversità e molteplicità del sesso e dell’amore in maniera solare e con una dose di curiosità.

Per Leon è possibile fare sesso senza amore, anche se ovviamente sarebbe auspicabile unire entrambe le cose.

Lo spettatore assiste a una commedia fresca, garbata, estiva, ma che paradossalmente manca di una vera e incisiva brillantezza narrativa. E’ una commedia dal ritmo troppo compassato e con una struttura narrativa poco efficace nel creare i giusti e necessari tempi comici. Seppure il film duri novanta minuti, lo spettatore nonostante il tema interessante ha la sensazione di lentezza e di poco pathos narrativo. continua su

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Roberto Sapienza presenta “Ninni,mio padre”

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156) Gueros

gueros

Il biglietto d’acquistare per “Gueros” è : 1) Neanche regalato (Con riserva) 2) Omaggio 3) Di pomeriggio 4) Ridotto 5) Sempre.

“Gueros” è un film del 2015 diretto da Alonso Ruizpalacios, scritto da Alonso Ruizpalacios e Gibran Portela, con: Tenoch Huerta, Sebastian Aguirre, Ilse Salas, Leonardo Ortizgris, Alfonso Charpener.
Ci sono film che, a prima visione, ti suscitano il desiderio di scappare urlando dalla sala o nei migliori di casi riescono a regalarti un’ora e mezza di meritato riposo.
Confesso che sono stato tentato di collocare “Gueros” per molti aspetti in questa categoria, ma dopo una notte di riflessione ritengo che si debbano concedere alcune attenuanti.
“Gueros” è, infatti, un film particolare, filosofico, affascinante, simbolico e ricco di metafore dal punto di vista delle immagini.
L’intento di Ruizpalacios di raccontare l’anima del Messico e dei messicani attraverso la storia di quattro giovani protagonisti, di fatto, è in larga parte un esercizio cinematografico molto autoreferenziale e rarefatto.
La stessa ambientazione temporale di portare lo spettatore nel 1999 nel pieno della lotta sociale e civile degli studenti universitari per mantenere gratuito il diritto allo studio non convincendo fino in fondo. Manca quella forza storica incisiva capace di mostrare e approfondire la crisi della società e i conflitti di classe. E’una rappresentazione stereotipata e retorica incapace di creare una vera scintilla emotiva con il pubblico.
La struttura narrativa è un ibrido poco attrattivo e confusionario. Essendo divisa tra l’instabilità sociale del Paese e la storia personale del turbolento adolescente Tomas (Augirre) mandato dalla madre a casa del fratello Sombra, studente universitario affetto da crisi di panico e di come loro con altri due amici decidano di intraprendere un viaggio per incontrare Epigmenio il cantante rock amato anche dal loro defunto padre.
“Gueros” è un road movie elitario e intellettuale, ma con una fotografia raffinata, delicata, intensa e puntuale che soddisfa l’occhio dello spettatore. continua su

http://www.nuoveedizionibohemien.it/index.php/appuntamento-al-cinema-gueros/

Vittorio De Agrò e Cavinato Editore presentano “Essere Melvin”

http://www.ibs.it/code/9788899121372/de-agrograve/essere-melvin-tra.html

155) Mother ‘s Day

mother's day

Il biglietto d’acquistare per “The Mother’s Day” è: 1) Neanche regalato 2) Omaggio (con riserva) 3) Di pomeriggio 4) Ridotto5) Sempre.

“Mother’s Day” è un film del 2016 diretto da Garry Marshall, scritto da Tom Hines, Lily Hollander,Anya Kochoff, con: Julia Roberts, Jennifer Aniston, Britt Robertson, Kate Hudson, Jason Sudeikis,Hector Elizondo, Timothy Olyphant, Sarah Chalke, Christine Lakin, Jack Whitehall, Margo Martindale.

I misteri della distribuzione cinematografica italiana si palesano ancora una volta con l’uscita di questo film. Perché distribuirlo in pieno giugno e non, com’era più scontato e opportuno, a maggio e magari in prossimità della Festa della Mamma?
Io e gli altri colleghi ce lo siamo chiesti prima che iniziasse la proiezione stampa e purtroppo, personalmente, non sono in grado di darvi una risposta, cari lettori.
Lasciando da parte la schizofrenia dei distributori, cerchiamo di capire perché uno spettatore dovrebbe sfidare il caldo di giugno e, anziché andare al mare, dovrebbe infilarsi in un cinema per vedere il nuovo film del regista e produttore Garry Marshall.
Perché, magari, chi ha amato Pretty Woman non può non seguire e apprezzare le successive pellicole…
O perché la produzione è riuscita a mettere su un cast stellare, guidato dal Premio Oscar Julia Roberts e dall’indimenticata Jennifer Ariston di Friends?
Oppure perché siete dei sentimentali e, essendovi commossi per i film Capodanno a New York e San Valentino appuntamento con l’amore, non riuscite a fare a meno di onorare le feste comandate e, soprattutto, le ricorrenze puramente commerciali?
Sicuramente, chi più chi meno, siamo tutti un po’ mammoni, e quando si tratta della cara mamma, anche il più duro e bruto si scioglie come neve a sole.
Il titolo della pellicola già di per sé spiega l’intreccio narrativo della storia.
Lo spettatore è chiamato, infatti, a osservare quattro storie separate che affrontano, in modi diversi, il ruolo della mamma e di come lei debba essere festeggiata.
Garry Marshall propone, anche in questo film, lo stesso scontato e prevedibile schema dele suoe precedenti pellicole a tema, volendo creare con i suoi bravi attori un’atmosfera prima di tensione e in seguito di concordia e serenità.
Forse, con l’età, sono diventato troppo cinico, ma una sceneggiatura che evoca e descrive un amore retorico e prevedibile e dei dialoghi poco naturali e credibili per lo più mi annoia e mi porta a pensare ad altro durante la proiezione.
Mi rendo conto però che i gusti sono assai soggettivi, per cui non posso non rilevare come l’intero cast si confermi talentuoso, gradevole alla vista e cerchi in tutti i modi di creare un ponte emotivo con il pubblico. continua su

https://www.mygenerationweb.it/201606233181/articoli/palcoscenico/cinema/3181-mother-s-day-e-i-misteri-della-distribuzione-tardiva

Vittorio De Agrò presenta “Amiamoci,nonostante tutto”

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154) The Conjuring 2 – Il Caso Enfeild

l'evocazione

Il biglietto da acquistare per “The conjuring – Il caso Enfield” è: 1)Nemmeno regalato; 2)Omaggio; 3)Di Pomeriggio (con riserva); 4)Ridotto; 5)Sempre.

Un film di James Wan. Con Vera Farmiga, Patrick Wilson, Frances O’Connor, Madison Wolfe, Simon Mc Burney, Lauren Esposito, Franka Potente. Horror, 133′. 2016.

Da giovane sono stato un grande appassionato di film horror, ma crescendo i miei gusti sono cambiati, e questo genere ha perso molte posizioni nelle mie preferenze.

Sta arrivando l’estate e, con il caldo, sembra però che il desiderio del pubblico di provare brividi di puro terrore aumenti in maniera esponenziale.

Dopo il successo di pubblico del 2013 – 319 i milioni incassati nel mondo, secondo tra gli horror solo a “L’esorcista” – un sequel per “The conjuring” era da mettere in conto.

Personalmente non ho visto il primo episodio, eppure ho scelto di dare fiducia al ritorno, perché questa saga (oltre alle due pellicole che abbiamo già menzionato è uscito uno spin off, “Annabelle”, ed è in produzione un seguito anche di quello) ha radici nella realtà, essendo ispirata alla storia dei coniugi Ed (Wilson) e Lorraine (Formiga) Warren, studiosi di demonologia che attirarono, con i loro casi, l’attenzione dei media e del pubblico.

“The conjuring – Il caso Enfield” sposta le lancette in avanti di sette anni. Nel primo film abbiamo visto i coniugi Warren avere la meglio su una presenza maligna che infestava una fattoria a Harrisville, Rhode Island, e affrontare il caso Amityville, il più famoso della loro carriera, che rischiò davvero di travolgerli. I Warren sono dei ferventi credenti, oltre che degli scienziati, e il loro lavoro mette a dura prova la fede. Soprattutto Lorraine è provata nel fisico e nell’animo per le battaglie intraprese contro le forze oscure. Così chiede al marito Ed di non accettare nuovi casi e vivere tranquilli.

Quando però a Londra, nel 1977, vengono segnalate presenze paranormali nella casa della famiglia Hodgsons, con la piccola Janet posseduta niente meno che da una forza demoniaca, la Chiesa chiede ancora una volta l’intervento degli Warren per dimostrare l’autenticità o meno della possessione.

Non volendo raccontare troppo della trama, togliendo così il brivido al pubblico che deve ancora vederlo, mi limiterò ad alcune considerazioni sparse.

“The conjuring – Il caso Enfield” non è un horror classico, che punta solo a inchiodare lo spettatore alla sedia e farlo urlare di paura. Ci sono sì alcune scene costruite con questo obiettivo, ma sono limitate e non particolarmente eclatanti. Il film è più un mix tra horror e pellicola introspettiva.

La casa infestata è un cliché del genere, e quella presentata in questo caso risulta più scontata che sorprendente.

Se c’è qualcosa del film che cattura, almeno in parte, l’attenzione di chi guarda è la caratterizzazione dei personaggi, che non sono solo volti senz’anima come talvolta succede negli horror, ma hanno una loro personalità. continua su

Al cinema: The conjuring – Il caso Enfield

Roberto Sapienza presenta “Ninni, mio padre”

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