23)Il Circolo degli Ex (Massimo Vitali)

“Il Circolo degli Ex “ è un romanzo scritto da Massimo Vitali e pubblicato il 7 Giugno 2022 da SPERLING & KUPFER  .

Sinossi:

La fine di certe storie d’amore equivale alla fine universale dell’amore. Invece di aprirti al futuro, hai la certezza di non riuscire mai più a trovare un amore come quello che hai perso.
Questa è la certezza di Pietro, che non sente Ginevra da due mesi e cinque giorni, dopo essersi lasciati e ripresi così tante volte da non ricordarsi più quante. Compresa l’ultima, per lui, come se fosse la prima. Fino a quando capisce che se l’amore a volte crea dipendenza e altera la percezione della realtà, allora, come per altre dipendenze, il prezioso sostegno di un gruppo d’ascolto può davvero essere la soluzione.
Così a Pietro arriva l’illuminazione: fondare il Circolo degli ex, un centro di recupero per la fine di certe storie d’amore. Cesare, il suo migliore amico, ospiterà le riunioni del mercoledì, il Decalogo per la libertà amorosa è stato stilato, i partecipanti hanno già il dito sul campanello.
Nel corso delle settimane il Circolo diventa un appuntamento imprescindibile, uno spazio fisso nel quale aprirsi, guardarsi in faccia per raccontare la propria storia e, perché no, tornare a innamorarsi. Grazie alla sua scrittura originale, Massimo Vitali illumina il lato più paradossale e tragicomico di certe relazioni, con una delicata e profonda commedia ispirata a una storia vera: quella di tutti noi, il cui universo almeno una volta nella vita si è fermato per la fine di un amore… fino al successivo.

Recensione:

Avevo “conosciuto”, indirettamente, Massimo Vitali quando due anni fa vidi l’adattamento cinematografico  del suo romanzo “nel Bagno delle Donne”, riscontrandone idee  interessanti ed originali oltre che una vivida ironia e sincera empatia con i personaggi della storia.

Così quando   nel mio mensile giro libresco mi è capitato  sotto gli occhi la copertina del suo nuovo romanzo, non ho esitato ad acquistarlo per saggiarne direttamente il talento e creatività letteraria.

Il titolo era  ammiccante , quanto stuzzicante  la quarta di copertina.

 Massimo Vitali ci porta nella vita di Pietro,  protagonista di questa storia,  che mollato dalla fidanzata Ginevra , decide di fondare un circolo di ex in cui riunire  amici e conoscenti uniti dal cuore spezzato e dall’incapacità di scuotersi dal proprio torpore amoroso.

Un circolo dove poter confrontarsi e sfogare la propria rabbia , ossessione e patimento amoroso al fine di darsi sostegno e forza reciproca.

Un’idea originale che Pietro  ha “traslato” dopo aver partecipato causalmente ad una riunione degli  ex alcolisti.

“Il circolo degli ex” si rivela una lettura divertente, intensa e soprattutto coinvolgente nella prima parte  quando viene naturale immedesimarsi ascoltando le storie dei  soci del circolo.

Storie di abbandono, di tradimenti, di coppie scoppiate, di amori logori e consumati dal tempo e dalla convivenza durata a volte oltre vent’anni

Massimo Vitali racconta e descrive con abilità e garbo “il mal d’amore”, una patologia che almeno una volta nella vita, tutti noi abbiamo dovuto affrontare e superare.

Il mal d’amore è trasversale, intergenerazionale e soprattutto  è immutabile nei sintomi nel corso dei decenni.

Essere mollati, scaricati è un colpo durissimo.

Sono rare le separazioni dolci, consensuali, in una coppia che scoppia, c’è chi soffre e chi invece va avanti serenamente .

I popolari detti: “Chiodo schiaccia chiodo” , “Lontano dagli occhi lontano dal cuore “ oppure “Il tempo cura ogni ferita”  sono validi se riguardano un’altra persona, quanto invece sono inutili se investono la tua sfera affettiva.

Pietro è bloccato , prigioniero  dei ricordi della relazione vissuta con la sua ex Ginevra.

Le sue giornate scorrono uguali, scandite dal lavoro come magazziniere e le serate al bar a bere con gli amici.

Nulla sembra in grado di rompere la “bolla d’infelicità” di Pietro .

Invece circolo sembra essere la giusta medicina per dimenticarla unita alla conoscenza di un’altra donna: Ginevra, giovane parrucchiera, conosciuta al supermercato.

Ma la ritrovata serenità sentimentale vacilla quando Pietro rincontra causalmente l’altra Ginevra.

Uno sguardo, poche parole e tutto il lavoro fatto dal protagonista  crolla sotto i colpi della nostalgia e con l’idea della “minestra riscaldata”.

La seconda parte del romanzo vira bruscamente sul più classico plot del triangolo amoroso e come il maschio sia “portato” al tradimento ed alla bugia nonostante stia  vivendo un momento felice.

Un cambio di registro nel racconto che  fa perdere senso ed identità alla storia, rendendola più banale e prevedibile.

La sensazione che abbiamo avuto  è quella di un autore indeciso su come proseguire l’intreccio dopo il folgorante e convincente inizio.

“il Circolo degli ex” che all’inizio  si rivela un  bellissimo saggio sentimentale sotto le finte spoglie di un romanzo , nella seconda parte si “incarta”  diventando un  romance come tanti altri.

In conclusione “Il Circolo degli Ex” è un romanzo che soddisfa a metà le aspettative e curiosità del lettore causa una deludente seconda parte, ma che complessivamente rimane una lettura da fare magari in condivisione con il proprio partner.

31) Physical 2 – 2 Stagione

Physical 2”è una serie TV composta da 10 episodi creata da Annie Weisman  , diretto da Craig Gillespie e  disponibile dal 3 giugno Apple TV+.

Cast:

Rose Byrne: Sheila Rubin

Rory Scovel: Danny Rubin

       Lou Taylor Pucci: Tyler

  • Paul Sparks: John Breem
  • Ian Gomez: Ernie

Sinossi

Sheila Rubin è una casalinga silenziosamente tormentata nella San Diego degli anni ’80. A porte chiuse, combatte demoni personali estremi e una voce interiore viziosa. Ma le cose cambiano quando scopre l’aerobica, innescando un viaggio verso l’emancipazione  e il successo.

Recensione:

Un anno dopo  Sheila Rubin è tornata più carica, determinata che mai nel raccontarci, condividere il proprio complesso, contradittorio mondo interiore e le sue sfide professionali.

Un anno dopo Rose Byrne è ancora più cattiva, instabile, buffa, nevrotica , spiazzante, adorabile.

Se la prima stagione di “Physical “ ci aveva conquistato puntando sull’effetto amarcord e su una scrittura originale, questa seconda stagione possiamo definirla, senza alcun dubbio, come la definitiva consacrazione attoriale della Byrne.

“Physical 2” certifica la  completa immedesimazione  tra l’attrice ed il personaggio di Sheila, portando la seconda a rompere la quarta parete entrando direttamente nelle case dello spettatore.

La Byrne ha compiuto  un lavoro  sorprendente  , innalzando l’asticella attoriale rispetto alla prima stagione, rimanendo sempre credibile, pungente e politicamente scorretta.

Abbiamo avuto il privilegio di vedere in anteprima tutti i dieci episodi della seconda stagione , ma volendo rispettare  i rigidi embarghi imposti da Apple + al fine di non svelare allo spettatore la ricca trama di questa seconda stagione, ci limiteremo ad alcune brevi considerazioni e riflessioni

Dopo un finale di stagione in cui Sheila sembrava pronta a voltare pagina  condividendo un eccitante quanto inaspettato momento di auto erotismo con l’imprenditore John Breem , nel primo episodio della seconda stagione vediamo un ‘elegante Sheila darsi forza davanti allo specchio di un bagno mentre è in corso una festa.

Una festa in cui è tra gli ospiti d’onore per il lancio del suo vhs di aerobica distribuito dall’azienda di famiglia Stahl/Grunner.

Alla festa  è presente anche  Danny ( Rory Scovel ) ancora amareggiato per il flop all’elezione locale .

Il matrimonio è ancora formalmente in piedi, ma la crisi e poi l’implosione della coppia appaiono imminenti nonostante  il tentativo di Bunny di cambiare dopo una sfuriata di Sheila.

Sheila è un vulcano pronto ad esplodere.

Anche in questa seconda stagione,  la voce interiore di Sheila svolge un ruolo da Grillo Parlante , ma  sarebbe più corretto inserirla nella storia nella duplice veste di “pars destruens e construens”

Sheila vorrebbe tenere insieme tutto, ma allo stesso tempo vorrebbe eliminare ogni ostacolo che si pone davanti ai suoi obiettivi di carriera.

Sheila manipola, mente, sfrutta amici , amanti e familiari sentendosi  allo stesso tempo in guerra con sé stessa e demoni interiori


Sheila è  stanca della sua vita privata, odia suo marito.

 La nascente  carriera professionale non sta procedendo come si augurava.

Anche se il pubblico è al corrente dei pensieri di Sheila tramite il dispositivo della voce fuori campo, rimane sempre spiazzato dai sui cambiamenti e giravolte esistenziali e sentimentali. 

 I commenti negativi rivolti a sè stessa e a tutti coloro che la circondano sono sprezzanti, duri, eppure  autentici, rabbiosi.

In questa seconda stagione , il ruolo di Sheila come donna si muove narrativamente oltre che simbolicamente  come un elastico dal ruolo di vittima del mondo maschile degli anni 80 a quello estremo di carnefice e  cinica opportunistica sulle altre donne ed utilizzando l’arma della seduzione con gli uomini.

Non esistono mezze  misure nel mondo di Sheila, ciò nonostante il pubblico  rimane affascinato e soprattutto solidale con la protagonista.

Il controllo è un fattore così dominante  per  Sheila oscilla tra il sentirsi disancorata e aggrapparsi agli schemi per temperare il caos che le ruota intorno. 

“Physical 2” amplia meritoriamente gli spazi agli altri personaggi del cast, dando loro voce e possibilità di dimostrare il proprio  talento.

Sono quasi tutte relazioni tossiche e/o di dipendenza, quelle che  Sheila vive con gli altri personaggi come ad esempio con l’imprenditore Bremer o l’amica Greta.

Altri ancora come Bunny e Tyler covano vendetta, dopo il tradimento  avvenuto nella prima stagione. 

Un altro elemento di novità di seconda stagione, è il focus sui genitori di Sheila e come questo legame abbia condizionata molto la psiche della donna. 

 La new entry  Murray Bartlett nei panni dello stallone di aerobica Vinnie Green ha aggiunto  un  ingrediente frizzante al team ed alla storia.

 Vinnie ha tutto ciò che Sheila vuole: spot pubblicitari, merchandising e follower.

 Mentre Sheila è bloccata a vendere copie del suo VHS in supermercati, grandi magazzini e fiere statali. 

“Physical 2” è ancora di più un  continuo  vortice d’emozioni, sensazioni, sogni, desideri incanalati nel cuore, anima e mente di questa donna sospesa tra lo status casalinga disperata e quella di spregiudicata imprenditrice di sé stessa.

Con Sheila Rubin si ama, si odia, si piange e soprattutto si suda e balla tanto pensando sempre quale  sarà  la mossa successiva di questa donna alla ricerca delle luci della ribalta negli Usa di Ronald Reagan.

30) Spiderhead

Il biglietto d’acquistare per “Spiderhead” è : Omaggio (Con Riserva)

“SpiderHead” è un film del 2022 diretto da Joseph Kosinski, scritto da Joseph Kosinski,  Rhett Reese e Paul Wernick, basato sul racconto breve dispotico “Escape from Spiderhead” by George Saunders. E’ disponibile dal 17 giugno su Netflix.

Cast artistico:

TRAMA SPIDERHEAD

Spiderhead, film diretto da Joseph Kosinski, ambientato in un futuro prossimo, nel quale ai detenuti viene data la possibilità di fare del volontariato, prestandosi come soggetti medici e vedendo così la loro pena abbreviata. Due carcerati (Miles Teller e Jurnee Smollett) accettano di sottoporsi al trattamento del dottor Steve Abnesti (Chris Hemsworth), uno scienziato visionario che ha fondato il penitenziario dove si trovano al momento.
Abnesti inietta loro, durante la terapia sperimentale, un nuovo farmaco in grado di alterare la loro mente così da poterli manipolare e ottenere da loro risultati specifici. Nonostante nessuno sia costretto a prede parte alla “cura”, il dottore ha il totale controllo sulle loro menti, fino a quando uno dei detenuti non inizia a mettere in discussione ogni sua emozione, incerto se sia reale o meno.

  • Recensione:
  • Esiste un limite oltre che il quale la scienza non dovrebbe spingersi?
  • Uno scienziato, un medico che sfida le leggi della Natura  è un folle o un geniale visionario?
  • Ed ancora è eticamente ammissibile sottoporre a  detenuti a dei trial medici sperimentali come pena alternativa al carcere?
  • Negli ultimi due anni causa  il Covid-19 l’opinione pubblica ha “riscoperto” l’urgenza quanto importanza della ricerca medica al fine di salvare vite umane.
  • La ricerca medica è altresì costosa, lunga ed oggetto di roventi polemiche.
  • L’arte in generale ha dedicato molti spazio al sottile  confine tra scienza e morale ed al ruolo dello scienziato diversamente pazzo disposto a tutto pur di sovvertire l’ordine delle cose.
  • Film, libri, serie tv hanno creato un ampio genere di riferimento dando voce ad due opposti schieramenti: i sostenitori della scienza e dall’altra i complottisti duri e puri.
  • In questo quadro storico , sociologico e financo filosofico è inevitabile inserire e valutare “Spiderhead” di Joseph Kosinski come un tentativo complessivamente malriuscito di rinnovare il genere ed ampliare lo potenziale narrativo puntando sul tema dei farmaci come strumento commerciale e non curativo ed affidando.il ruolo dello “scienziato cinico quanto folle” a Chris Hemsworth  bellissimo quanto in questo caso monocorde a livello recitativo e credibilità del personaggio.
  • Lo script di “Spiderhead” partiva da alcune idee sulla carta molto interessanti : il controllo delle emozioni tramite farmaci e lo sfruttamento  del senso di colpa dei detenuti al fine di renderle docili e perfette cavie da laboratorio.
  • Si potevano prendere diverse strade narrative, decidendo quale aspetto approfondire rispetto ad altri, ma mantenendo un taglio introspettivo molto forte.
  • Invece gli sceneggiatori rinunciano quasi subito a quest’impostazione di racconto, optando per un’intreccio  piuttosto stereotipato e retorico e limitandosi  ad abbozzare caratterialmente e psicologicamente i personaggi.
  • “Spiderhead” si dimostra un grande incompiuta cinematografica sotto ogni aspetto, limitandosi all’intrattenimento dello spettatore specialmente femminile con il duo di bellocci  composto da Hemsworth e Teller
  • Non potendosi definire ne opera utopica tout court e ne una seria ed efficace critica  sul pericoloso cortocircuito tra medicina e business.
  • Le emozioni regolano e sovrastano la mente umana e finché questo potere sarà “libero”, per l’uomo  c’è speranza di redenzione e di provare sincero amore

53) Hill of Vision

Il biglietto d’acquistare per “Hill of Vision” è : Neanche regalato

“Hill of Vision “ è un film del 2022 diretto da Roberto Faenza, scritto da Roberto Faenza e David Gleeson

Cast Artistico:

Lucy Ramberg Laura Haddock

Edward Ramberg Edward Holcroft

Sarah Sargent Ramberg Elisa Lasowski Luciano Capecchi Francesco Montanari

Mario Capecchi ragazzo :Jake Donald – Crooke

Mario Capecchi bambino Lorenzo Ciamei

Frank Sofia D’Elia

Fratello Ruben Buccella

 Anna Rosa Diletta Rossi

Preside Daly Neil Mc Garry

Sinossi:

Seconda guerra mondiale, Alto Adige. Mario ha solo 4 anni quando sua madre viene arrestata dai fascisti. Il piccolo trascorre l’infanzia per strada vivendo di espedienti. Finita la guerra, lui e la madre miracolosamente si ritrovano e ricominciano una nuova vita in America, presso la comunità Quacchera ‘Hill of Vision’. Mario non riesce a inserirsi nel nuovo contesto di normalità, fino a quando non scopre, grazie allo zio scienziato, la passione per la scienza. Basato sull’avventurosa vita di Mario Capecchi, Premio Nobel per la Medicina nel 2007,

Recensione:

Non me ne voglia il Premio Nobel per la Medicina Mario Capecchi, ma esistevano modi migliori per far conoscere al grande pubblico la sua incredibile storia.

Dispiace doverlo scrivere avendo molto stima di Roberto Faenza, ma “Hill of Vision” si candida con notevoli chance  d’ entrare nella stretta cerchia  dei più brutti film italiani di quest’annata cinematografica.

Presentato dal direttore Felice Laudadio  con entusiasmo  durante la conferenza stampa di presentazione del Bifest 2022, ero davvero curioso di vederlo avendo alte aspettative.

Le potenzialità narrative erano ambiziose quanto giustificate volendo raccontare la   una storia di resilienza , forza  e coraggio di un bambino di 5 anni capace da solo di resistere e sopravvivere alla povertà, fame e privazioni ,diventando da adulto un premio Nobel.

Quel tipo di storie che piacciano tanto agli americani al punto di realizzarne spesso  biopic dal grande valore umano oltre che artistico.

Una storia stavolta tutta italiana, incentrata sull’infanzia e  prima adolescenza di Mario Capecchi che durante la seconda guerra mondiale si ritrovò di fatto “orfano” , trovando dentro di sé la forza per non soccombere alle avversità.

Una scritta  all’inizio del film dichiara apertamente che questa storia ispirata  è stata scritta “raccogliendo” i ricordi di Mario Capecchi

I ricordi sono importanti, preziosi rappresentando  la memoria di ogni individuo, ma sono altresì personali,  soggettivi, sono influenzati dai sentimenti e sensazioni provate all’epoca.

I “ricordi” di Mario Capecchi sono stati “trasportati”in scrittura dagli sceneggiatori  senza però compiere quel necessario ed opportuno lavoro di pulitura e distacco emotivo dallo stesso protagonista.

Il risultato è stato l’ involontario quanto mortificante riduzione dell’interesse e coinvolgimento da parte dello spettatore.  Trovandosi  così quest’ultimo  di fronte un biopic edulcorato, buonista e retorico come se  fosse in atto  la beatificazione in vita del premio Nobel.

 “Hill Of Vision” è un film piatto, monocorde nonostante siano raccontati, mostrati episodi dolorosi, strazianti e pericolosi vissuti dal Capecchi bambino.

E ’un’esperienza al limite per chiunque figurarsi per un bambino e poi pre adolescente, eppure Mario Capecchi non si arrese mai  potendo contare sull’amicizia di altri orfani di guerra divenuti suoi cari amici come Frank ( merita un menzione positiva la brava e credibile   Sofia D’Elia) ed il fratello.

“Hill of Vision” si presenta  alquanto deficitario ed approssimativo nell’approfondire le difficoltà cognitive e caratteriali   avute dal protagonista  come conseguenza  dell’ infanzia  traumatica.

Anche l’ intenso , profondo quanto straziante rapporto intenso   tra Mario e sua madre viene evocato  con un taglio da film tv della domenica sera su Rai 1  .

Lucy Ramberg  era una donna bella, un ‘artista, forte,  che si oppose al fascismo, pagandone un prezzo altissimo.

Arrestata e spedita  nel campo di concentramento di Dacau, seppe resistere ad ogni tipo di tortura .

Portò Mario in America assicurandoli un futuro, prima di chiudersi nel suo mondo di dolore.

Il dolore e sacrificio di una madre si vede e soprattutto si sente poco nel film.

Mario Capecchi arrivò totalmente analfabeta in America  e valutato inadeguato agli studi dai suoi primi insegnati.

Inutile sottolineare come il tempo abbia stabilito chi fossero davvero “inadeguati”, ma anche in quest’ultimo spezzone di racconto,  il film non convince mai, ripiegandosi su luoghi comuni e clicke.

“Hill of Vision” è una visione decisamente noiosa oltre che lenta, ma al netto delle molteplici criticità elencate,  offre lo spunto per avvicinarsi   alla vita ed opere di un grande uomo oltre che  scienziato come Mario  Capecchi e prima ancora del bambino Mario capace di insegnare a tutti noi il senso più autentico delle parole resistenza e coraggio

29) Hustle

Il biglietto d’acquistare per “Hustle” è : Di pomeriggio

“Hustle” è un film del 2022 diretto da Jeremiah Zagar, scritto da Will Fetters, Taylor Materne

Attori e Personaggi:

  • Adam Sandler: Stanley Sugarman
  • Queen Latifah: Teresa Sugarman
  • Ben Foster: Vince Merrick
  • Robert Duvall: Rex Merrick
  • Juan Hernangómez: Bo Cruz
  • María Botto: Paola Cruz.
  • Sinossi:
  • Stanley Sugarman è un ex giocatore di pallacanestro, oggi importante osservatore per i Philadelphia 76ers che che sta vivendo una fase difficile della propria vita e della propria carriera. Con la scoperta di un talento tedesco, finalmente raggiunge il posto di coach, ma con l’improvvisa morte del Presidente della squadra, l’unica persona che lo stimasse veramente, viene messo all’angolo dalla nuova dirigenza presieduta dal figlio Vince Merrick (Ben Foster) che lo manda ancora alla ricerca di nuovi talenti. In Spagna, casualmente, viene a conoscenza di Bo Cruz, un ragazzo dal passato difficile, nel quale lui intravede un talento cristallino. Deciderà di scommettere tutto su di lui, tagliando i ponti con i 76ers per diventare il suo allenatore e procuratore personale. Lo scopo che Stanley si prefigge è allo stesso tempo ambizioso e arduo: farlo arrivare nell’NBA.
  • Recensione:
  • Gli sportivi, i tifosi e soprattutto i fan amano vedere, applaudire, “venerare” il proprio campione.
  • In qualunque sport  esistono pochi fuoriclasse, alcuni campioni e poi c’è il resto che fa contorno.
  • Ma pochi sanno che il campione ammirato è sovente il  frutto di un lungo, faticoso lavoro di osservazione compiuto da una figura fondamentale quanto  discreta al grande pubblico: il talent scout o se preferite osservatore.

L’osservatore  ha un solo compito: girare il mondo alla ricerca del nuovo Pelè o Maradona se vogliamo rimanere in termini calcistici.

Ma se nel calcio, questo tipo d’attività viene fatto  specialmente dai grandi club.

In  America dove lo sport professionistico macina miliardi di dollari, ogni squadra ha il proprio “team” di osservatori.

L’Nba, il Gotha del basket mondiale, fonda gran parte delle proprie fortune sullo scouting continuo e febbrile da parte di questi uomini praticamente tutto l’anno  in viaggio.

Negli ultimi vent’anni Il cinema americano ha approfondito il proprio interesse nei riguardi nel mondo del Nba, creando un vero e proprio genere.

Ricordiamo : Space Jam “con Micheal Jordan, la commedia romantica “Forget Paris”  con protagonista Billy Crystal  innamorato oltre che arbitro professionista  e  documentari come quello sui Chicago Bulls andato in onda 2 anni fa su Netflix.

Visto il grande successo ottenuto, il gigante dello streaming ha voluto produrre una nuova pellicola sportiva, dando stavolta visibilità al ruolo dell’osservatore.

Adam Sandler ha dimostrato nuovamente d’essere un attore completo,  versatile oltre che credibile in ruoli ben lontani da quelli abituali da commedie demenziali.

“Hustle” ci racconta il mondo del basket americano da una insolita prospettiva, quella di Stanley che viaggia , annota, guarda centinaia di partite seguendo il proprio istinto e passione.

Per Stanley non esistono ferie, feste o vacanze con l’amata famiglia. Tutta la sua esistenza ruota intorno al proprio lavoro di scouting e nel realizzare il sogno di  diventare un giorno allenatore capo

Fare l’osservatore è una missione, un lavoro duro sebbene si  possa contare sulle stanze più belle negli alberghi a 5 stelle.

L’osservatore è spinto dall’amore per questo sport e soprattutto deve avere il fiuto e visione del futuro.

Stanley Sugarman  possiede tutte queste caratteristiche e lo spettatore ne percepisce anche l’umanità e bontà  d’animo  mischiata alla sua ossessione professionale.

Stanley mentre si trova in Spagna per un tour di scouting scopre Bo Cruz in un campetto di periferia ed intuendone  le straordinarie potenzialità lo prende sotto la propria ala protettiva.

“Hustle” è il racconto di un rapporto sportivo, di un’amicizia, di un  legame tra mentore ed allievo, ma soprattutto del riscatto e consacrazione di due uomini che unendo le forze troveranno il modo di realizzare i rispettivi sogni.

“Hustle” ci racconta una nuova versione del “sogno americano” in chiave Nba, facendoci vivere un’esperienza  sportiva partendo dal basso.

Juan Hernangómez è fisicamente straripante, magnetico quando è in “azione”, quanto risulta abbastanza “bloccato” quando si tratta di recitare il ruolo del Cenerentolo sportivo.

Nonostante ciò,  è stato abile nel “seguire” l’esperto compagno di scena, adattandosi ai tempi e toni di Sandler.

“Hustle”  presenta un intreccio narrativo essenziale, lineare, a tratti  forse prevedibile e buonista, eppure  riesce comunque nell’obiettivo di conquistare l’attenzione ed interesse dello spettatore per tutto il film.

“Hustle” strizza l’occhio per un verso alla saga di Rocky e per un altro al genere “nascita di una stella”.

“Hustle” pur  essendo stato  pensato  e costruito  per il   pubblico americano maggiormente  addentro e coinvolto alle dinamiche tecniche /sportive del mondo Nba,  rimane un prodotto interessante e godibile anche quello “ignaro” o quasi di questo sport  miliardario , ma ancora capace d’emozionarti con piccole grandi storie di campioni degne del sogno americano.

52)Casablanca beats

“Casablanca Beats” è un film di Nabil Ayouch. Con Ismail Adouab, Nouhaila Arif, Samah Baricou, Abdelilah Basbousi, Anas Basbousi. Drammatico, 101′. Marocco, Francia 2021

Sinossi:

In un quartiere popolare di Casablanca arriva Anas, un ex rapper che ha ottenuto un incarico di insegnamento in una scuola ad indirizzo artistico che ha al vertice una direttrice piuttosto rigida. Anas non ha una casa e dorme in macchina ma in classe si presenta come un docente che non rinuncia a pretendere risultati dagli allievi, pronto anche a trattarli con durezza verbale quando gli presentano esibizioni di hip hop velleitarie.

Recensione:

Si può fare musica “alternativa” (che sia rap, hip hop o simili) in Tunisia? I rapper e i giovani che si cimentano possono parlare di tutto oppure ci sono ancora argomenti considerati tabù (come ad esempio la religione)?

“Casablanca beats” del regista Nabil Ayouch, presentato in concorso a Cannes 2021, getta luce sull’argomento, con una storia che è una via di mezzo tra “Saranno famosi” e “L’attimo fuggente”. continua su

51) Black Phone

Il biglietto d’acquistare per “Black Phone” è : Ridotto

“Black Phone” è un film del 2022 diretto da Scott Derrickson, scritto da Scott Derrickson e C. Robert Cargill , con : Ethan HawkeMason ThamesJeremy DaviesJames RansoneMadeleine McGraw (Gwen Shaw), E. Roger MitchellRon Blake.

Sinossi:

Black Phone, il film diretto da Scott Derrickson, vede protagonista il giovane Finney Shaw (Mason Thames), un timido ma intelligente ragazzo di 13 anni, che viene rapito da un sadico assassino (Ethan Hawke) che lo rinchiude in un seminterrato insonorizzato, dove le urla servono a poco.
Quando un telefono disconnesso inizia a squillare sul muro, Finney scopre di poter sentire le voci delle precedenti vittime dell’assassino. E sono decisi a fare in modo che ciò che è successo a loro non accada a Finney.

Recensione:

 Ricordate il  celebre slogan “una telefonata allunga la vita” della pubblicità Telecom avente cme protagonista Massimo Lopez ?

Tutti concordiamo nel sostenere come  la scuola sia un momento cruciale per la crescita e socialità di ogni ragazzo.

 Ma può   anche trasformarsi in un vero “inferno” se sei vittima di scherzi e violenze da parte dei tuoi coetanei.

Il bullismo oggi viene giustamente condannato .

E’ un fenomeno sociale, culturale conosciuto, analizzato, studiato.

Se oggi  il bullismo è  al centro dell’attenzione, prima era  tristemente accettato tra gli studenti, quasi fosse uno scotto inevitabile da pagare

Infine i nostri genitori ci hanno insegnato, ammonito severamente di non dare confidenza agli estranei e d’evitare di tornare a casa da solo al tramonto.

Unite insieme lo slogan , il bullismo e gli avvertimenti genitoriali ed avrete davanti la sceneggiatura di Black Phone  con un’ ambientazione anni 70 in America con l’intelligente dose di sovrannaturale.

“Black Phone” spinge molto sulla tematica del bullismo nei licei americani dell’epoca, facendo emergere come la violenza giovanile  e la legge del più forte  siano  stati i principali segni distintivi di quell’epoca anche a livello scolastico.

Gli sceneggiatori Scott Derrickson e C. Robert Cargill  partendo  da questo contesto sociale e culturale , hanno ampliato  il concetto di brutalità e follia umana scrivendo la storia di un rapitore di ragazzi  chiamato il Rapace che da mesi sta terrorizzando  l’intera comunità.

5 ragazzi   sono scomparsi nel nulla e con  la polizia   incapace di trovare uno straccio di prove o d’ individuare sospettato.

Scott Derrickon ci fa tornare indietro nel tempo fino agli anni 70, facendoci rivivere gli anni del liceo  dalla prospettiva di un loser o se  preferite di un bullizzato.

Finney è un ragazzo gentile, timido , affettuoso con la sorella più piccola.

E’ la “preda”  perfetta agli occhi dei coetanei e soprattutto del Rapace.

Una “preda”  che invece si rivelerà più forte e scaltro del previsto, vincendo la sfida più difficile: uscire vivo dallo scantinato segreto del Rapace.

Finney potrà contare sull’aiuto del “Black Phone” formalmente inattivo nello scantinato, ma animato dalle voci delle vittime desiderose di vendetta.

L’aiuto delle anime sospese o brutalmente uccise non è una novità nel genere horror sovrannaturale, ma in questo  gli autori sono stati  creativamente efficaci nell’inserirlo  come elemento decisivo non soltanto per la liberazione del protagonista, ma anche come passaggio spartiacque  all’età adulta

“Black Phone” è infatti un horror che possiamo anche leggere come una sorta di “coming age” cruento, spietato in cui vittime, bulli e bullizzati si uniscono per sconfiggere  il cattivo più grande.

Ethan Hawke  conferma  il proprio talento, personalità e versatilità  indossando i panni del Rapace in modo assolutamente credibile.

 L’attore americano  si sta specializzando  di recente  e con successo   in ruoli estremi al cinema con The Northman di Robert Eggers o   nelle vesti di villain sanguinario per la serie Marvel (The Moon Knight ) su Disney Plus

Il Rapace  incute timore alternando  momenti di follia ad altri in cui appare impacciato e perso.

Hawke svolge  il ruolo di spalla al vero protagonista del film, il giovane e bravo Mason Thames, formando una coppia antitetica nei ruoli e caratteri, ma perfettamente complementari sul piano psicologico .

Gli autori hanno  cercato  di battere anche la strada della preveggenza affidando  questo  controverso passaggio al personaggio di Gwen interpretato dalla tosta e disinvolta Madeleine McGraw .

Ma proprio questo parte della scrittura risulta più debole, dispersiva, poco chiara rispetto
In questa cornice narrativa  la figura di Gwen è fuori coro, muovendosi su un altro binario legato alla figura materna ed al tragico passato della sua famiglia 

Un personaggio, a nostro avviso, che avrebbe meritato maggiore cura ed approfondimento in questo script e che magari troverà   in eventuali sequel.

“Una telefonata allunga la vita”, ma dopo aver visto “Black Phone” potremo aggiungere  e fai giustizia per tutti.

50) Elvis

“Elvis” è un un film di Baz Luhrmann. Con Tom Hanks, Austin Butler, Luke Bracey, Dacre Montgomery, Richard Roxburgh. Biopic. USA 2022

Sinossi

Nascita, crescita, apoteosi e inizio di declino di Elvis Aaron Presley, il mito di più generazioni, vengono raccontati e riletti dal punto di vista del suo manager di tutta una vita: il Colonnello Tom Parker. È lui che accompagna, con voce narrante e presenza in scena, la dirompente ascesa di un’icona assoluta della musica e del costume mentre si impegna, apertamente ma anche in segretezza, per condizionarne la vita con il fine di salvaguardare la propria.

Recensione:

Negli ultimi anni Hollywood si è buttato a capo fitto sui biopic delle leggende musicali – “Bohemian Rhapsody” di Bryan Singer e Dexter Fletcher del 2018 e “Rocketman“, sempre di Fletcher, del 2019 due recenti esempi riusciti del filone

Ma se raccontare la vita di un mito è complicato, figurarsi quella del Re! Baz Luhrmann ha deciso di cimentarsi nella sfida, portando sul grande schermo la parabola di Elvis Presly, dalla nascita all’apoteosi fino all’inizio del declino. Era una sfida complessa ed eccitante, e c’era grande attesa a Cannes.  continua su

22) Un Volo per Sara (Maurizio De Giovanni)

“Un Volo per Sara” è un romanzo scritto da Maurizio De Giovanni e pubblicato da Rizzoli il 24 Maggio 2022.

Sinossi:

Un piccolo aeroplano turistico diretto in Sardegna si schianta nel mar Tirreno con a bordo diverse persone. Tra loro, un noto imprenditore che ha rilasciato la sua ultima intervista poco prima del decollo, con il vociare degli altri passeggeri sullo sfondo, tutti tranquilli e sorridenti, ignari dell’imminente tragedia. Quando l’agente dei Servizi in pensione Andrea Catapano sente le voci delle vittime – lui che non vede ma sa ascoltare meglio di chiunque altro – un ricordo nitido riaffiora. Così decide di chiamare l’ex collega Teresa Pandolfi, ora a capo dell’Unità investigativa. Il disastro potrebbe celare un mistero che risale agli anni di Tangentopoli. E se la caduta del velivolo non fosse stata un incidente, ma il nesso tra una vicenda degli anni Novanta e il nostro presente? L’unica che può scoprire la verità è la donna invisibile, Sara Morozzi. Affiancata dall’ispettore Davide Pardo e da Viola, Mora si trova a investigare su personalità pubbliche intoccabili, scavando dentro gli ingranaggi del potere d’Italia a suo rischio e pericolo, senza paracadute.

Recensione:

Si può definire un romanzo “anonimo”?

È corretto definire l’opera di un bravo e stimato autore come una “furbata commerciale”?

Ai tempi della scuola la mia insegnate di lettere assegnandomi l’ennesima insufficienza al tema d’italiano scriveva nelle note “ le idee ci sono anche, ma forma e costruzione sono carenti”.

Non me ne  voglia il caro Maurizio De Giovanni, ma sono costretto ad applicare questo giudizio scolastico alla nuova indagine di Sara.

“Un volo per Sara” appare come una bozza di sceneggiatura televisiva più che un testo letterario.

Come è stato per il personaggio di “Mina Settembre”, anche per Sara, la pubblicazione appare  preparatoria al “salto” televisivo.

L’intreccio  svela poco o nulla rispetto ai precedenti della saga.

De Giovanni stavolta ha utilizzato “il pilota automatico “ nello scrivere questa storia facendo muovere la protagonista e gli altri personaggi su binari già consolidati.

“ Un volo per Sara” è un romanzo lineare quanto prevedibile negli sviluppi se ci eccettua il finale aperto e misterioso.

Una storia di passaggio o se volete preparatoria ad una svolta esistenziale e chissà sentimentale dell’invisibile “Mora”.

La costruzione fondata sull’alternanza tra  presente e passato stavolta risulta poco efficace e meno attrattiva.

Il lettore è meno coinvolto  sotto ogni aspetto.

“Un Volo per Sara” è complessivamente una “battuta d’arresto” agli occhi dei fan della prima ora, invece al neofita lascia la sensazione di uno scritto incompiuto.

Maurizio De Giovanni è “rinviato “ alla sessione di settembre , augurandoci che il volo creativo riprenda quota.

28) The time traveler’s wife – La Serie – 1 Stagione

“The time traveler’s wife” è Una serie di David Nutter. Con Theo James, Rose Leslie, Desmin Borges, Natasha Lopez, Micheal Park. Drammatico, sentimentale. USA, Regno Unito. 2022-in produzione

Sbagliare è umano, perseverare è diabolico, recita il detto. Detto puntualmente ignorato da sceneggiatori e produttori, quando si mettono in testa di adattare per il piccolo o grande schermo un romanzo di successo, nonostante sia stato ampiamente dimostrato che è difficilissimo, produrre qualcosa di accettabile.

Gli esempi di trasposizioni deludenti si sprecano, tanto che persino l’imperturbabile e professionalissima direttora Turillazzi ha confessato di essere sempre piuttosto restia, a vedere un film o una serie tratti da un romanzo, specie se il romanzo in questione è stato molto apprezzato.

Potete immaginare il mio stato d’animo prima di lanciarmi nella visione di “The time traveler’s wife”, la serie HBO disponibile su Sky Serie e NOW a partire dal 13 giugno. continua su