201) Babylon Sisters

Il biglietto da acquistare per “Babylon sisters” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio (con riserva). Ridotto. Sempre.

“Babylon sisters ” è un film di Gigi Roccati. Con Amber Dutta, Nav Ghotra, Rahul Dutta, Yaesmin Sannino, Nivies Ivankovic, Peppe Voltarelli, Lucia Mascino, Renato Carpentieri. Dramma, 85’. Italia, Croazia, 2017
Liberamente ispirato al romanzo “Amiche per la pelle” di Laila Waida, edizioni e/o

Sinossi :Kamla, figlia di genitori indiani da tempo residenti in Italia, si trasferisce con la famiglia da Milano a Trieste, in un quartiere degradato e un edificio fatiscente abitato da una comunità multietnica: cinesi, croati, turchi, tutti ugualmente sottoposti alle angherie di un proprietario italiano che ha appena annunciato loro lo sfratto esecutivo. Il padre di Kamla, Ashok, fa il cameriere, la madre, Shanty, è una “casalinga disoccupata” con un talento nascosto: quello di saper danzare in stile Bollywood. Nel palazzo vive anche un anziano professore, Leone, che chiama gli inquilini “negri” e abbaia indifferentemente ad ognuno di loro: ma si sa, can che abbaia non morde, e quando Kamla si rivolge a lui per prendere lezioni di italiano, Leone rivela un’anima gentile e un grande amore per la poesia, che intende trasmettere alla ragazzina.

Accoglienza o respingimento? L’immigrazione è oggi la tematica più spinosa e pressante che ogni governo europeo è chiamato ad affrontare, cercando, tra le altre cose, di non suscitare le proteste dei cittadini/elettori con le misure adottate o proposte.

In Italia, se possibile, il tema è ancora più sentito ma l’opinione pubblica non ha a disposizione i mezzi per costruirsi un’opinione fondata, demerito della classe politica e dei media stessi che, per interesse, sono capaci di cavalcare paura e intolleranza e fomentare gli animi.

La discussa legge sullo Ius soli è diventata argomento da bar, dividendo gli italiani. Anche se Matteo Salvini, leader della Lega Nord, potrebbe non essere d’accordo con questa affermazione, quasi tutti siamo stati, almeno una volta, nella storia della nostra famiglia, immigrati.

Ma è giusto essere accusati di razzismo perché si ha paura dell’estraneo, quando anche ci troviamo “costretti” a viverci accanto? In fondo un sentimento di diffidenza, nel mondo di oggi, è comprensibile. Sono gli eccessi che devono essere condannati, e si deve sempre tenere a mente che talvolta l’apparenza inganna.

“Babylon sisters” di Gigi Roccati, al suo esordio nella pellicola di finzione dopo essersi distinto come documentarista, ha il merito di raccontare, con lo stile e la forma di una fiaba moderna, non soltanto le contraddizioni, ma soprattutto le differenze che esistono tra gli italiani nel modo di relazionarsi con lo straniero. continua su

http://paroleacolori.com/babylon-sisters-amicizia-al-femminile-e-integrazione-nel-film-di-gigi-roccati/

Roberto Sapienza presenta “Ninni, mio padre”

200) L’Intrusa

Il biglietto da acquistare per “L’intrusa” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto (con riserva). Sempre.

“L’intrusa” è un film di Leonardo Di Costanzo. Con Raffaella Giordano, Valentina Vannino, Gianni Vastarella, Martina Abbate, Marcello Fonte. Drammatico. Italia, Svizzera, Francia, 2017

È giusto che le colpe dei padri ricadano sui figli? No, ma purtroppo spesso accade.

I pregiudizi possono condizionare pesantemente le nostre valutazioni, le nostre azioni e i rapporti che instauriamo? Si, molto più spesso di quanto dovrebbe.

Aiutare il prossimo non rende persone migliori agli occhi degli altri, anzi, spesso se lo si fa si viene considerati esibizionisti oppure sognatori senza connessione con la realtà, persone da biasimare, insomma.

Da queste semplici e amare considerazioni sono partiti Leonardo Di Costanzo e gli altri due sceneggiatori per la sceneggiatura del film “L’intrusa” presentato al Festival di Cannes nella sezione Quinzaine.

“L’intrusa” è il racconto puntuale, diretto e duro di come la nostra società, oggi, sia incapace da un lato di sostenere chi in modo volontario e con grande passione decide di mettersi al servizio dei più deboli, dall’altro di dare una seconda chance.

Giovanna (Giordano), del cui passato sappiamo ben poco, si adopera con impegno, forza e determinazione in una masseria in un quartiere degradato di Napoli per dare ai bambini un’oasi di svago lontana dalla strada e dalla violenza.

La donna crede profondamente nella sua missione, e non esita ad accogliere nella piccola casetta all’interno della masseria la giovane Maria (Vannino) con i due figli, un neonato e una bimba di sette anni di nome Rita. continua su

http://paroleacolori.com/l-intrusa-di-leonardo-di-costanzo-una-storia-dalla-forte-sensibilita/

Vittorio De Agrò presenta “Amiamoci, nonostante tutto”

199) La Tierra y La Sombra / Un Mondo Fragile

Il biglietto d’acquistare per “La Tierra y la Sombra” è : Ridotto
“La Tierra y la Sombra /Un mondo fragile” è un film del 2015 scritto e diretto da Cesar Augusto Acevedo, con: Haimer Leal, Marleyda Soto, Edison Raigosa, Hilda Ruiz, Jose Felipe Cardenas.

Ha ancora un senso oggi avere un legame affettivo con la propria terra, origini?
Per un figlio è più forte il legame materno o la responsabilità nei confronti della sua nuova famiglia?
Sono domande talmente intime e complesse a cui è arduo dare risposta.
“La Tierra y la Sombra” di Cesar Augusto Acevedo, uscito nelle nostre sale a settembre 2015 con il titolo “Un mondo fragile”, è il primo film colombiano ad aver ottenuto un importante premio (Camera d’or Cannes 2015) a un Festival internazionale del Cinema, ha soltanto il lodevole merito di fornire risposte non banali oltre che spingere lo spettatore a un’intima ed autentica riflessione .
Il sottoscritto avendo perso due anni fa l’appuntamento in sala, ha colto con sincera curiosità l’invito della cara Marcela, fidanzata colombiana di mio fratello, nel recuperare questa pellicola grazie alla bella e poco conosciuta realtà dello “Scoprir” 6 Mostra di Cinema Iberoamericano, sostenuto anche dal lodevole impegno dall’istituto Cervantes di Roma oltre che da ben 13 Paesi di lingua spagnola (Spagna, Colombia, Portogallo, Messico per citarne alcuni)
“La Tierra y la Sombra” è una storia lineare, semplice, e scarna sul piano drammaturgico quanto forte, poetica, profonda ed avvolgente nel raccontare e mostrare la forza e bellezza dei legami familiari da una parte e come dall’altra possano essere causa di dolore ed ostacolo per il progresso e futuro della stessa famiglia.

Alfonso(Leal), anziano campesino che ha lasciato la sua famiglia e la sua terra diciassette anni prima, ritorna a casa.
La scelta di tornare è dovuta al grave stato di salute del figlio a causa di una malattia respiratoria. Tollerato a fatica dalla vecchia consorte Alicia(Ruiz), che non gli perdona il passato, Alfonso partecipa con valore e pudore all’economia domestica famigliare, accudendo figlio e il nipote Manuel(Cardenas) in assenza delle donne, occupate in una piantagione di canna da zucchero. Subentrate nella raccolta a Geraldo(Raigosa), suocera e nuora combattano ogni giorno contro l’asprezza del mestiere e l’illegittimità di un regime lavorativo che pretende produttività in cambio di un salario misero e mai puntuale. Esperanza (Soto) vorrebbe andar via ma Geraldo è bloccato dall’affezione e dall’affetto che porta a quella madre ostinata a restare e resistere nella sua fattoria mentre la campagna intorno brucia sotto il vento del ‘progresso’.
Acevedo ci porta in una Colombia poca conosciuta non solamente sul piano geografico (Valle del Cauca), ma in particolare anche a livello sociale e culturale, e ciò nonostante lo spettatore non può non vedere e sentire tante somiglianze con la nostra contradditoria società, soprattutto nel sofferente Mezzogiorno.
La pellicola ha un ritmo narrativo eccessivamente blando, a tratti statico, penalizzando in parte la visione e l’intensità del pathos.
“La Tierra y la Sombra” è un affresco familiare denso d’emozioni rappresentate più dai gesti e sguardi che dalle parole ma che in modo efficace trasmettano il messaggio dell’agognata pacificazione e ripartenza per un futuro più dignitoso.
L’intero cast si rivela d’ assoluto talento, esperienza e carisma dando ottimo esempio di recitazione corale e di convincente alchimia anche umana oltre artistica.
Il finale agrodolce commuove il pubblico nella conferma che la famiglia è allo stesso tempo croce e delizia.

Roberto Sapienza presenta “Ninni, mio padre”

 

198) Una Famiglia- Madre !

Non è un vero Festival se il vostro inviato non è costretto a scrivere almeno una lettera aperta a direttori artistici, organizzatori o chi di dovere – e probabilmente i mie due o tre lettori affezionati attendono il momento dei reclami con ansia.

Poteva deludermi in questo senso la Mostra del Cinema di Venezia? Ovviamente no, cosi ecco tre pellicole di sicura ispirazione per le mie rimostranze.

Egregi Alberto Barbera e Giorgio Cosetti, anno nuovo, nuovo edizione della Biennale ma stessi, amari errori di valutazione nella selezione dei film per il Concorso generale e le Giornate degli autori.

Ho ascoltato con grande attenzione le due conferenze stampa romane di fine luglio, nelle quali avete presentato con orgoglio e convinzione il vostro programma, difendendo le vostre scelte.

Lei, dottor Barbera, per spiegare la presenza di ben quattro titoli italiani in concorso aveva esaltato l’inaspettato del cinema italiano, splendidamente rappresentato dai titoli scelti. Io e gli altri colleghi presenti, memori della traumatica esperienza “Spira Mirabilis” di un anno fa, abbiamo preso nota incrociando le dita.

Se possibile ancora più spericolato era stato lei, delegato Cosetti, confessando che la selezione per le Giornate degli Autori era stata particolarmente difficile e discussa, ma che alla fine aveva prevalso come criterio di selezione la capacità di stupire, di lasciare il segno.

 

Ebbene, dopo aver assistito alle proiezioni di “Una famiglia” di Sebastiano Riso e “Madre!” di Darren Aronosky in concorso e “M” di Sara Forestier nelle Giornate, ho pensato che inaspettata e stupefacente sia stata soprattutto la mia resistenza.

Dover criticare registi giovani, alla prima esperienza in un Festival internazionale, è assai spiacevole, ma la responsabilità ricade in larga parte sui selezionatori che, sicuramente in buona fede, hanno permesso che si bruciassero con lavori mediocri questa grande possibilità.

Sebastiano Riso e Sara Forestier hanno le carte in regola per diventare in futuro nomi di spicco del panorama cinematografico, ma oggi purtroppo hanno mostrato soltanto quando ancora abbiano da imparare, prima di farcela.

“UNA FAMIGLIA”: GENITORIALITÀ SURROGATA NEL FILM DI RISO

Un film di Sebastiano Riso. Con Micaela Ramazzotti, Patrick Bruel, Pippo Delbono, Fortunato Cerlino, Marco Leonardi. Drammatico, 119′. Italia, Francia, 2017
Data di uscita italiana: 28 settembre 2017
“Una famiglia”, secondo quanto dichiarato da Riso in conferenza stampa, dovrebbe raccontare la storia d’amore morbosa quanto intensa della coppia formata da Vincenzo (Bruel) e Maria (Ramazzotti), al contempo vittime e carnefici.

Lui è un francese da tempo trapianto in Italie, lei una romana verace. Anche se dei rispettivi passati sappiamo ben poco, si capisce subito che sono la famiglia l’uno dell’altra.

Sul piano drammaturgico e poi nella messa in scena, l’intenzione narrativo di Riso e degli altri sceneggiatori viene spazzata via dalla voglia del pubblico di capire quale sia il lavoro dei due. Immaginate lo sconcerto, quando si scopre che sono genitori surrogato, che illegalmente fanno figli per chi non può averne.

Maria però è fisicamente ed emotivamente stanca di questa “professione”, vorrebbe essere madre davvero e tenere tra le braccia un bambino che non le sarà portato via.

“Una famiglia” è la storia di un amore criminale, ispirata a fatti realmente accaduti, che fin dall’inizio risulta forzata, noiosa e fredda, nonostante la tematica delicata e attuale.

Il momento di svolta e di climax arriva solo alla fine, quando l’ultimo neonato risulta essere gravemente malato al cuore, e questo porta la coppia che ha pagato Vincenzo e Maria per realizzare il proprio sogno a porsi un grande dilemma etico ed esistenziale.

Un film che vorrebbe essere autoriale e allo stesso tempo di denuncia civile e sociale, ma che finisce per irritare lo spettatore con una messa in scena, regia e recitazione mai coinvolgente e appassionate.

Si salva dal disastro generale Matilda De Angelis, che nonostante compaia in solo tre scene, con il personaggio di Stella riesce e convincere, unendo bellezza, freschezza e buona presenza.

“MADRE!”: UN’IDEA CERVELLOTICA DELLA CREAZIONE E DELL’AMORE

Un film di Darren Aronofsky. Con Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Michelle Pfeiffer, Ed Harris, Domhnall Gleeson. Drammatico, 120′. USA, 2017
Data di uscita italiana: 28 settembre 2017
Il primo posto sul podio di questo sciagurato triplete va sicuramente a “Madre!” di Darren Aronofsky, che ha avuto l’abilità di far fare una figura pessima a due premi Oscar come Javier Bardem e Jennifer Lawrence con l’aggravante che quest’ultima è anche la sua fidanzata.

Vorremmo definire il film una supercazzola, ma temiamo d’offendere il genio di Mario Monicelli affiancando un gioiellino come “Amici miei” a questo disastro drammaturgico, in cui l’utilizzo dell’allegoria sfocia dapprima in una visione anche divertente, poi grottesca, alla fine snervante e ridicola.

Un impianto narrativo e tecnico in cui è difficile trovare un appiglio di raziocinio e linearità. Aronofsky decide di mettere al centro della scena la sua personale e cervellotica idea della creazione, della vita e delle relazioni umane, sfruttando in modo imbarazzante i talenti a disposizione.

L’unica nota lieta è rappresentata dalla presenza di Michelle Pfeifferr che regala momenti di classe, bellezza e talento oscurando la Lawrence.

L’amore per il regista sarà anche la scintilla da cui tutto ha inizio, ma dopo aver visto “Madre!” il pubblico ha nei suoi confronti istinti tutt’altro che amorevoli.

2 film che spaziano dal deludente all’incomprensibile, la cui carica di novità non sembra così forte, signori miei, da giustificarne la presenza a Venezia 74.

Parere di un umile inviato, ma le reazioni del pubblico in sala sembrano muoversi nella mia stessa direzione. E detto questo… speriamo che questa sia la sola lettera che sono costretto a scrivere per questo Festival.

Cordialmente Vostro

Vittorio

http://paroleacolori.com/lettera-aperta-ai-vertici-della-biennale-una-famiglia-m-madre/

197) L’incredibile vita di Norman

Il biglietto d’acquistare per” L’incredibile vita di Norman” è: di pomeriggio (Con Riserva)

“L’incredibile vita di Norman” è un film del 2016 scritto e diretto da Joseph Cedar, con: Richard Gere, Lior Ashken Azi, Michael Sheen, Steve Buscemi, Charlotte Gainsbourg.

Sinossi: Se chiedi a Norman Opphennaimer quale sia il suo mestiere, la risposta sarà “se le serve qualcosa io gliela trovo!”. Norman (Richard Gere) è dunque un mercante di promesse, un trafficante di favori, un sistematico investitore di aspettative a lungo termine; la sua incredibile vita è una ragnatela di relazioni superflue, volte ad acquistare fama e potere a spese altrui, senza ombra di parassitismo, ma come riscossione di un antico debito non ancora saldato. In poche parole: il navigato affarista di New York fiuta una necessità, poi la soddisfa con l’astuzia e la lungimiranza che lo contraddistinguono. Quando Micha Eshel (Lior Ashkenazi), un giovane politico che alcuni anni prima ha ricevuto la solidale “consulenza” di Norman per l’acquisto di un paio di costose scarpe, viene eletto Primo Ministro, il giorno che l’uomo ha tanto desiderato sembra finalmente arrivato. Ma sarà davvero come lo immaginava?

È possibile allo stesso tempo essere generosi e disponibili con il prossimo e desiderando contemporaneamente di far parte di un elitario ed esclusivo club influente sulla vita di una comunità?
Si può essere un faccendiere truffaldino possedendo un’anima pura?
Nella vita reale la risposta è ,ovviamente, no, a meno che, non crediate davvero all’esistenza dei marziani.
Fatta questa dovuta e cinica premessa e non ponendovi domande razionali su ciò che vedrete sul grande schermo, allora potreste davvero divertirvi e rimanere coinvolti nell’osservare la vita Norman Oppenheimer interpretato da un inedito e a tratti esilarante Richard Gere.
Chi è Norman Oppenheimer? Non sarà semplice per lo spettatore dare una risposta a questo banale quesito, pur seguendo con attenzione e curiosità ogni scena del film fino alla fine
Norman è un faccendiere ebreo stravagante che vive e lavora a New York, continuamente attaccato al cellulare, apparentemente senza fissa dimora, e freneticamente alla ricerca dell’affare della vita e di poter stringere amicizia con i contatti giusti del mondo dell’imprenditoria e della politica
Norman non è però lo squalo finanziario che abbiamo imparato a conoscere con i personaggi resi celebri dalle pellicole cult come “Wall Street “di Oliver Stone o come “The Wolf of Wall Street” di Martin Scorsese o cinico e spregiudicato come i protagonisti dei recenti “La Grande Scommessa” o “Gold”.
No, Norman è un uomo che pensa davvero di far affari applicando l’antico metodo dei latini “do ut es” o del “barattolo”, mantenendo però ogni promessa fatta.
Norman millanta conoscenze, rilancia sulle proprie bugie, eppure è leale quando si propone d’essere d’aiuto.
Joseph Cedar firma una sceneggiatura che risulta e fin da subito da una parte una favola moderna e dall’altra un ‘articolata e grottesca rappresentazione della lobby ebraica new yorkese e quanto possa influenzare e manipolare il governo israeliano nelle sue scelte. Non manca una garbata, ironica ma puntuale e feroce critica alle contraddizioni della comunità ebraica americana, più attenta a soldi che alla fede.
L’amicizia nata tra Norman e Mica Eshel (Ashkenanzi) futuro premier d’Israele, grazie a un paio di scarpe costose, regalate dal primo al secondo, è lo spunto “comico” sul piano drammaturgico, per raccontare come invece nella realtà il legame tra un politico ed uno spregiudicato affarista possa nascere su ben altro che sull’acquisto di un paio di scarpe.
“L’incredibile vita di Norma” sebbene sia una visione godibile, leggera e divertente, trova proprio il suo punto più debole e critico in una sceneggiatura farraginosa, dispersiva, disattenta ed inesperta nell’elaborare, costruire ed inserire in modo razionale e armonioso diversi personaggi, appena abbozzati sul piano narrativo e scenico. continua su

http://www.nuoveedizionibohemien.it/index.php/appuntamento-al-cinema-12/

Roberto Sapienza presenta “Ninni, mio padre”

196) In Arte Nino

“In arte Nino” è un film di Luca Manfredi. Con Elio Germano, Miriam Leone, Stefano Fresi, Duccio Camerini, Anna Ferruzzo. Film tv, Biografico. Italia, 2016

Chi era Saturnino Manfredi? Immagino di scorgere sconcerto e sguardi vacui nei giovani lettori. Se invece dico Nino Manfredi? Ancora buio totale tra i meno attempati?

Gli appassionati di cinema di più lunga data saranno invece colti molto probabilmente da una botta di nostalgia, perché Manfredi è stato uno degli attori più talentuosi del panorama nostrano, e ancora oggi, a tredici anni dalla sua scomparsa (correva l’anno 2004), ne sentiamo, artisticamente parlando, la mancanza.

Luca Manfredi, figlio dell’attore, ha deciso di portare in tv una parte della vita del padre probabilmente poco nota al grande pubblico, quella che va dal 1939 al 1959, da quando trascorse tre anni in ospedale perché malato di tubercolosi fino a quando la partecipazione a “Canzonissima” gli aprì le porte del successo.

“In arte Nino” è un film che non vuole essere una celebrazione della carriera dell’attore, ma il racconto della vicenda di un ragazzo ciociaro che riuscì ad arrivare, con passione e impegno.

I genitori di Manfredi non erano ricchi. Il padre (Camerini), rigido e burbero maresciallo dei carabinieri, sognava per lui una carriera da avvocato; la madre (Ferruzzo), casalinga assai religiosa, era principalmente preoccupata per la sua salute.

Dopo aver passato tre anni in ospedale, Nino (Germano) si iscrisse a legge come voleva il padre, ma in seguito a un incontro casuale si convinse a fare un provino per entrare alla prestigiosa Accademia d’arte drammatica Silvio d’Amico.

A sorpresa Orazio Costa, direttore dell’Accademia, vede in lui carattere e potenziale e lo accetta nel corso. Il ragazzo si trova così diviso tra esami di giurisprudenza e corso di recitazione.

La prima parte del film è didascalica, lineare, fredda. Elio Germano appare piuttosto impacciato nel ruolo, come se sentisse il peso del personaggio, la sceneggiatura non brilla, la regia è semplice e priva di mordente. continua su

http://paroleacolori.com/in-arte-nino-elio-germano-protagonista-del-biopic/

Roberto Sapienza presenta “Ninni, mio padre”

195) Per Colpa di un coniglio

“Per colpa di un Coniglio” è uno spettacolo teatrale di Paolo Camilli e Simone Zafferani. Con Paolo Camilli e Moira Angelastri.
Regia: Moira Angelastri e Paolo Camilli | Aiuto Regia: Paolo Macedonio | Costumi: Barbara Calderoni | Scene: Alessandro Di Cola | Luci: Alessio Pascale | Assistente: Saba Lucidi | Foto Locandina: Riccardo Bagnoli | Graphic: Luigi D’Onofrio
In scena fino a domenica 24 settembre al teatro Lo Spazio di Roma

È da sciocchi credere ancora alle favole, al principe azzurro e alla bontà dell’uomo? Dovremmo rispondere amaramente di sì, se ci limitassimo solo a dare una una rapida occhiata ai fatti di cronaca.

La nostra società sembra oggi afflitta da un’irreversibile forma di schizofrenia morale e civile, capace com’è di alcuni gesti di altruismo e solidarietà e altri di razzismo, violenza feroce e pregiudizio.

Sulla carta viviamo nel Terzo millennio, ma basta ascoltare i deliranti discorsi di alcuni politici, leggere i titoli dei quotidiani nazionali o prendere il caffè in un qualunque bar accorgersi che, per certi versi, siamo tornati indietro al Medioevo.

È sempre stato compito dell’arte, e in particolare del teatro, di denunciare con talento e creatività lo stato d’imbarbarimento della società e la negazione dei diritti civili primari.

Anche se la mia visione è conservatrice e rigida, da osservatore obiettivo non posso non apprezzare spettacoli capaci di scuotere le coscienze e stimolare la riflessione, facendo passare al contempo una serata piacevole.

È questo il caso di “Per colpa di un coniglio”, che coniuga con efficacia e incisività l’attenta, irriverente e profonda drammaturgia, magistralmente scritta da Paolo Camilli e Simone Zafferani, alla straripante, brillante e talentuosa performance dell’inedita ma già collaudata coppia artistica composta da Camilli e Moira Angelastri, anche registi dello spettacolo. continua su

http://paroleacolori.com/per-colpa-di-un-coniglio-personaggi-bizzarri-e-grotteschi-un-mondo-accelerato/

194) Glory -Non c’è tempo per gli onesti

Il biglietto da acquistare per “Glory – Non c’è tempo per gli onesti” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre (con riserva).

“Glory- non c’è tempo per gli onesti” è un film di Kristina Grozeva, Petar Valchanov. Con Stefan Denolyubov, Margita Gosheva, Ana Bratoeva, Stanislav Ganchev, Mira Iskarova. Drammatico, 101’. Bulgaria, Grecia, 2016

Tsanko Petrov (Denolyubov) lavora alla manutenzione dei binari ferroviari in uno stato di quasi indigenza. Un giorno trova un’ingente somma di denaro, ma anziché intascarsela chiama la polizia e la consegna, divenendo una sorta di eroe per la stampa. Come premio il Ministero dei Trasporti, nel frattempo al centro di un’indagine sulla corruzione, gli consegna un orologio. Solo che l’orologio nuovo non funziona e quello vecchio, regalato a Tsanko dal padre, viene smarrito dalla PR del ministro, Julia Staikova (Gosheva).

L’onestà è una virtù? Esiste ancora un uomo onesto? In un mondo in cui furbizia, trasgressione, ignoranza e arroganza sono diventati i valori delle persone spesso premiate con posti di comando e di responsabilità, può capitare che chi compie un atto di onestà venga visto come uno sciocco pericoloso, addirittura da eliminare.

Molto probabilmente è capitato a tutti, cari lettori, di dire o pensare con rabbia almeno una volta che il nostro è un Paese di m…a, dove fanno carriera solo i raccomandati. Qualcuno decide anche di partire, sull’onda di simili considerazioni, convinto che passate le Alpi la situazione migliori.

Non vorremo essere noi a distruggere i vostri sogni di gloria, ma dopo “The teacher”, arriva nelle nostre sale il film bulgaro “Glory – Non c’è tempo per gli onesti”, un altro piccolo gioiello cinematografico, che vi dimostrerà con devastante forza come i mali occidentali si siano radicati anche nei Paesi dell’ex blocco sovietico, con buona pace di chi considera ancora nel 2017 il comunismo la soluzione.

Una sceneggiatura asciutta, puntuale, precisa e incisiva racconta quanto siano diffuse le metastasi della corruzione e dell’arroganza nella società e come divorino ogni sprazzo d’onesta e senso civico nello Stato e nei suoi massimi dirigenti.

Kristina Grozeva e Petar Valchanov dirigono un film potente, tragico e autentico, che allo stesso tempo però sembra un adattamento di un romanzo di Kafka, Pirandello o Dostoevskij. continua su

http://paroleacolori.com/glory-non-c-e-tempo-per-gli-onesti-tra-sarcasmo-e-realismo-una-parabola/

Vittorio De Agrò presenta “Amiamoci, nonostante tutto”

193) Noi siamo tutto

Il biglietto da acquistare per “Noi siamo tutto” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio (con riserva). Ridotto. Sempre.

“Noi siamo tutto” è un film di Stella Meghie. Con Nick Robinson, Taylor Hickson, Ana de la Reguera, Amandla Stenberg, Peter Benson. Drammatico, 96′. USA, 2017
Tratto dal romanzo omonimo di Nicola Yoon
State tranquilli, spettatori giovani o inguaribilmente romantici, dopo “Colpa delle stelle” e “Io prima di te” anche quest’anno avrete il vostro film su cui versare fiumi di lacrime e che al contempo vi farà battere il cuore.

Il 21 settembre arriva nelle sale “Noi siamo tutto” di Stella Meghie, tratto dal romanzo omonimo di Nicola Yoon.

Come sarebbe la vita, se non potessimo entrare in contatto con il mondo esterno? Se azioni banali, come prendere una boccata d’aria fresca o farsi accarezzare il viso da un raggio di sole ci fossero negate?

Maddy (Stenberg), diciottenne intelligente e fantasiosa, è costretta da una rara malattia genetica a vivere segregata dentro casa. Le uniche persone con cui interagisce sono l’infermiera Cara (de la Reguera) e la madre (Anika Noni Rose), amorevole e apprensiva, profondamente segnata dalla perdita del marito e dell’altro figlio in un incidente.

Proprio nella casa accanto si trasferisce Olly (Robinson), un ragazzo che vive una situazione familiare delicata.

Maddy e Olly sono molto diversi, le loro esperienze di vita opposte. Eppure basta uno sguardo attraverso la finestra per far scattare tra loro una scintilla, per far nascere un legame forte e profondo.

Per Maddy, che cerca nelle pagine dei libri le emozioni e le esperienze che le sono negate, l’incontro con Olly è l’occasione per fare uno squarcio nel suo isolamento fisico ed emozionale, per iniziare a vedere e vivere la vita in prima persona e per sperimentare la bellezza del primo amore.

“Noi siamo tutto” è costruito in maniera bipartita. La prima parte descrive gli approcci iniziali e poi il tenero innamoramento dei due ragazzi, che avviene tramite messaggi e chat.

Il tutto è portato in scena in modo creativo ed efficace dalla talentuosa regista Stella Meghie come se avvenisse durante incontri onirici e divertenti, nei luoghi costruiti da Maddy nei suoi lavori durante il corso d’architettura on-line. continua su

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Roberto Sapienza presenta “Ninni, mio padre”

192) Tiro Libero

Il biglietto da acquistare per “Tiro libero” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Tiro Libero” è un film di Alessandro Valori. Con Simone Riccioni, Antonia Catania, Maria Chiara Centorami, Marianna Di Martino, Biagio Izzo. Drammatico, 98′. Italia, 2017
Tratto dall’omonimo romanzo di Simone Riccioni e Jonathan Arpetti

Dario (Riccioni), 25enne di bell’aspetto con uno smisurato talento nel basket, si sposta accompagnato da uno stuolo di fan starnazzanti e ammiratori fastidiosi. Il ragazzo, arrogante e spocchioso, è al contempo un campione di insulti e cattive maniere. A spingerlo a cambiare, la diagnosi di una malattia degenerativa, la condanna ai lavori sociali presso un centro di riabilitazione per disabili e soprattutto l’incontro con la volontaria Isabella (Centorami).

“Tiro libero” di Alessandro Valori è un tentativo coraggioso e volenteroso sul piano drammaturgico di raccontare come la superbia e l’arroganza siano, ahinoi, i segni distintivi delle nuove generazioni, incapaci di distinguere le priorità della vita e amare sinceramente.

La sceneggiatrice Valentina Capecci ha cercato di scrivere una storia in cui potessero coesistere cinismo e redenzione, aridità emotiva e romanticismo, costruendo il film intorno al personaggio del cestista Dario, tratteggiato con il massimo del realismo nel suo fastidioso e splendente egocentrismo.

Sfortunatamente il tentativo di emozionare e coinvolgere lo spettatore mostrando il percorso di redenzione del protagonista – che da gretto ed egoista diventa una persona per bene – risulta piuttosto retorico, prevedibile e banale. continua su

http://paroleacolori.com/tiro-libero-un-cestista-di-talento-dal-pessimo-carattere-cambia-per-amore/

Vittorio De Agrò e Cavinato Editore presentano : Essere Melvin