71 ) Mancarsi – La Donna Di Scorta (Diego De Silva)

“Mancarsi” è un romanzo scritto da Diego De Silva e pubblicato nel gennaio 2013 da Einaudi

Sinossi:
Diego De Silva fa un passo a lato, si allontana dalle irresistibili vicende di Vincenzo Malinconico e ci regala una semplice storia d’amore. Semplice per modo di dire, perché la scommessa è tutta qui: nel nascondere la profondità in superficie, nel tratteggiare desideri e dolori, speranze e rovine, con poche parole essenziali, dritte e soprattutto vere. Perché, come diceva Fanny Ardant ne La signora della porta accanto, solo i racconti scarni e le canzoni dicono la verità sull’amore: quanto fa male, quanto fa bene. Solo lì si cela l’assoluto. Cosi De Silva prende i suoi due personaggi e li osserva con pazienza, li pedina, chiedendoci di seguirlo – e di seguirli – senza fare domande. Irene vuole essere felice, e quando il suo matrimonio inizia a zoppicare se ne va. Nicola è solo, confusamente addolorato dalla morte di una donna che aveva smesso di amare da tempo. Anche lui, come Irene, è mosso da un’assoluta urgenza di felicità. Anche lui vuole un amore e sa esattamente come vuole che sia fatto. Sarebbero destinati a una grande storia, se solo s’incontrassero una volta nel bistrot che frequentano entrambi. Ma il caso vuole che ogni volta che Nicola arriva, Irene sia appena andata via. Se le vite di Nicola e Irene non s’incontrano fino alla fine, le loro teste invece s’incontrano nelle pagine di questo libro: i pensieri, le derive, il sentire si richiamano di continuo, sono ponti gettati verso il nulla o verso l’altro. Forse, verso l’attimo imprevisto in cui la felicità finalmente abbocca.

“La Donna di Scorta” è un romanzo scritto da Diego De Silva e pubblicato nel aprile 2014 da Einaudi.

Sinossi:
Un uomo sposato e una giovane single s’incrociano su un marciapiede in una mattina di pioggia. Subito s’innamorano. Ma i ruoli di quella che potrebbe sembrare una normale relazione fra amanti, s’invertono fin dall’inizio. Livio, antiquario radicato in una solida vita matrimoniale, si trova invischiato in un rapporto privo di gerarchie che la sua normalità non può reggere: Dorina non vuole prendere il posto di sua moglie. Non chiede niente di più di quello che Livio è disposto a darle, sconvolgendo in questo modo l’assetto ordinato della vita di lui. Il romanzo mette a nudo un sentimento vero e autosufficiente che non ricatta, non pretende, non ha bisogno di sacrifici, riconoscimenti, ma nel puro desiderio dell’altro trova la sua ragion d’essere.

Recensione Unica:
Ero curioso di leggere questi due romanzi di Diego De Silva, avendo percepito dalla lettura delle due  sole sinossi che in qualche modo fossero legati da un filo rosso narrativo.
Una sensazione confermata dopo averli letti entrambi.
Anche se scritti in momenti diversi De Silva ha realizzato una sorta di manifesto sull’infedeltà coniugale o se preferite una chiave di lettura “tollerabile per accettare il triangolo amoroso e/o vedere la perdita di un coniuge mal sopportato come il primo segno per rinnamorarsi una seconda volta.
“Mancarsi” e “La Donna di Scorta” vanno assolutamente letti uno dietro l’altro per cogliere il senso più profondo del messaggio amoroso messo in campo da Silva.
L’amore non può essere considerata una proprietà privata né una persona può reclamarne l’esclusività.
L’innamoramento secondo De Silva sfugge a qualsiasi regola, codice, imposizione travolgendo tutto e tutti.
Un uomo può amare contemporaneamente la propria moglie e la giovane amante, non trovando il coraggio né la forza di scegliere.
Un’indecisione deprecabile in linea generale, ma nella storia tra Livio e Dorina, vede quest’ultima stranamente non interessata a reclamare maggiore spazio, visibilità e tempo rispetto alla famiglia di Livio.
Livio ama Dorina, ma allo stesso tempo è irritato dalla natura pacifica e tranquilla dell’amante.
Livio vorrebbe vedere, sentire una Dorina nelle vesti dell’amante appassionata, arrabbiata, esigente.
Ma Dorina non gli concederà mai questo sazio.
La loro storia travolgente, intensa finirà con la modalità straordinariamente normale voluta da Dorina.
Invece Nicola è rimasto improvvisamente vedovo. Costretto a piangere una moglie che purtroppo non amava più.
Un lutto che se da una parte si è rivelato paradossalmente liberatorio, dall’altra ha obbligato il protagonista a guardarsi dentro e comprendere se sia ancora capace d’amare.
Irene invece ha detto basta ad un matrimonio che la rendeva ogni giorno più triste e vuota emotivamente.
Nicola e Irene sono soli per motivi diversi, ma entrambi cercano, vogliono una seconda chance d’amare ed essere amati.
Il Destino in versione romantica gli darà una mano, facendoli causalmente incontrare in un luogo caro ad entrambi.
“Mancarsi” rievoca nella struttura narrativa e soprattutto nel continuo sfiorarsi dei due protagonisti, il celebre quanto romantico film americano “Insonnia d’amore” di Nora Ephron con protagonisti i bravissimi Tom Hanks e Meg Ryan.
“Mancarsi” ci spinge a credere, sperare che la fine di un amore, di un matrimonio non debba per forza significare la fine di tutto, anzi.
Diego De Silva regala vivide e sincere emozioni al lettore tramite questi due scritti , facendoci riflettere sulla nostra intima e personale idea sull’amore di coppia.

2)Il Forte dell’arte: Resoconto e foto della festa per la mostra “Uniti nell’arte colorando la vita”

È stata inaugurata presso “Il Forte dell’arte” la mostra “Uniti nell’arte colorando la vita” con le opere di Francesco Forte e del maestro Fabio Cardinali. L’evento si è svolto nel quartiere Montemario, dove ha sede l’atelier, e ha visto protagonisti lo scorso 23 giugno a partire dalle 17 tanti ospiti: politici, giornalisti e personaggi dello spettacolo non sono voluti mancare.

“È uno dei primi eventi di questo tipo organizzati dopo il lockdown, volevamo essere un simbolo di ripartenza”, ha spiegato Francesco Forte. Il maestro del riciclo creativo che da nuova vita a vecchi mobili con la texture si è anche divertito a realizzare del body painting sulle due installazioni viventi posizionate all’esterno dell’atelier: la modella ed indossatrice Anjali Chhbara ed il performer Marco Serra che ha indossato delle ali d’angelo anche queste realizzare dal maestro Forte.

Tra tanti brindisi e risate è stato un momento di gioia in cui gli ospiti e gli artisti hanno potuto confrontarsi, con quella parvenza di normalità che tanto c’è mancata negli scorsi mesi. All’interno dell’atelier c’è l’installazione del maestro Fabio Cardinali, che spiega: “Io sono un artista di stampo classico, prevalentemente realizzo ritratti. Per avvicinarmi allo stile di Francesco ho deciso di unire il componente della scultura classica di Michelangelo con dei piani geometrici ricchi di colore e dinamicità”. Nel corso dell’evento è stato svelato “L’energia del David”, un’opera realizzata a quattro mani dai due maestri che rappresenta il David di Michelangelo colorato con la tecnica texture in un’esplosione di colori. La mostra proseguirà fino al 5 luglio.

Hanno partecipato all’evento il consigliere di circoscrizione Alessandro Volpi, il politico Pino Acquafredda, il produttore Nicola Vizzini, i registi Alfonso Stagno, Antonio Centomani e Riccardo Pinto,le soprano Sara Pastore e Alma Manera, l’attrice Carlotta Sfolgori, l’autore Ennio Salomone, gli autori e giornalisti Tommaso Martinelli e Luigi Milliucci, i giornalisti web Sacha Lunatici, Roberto Leofrigio, Roberto Sapienza. Le foto sono state realizzate da Giuseppe Leanza di Scatto e da Gianluigi Barbieri.

Foto di Giuseppe Leanza / Scatto.org

70) A proposito di Niente (Woody Allen)

“A proposito di Niente” è l’autobiografia di Woody Allen pubblicata nel Maggio 2020 dalla La Nave di Teseo

Sinossi:
Nato a Brooklyn nel 1935, Woody Allen ha iniziato la sua carriera nello spettacolo a sedici anni, scrivendo battute per un giornale di Broadway, e ha continuato a scrivere per la radio, la televisione, il teatro, il cinema e il New Yorker. Ha lasciato la stanza dello scrittore decenni fa per diventare comico nei locali notturni e, da allora, un regista conosciuto in tutto il mondo. Durante sessant’anni di cinema, ha scritto e diretto cinquanta film, recitando in molti di essi. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, diverse statue sono state erette in suo onore (qualcosa di cui non riuscirà mai a capacitarsi) e i suoi film sono stati studiati nelle scuole e nelle università di tutto il mondo. In A proposito di niente, Allen racconta dei suoi primi matrimoni, con una fiamma della giovinezza e poi con l’amata e divertente Louise Lasser, che evidentemente adora ancora. Racconta anche della sua storia e dell’amicizia eterna con Diane Keaton. Descrive la sua relazione personale e professionale con Mia Farrow, che ha dato vita a film divenuti classici fino alla loro burrascosa rottura, per la quale l’industria dei tabloid ancora li ringrazia. Afferma di essere stato il più sorpreso di tutti quando a 56 anni è iniziata una relazione romantica con la ventunenne Soon-Yi Previn, diventata una storia d’amore appassionata e un matrimonio felice che dura da oltre ventidue anni. Ironico, pienamente sincero, pieno di guizzi creativi e non poca confusione, un’icona della cultura mondiale racconta, non richiesto, la propria storia. Woody Allen è uno scrittore, regista e attore. È stato stand-up comedian e autore di diversi libri. Vive nell’Upper East Side di Manhattan con Soon-Yi, sua moglie da ventidue anni, e le loro due figlie, Manzie e Bechet. È un grande appassionato di jazz e un tifoso di sport. Si rammarica di non aver mai fatto un grande film, ma ci sta ancora provando.

Recensione:
Attendevo di leggere con grande curiosità l’autobiografia di Woody Allen dopo che il “circo mediatico” per mesi si era scatenato, a mio parere, in sterili quanto inutili polemiche e contrapposizioni sull’opportunità che le memorie del regista newyorkese fossero date o meno alle stampe.
La decisione di Elisabetta Sgarbi di pubblicarlo per l’Italia è stato un ottimo colpo commerciale oltre che una condivisibile scelta liberale.
“A proposito di niente” è un’autobiografia atipica, diversa dalle numerose che ho avuto modo di leggere in questi anni.
E non poteva essere altrimenti trattandosi di Woody Allen, nell’ inedita veste di cantastorie di sé stesso e della propria straordinaria quanto discussa vita.
“A proposito di niente” è una lettura beffarda, ironica, autoironica che ricalca pienamente lo stile e soprattutto la personalità dell’autore.
Chi è Woody Allen?
Un grande regista o un terribile maniaco?
Un genio della commedia o un pedofilo?
Da tanti, troppi anni il mondo del cinema, i media e soprattutto i fan si sono aspramente divisi nel giudicare l’uomo Woody Allen, nonostante fino ad oggi nessun tribunale abbia mai emesso una sentenza di colpevolezza.
Nell’attesa del tribunale è giusto punire e mettere all’indice proibito l’artista Allen?
Il mio modesto consiglio è di mettere da parte qualsiasi tipo di pregiudizio e presunta certezza giudiziaria , concedendosi il piacere di leggere un’autobiografia che profuma contemporaneamente di cinema , umanità e financo di bizzarro bilancio
“A proposito di niente” diverte, fa sorridere e soprattutto stimola la fantasia del lettore nell’immaginare i luoghi, i personaggi e soprattutto rievoca i rapporti privati e professionali che hanno scandito la vita di Woody Allen.
“A proposito di niente” è un continuo e costante flusso di ricordi, sensazioni e rievocazioni di sentimenti da parte di Allen e ciò nonostante il lettore non avverte mai la sensazione di pesantezza e/o autocelebrazione del personaggio pubblico.
Woody Allen si apre completamente al lettore utilizzando però un leggero quanto disincantato approccio anche quando affronta passaggi più scabrosi come la devastante diatriba legale con l’ex compagna Mia Farrow.
Woody Allen si definisce un “diversamente ignorante” o se preferite un “acculturato tardivo” stimolato dalla presenza di belle quanto colte figure femminili nella propria esistenza.
Woody Allen ama le donne, ha amato tante donne e ne ha sposate quattro. È un cultore della bellezza femminile.
Alcune di queste donne (ad esempio Diane Keaton) sono transitate dallo status di partner/amante al ruolo di fidate consigliere nonché sincere amiche.
Woody Allen si sbilancia su tutto tranne sul proprio talento e competenza. Non “osa” dare consigli, suggerimenti ai giovani cineasti. Né tantomeno indica sé stesso come modello da seguire.
Si definisce un regista pigro, svogliato e disorganizzato sul set. Non ama ritirare premi. Non rivede mai i suoi film. Né tantomeno sottopone i propri lavori alla visione preventiva di un pubblico selezionato con l’intento di correggere eventuali errori
Per Woody Allen per diventare un regista di successo è necessario fare una cosa: scrivere, scrivere ed ancora scrivere.
Lui lo fa sempre: ogni giorno per otto ore al giorno utilizzando sempre e soltanto la sua cara macchina da scrivere.
La sceneggiatura secondo Allen è la parte più importante di un film. Senza una buona e solida sceneggiatura non può esserci un buon film.
Chi ama il cinema e/o sogna di diventare uno sceneggiatore di successo non potrà mai prescindere dalla visione e studio dei film di Woody Allen.
Altresì chi ama Woody Allen, non potrà esimersi da leggere quest’autobiografia.
Un “A proposito di niente” è un’opportunità letteraria unica quanto divertente di scoprire e conoscere meglio Woody Allen.

69) Fiore di Roccia (Ilaria Tuti)

“Fiore di roccia” è un romanzo scritto da Ilaria Tuti e pubblicato l’otto Giugno 2020 da Longanesi Editore.

Sinossi:
«Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche chi è rimasto nei villaggi, mille metri più in basso. Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe, alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti per risalirle. Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri ragazzi moriranno anche di fame. Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riempiono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore. Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione. Risaliamo per ore, nella neve che arriva fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. Il nemico, con i suoi cecchini – diavoli bianchi, li chiamano – ci tiene sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre ci arrampichiamo con le scarpe ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i «fiori di roccia». Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l’eroismo di un medico che, senza sosta, fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita. Dall’inferno del fronte alpino noi scendiamo con le gerle svuotate e le mani strette alle barelle che ospitano i feriti da curare, o i morti che noi stesse dovremo seppellire. Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta, ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo bianco. E ora so che niente può più essere come prima.» Con “Fiore di roccia” Ilaria Tuti celebra il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo. Questo romanzo le restituisce per ciò che erano e sono: indimenticabili.
Recensione:
Non abbiamo memoria, decoro e rispetto verso chi si è sacrificato, impegnato per il bene e salvezza del nostro Paese.
Molto spesso abbiamo avuto bisogno di un libro, di un film per colmare una lacuna storica o financo per scoprire come una donna sia stata capace di compiere gesti unici quanti silenziosi in nome della Patria.
Patria, Patrioti, difesa dei confini italici sono oggi, purtroppo, parole “vuote” e spesso utilizzate in modo propagandistico dalla politica.
Ilaria Tuti già apprezzata autrice di gialli, con il romanzo “Fiore di roccia” compie, nella mia personale hit parade, un ulteriore e meritato salto in avanti .
Ilaria Tuti firma infatti un romanzo storico davvero intenso, struggente quanto duro e spietato portando alla luce la storia delle “Portatrici”.
“Fiore di roccia” è un’opera meritoria sul piano letterario e moralmente risarcitoria nei confronti di donne, ragazze che volontariamente accettarono di salire i ripidi sentieri di montagna per dare sollievo e concreto aiuto alle truppe impegnate nella lunga e sanguinaria guerra di trincea contro gli austriaci.
“Fiore di roccia” è una storia di vera resilienza, emancipazione e soprattutto di coraggio ed audacia militare di stampo femminile.
Sì perché le portatrici sebbene non siano mai state inquadrate formalmente nell’esercito, svolsero azioni difficili, pericolose e cruente se non di più rispetto alla truppa.
Le “Portatrici” diedero un notevole contributo alla tenuta della prima linea prima della rovinosa disfatta di Caporetto, conquistando il prestigio e rispetto sia della truppa che degli ufficiali.
Ilaria Tuti con talento e sensibilità è riuscita ad unire e mescolare fatti storici e finzione all’interno di una storia ricca di colpi di scena e carica di pathos e pietas.
La guerra di trincea raccontata e vissuta attraverso gli occhi, sensazioni e sentimenti della giovane e coraggiosa protagonista Agata.
“Fiore di roccia” è una lettura potente, coinvolgente, totalizzante potendo contare su efficace e convincente struttura narrativa e su uno stile di racconto attento, curato e puntuale
“Fiore di roccia” colpisce e scuote il lettore spingendolo a divorare le pagine del romanzo, dopo essere entrato in piena e totale condivisione umana ed emotiva con Agata e gli altri personaggi della storia.
Ilaria Tuti scrive si un romanzo storico ma che ci piace altresì vedere come uno splendido e sentito manifesto di libertà e forza da diffondere e far conoscere alle ragazze d’oggi, decisive più che mai nella ricostruzione del nostro Paese.

68) Il Delitto Mattarella

“Il Delitto Mattarella” è un film di Aurelio Grimaldi. Con Antonio Alveario, Claudio Castrogiovanni, Nicasio Catanese, David Coco, Vincenzo Crivello. Drammatico, 97′. Italia 2020

Sinossi:

Il giorno dell’Epifania del 1980 il Presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella viene ucciso da un killer. Ad occuparsi delle prime indagini sarà il sostituto procuratore Pietro Grasso a cui farà seguito il giudice Giovanni Falcone. Le complicità saranno molteplici e gli esecutori materiali non saranno mai arrestati.

Recensione:

Un ragazzo di oggi potrebbe conoscere i nomi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, la loro storia, la loro tragica fine. Se ne è parlato e ne se parla, quindi il loro ricordo non è svanito. Eppure sono tanti, troppi, gli uomini e le donne caduti sotto i colpi mortali di “Cosa nostra” di cui sappiamo poco o niente.

Uno di questi è Piersanti Mattarella, esponente di spicco della DC siciliana e Presidente della Regione, ucciso a inizio 1980. Perché Mattarella fu brutalmente assassinato? Chi furono gli esecutori materiali? E quanto furono coinvolti, i vertici della DC siciliana e grandi personalità politiche del periodo? Sono passati quarant’anni dal quel tragico 6 gennaio e molte domande restano ancora senza risposta.

Il regista Aurelio Grimaldi, partendo dallo scrupoloso e appassionato studio delle sentenze definitive e dei documenti ufficiali del processo e delle indagini, ha voluto raccontare gli ultimi mesi di vita del Presidente, formulando alcune ipotesi sui mandanti e gli esecutori dell’omicidio .

“Il delitto Mattarella”, che arriverà nelle sale il 2 luglio, è indubbiamente un film politico, o se preferite un personale quanto esplicito J’accuse nei confronti dei vertici della DC siciliana dell’epoca e della controversa figura di Giulio Andreotti.

Grimaldi traccia un quadro oscuro e devastante di una classe politica corrotta e sottomessa ai voleri di Cosa nostra. Piersanti Mattarella era diventato un personaggio scomodo non soltanto per i vertici delle cosche mafiose ma anche per alcuni settori deviati dello Stato, tanto che, secondo il regista, ci fu complicità su molteplici livelli per eliminarlo. continua su

“Il delitto Mattarella”: un film “vecchia maniera”, tra omaggio e memoria

67) Ali D’Argento (Camilla Lackberg)

“Ali d’Argento” è un romanzo scritto da Camilla Lackberg e pubblicato il 4 giugno 2020 da Marsilio Editore.

Sinossi:
Grazie a un piano raffinato e crudele, Faye si è lasciata alle spalle il tradimento e le umiliazioni inflitte dall’ormai ex marito Jack e sembra aver ripreso in mano le redini della propria esistenza: è una donna autonoma, si è rifatta una vita all’estero, Jack è in prigione e la società da lei fondata, la Revenge, va a gonfie vele. Ma nuove sfide potrebbero incrinare la sua serenità così faticosamente conquistata. Sull’azienda e sul lancio del marchio Revenge negli Stati Uniti pesa una grave minaccia, tanto che Faye è costretta a rientrare a Stoccolma. Non può e non vuole rischiare di perdere tutto quello per cui ha tanto lottato. Questa volta, però, la determinazione non basta, e per risorgere dalle ceneri e riprendere il controllo della situazione ci vuole un piano ancora più diabolico. Così, con l’aiuto di un gruppo sceltissimo di donne, Faye torna a combattere per difendere ciò che è suo, e per proteggere se stessa e i propri cari.

Recensione:
“…La Gabbia dorata si fa leggere con facilità per merito di uno stile semplice, diretto, scorrevole, ma lontano dall’abituale qualità della Lackberg.
“La Gabbia dorata” sembra più un romanzo scritto per esigenze commerciali piuttosto che da un’urgenza creativa dell’autrice…”
È evidente che la signora Lackberg non abbia letto un anno fa la mia recensione su “La Gabbia Dorata”.
“errare humanum est, perseverare autem diabolicum “, cara Camilla, mi verrebbe da dirle.
Speravo di cuore che di non dover leggere altre storie su Faye, illudendomi che “La Gabbia Dorata” potesse essere annoverato come l’infelice quanto unico esperimento letterario.
Sfortunatamente “la vile pecunia” ha prevalso spingendo l’autrice svedese a scrivere un disastroso sequel.
Sono un sincero fan di Camila Lackberg. Ho letto tutti i suoi romanzi e sono davvero addolorato nel dover scrivere queste dure parole.
Ma “Ali d’argento” è un brutto quanto inutile romanzo.
“Ali d’Argento” è un sequel letterario di cui non si sentivamo alcun bisogno, sottoponendo lo sventurato lettore a leggere una storia insulsa, noiosa, ripetitiva e gratuitamente volgare in alcuni passaggi.
Colpisce negativamente come Camilla Lackberg abbia voluto “insistere” su questo filone di racconto, rischiando seriamente di compromettere la propria credibilità autoriale.
“Ali d’argento” non ha un vero intreccio narrativo, basandosi piuttosto su un’accozzaglia di situazioni e cliché sulla figura femminile e sul maschismo da far scattare le proteste femministe nelle piazze se a scriverle fosse stato un uomo.
“Ali D’argento” non emoziona, non ha una valenza sociale, non invita all’indipendenza femminile, né tanto meno libera la fantasia sessuale del lettore come fu nel caso della fortunata trilogia di E- L. James.
“Ali D’argento” sono 357 pagine di puro trash in cui personaggi appaiono sempre più grotteschi, inverosimili e desolanti da qualsiasi punto di vista.
“Ali D’argento”, a nostro modesto parere, è il punto più basso della carriera di Camilla Lackberg.
Il lettore rimane sgomento nel leggere una storia così illeggibile, irritante e fuori contesto storico.
Un finale aperto quanto sconclusionato fa addirittura pensare ad un possibile terzo romanzo della saga di Faye.
Alla sola idea non possiamo fare altro che sospirare e scrivere: Salvate Camilla Lackberg dalla sindrome di Tafazzi.

1) Il Forte dell’arte, mostra “Uniti nell’arte colorando la vita tra classico e texture” -Ospite d’Onore : Fabio Cardinali

Francesco Forte – Il Forte nell’Arte presenta “Uniti nell’arte colorando la vita”, mostra tra classico e texture

Vernissage d’inaugurazione il 23 giugno dalle ore 18:00 con un brindisi per i partecipanti

Francesco Forte – Il Forte dell’arte ospita il maestro Fabio Cardinali con la sua installazione “Geometria e Classico” in cui geometria e colore si uniscono col classico. La mostra sarà visitabile presso l’atelier dal 23 giugno al 5 luglio, con in apertura un momento conviviale in cui i due artisti spiegheranno le loro opere e incontreranno gli ospiti. All’interno della mostra saranno esposte le opere di Francesco Forte di arte moderna e contemporanea texture, pop art, deco a rilievo in 3D.

Il Forte dell’Arte per la prima volta apre le sue porte ad un artista e ha invitato il maestro Fabio Cardinali pensando di unire l’arte per una rinascita di colori, bellezza, il tutto in un unico eventi: nell’occasione i due maestri esporranno un’opera a 4 mani realizzata per il vernissage in cui il classico si fonderà con la texture, l’opera resterà poi esposta in atelier. Non mancherà anche la moda, con l’esposizione degli abiti della stylist Anjali Chhbara, mentre il performer Marco Serra sarà protagonista di una coreografia.

All’evento parteciperanno giornalisti e personaggi del mondo dello spettacolo, sempre distanziati rispettando le attuali norme di distanziamento sociale. Questo non ci impedirà di brindare tutti insieme alla rinascita dell’arte e della nostra società dopo il terribile periodo di buio che abbiamo passato con il lockdown.

Biografia Francesco Forte

Il maestro Francesco Forte ha realizzato i premi per il Callas Tribute prize New York del 25 novembre 2019, in occasione del centenario della nascita di Maria Callas, in cui con i suoi award sono stati consegnati a star del calibro di Sienna Miller, Paul Haggis, Lina Wertmuller e tante star internazionali dal cinema alla musica. Il maestro ha anche partecipato al Festival di Sanremo preparando i premi per il “Sanremo Video Clip Award del 2020”. Ha esposto alla Roma Art Week 2019. Il 21 settembre 2019 ha allestito presso il suo atelier una mostra street art “Gli artisti di Montemario” a cui ha preso parte anche la sindaca Virginia Raggi apprezzando tra le varie opere anche “Il mondo da salvare” del maestro Forte.

Alcune opere del maestro Francesco Forte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Biografia di Fabio Cardinali

 

Nato a Roma il 17.03.60 e si è diplomato con Lode al Liceo Artistico di Via Creacenzio. Partecipa a numerosi concorsi di pittura e rassegne nel Lazio come quella “Gli artisti del XXI”. Il maestro Fabio Cardinali è di diversi concorsi nazionali ed internazionali, come “Una rosa per Santa Rosa” ed premiato con conferimenti accademici come il Premio UNIAC consegnatogli dal maestro Manuel Campus presso la Camera dei Deputati. Ha ricevuto la medaglia d’argento al valor Vaticano per il suo ritratto di Papa Giovanni Paolo II. Fabio Cardinali oltre ad essere un ritrattista esegue anche paesaggi e composizioni in cui il classico incontra la geometria, come quelli che ha propone esposti nella sua installazione a Il Forte dell’Arte.

 

Le opere del maestro Fabio Cardinali esposte alla mostra

66) Si muore solo da vivi

Il biglietto da acquistare per “Si muore solo da vivi”:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

” Si muore solo da vivi” è un film di Alberto Rizzi. Con Alessandro Roja, Alessandra Mastronardi, Neri Marcorè, Francesco Pannofino, Ugo Pagliai. Commedia. Italia 2020

Sinossi:

Dopo il terremoto che gli ha portato via il fratello e la cognata, Orlando ha smarrito ogni direzione. Rintanato in una baracca su Po, lui che era stato il frontman della band Cuore aperto non suona più, e non riesce a tenersi un lavoro. I suoi genitori non sanno come scuoterlo dall’impasse, anche perché Orlando ha la responsabilità di Angelica, la nipotina undicenne rimasta orfana. Ma lui continua a vivere di ricordi, su tutti quello di Chiara, la donna della sua vita ora in procinto di sposarsi con un altro. A dare una scossa, questa volta positiva, alla sua vita sarà Giusi Granaglia, la ex manager musicale che lo spingerà a rimettere insieme i Cuore aperto.

Recensione:

Si può avere una seconda chance, quando si tratta dell’amore della propria vita, oppure questo succede solo al cinema e nei sogni? Una band di over40 può tornare a suonare senza apparire ridicoli? E a un evento tragico come un terremoto, con i lutti che porta con sé, si può sopravvivere?

L’esordiente Alberto Rizzi, insieme allo sceneggiatore Marco Pettenello, ha cercato di rispondere a queste domande con “Si muore solo da vivi”, una storia genuina e apprezzabile quanto piuttosto semplicistica e prevedibile nello sviluppo.

L’impianto drammaturgico del film, nel complesso, è debole e monocorde, e soprattutto privo di qualsiasi approfondimento psicologico e esistenziale dei personaggi; una favola moderna in cui romanticismo e malinconia sono tenuti forzosamente insieme nella speranza – vana – di trasmettere qualche emozione allo spettatore.

Lo spettatore segue le vicende sentimentali e umane di Orlando, ma fatica a individuare un senso o un messaggio di un fondo in una storia che non decolla mai. continua su

“Si muore solo da vivi”: una commedia genuina ma con dei limiti

65) I valori che contano (avrei preferito non scoprirli ) – (Diego De Silva)

“I valori che contano (avrei preferito non scoprirli) “è un romanzo scritto da Diego De Silva e pubblicato il 3 Giugno da Einaudi.

Sinossi:
Se non vi è mai successo di nascondere in casa una ragazza in mutande appena fuggita da una retata in un bordello al quarto piano del vostro palazzo, non siete il tipo di persona a cui capitano queste cose. Vincenzo Malinconico lo è. Dovrebbe sapere che corre un rischio bello serio, visto che è avvocato, e invece la fa entrare e poi racconta pure un sacco di balle al carabiniere che la inseguiva e va a bussargli alla porta. È così che inizia “I valori che contano (avrei preferito non scoprirli)”, il romanzo in cui Malinconico – avvocato di gemito, più che di grido – oltre a patrocinare la fuggiasca in mutande (che poi scopriremo essere figlia del sindaco, con una serie di complicazioni piuttosto vertiginose), dovrà affrontare la malattia che lo travolgerà all’improvviso, obbligandolo a familiarizzare con medici e terapie e scatenandogli un’iperproduzione di filosofeggiamenti gratuiti – addirittura sensati, direbbe chi va a cena con lui – sul valore della pena di vivere. Un vortice di pensieri da cui uscirà, al solito, semi-guarito, semi-vincente e semi-felice, ricomponendo intorno a sé quell’assetto ordinariamente precario che fa di lui, con tutti i suoi difetti e le sue inettitudini, una persona che sa farsi voler bene, pur essendo (o forse proprio perché è) un uomo così così.

Recensione:
Solamente quando si vede la morte in faccia, molti comprendono la bellezza della vita e la fortuna di poter contare su chi ti ama e protegge davvero.
Il cancro è allo stesso tempo una iattura quanto un’opportunità nel cambiare stile ed atteggiamenti di vita.
Quando sei malato scopri o forse riscopri i veri valori e quali sono le reali priorità.
Questa nuova consapevolezza esistenziale e profonde ed intime considerazioni si palesano a chi si imbatte con il “brutto male”.
Poteva il nostro amato avvocato Malinconico sottrarsi a questo processo di revisione e cambiamento?
Ovviamente no, anche se il caro avvocato, scopertosi malato, più che altro “subirà” i cambiamenti delle persone che gravitano alla sua vita.
Malinconico è uno spettatore “passivo” della sua malattia, facendosi guidare nella ricerca del migliore chirurgo e poi oncologo senza mai opporre resistenza.
“I valori che contano” è il nuovo episodio della saga del celebre avvocato che ci piace vederlo come il momento della maturità professionale e forse della stabilità affettiva per Malinconico.
“I valori che contano” è una storia agrodolce in cui temi scabrosi come il cancro, la chemioterapia ed infine la morte sono affrontati, descritti con un tono leggero, quasi distaccato e vagamente ironico, senza risultare mai irriverente ed offensivo.
Diego De Silva ci regala una storia intesa, commovente, quasi inaspettata per questa saga, mantenendo però uno stile brioso e disincantato che consente al lettore di non sentire il peso o l’angoscia di tali tematiche.
“I valori che contano” è una lettura piacevole, calda, densa di umanità e sincerità ben celati dallo sfottente e disarmante cinismo di Malinconico.
L’uomo Vincenzo, forse per la prima volta ha davvero paura di non farcela, scoprendosi debole e fragile.
Invece è “circondato” dall’affetto e protezione della sua nuova compagna Veronica, dagli amici e dai suoi figli.
Vincenzo Malinconico si scopre così ricco sul piano affettivo. ed inaspettatamente rivalutato anche in campo professionale.
“I valori che contano” è infatti anche la storia della turbolenta quanto bella pacificazione del rapporto tra un padre ed una figlia.
Il primo è il sindaco e la seconda ha deciso di fare nella vita l’escort come professione.
Malinconico, nel pieno del suo dramma personale, si ritroverà invischiato in questa complessa e scabrosa “affair familiare” salvando prima la figlia del sindaco da uno pericoloso scandalo giornalistico e poi favorendo chiarimento e riavvicinamento tra i due.
“I valori che contano” pur essendo forse il romanzo più sentimentale, buonista e strappalacrime firmati da Diego De Silva, dona sorriso e gioia al lettore felice d’aver sostenuto e condiviso con l’amico Malinconico anche questo difficile passaggio.
Sarebbe meglio non doverli scoprire, ma in fondo certi valori è preferibile possederli, lo garantisce Vincenzo Malinconico

64) Da 5 bloods -Come Fratelli

Il biglietto da acquistare per “Da 5 bloods – Come fratelli” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Da 5 Bloods – come fratelli” è un film di Spike Lee. Con Chadwick Boseman, Paul Walter Hauser, Giancarlo Esposito, Jean Reno, Jasper Pääkkönen. Drammatico. USA 2020

Sinossi:

Paul, Eddie, Otis e Melvin sono quattro veterani afroamericani, sopravvissuti alla guerra in Vietnam. Insieme a “Stormin’” Norman, il loro caposquadra caduto in battaglia, formavano i Five Bloods, un gruppo la cui unione andava di là dell’appartenenza allo stesso plotone di fanteria. A unirli erano un legame speciale e un tesoro sepolto, insieme a Norm, nella giungla del Vietnam. Quasi cinquant’anni dopo i quattro amici ritornano laggiù, per chiudere i conti con il passato e con i suoi segreti inconfessabili.

Recensione:

Non bastasse la pandemia, da qualche settimana è una nuova ondata di razzismo a far tremare pericolosamente la potente democrazia americana. Se però la prima è un evento imprevisto, la seconda è un “virus” che torna ciclicamente a mietere vittime e innescare proteste.

Alla luce di questa tesa situazione il nuovo film di Spike Lee, “Da 5 bloods – Come fratelli”, disponibile dal 12 giugno su Netflix, assume inevitabilmente una diversa e maggiore valenza socio-politica agli occhi dello spettatore, anche europeo.

Spike Lee racconta la propria versione della guerra in Vietnam, utilizzando una prospettiva inedita: quella di quattro soldati afroamericani, sopravvissuti all’orrore del conflitto ma mai accettati – o ricompensati – davvero in patria.

“Da 5 bloods” si muove, a livello narrativo e stilistico, su due livelli: il primo di stampo documentaristico, il secondo di pura fiction. Storia e finzione si alternano con l’intento di sottolineare, anche visivamente, le contraddizioni di un Paese, gli Stati Uniti, trascinato in un conflitto lungo e sanguinoso.

La parte documentaristica – a mio avviso quella più bella e potente – fa conoscere ai giovani la coraggiosa quanto scomoda posizione del campione di pugilato Muhammad Ali, mostra le manifestazioni di protesta organizzate nelle strade e nelle università, rievoca la carismatica figura di Martin Luther King. continua su

“Da 5 bloods – Come fratelli”: Spike Lee si confronta con il Vietnam