63) La Grande Staffetta

La Grande Staffetta": il docu-film un anno dopo l'incidente di Zanardi

“La Grande Staffetta” è un documentario diretto da Francesco Mansutti e  Vinicio Stefanello

                   Musiche:   

                  “Pedala” di Francesco Di Gesù, Carolina Galbignani e Leonardo Beccafichi

                  “Ti insegnerò a volare” di Roberto Vecchioni, Lucio Fabbri con la  

                    partecipazione di Francesco Guccini

ATLETI PARALIMPICI

ANA MARIA VITELARU

PIER ALBERTO BUCCOLIERO

TIZIANO MONTI

KATIA AERE

FABIO SERRAIOCCO

GIULIA RUFFATO

MICHELE GRIECO

ENRICO FABIANELLI

ALESSANDRO CRESTI

DIEGO GASTALDI

MAURO PREZIOSA

Sinossi:

Attraverso l’Italia: 51 atleti, 20 regioni per ripartire tutti insieme.

Rappresentare l’Italia che vuole rialzare la testa. E dimostrare che uniti, si può resistere e lottare per costruire un nuovo futuro. E’ questo il senso del viaggio degli atleti di Obiettivo 3.

Un lungo e impegnativo viaggio che attraversa tutta l’Italia, per incontrare e rappresentare idealmente tutti gli italiani, ed unire l’estremo Nord all’estremo sud della Penisola, in handbike, in bicicletta e in carrozzina olimpica, alcuni dei nostri più forti atleti paralimpici si sono messi in gioco per dimostrare, ancora una volta, che possiamo superare le avversità e i nostri limiti. Ma anche che si può rinascere e che bisogna desiderarlo fortemente.

E’ una lunga corsa, una lunga staffetta per esserci e per fare la propria parte. Per ribadire il valore dell’essere comunità. Per dare un segno di speranza e allo stesso tempo di resistenza. Perché è la voglia di vivere che ci rende forti.

E’ la consapevolezza che possiamo farcela che ci spinge a guardare avanti. E’ la voglia di cambiare ci rende ancora più determinati per un nuovo futuro. Per affermare che insieme ce la faremo, sostenendoci l’uno con l’altro, passandoci il testimone di mano in mano.

Recensione:

Per due motivi ammetto di provare  un certo   “disagio” nel  parlavi   de “La Grande Staffetta”, nonostante  sia un magnifico   esempio di coraggio , un commovente  segnale dato al  Paese  desideroso di correre libero dopo la fine del lockdown dello scorso anno.

Il primo riguarda Alex Zanardi, anima e simbolo di questo nobile progetto,   ancora costretto in ospedale un anno dopo il tragico incidente avvenuto proprio durante una tappa de “La Grande Staffetta”

Il secondo  perché  un anno dopo  l’Italia, l’Europa, il mondo più in generale  si trovano   a districarsi   tra  le varianti del Covid 19.

Ma le valutazioni  e sensazioni personali sono giornalisticamente irrilevanti  . Quindi mi sembra  doveroso andare oltre celebrando una pagina di sport, amicizia e d’amore.

“La Grande Staffetta” è infatti  allo stesso tempo  un bellissimo, sincero, toccante documentario sportivo,  un atto d’amore e d’amicizia che gli atleti paraolimpici hanno voluto raccontare, offrire al Paese, mettendosi in gioco come atleti ed uomini.

Un messaggio di rinascita e speranza che hanno voluto portare per le strade d’Italia  proprio nell’anno in cui anche il Giro d’Italia è stato costretto a fermarsi.

Un messaggio istituzionale /politico  che gli stessi registi ed atleti piace paragonare a quelli pronunciati nei momenti peggiori della pandemia dal  Presidente della Repubblica

Un progetto, una sfida nata una sera, “quasi per gioco”,   durante una chat tra alcuni atleti  che  nel giro di pochi giorni si è trasformato in un operazione concreta grazie all’entusiasmo travolgente e carismatico di Alex Zanardi.

Zanardi  già nella primavera 2020 aveva fondato con i suoi atleti  Obiettivo  3 , un ‘associazione che  aveva come  missione di  lanciare un segnale di ripartenza al Paese dopo i duri mesi di lockdown.

 Cosi in breve tempo  più di 50 paratleti di Obiettivo 3  sposano  il progetto non solo sul piano sportivo ma di  ben più ampio respiro .

Non devono semplicemente “correre” la loro parte di staffetta ma fare rete, documentare sui social la loro esperienza. Insomma, ognuno è protagonista. E tutti sono indispensabili e importanti per questo viaggio che unirà il Nord e il Sud arrivando fino a Santa Maria di Leuca, l’estremo sud della penisola.

Il 9 Giugno del 2020 da Piazza Garibaldi a Luino parte “La Grande Staffetta” stravolgendo  la vita di tutti nel bene e purtroppo  anche nel male.

Lo spettatore si prepari ad una visione diversa dal solito documentario.  “La Grande Staffetta”  che lo renderà emotivamente, sportivamente e soprattutto umanamente  partecipe di questa meravigliosa carovana.

Le emozioni prenderanno presto il sopravvento sulla parte razionale,  avendo certezza di quel “ drammatico spoiler”  che si abbatterà sul gruppo  mentre scorrono scene di gioia fatica, condivisione, fratellanza che solamente lo sport è capace di regalare.

Immagini di sport, dialoghi, confessioni accompagnate splendidamente  da un’ispirata  ed adeguata  colonna sonora.

Lo spettatore vivrà un prima e dopo come è stato per  tutti i protagonisti de “La Grande Staffetta”.

I registi avevano ovviamente immaginato, pensato il documentario costruito interamente sulla figura di Alex Zanardi e sulle riprese “personali” degli atleti.  In origine  non dovevano seguire la carovana,  iniziando successivamente il lavoro sull’enorme ore di girato (150 ore)

 Gli atleti sbuffano, sudano, resistono, si raccontano  mentre pedalano .La gente li applaude. I sindaci li accolgono nei punti stabiliti per il cambio di testimone. Naturalmente anche Alex Zanardi partecipa con la sua handbike nelle tappe prestabilite

 E’ un viaggio sereno quanto faticoso , pensato per incontrare la gente e mostrare le bellezze  della nostra Italia. Una sceneggiatura perfetta di un film semplice quanto unico.

Ma il Destino crudele  interverrà bruscamente cambiando la linea retta del racconto.

 E’ Venerdì 19 Giugno quando  Alex Zanardi è  vittima di un gravissimo incidente . Al chilometro 39+800 della Strada provinciale 146, a Pienza (Siena), Alex, con la sua handbike si scontr contro un camion. Poi, l’elicottero. La corsa in ospedale.

Tutto sembra finito. Tutti  sembrano piombati in  un incubo ad occhi aperti . Lo sgomento, incredulità, dolore , le lacrime sono rese vivide, spietate dalle immagini filmate da  Piergiorgio Grande , direttore della fotografia,   appena giunto sul luogo dell’incidente.

Sono immagini inedite, dure, quanto “delicate” condizionate  dallo shock  emotivo vissuto  dello stesso Grande .Non si vedrà  mai  il corpo di Zanardi.

L’incertezza e la confusione vengono spazzate via dal messaggio inviato da Daniela e Nicolò, moglie e figlio del campione che invitano a continuare in nome di Alex.

Il documentario nato per raccontare un impresa sportiva, divenuto inno alla fratellanza,  cambia nuovamente pelle e missione.

I due registi decidono di seguire personalmente il resto del percorso,  volendo vivere ,  respirare e quindi trasmettere  quel sentimento d’unità d’anime prima  ancora che sportivo che alimenta la determinazione degli atleti   nel completare il progetto.

“La Grande Staffetta” ha come protagonisti: uomini e donne che hanno vissuto almeno due vite.  Un prima e dopo l’incidente che li ha resi “disabili”.

Loro  con la loro storia personale hanno  incarnato magistralmente lo spirito di ricostruzione e rinascita che  noi tutti dovremmo avere per rendere l’Italia , un Paese diverso, migliore.

“La Grande Staffetta” ha dovuto subire cinematograficamente dei cambiamenti, ma  come hanno dichiarato i due registi in conferenza stampa “il lavoro è stato incredibilmente facile quanto intenso dalla perfetta sovrapposizione tra il materiale raccolto e le interviste fatte agli atleti (due mesi dopo l’incidente al fine di far decantare l’emozione di quanto accaduto”

ANA MARIA VITELARU e DIEGO GASTALDI  in rappresentanza dei 50 atleti hanno  entrambi sottolineato durante la conferenza stampa

“Come partecipare a  questo progetto li abbia cambiati profondamente, regalandoli orgoglio , gioia  unitamente ad  un infinito e sempre vivo dolore pensando all’incidente accaduto ad Alessandro.

Si sono sentiti parte di una famiglia, di una comunità che ha da una parte  donato speranza e coraggio e dall’altra parte ricevuto affetto e  stima da parte dei nostri connazionali sulle strade”

In attesa che Alex Zanardi ritorni in pista con i suoi ragazzi, “Obiettivo 3” deve continuare, non può fermarsi ha dichiarato Barbara Manni.

“E’ tutto più difficile senza il contributo del fondatore, ma Obiettivo 3 necessita di azioni eclatanti e forti per sopravvivere

Visto il grande successo ottenuto nella prima edizione, in termini di entusiasmo e partecipazione popolare, l’iniziativa sarà ripetuta quest’anno dal 4 al 25 luglio. Lo sport paralimpico e gli atleti disabili vogliono infatti continuare a fare sentire la propria voce e rappresentare un esempio concreto per quanti cercano di superare quotidianamente le piccole e grandi sfide della vita. Lo schema sarà quello dello scorso anno: tre partenze differenti dal Nord, ognuna delle quali comincerà un proprio percorso destinato a unirsi nel cuore dell’Italia prima di proseguire verso la meta a Sud. La prima partenza, quella della staffetta rossa, sarà il 4 luglio a La Villa, in Alto Adige, in concomitanza con la Maratona delle Dolomiti. Il giorno dopo scatterà la staffetta bianca da Lecco, mentre martedì 6 sarà il turno di quella verde da Verres in Val d’Aosta. I tre percorsi si uniranno domenica 11 a Bologna, città natale di Zanardi. Da lì si proseguirà con un unico grande serpentone che questa volta sbarcherà in Sicilia, con l’arrivo previsto a Catania per domenica 25 luglio. I partecipanti percorreranno le proprie tappe in handbike, bicicletta o carrozzina olimpica, passandosi di mano in mano il testimone. In totale saranno tre settimane di viaggio, con 65 atleti paralimpici impegnati lungo 54 tappe distese su 18 regioni, compresa la Sardegna. Anche da Cagliari, infatti, si imbarcherà un atleta che raggiungerà la carovana a Civitavecchia.  Rispetto alla prima edizione, non faremo nessun film . La Grande Staffetta resterà un unicum per noi. Ma in questa seconda edizione avremo Sky Sport come main sponsor tecnico che si occuperà di raccontare l’edizione  con tre mini speciali. Per poi unirli in un unico programma”

Lo spettatore deve correre al cinema per vedere “La Grande Staffetta” dal 28 al 30 Giugno anche solo per rinnovare l’affetto ed augurio di pronta guarigione ad Alex applaudendo i suoi ragazzi.

Come ha fatto sua moglie Daniela con questo bellissimo messaggio

Ragazzi siete stati  eccezionali. Siete ripartiti con la morte nel cuore, siete arrivati in fondo con la commozione, ma con la gioia vera. Alex siete VOI. Grazie di cuore. Oggi è una gran bella giornata.” Daniela Manni (moglie di Alex Zanardi)

62)Voyagers

Il biglietto d’acquistare per “Voyagers” è : Neanche Regalato
“Voyagers” è un film del 2021 scritto e diretto da Neil Burger, con : Colin Farrell, Tye Sheridan, Isaac Hempstead Wright, Lily-Rose Depp, Viveik Kalra, Fionn Whitehead, Archie Renaux, Chanté Adams, Madison Hu, Quintessa Swindell, Veronica Falcón, Rafi Wilder, Archie Madekwe, Reda Elazouar.
Colin Farrell
Richard
Tye Sheridan
Christopher
Isaac Hempstead Wright
Edward
Lily-Rose Depp
Sela
Fionn Whitehead
Zac

Sinossi:
Voyagers, film diretto da Neil Burger, è ambientato in un futuro prossimo, nel quale la razza umana è a rischio, e racconta la storia di un gruppo di 30 astronauti inviati nello spazio per una missione multi-generazionale. L’impresa avrebbe come scopo quello di trovare un nuovo pianeta abitabile, ma degenera totalmente quando l’equipaggio scopre di essere all’oscuro di alcuni segreti riguardati il loro addestramento. Tra questi vi è uno strano liquido blu che viene loro somministrato per atrofizzare i sensi.
Quando uno di loro inizia a ribellarsi a questa “terapia”, realizza che la bevanda in realtà inibisce i loro istinti. Il giovane convince anche gli altri a non assumerla, portando il gruppo a esplorare i loro istinti primordiali fino a cadere in uno stato primitivo, che getta l’intera astronave nel caos. In preda a una crescente brama di potere e sesso e sempre più intimoriti, gli astronauti dovranno affrontare prima la minaccia più vicina, cioè loro stessi, e poi fare i conti con ciò che c’è al di fuori.

Recensione:
L’universo, per quanto infinito e misterioso, prima o poi stanco di vedersi coinvolto in una serie di storie insulse , improbabili presenterà una richiesta moratoria agli impavidi sceneggiatori.
Non può essere sufficiente utilizzare lo spazio per giustificare un maldestro adattamento cinematografico di un romanzo od un testo classico.
“Yoyagers” di Neil Burger rappresenta sfortunatamente quel genere di pellicola, che pur avendo sulla carta interessanti potenzialità narrative, etiche e filosofiche , nell’atto della stesura dello script è uscito fuori l’esatto contrario.
“Yoyagers” avrebbe voluto raccontare , abbracciare, rappresentare temi alti quanto controversi come il libero arbitrio, il tentativo della scienza di voler modellare, controllare le nuove generazioni come fossero “cavie di laboratorio”.
Neil Burger immagina un futuro possibile in cui la Terra è ormai divenuta invivibili per l’uomo avendo come unica speranza di sopravvivenza quella di scoprire nuovi pianeti abitabili.
Una missione difficile, quasi “suicida” che gli scienziati hanno deciso d’affidare ad un gruppo di bambini nati in provetta e cresciuti per compiere questa missione.
L’idea del “soldato in provetta” o se preferite astronauta è giustificata dall’esigenza umanitaria , togliendo quasi ogni dubbio o reticenza etica all’attività scientifica..
Il quasi o se preferite il residuo d’umanità è incarnato dallo scienziato Richard che non può accettare d’abbondare al proprio destino i suoi “ragazzi”.
Ragazzi addestrati a lavorare, studiare ed obbedire senza mai provare un ‘emozione.
L’emozione è la variante impazzita quanto imprevista che sconvolge l’equilibrio e le gerarchie all’interno dell’astronave.
Se volessimo inquadrare in campo letterario “Voyagers” dovremmo collocarlo drammaturgicamente come una via di mezzo tra due celebri romanzi: “Il Signore delle Mosche” di William Golding e “1984” di George Orwell.
Invece in campo cinematografico potremmo vagamente accostarlo alla celebre pellicola “Gli ammutinati del Bounty” dei registi Lewis Milestone e Carol Reed.
Un quadro narrativo, esistenziale e soprattutto emozionale che dovrebbe consentirci una visione intesa, vivace, vibrante quanto coinvolgente.
Sfortunatamente niente di ciò accade anzi, lo spettatore fatica non poco nel seguire una storia confusa, pasticciata e mal diretta .
Un giovane e popolare cast artistico si rivela inadeguato nel calarsi nei rispettivi ruoli facendo apparire i loro personaggi goffi e caricaturali .
“Voyagers” appare tutto forzato, eccessivo, ridondante senza mai realizzare una sincera e solida connessione emotiva con il pubblico più giovane.
Burger sperava di veicolare il messaggio di quanto possa essere sciocco oltre che pericoloso sopprimere l’indole dei giovani correndo il rischio di subire un effetto opposto e contrario.
“Yoyaers” è un film sbagliato , inutile, quanto noioso, che si lascia guardare fino alla fine solo per apprezzare lo sforzo scenografico ambientale ed una fotografia di alto livello.

61) La Felicità degli Altri

La felicità degli altri - Film (2020) - MYmovies.it

Il biglietto d’acquistare per “La felicità degli altri” è : Ridotto

“La Felicita degli Altri “ è un film del 2020 scritto e diretto da Daniel Cohen, tratto dalla piece “File Flottante” di Daniel Cohen.

Cast Artistico:
Marc: Vincent Cassel
Lèa: Berenice Bejo
Karine: Florence Foresti
Francis: Francois Damiens

Sinossi:
La felicità degli altri, film diretto da Daniel Cohen, racconta la storia di quattro amici, due coppie, formate da Léa (Bérénice Bejo), Marc (Vincent Cassel), Karine (Florence Foresti) e Francis (François Damiens). Si conoscono da tantissimo tempo e all’interno del gruppo ognuno di loro sembra svolgere un ruolo ben preciso, che mantiene viva l’armonia tra loro instaurata nel corso degli anni. Questo clima sereno, però, inizia a mostrare le prime crepe il giorno in cui Léa annuncia che sta scrivendo un romanzo.
Dopo la pubblicazione, il libro riesce a vendere molto, divenendo un bestseller. È a questo punto che l’armonia del gruppo inizia ad andare completamente in frantumi, perché gli altri, invece di rallegrarsi per Léa, cominciano a manifestare gelosie e invidie per il grande traguardo raggiunto. Gelosie che si trasformeranno ben presto in cattiveria, dimostrando alla donna che i veri amici si vedono nel momento del successo.
Recensione:
“Chi trova un amico trova un tesoro”
“Dagli amici mi guardi Dio , che dai nemici mi guardo io”
La saggezza popolare esprime con maggiore efficacia la complessità e diversità dell’animo umano rispetto a tanti saggi, romanzi e testi filosofici.
L’uomo è un animale sociale, brama la compagnia e soprattutto si sforza nell’arco della propria esistenza di costruirsi una piccola quanto solida cerchia di amici su cui contare.
Cerchio magico, migliori amici, compagni di bevute chiamateli come preferite, ma essi rappresentano i nostri veri affetti.
Anche in campo amicale esiste l’eccezione o se vogliamo “la variante” capace di saltare le certezze acquisite.
La gelosia, l’invidia sono indubbiamente dei sentimenti negativi, riprovevoli da provare, ma almeno una volta ne siamo stati “toccati” nei riguardi di un caro amico.
L’invidia è un sentimento ,una sensazione, stato d’animo che trasfigura anche la persona migliore.
Daniel Coehn porta sul grande schermo l’adattamento del suo trionfale spettacolo teatrale
Una scelta drammaturgica e registica che complessivamente si è dimostrata brillante, convincente, godibile,
Spesso il passaggio dal teatro al cinema snatura l’anima del progetto impoverendone l’intensità del testo e la credibilità dei personaggi.
In questo caso ci sentiamo d’affermare che Coehn sia riuscito con talento e creatività nel mettere in scena uno spaccato sincero, autentico delle relazioni e rapporti umani e come l’invidia possa rovinare anche un amicizia di lunga data.
“La Felicità degli altri” inizia con la consueta cena settimanale di due coppie di amici in un ristorante. La serata scorre piacevole tra scherzi, risate ed indecisioni sul dolce , finchè Leà rompe lo status quo della serata rivelando che ha iniziato a scrivere un libro dopo che un noto scrittore le ha suggerito di farlo dopo essersi alcuni opinioni su facebook.
L’annuncio letterario di Lea , donna mite e sempre disponibile, segna l’inizio della fine degli equilibri esistenziali e sentimentali nelle due coppie.
Mentre Marc, uomo metodico quanto privo di creatività, scopre di sentirsi inadeguato alla nuova Lea .
In Karine, sua migliore e storica amica, esplode un incontenibile sentimento d’invidia dimostrando l’incapacità di accettarne il successo.
Francis , sicuramente il più ingenuo e meno negativo della compagnia , cerca di trovare una propria passione artistica con la quale sentirsi realizzato.
“La Felicità degli altri” è un agrodolce racconto sull’amicizia, sul senso della vita e come il successo possa cambiare la vita di una persona, rendendolo ricco, famoso, ma paradossalmente povera negli affetti.
Coehn firma un adattamento cinematografico godibile, scorrevole, ironico, ma mantenendo la giusta dose di cinismo e cattiveria nell’evidenziare la differenza di comportamento e reazione tra Lea e gli altri personaggi.
Lo spettatore rimane coinvolto da questa storia di tradimento , incomprensioni e gelosie ben rappresentato dai quattro personaggi.
Quattro amici che ci appaiono credibili nelle reazioni , sentendoli psicologicamente vicini nell’evoluzione esistenziale grazie ad un cast talentuoso quanto carismatico.

“La Felicità degli altri” lo possiamo paragonare per alcuni versi all’idea creativa ed umana del film “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese, lasciando al pubblico il compito di capire l’essenza più profonda della vera amicizia.

35) La Lampada del Diavolo (Patrick McGrath)

“La Lampada del Diavolo” è un romanzo scritto da Patrick McGrath e pubblicato nel Maggio 2021 da “La Nave di Teseo”

Sinossi:
Londra, 1975. L’anziano poeta Francis McNulty sente avvicinarsi la fine dei suoi giorni ma il suo animo non trova pace, schiacciato da una colpa che non ha mai avuto il coraggio di confessare. Le ombre di un tradimento sotto le armi, durante la Guerra Civile spagnola, si allungano nella casa di Cleaver Square quando un’oscura presenza, con le fattezze del generale Francisco Franco, comincia a fargli visita. In alta uniforme, il contegno di un militare decaduto, l’apparizione insegue Francis con i ricordi dei giorni drammatici di quarant’anni prima. Perseguitato dalle visioni e spronato dalle domande di un giovane reporter che sta scrivendo un pezzo su di lui, il vecchio poeta accetta l’invito della figlia ad accompagnarla in viaggio di nozze a Madrid, in cui vede finalmente l’occasione per affrontare i fantasmi del suo passato. Mentre nel palazzo reale si consuma l’agonia del Generalissimo, vittima e carnefice di un’epoca che si sta consumando, Francis torna nei luoghi della sua vergogna, in un viaggio liberatorio nel tempo, nei ricordi di famiglia, nei recessi della sua mente.
Dal genio di Patrick McGrath, un romanzo che entra nei pensieri del suo protagonista, e di noi lettori, per far luce sulle diaboliche ossessioni scatenate dai segreti quando decidono di parlare.
Recensione:
Se dovessi stendere un elenco dei mei peggiori incubi o se preferite demoni interiori non avrei dubbi nel posizionare il senso colpa al primo posto.
Il senso di colpa è un sentimento terribile , devastante capace di corrodere anche l’anima più dura e cinica
Tutti prima o poi devono affrontarla e difficilmente senza pagarne pegno.
Si può convivere con il senso di colpa. Lo si può silenziare, ma quando meno te l’aspetti eccolo rispuntare dentro la tua testa, anima, cuore.
Il senso di colpa ti perseguita, sfianca obbligandoti ad un dolore senza fine.
“La Lampada del Diavolo” è il racconto di un senso di colpa, di un terribile segreto che l’anziano poeta Mc Nulty ha tenuto nascosto per anni.
La Vergogna e senso di colpa attanagliano il cuore e la mente del protagonista facendogli apparire la figura del Generalissimo Franco ormai vicino alla morte.
McNutly è costretto a dover far i conti con i propri demoni rievocando i ricordi dell’esperienza vissuta come volontario durante la Guerra Civile spagnola e come essa ha condizionato il resto della sua esistenza.
Patrick McGrath firma, a nostro modesto parere, un originale quanto agrodolce adattamento del “Cato Maior de senectute” opera filosofica latina di Cicerone.
McGrath affronta il tema della vecchiaia, dell’inevitabile resa dei conti che ognuno di noi è chiamato , costruendo il percorso d’espiazione del protagonista sotto forma d’intervista da parte di un giovane e bello cronista in cui si alternano luci ed ombre.
“La lampada del Diavolo” paga sfortunatamente una struttura narrativa infelice , dispersiva, caotica impedendo al lettore di comprendere con facilità il “senso più profondo” del romanzo.
Il lettore fatica ad entrare in “empatia” con il protagonista immerso nel suo mondo caratterizzato da un flusso di pensieri piuttosto respingenti quanto autoreferenziali e da continui salti d’argomento maldestramente collegati sul piano drammaturgico.
McGrath fa rivivere con efficacia , crudezza e umanità al lettore il tragico periodo della guerra civile spagnola che segnò il destino di una generazione e dell’Europa.
“La Lampada del Diavolo” va letto e vissuto come romanzo esistenziale, d’ espiazione e liberazione e non come erroneamente inserito dalla critica nel genere horror- follia.
Un errore editoriale che rischia di provocare delusione e disappunto nel lettore quando si trova immerso nella lettura di un testo particolare quanto variegato.
“La Lampada del Diavolo” è una lettura consigliata a condizione purchè il lettore sappia tenere sotto controllo , almeno, il senso di colpa letterario .

60) Quelli che mi vogliono morto

Quelli che mi vogliono morto: con Angelina Jolie disponibile in digitale

il biglietto d’acquistare per “Quelli che mi vogliono morto” è : Omaggio (Con Riserva)

“Quelli che mi vogliono morto” è un film del 2021 diretto da Taylor Sheridan, scritto da Michael Koryta, Charles Leavitt, Taylor Sheridan, dal romanzo di Michael Koryta.
Cast Artistico:
• Angelina Jolie: Hannah Faber
• Finn Little: Connor Casserly
• Nicholas Hoult: Patrick Blackwell
• Aidan Gillen: Jack Blackwell
• Jon Bernthal: Harrison
• Jake Weber : Owen
• Medina Senghore :Allison
Sinossi:
Quelli che mi vogliono morto, film diretto da Taylor Sheridan, racconta la storia di un dodicenne, Connor Casserly (Finn Little), che tragicamente si ritrova a essere il testimone dell’ omicidio del padre . Per fuggire ai due killer cerca rifugio tra i boschi del Montana. Peccato che gli autori dell’assassinio (Nicholas Hoult e Aidan Gillen) hanno individuato dove si trovi.
L’adolescente impaurito vaga tra i boschi . La guardia forestale Hannah Faber (Angelina Jolie), un’esperta pompiere paracadutista, ancora scossa per non essere riuscita a salvare tre vite da un incendio, farà di tutto per salvarlo riscattando così anche sé stessa.
Recensione:
“Quelli che mi vogliono morto” appartiene a quella categoria di film dal grande potenziale narrativo , emotivo, esistenziale , ma che una volta visto si ha la percezione di un’ occasione sprecata o comunque di una storia solamente in parte riuscita.
Gli sceneggiatori hanno voluto mescolare diversi generi nello script dal thriller, alla caccia all’uomo alla possibilità di riscatto del protagonista (in questo caso la Jolie) salvando la vita di un innocente.
Una storia costruita per step emotivi oltre narrativi già visti in precedenti pellicole senza però mostrare qualcosa di innovativo e/o originale a livello creativo e registico.
Un mix narrativo che si dimostra eccessivamente dispersivo , piuttosto superficiale e poco funzionale al fine di di creare pathos, suspense e soprattutto un completo coinvolgimento con lo spettatore.
La struttura narrativa è piuttosto prevedibile, manichea nella distinzione tra bene e male, dando paradossalmente più visibilità ed importanza ai due killer piuttosto che alle “prede” innocenti.
“Quelli che mi vogliono morto” nonostante queste criticità e limiti, si lascia comunque vedere potendo contare sulla spettacolare e maestosa ambientazione naturale : i boschi del Montana.
I paesaggi naturali, l’intensa e toccante performance del giovane interprete Finn Little e quella cinica quanto feroce dei due fratelli killer sono gli elementi positivi e qualificanti dell’intera pellicola
La foresta è la vera protagonista del film , Madre Natura svolge il duplice ruolo di protezione e portatrice involontaria di dolore e morte.
Angelina Jolie contribuisce con la sua indiscutibile bellezza e magnetica presenza scenica alla riuscita film, rivelandosi invece piuttosto “monocorde” sul piano interprativo.
La sua “Hannah” colpisce poco , apparendo una forzata sintesi di personaggi già visti ed apprezzati in precedenti lavori del Premio Oscar.
“Quelli che mi vogliono morto” si lascia apprezzare per le scene di salvataggio, azione, fuga ancora una volta immerse nella foresta ancora decisiva nell’elevare storia e personaggi.
“Quelli che mi vogliono morto” è sicuramente un film consigliabile per i fan del regista Sheridan, un po’ meno per gli altri.

59) Spirit Il Ribelle

Spirit - Il ribelle - Film (2021) - MYmovies.it

Il biglietto d’acquistare per “Spirit- Il Ribelle” è : Di pomeriggio

“Spirit -il Ribelle” è un film d’animazione diretto da Elaine BoganEnnio Torresan , scritto da Aury Wallington

Isabela MercedLucky Prescott (voce originale)
Eiza GonzálezMilagro Navarro (voce originale)
Julianne Moorezia Cora (voce originale)
Jake GyllenhaalJim (voce originale)
Mckenna GraceAbigail Stone (voce originale)
Marsai MartinPru Granger (voce originale)
Andre BraugherAl Granger (voce originale)

Sinossi:

Spirit – Il Ribelle, film diretto da Elaine Bogan e Ennio Torresan, racconta la storia di Lucky Prescott (Isabela Merced voce originale), una ragazza che si trasferisce dalla sua casa in città in piccolo paesino di frontiera, Miradero. La giovane vive con sua zia Cora (Julianne Moore voce originale), perché sua madre è morta quando era ancora in fasce. Le uniche cose che sa del genitore defunto è che era una stuntman, che andava a cavallo e che aveva un carattere ribelle.
Proprio come sua madre, anche Lucky è restia a rispettare le regole, scappando spesso di casa, causando non poche preoccupazioni alla zia, che stanca di stargli dietro decide di mandarla da suo padre Jim (Jake Gyllenhaal voce originale) nel paesino di Miradero. Nella sua nuova casa la giovane sembra annoiarsi ogni giorno di più, fino a quando non incontra Spirit, un cavallo selvaggio e ribelle proprio come lei. Lucky si affeziona presto al suo nuovo amico, i due insieme vivranno inaspettate e coraggiose avventure.

Recensione:

Siamo abituati a vedere film western dove i protagonisti sono uomini forti, brutti, sporchi e sovente cattivi, mentre ee donne hanno  ruoli marginali o “destinate ad essere salvate dal bruto di turno.

Nel selvaggio west, la libertà di scelta, il coraggio, il talento, la voglia di dimostrare il proprio coraggio è sempre stato declinato al maschile.

“Spirit-Il Ribelle”  ha il merito di ribaltare questa vecchia e sciocca visione maschilista , raccontando con uno stile semplice, lineare quanto brillante il coming age della giovane protagonista Lucky desiderosa di seguire le orme materne.

“Spirit -Il Ribelle” è anche il racconto di una bella amicizia tra Lucky e l’indomabile cavallo Spirit costruito con pazienza  basandosi  sul reciproco rispetto.

I due registi Bogan-Torresan  mettono in scena una storia divertente, appassionante, colorata e musicale partendo da uno  script magari non originale e piuttosto prevedibile nello sviluppo narrativo, ma comunque  funzionale ed adeguato per il pubblico più giovane.

Lo spettatore segue con simpatia e curiosità le avventure da neo cavallerizza di Lucky e delle sue due amiche Pru ed Abigail trasmettendo il messaggio d’emancipazione ed indipendenza evidenziando la positiva anomalia  di questa porzione del selvaggio west.

“Spirit “ è un film d’animazione  piuttosto basico nella grafica e costruzione dei personaggi , ma “elevato”  da una colonna sonora azzeccata e trascinante.

Lo spettatore è coinvolto emotivamente in questa avventura / coming age in ambito western ed dal taglio  femminile ,  rivelatosi una scelta narrativa vincente unendo anche il tema dell’amicizia con i cavalli ed una sincera “sorellanza” tra le ragazze.

Lucky è il simbolo di una generazione che desidera , vuole seguire il proprio istinto, affermare la propria identità non mostrando alcun timore ed incertezza.

In conclusione Spirit è un film complessivamente godibile, fresco, moderno, stimolante che consigliamo di vedere alle giovani spettatrici che sognano un futuro da donne libere e magari  cavalcando sulle verdi praterie della vita.

58) La nostra Storia

La nostra storia - Film (2020) - MYmovies.it

Il biglietto d’acquistare per “La nostra storia” è : Omaggio (Con Riserva)

“La nostra Storia” è un film del 2020 diretto da Fernando Trueba, scritto da Héctor Abad Faciolince, David Trueba, basato sul romanzo omonimo dello scrittore Héctor Abad Faciolince
Cast Artistico:
Javier Cámara
… Héctor Abad Gómez

Nicolás Reyes Cano
… Quiquin (Héctor niño)

Juan Pablo Urrego
… Héctor

Patricia Tamayo
… Cecilia Faciolince

Maria Tereza Barreto
… Mariluz (as Maria Teresa Barreto)

Laura Londoño
… Clara

Elizabeth Minotta
… Vicky

Kami Zea
… Marta

Whit Stillman
… Dr. Richard Saunders

Laura Rodriguez
… Barbara

Sinossi:
La vita di Héctor Abad Gómez, eminente dottore e attivista per i diritti umani nella polarizzata e violenta Medellin degli anni ’70. Un uomo di famiglia preoccupato non solo per i propri figli ma anche per quelli delle classi svantaggiate, la sua casa era intrisa di vitalità e creatività, il risultato di un’educazione basata sulla tolleranza e sull’amore. Nulla poteva predire che un terribile cancro avrebbe portato la vita di una delle sue amate figlie. Spinto dalla tristezza e dalla rabbia, Héctor si dedicò alle cause sociali e politiche dell’epoca. Ma la società intollerante di Medellin lo avrebbe molestato fino a farlo definitivamente tacere.

Recensione:
In un ‘epoca dove i supereroi cinematografici dominano la scena attirando rispetto e curiosità delle generazioni più giovani, non bisognerebbe mai dimenticare come nella vita reale esistano uomini meritevoli d’ analoga attenzione.
Uomini che hanno sfidato la corruzione, l’avidità e l’ignoranza dei politici di turno avendo a cuore il benessere della collettività.
Uomini che hanno pagato con la vita, il voler essere fedeli a sé stesso non piegando mai la testa.
Come dovremmo definirli questi uomini: Mosche bianche, folli o se preferite eroi civili?
Paese che vai e tragiche storie d’eroismo o resistenza civile ci imbattiamo sempre più spesso.
Il Premio Oscar Fernando Trueba fa conoscere allo spettatore italiano la vita ed opere del Dott. Hector Abada Gomez , medico colombiano dal carattere mite, compassionevole quanto determinato nel difendere il diritto alla salute per tutti i cittadini di Medellin.
Una storia di straordinaria normalità raccontata attraverso gli occhi di Hector, unico figlio maschio in una famiglia tutto al femminile, trasmettendo allo spettatore un senso umanità, semplicità, credibilità
“La nostra storia” ha una struttura narrativa semplice, lineare forse prevedibile nello sviluppo e piuttosto compassata nel ritmo, ma dotata comunque di un ‘anima ed identità narrativa.
Lo spettatore è piacevolmente “trascinato” all’interno dell’affollata, simpatica ed unita famiglia Gomez, dove il Dott Gomez e sua moglie crescono i figli all’insegna dell’educazione, rispetto e tolleranza.
L’ intuizione registica di caratterizzare l’intreccio narrativo con l’utilizzo del colore o del bianco nero sullo schermo si è rivelato creativamente efficace dando così forza al flusso di ricordi e creando una maggiore connessione emotiva del pubblico con la famiglia Gomez.
“La nostra storia” ha , a nostro modesto parere, il pregio di poter contare sulla bellissima, poetica ed intensa interpretazione di Javier Cámara capace di scomparire nei panni del Dott Hector , facendolo rivivere senza mai cadere nel retorico e passaggi buonisti.
Invece l’aspetto negativo del film riguarda la lunghezza eccessiva alias 136 min che oggettivamente potevano essere sensibilmente ridotti, evitando passaggi ripetitivi o poco funzionali .
“La nostra storia” tocca con abilità e sensibilità le corde emotive del pubblico che non potrà non amare e condividere l’umanesimo scientifico del Dottor Gomez .
Un medico che fino all’ultimo momento ha nobilitato il giuramento di Ippocrate applicandolo con rigore in ogni aspetto e rapporto della sua vita.

57) Spiral – L’eredità di Saw

Spiral - L'eredità di Saw- La recensione

Il biglietto d’acquistare per “Spiral – L’eredità di Saw” è : Omaggio
“Spiral” è un film del 2021 diretto da Darren Lynn Bousman, scritto da Josh Stolberg, Peter Goldfinger,
Sinossi:
Una mente criminale scatena una forma contorta di giustizia in Spiral, il nuovo terrificante capitolo del libro di Saw. Lavorando all’ombra del padre, uno stimato veterano della polizia (Samuel L. Jackson), l’esuberante detective Ezekiel “Zeke” Banks (Chris Rock) e il suo compagno alle prime armi (Max Minghella) si fanno carico di un’indagine macabra su omicidi che ricordano inquietanti del macabro passato della città. Inconsapevolmente intrappolato in un mistero sempre più profondo, Zeke si ritrova al centro del gioco morboso dell’assassino.
Personaggi:
Samuel L. Jackson Marcus
Marisol Nichols Capitano Angie Garza
Max Minghella William Schenk
Chris Rock Zeke
Dan Petronijevic Det. Marv Boswick
Recensione:
“..Chissà quale tipo di “gioco” il buon Jonathan Kramer, alias Jigsaw, troverebbe adeguato per produttori, sceneggiatori e registi di questa pellicola onestamente indifendibile.
…L’augurio, da fan prima, da critico poi, è che se questi sono i risultati non si pensi in un prossimo futuro a un ottavo episodio della saga, perché anche per il terrificante Enigmista l’epoca dei giochi sembra essere finita.”
Con queste dure quanto desolate parole liquidai il progetto “Saw Legacy” augurandomi che una saga così iconica non venisse ulteriormente “offesa”.
Invece tre anni dopo mi trovo a dover scrivere della saga “Saw” o se preferite di un suo derivato.
Era davvero così necessario realizzare un nono episodio?
No.
“Spiral- l’eredità Saw” ha allargato l’orizzonte drammaturgico della saga? Ha rinnovato lo schema di gioco” ? Ha dato spazio e risalto a nuovi personaggi?
La risposta è ancora un secco no su tutta linea.
Perché dunque incaponirsi su un limone ormai spremuto?
I produttori si sono illusi che inserendo nel cast artistico due nomi del calibro di Chris Rock e Samuel L Jackson sarebbe stato sufficiente per rinnovare l’interesse da parte del pubblico.
Una scommessa destinata a fallire già leggendo lo script di Spiral.
“Spiral” si rivela un progetto modesto, scontato, drammaturgicamente povero, ma rispetto al disastroso “Saw Legacy” quanto meno lineare nello sviluppo.
“Spiral” è un film “vecchio” che si muove in un solco stilistico , narrativo e registico già scavato nei precedenti episodi, cercando vanamente il salto di qualità con il tandem Rock-Jackson.
Gli efferati omicidi giustificati da un macabro senso di giustizia o desiderio vendetta non trovano più una sponda emotiva in un pubblico ormai avvezzo alle scene splatter di “Saw”.
Lo script di “Spiral” è costruito su due tematiche potenzialmente importanti quanto controverse: il conflittuale rapporto padre – figlio , con il secondo desideroso di scrollarsi di dosso l’ombra del primo in campo professionale.
Ma in questo caso la coppia Rock -Jackson si rivela mala assortita , funzionando ad intermittenza.
Lo spettatore così passa nel vedere passaggi convincenti e dialoghi ficcanti dei due ad altri inutili o noiosi , rivelando come i due attori abbiano faticato nel raggiungere almeno un minino d’ alchimia umana ed artistica sulla scena.
Ma se Chris Rock ha almeno dimostrato passione, intensità, verve nel dare vita al suo personaggio, invece Samuel L Jackson è apparso “svogliato”, fuori ruolo, evidenziando la scarsa volontà di “sporcarsi le mani” con questo ruolo.
La seconda tematica affronta la corruzione e gli abusi della polizia nei riguardi delle minoranze, mai come nell’ultimo anno è ritornata ad essere un nervo scoperto nella società americana.
Ma aver inserito l’elemento civile /politico nell’universo “Saw” si è rivelato un azzardo o quanto meno una forzatura drammaturgica finendo così per “semplificare” la drammatica del tema.
“Spiral” rappresenta un passo avanti qualitativo rispetto a “Legacy Saw”, ma rimanendo deludente, superficiale su altri versanti.
In conclusione “Spiral” è una film con molti limiti e difetti, ma che può vantare il merito cinematografico d’aver cancellato l’orrore del precedete film restituendo un pallido sorriso al fan duro e puro della saga.

56) Mandibules

Mandibules - Due uomini e una mosca - Film (2020) - MYmovies.it

Quando inizi a seguire i Festival  con una certa costanza e ripetitività  è inevitabile , quasi spontaneo instaurare  rapporti amicali con  gli altri colleghi.
Gli inviati festivalieri hanno caratteri comuni a te: occhiaie, facce stravolte,  stressati e sempre con i minuti contati avendo il fiato sul collo dei rispettivi capiredattori.
Il Festival è una gara di resistenza, pura sopravvivenza,  nel disperato tentativo d’ andare oltre  i propri limiti psicofisici.
Se hai la fortuna di stringere dei legami seri con i tuoi compagni di “sventura”,  possiedi  almeno un arma in più per non soccombere.
L’unione fa la forza recita un vecchio proverbio. Durante  un festival, un buon consiglio di un collega ti può salvare il c..o
Una voce, una chiacchierata fatta di corsa sulle scale o quando si è in fila  al bar per bere il nono caffè di giornata, sono questi i momenti di “fratellanza” o “muto soccorso”  che hanno amare  la vita da Festival.
Così è stato anche in questi primi giorni di Venezia 77. Due  amici prima ancore che  stimati colleghi in momenti diversi mi hanno caldamente consigliato di “recuperare”  due film che non avevo nella mia lista:
Mandibules (fuori concorso) e The Man who sold his skin (Orizzonti).
Così ho fatto, sconvolgendo il mio rigido programma e nonostante la stanchezza già ai massimi livelli.
Sono due film molto diversi, eppure legati da una sottile filo rosso : una scrittura originale, provocatoria e cinica che offre allo spettatore  risate e riflessione in egual misura.

Mandibules scritto e diretto da 
Quentin Dupieux

Interpreti:
David Marsais, Grégoire Ludig, Adèle Exarchopoulos, India Hair, Roméo Elvis, Coralie Russier, Bruno Lochet

sinossi

Quando Jean-Gab e Manu, due amici un po’ sempliciotti, trovano una mosca gigantesca intrappolata nel bagagliaio di un’auto, decidono di addestrarla per farci un sacco di soldi.

“Mandibules” è un film folle, “stupido”, grottesco, surreale , ma per questi motivi è stato amato da pubblico e critica in questa Venezia 77.

Un classico caso di passa parola tra gli addetti ai lavori.

Vedi “Mandibules” ed è pressoché naturale pensare alla saga americana di ‘Scemo più Scemo”

“Mandibules “è in qualche modo la versione corretta e adattata per i canoni francesi

Ma “Mandibules” va visto per apprezzare l’incredibile , inaspettata e riuscito parte comica di Adele Exarchopulos.

Una vera sorpresa, Straripante , carica, un vera a forza della natura.

Se entrate in questo mood , sarete pronti per “Mandibules” e fare alla fine della proiezione toro toro tutti insieme in sala

55) Monster Hunter

MONSTER HUNTER WORLD: ICEBORNE (Steam)

Il biglietto d’acquistare per “Monster hunter” è : Neanche regalato.
“Monster Hunter” è un film del 2020 scritto e diretto Paul W.S. Anderson, basato sull’omonimo videogioco.

Cast Artistico:
Milla Jovovich
Artemis
Tony Jaa
cacciatore
T.I.
Link
Diego Boneta
Ron Perlman
ammiraglio
Sinossi:
Monster Hunter, il film diretto da Paul W.S. Anderson, è basato sull’omonima serie di videogiochi e segue le avventure del tenente Artemis (Milla Jovovich) e dei suoi soldati. La squadra speciale si ritrova ad attraversare un portale spazio-temporale, che li catapulta in un altro mondo diverso dal nostro, in cui vivono enormi e terribili creature. Per tornare sul nostro pianeta, Artemis e i suoi combattenti dovranno affrontare e lottare contro questi potenti mostri, ma l’impresa si rivelerà davvero ardua.
Sul loro cammino incontreranno un cacciatore (Tony Jaa), dotato di grandi abilità, grazie alle quali riesce a sopravvivere in un mondo in cui l’essere umano sembra destinato a soccombere…
Recensione:
Pochi giorni fa avevamo suggerito rispettosamente al caro Bruce Willis di dismettere i panni dell’eroe del mondo dopo una lunga quanto onorata carriera.
L’età anagrafica e la routine attoriale imponevano di scegliere ruoli più adatti.
Stesso consiglio ed approccio vale per la bella e tosta Milla Jovovich. E’ tempo d’appendere al chiodo “cappa e spada” rendendosi conto che certi personaggi non le sono più congeniali o quanto meno appaiono inutili e ripetitivi.
Cara Milla rifiuti d’essere la protagonista di film ispirati da celebri videogiochi.
“Monster Hunter” rischia d’essere il tragicomico punto di non ritorno della sua splendida carriera.
Paul WS Anderson ha cercato di realizzare una versione cinematografica della serie di videogiochi “Monster Hunter” fin dal 2012, ma visto il risultato sarebbe opportuno farlo attendere ancora.
Chi scrive non ha mai giocato a “Monster Hunter” né tantomeno comprende la smodata frenesia di portare i video giochi sul grande schermo.
Operazioni sempre più insensate sul piano artistico quanto fallimentari anche al botteghino
Ho giudicato negativamente la saga di “ Resident Evil”, ma in confronto ” Monster Hunter “, va rivalutata in positivo.
“Monster Hunter” è un pasticcio narrativo senza eguali. Lo spettatore si trova a vedere una storia insensata, caotica in cui sono mescolati diversi generi senza alcun ratio o visione creativa.
“Monster Hunter” si apre in un vasto deserto in campagna con un gruppo di ranger dell’esercito americano di pattuglia, guidati dal capitano Natalie Artemis ( Milla Jovovich ). Quella che sembra una combinazione di tempesta di sabbia / temporale sorge all’orizzonte, e Natalie e il suo team vengono improvvisamente spinti in un universo alternativo accanto al nostro che è fondamentalmente più deserto, ma con creature giganti e terrificanti.
Mostri che sembrano una ridicola via di mezzo tra Godzilla ed i dinosauri di Jurassic Park
Natalie rimasta l’unica sopravvissuta del team, non può far altro che allearsi, dopo l’iniziale lotta, con il misterioso quanto buffo “The Hunter”, interpretato da Tony Jaa .
Un forzata alleanza che si trasformerà in una sincera e reciproca amicizia per sconfiggere i mostri.
Nel pieno della lotta dei due protagonisti succede qualcosa d’inspiegabile a livello narrativo. Irrompe sulla scena Ron Perlman, avvistato nell’inutile prologo, accompagnato da una squadra di cacciatori che include un gatto gigante che si comporta come un essere umano.
Lo spettatore rimane spiazzato da questo vistoso quanto mal preparato colpo di scena. La cornice narrativa si allarga facendo entrare nuovi personaggi e soprattutto evocando scenari apocalittici per la Terra.
Ma le spiegazioni sull’origine dei mostri sono brevi , frettolose con il solo scopo di preparare il terreno alla battaglia finale.
Una battaglia vistosamente avvincente e spettacolare ma fine a stessa, se non fosse lo sciagurato preludio di un sequel futuro.
Siamo sinceri ammiratori di Milla Jovovich e ci è dispiaciuto molto vederla coinvolta in un progetto così brutto ed insulso.
L’esperimento cinematografico di “Monster Hunter” , per quanto ci riguarda, deve ritenersi conclusa qui.