6) Bell’Abissina -Un’ indagine del commissario Marino (Carlo Lucarelli)

“Bell’abissina  – Un’indagine del commissario Marino” è un romanzo scritto da Carlo Lucarelli e pubblicato  il 22 Novembre 2022 da Mondadori Editore.

Sinossi:

Nella “Presidenziale”, la sezione della polizia che si occupa della sicurezza di Mussolini, c’è un gruppo molto particolare chiamato “Squadra Fognature”, comandato a perlustrare il sottosuolo di strade e piazze su cui passerà il Duce, a caccia di eventuali bombe. Ed è durante una di queste perlustrazioni che agli inizi degli anni ’30 gli agenti della Fognature trovano le ossa dello scheletro di una donna, sgozzata e scarnificata. Dieci anni più tardi, a Cattolica, il commissario Marino, segretamente e attivamente antifascista col nome di battaglia “Locàrd”, riceve le confidenze di uno degli ex agenti della Fognature: forse la morte della ragazza, e di tante altre, ha a che fare con la famiglia di Francone Brandimarzio, un ricco imprenditore che ha fatto fortuna nelle Colonie, e che adesso si è ritirato a Cattolica, insieme al figlio Attilio e a una giovane e affascinante ragazza eritrea. Una famiglia all’apparenza irreprensibile, e soprattutto intoccabile, dal momento che foraggia gerarchi corrotti e ladri di regime, occultando e distribuendo fiumi di denaro sporco. Il commissario Marino si rende conto che, oltre a smascherare un assassino seriale, questa indagine può mettere in grave difficoltà il regime, ma il filo su cui si muove è davvero sottile, e il rischio di cadere dietro l’angolo.

Recensione:

Non sapevo esattamente cosa aspettarmi da questo romanzo storico firmato dal Maestro Lucarelli.

La stima ed ammirazione sconfinata  che il sottoscritto nutre verso Carlo Lucarelli, scrittore , autore televisivo e soprattutto “padre” del format “Blu Notte” capace d’appassionare milioni d’italiani ai delitti e misteri d’Italia, rischiava di condizionare il mio giudizio su “Bell’abissina”.

Devo ammettere che ho faticato un po’ prima di comprendere, almeno spero, il filo rosso narrativo e soprattutto politico di questo giallo ambientato in epoca fascista  a poche settimane dalla  scellerata dichiarazione di guerra del Duce alla Francia ed Inghilterra.

Carlo Lucarelli “parte” da lontano ed oserei dal profondo inteso come il sottosuolo per scrivere una storia d’orrore, ferocia che si mescola ed alterna  all’amore ed al dissenso politico impersonificato dal commissario Matino contro l’arrogante potere del regime.

“Bell’abissina” è una storia di resistenza, di furbizia, apparenza e razzismo che se da una parte colpisce dall’altra confonde il lettore , non trovando un’immediata e chiara chiave di lettura.

L’intreccio narrativo è basato su eccessive linee di racconto che si intrecciano con fatica comportando una lettura non sempre agile e comoda.

Il commissario Marino ci appare come un anti eroe, abbandonato dalla moglie, un idealista deluso, ma che allo stesso tempo è un uomo mai banale ed attento al dettaglio.

Marino  deve   apparire come un fedele servitore dello Stato, quando in realtà è un partigiano sotto copertura.

“Bell’abissina” è una brutta storia, come direbbe il Lucarelli televisivo, in cui i figli dei potenti si sentono intoccabili e portatori sani nella difesa e purezza della razza italica.

“Bell’abissina” racchiude in sé diverse tematiche : storico, noir, thriller ed infine politico.

Quello politico è l’aspetto più forte e risolutivo del romanzo  con un finale convulso , spiazzante e cinico.

“Bell’abissina” denuncia il paradosso  fascista che se pubblicamente invocava “ordine e pulizia”, nel “privato” i suoi rappresentati si macchiavano di crimini, furti e disonestà di ogni tipo certi di rimanere impuniti.

Una convinzione che sarà tragicamente smentita con l’entrata in guerra al fianco della Germania nazista.

5) Le Variazioni di Giuditta (Sabrina Sciabica)

“Le variazioni di Giuditta” è un romanzo scritto da Sabrina Sciabica e pubblicato l’undici Febbraio 2023 da PortoSeguroEditore.

Sinossi:

Una metropoli sovrappopolata in cui si costruisce sottoterra; appartamenti trasformati in tuguri in multiproprietà, con servizi in comune nei quali gli abitanti non devono mai incontrarsi. Un governo che applica divieti di ogni sorta, e usa gli spazi prima dedicati ai musei per attività, a suo dire, più redditizie. È la Roma di un futuro prossimo, a tratti distopico, descritta in Le variazioni di Giuditta. Una città degradata, umiliata e non più capitale. «Perché Giuditta mi ossessiona?» si chiede Nya, giornalista che sfugge all’insoddisfazione rifugiandosi nell’instancabile ricerca di questa figura, nel “web limitato” a cui è consentito accedere. «Perché gli esseri umani si sono adattati a tutto, comprese le limitazioni della libertà personale?» si domanda Andrea, che non sopporta la prigionia nella quale è costretto a vivere. Per caso, da un foglio sfuggito al rigoroso sistema di disinfezione quotidiano, nell’unico ambiente condiviso, comincia un intrigante scambio di doni tra i due coabitanti.  Tra incontri, scontri e assemblee clandestine, in quanto gli assembramenti sono vietati per evitare la comparsa di forme di associazioni sovversive, l’arte recupera i suoi spazi.

Riuscirà a risvegliare i cittadini dal torpore in cui si sono adagiati?

La parola “Libertà” è scandita, urlata, pretesa , invocata , riscoperta dalla singola persona nel momento   in cui le viene tolta, limitata e/o tolta , magari dallo Stato per raggiungere un obiettivo più alto e nobile.

È ancora vivo e doloroso il ricordo delle chiusure del 2020, quando tutti noi ci  ritrovammo chiusi dentro le quattro mura di casa.

Decliniamo il concetto di libertà  in  differenti declinazioni: c’è quella dii muoversi, esprimersi , viaggiare, creare, contestare, scrivere.

Ma come sarebbe l’Italia  privata  dell’Arte e della cultura e con musei  chiusi definitivamente ?

Quale Italia vivremo  in cui  Milano è  diventata capitale d’Italia, mentre  Roma è stata declassata ,umiliata scivolando nell’oscurità e degrado civile, sociale ed artistico?

Sarebbe un  Paese schiacciato da un regime che obbliga i propri cittadini a lavorare dieci ore al giorno ed a vivere una vita anonima e ripetitiva dentro i rispettivi tuguri.

È un incubo di società che Sabrina Sciabica ci presenta con il suo nuovo romanzo “Le Variazioni di Giuditta”.

 “Le Variazioni di Giuditta” non è un semplice romanzo di genere dispotico, semmai utilizzato come espediente letterario per dare vita   a drammaturgia più complessa , ricca di citazioni e rimandi letterati, artistici e politici.

“Le variazioni di Giuditta” è  l’urlo della generazione over 35 che si è sentita tradita, intrappolata dalla politica.

Una generazione sospesa  dentro un  sistema elitario , soffocante  e soprattutto volutamente miope di fronte ai veri  talenti  , offrendo visibilità e posti di responsabilità agli incompetenti di regime.

Sciabica scrive un romanzo di critica politica, sociale ben mascherato in una storia d’amore e ribellione.

Una ribellione pacifica organizzata da uomini e donne stanche del pensiero unico e di una” normalizzazione” che ha quasi ucciso la creatività e curiosità di conoscenza ed il desiderio d’amare e mettersi in gioco.

“Le variazioni di Giuditta” è anche un gradevole ed intelligente guida alle bellezze di Roma che nonostante il degrado odierno  conserva tutto il proprio fascino e bellezza.

“Le Variazioni di Giuditta” è un invito a non rimanere indifferenti , a non sentirsi sazi e privi di sogni ed aspirazioni.

Sabrina Sciabica  scrivendo questo romanzo, probabilmente ha avuto una funzione catartica e liberatoria.

Al lettore pigro e svogliato va il mio accorato invito alla lettura, al fine di capire che non è mai troppo tardi per cambiare se stessi e magari la società grazie all’Arte!

29) I Tre Moschettieri -D’Artagnan

Il biglietto d’acquistare per “I tre moschettieri -D’Artagnan” : Ridotto (Riserva)

“I Tre moschettieri -D’Artagnan” è un film del 2023 diretto da  Martin Bourboulon, scritto da Martin Bourboulon, Matthieu Delaporte, Alexandre de la Patellière, con : Eva Green, Vincent Cassel, Louis Garrel, François Civil, Romain Duris, Pio Marmaï, Vicky Krieps, Lyna Khoudri, Eric Ruf, Jacob Fortune-Lloyd, Alexis Michalik, Ralph Amoussou, Marc Barbé, Patrick Mille, Ivan Franek.

Sinossi:

I tre moschettieri: D’Artagnan, film diretto da Martin Bourboulon, racconta la storia di D’Artagnan (François Civil), un giovane molto vivace originario della Guascogna, zona della Francia sud-occidentale. Dopo aver cercato di salvare una ragazza da un rapimento, tutti lo credono morto. In verità, D’Artagnan giunge a Parigi, dove tenta in ogni modo di rintracciare gli aggressori. La sua ricerca, però, lo porterà nel vivo di una vera e propria guerra, che rischia di compromettere il futuro della Francia. È così che D’Artagnan decide di allearsi con Athos, Porthos e Aramis (Vincent Cassel, Pio Marmaï e Romain Duris), i tre Moschettieri del Re, per affrontare i malvagi stratagemmi messi in atto dal Cardinale Richelieu (Eric Ruf).

Il giovane, però, finisce con l’innamorarsi perdutamente di Costance (Lyna Khoudri), confidente della regina. Questi sentimenti lo porteranno a inimicarsi Milady (Eva Green), ovvero colei che diventerà il suo più acerrimo nemico.

Recensione:

“Nel 2023 abbiamo davvero bisogno dell’ennesima trasposizione cinematografica basata sull’omonimo romanzo di Alexandre De Dumas  scritto nel 1844?”

Questa domanda mi ha accompagnato fino all’inizio dell’anteprima stampa del film di Martin Bourboulon.

Avevo perplessità e dubbi sul fatto che il genere “cappa e spada” potesse essere ancora  attrattivo, interessante per il pubblico più giovane.

Il vecchio critico era pronto a scrivere una recensione critica e negativa, invece i tre sceneggiatori del film sono riusciti nell’impresa di ribaltare un verdetto già scritto.

La sceneggiatura si è dimostrata rispettosa del romanzo di Dumas, lavorando su pochi quanto incisivi aspetti della storia , conferendo alla trama un taglio nuovo, giovanile ed “inclusivo”

“I Tre Moschettieri – D’Artagan” è contemporaneamente  una storia classica, lineare , di genere quanto un film pop caratterizzato una rilettura moderna dei personaggi , accattivante, sontuosa nella ricostruzione storica e costumi e complessivamente  soddisfacente a livello recitativo e registico.

Martin Bourboulon nel mettere in scena  i suoi “Tre Moschettieri” ha evitato saggiamente fughe in avanti e colpi creativi spesso fuori luogo di molti suoi colleghi ,“limitandosi” ad inserire dei propri  elementi stilistici e registici   in una struttura nota, solida e sovente maltrattata in modo negativo.

Il film può anche contare su un cast artistico composto  da  stelle affermate ed esperte e da  giovani promesse. Un mix di gioventù e carisma che dato ai personaggi di Dumas, una decisa ed opportuna spolverata, adattandoli ai gusti moderni dello spettatore.

“I tre Moschettieri – D’Artagnan”  unisce con bravura ed intelligenza classicità e modernità, dando vita ad un “cappa e spada” 2.0 ma senza eccedere nel nuovismo di turno.

Il primo dei due film della saga , pur eccedendo nel minutaggio, in  qualche passaggio  narrativo poco funzionale e/o frettoloso, consente una  visione condivisa sia agli spettatori diversi d’età , come agli amanti di Dumas , quest’ultimi forse i più felici nel vedere i propri “eroi” nuovamente apprezzati, amati ed attesi nel sequel. Intanto uno per tutti, tutto per uno andate al cinema!

3) La Casa delle Luci (Donato Carrisi)

“La Casa delle Luci” è un romanzo scritto da Donato Carrisi e pubblicato da Longanesi Editore il 18 Novembre 2022”

Sinossi:

DAL MAESTRO DEL THRILLER ITALIANO, UN NUOVO, OSCURO ENIGMA DA DECIFRARE. Nella grande casa spenta in cima alla collina, vive sempre sola una bambina… Si chiama Eva, ha dieci anni, e con lei ci sono soltanto una governante e una ragazza finlandese au pair, Maja Salo. Dei genitori nessuna traccia. È proprio Maja a cercare disperatamente l’aiuto di Pietro Gerber, il miglior ipnotista di Firenze, l’addormentatore di bambini. Da qualche tempo Eva non è più davvero sola. Con lei c’è un amichetto immaginario, senza nome e senza volto. E a causa di questa presenza, forse Eva è in pericolo. Ma la reputazione di Pietro Gerber è in rovina e, per certi versi, lo è lui stesso. Confuso e incerto sul proprio destino, Pietro accetta, pur con mille riserve, di confrontarsi con Eva. O meglio, con il suo amico immaginario. È in quel momento che si spalanca una porta invisibile davanti a lui. La voce del bambino perduto che parla attraverso Eva, quando lei è sotto ipno­si, non gli è sconosciuta.

E, soprattutto, quella voce conosce Pietro. Conosce il suo passato, e sembra possedere una verità rimasta celata troppo a lungo su qualcosa che è avvenuto in una calda estate di quando lui era un bambino.

Perché a undici anni Pietro Gerber è morto.

E il misterioso fatto accaduto dopo la sua morte ancora lo tormenta.

Recensione:

“Tanto tuonò che  piovve” recita un popolare proverbio.

Gli artisti in generale sono delle creature  uniche , particolari: sono testarde, vanesie, fragili, egocentriche.

Gli scrittori appartengono in più ad un  sotto genere: non accettano alcun tipo di  consiglio o critica costruttiva  sui propri romanzi da amici e parenti figurarsi da un piccolo ed insignificante blog come questo.

Donato Carrisi è uno scrittore di fama internazionale, noi stessi più volte l’abbiamo definito come “Il Grisham italiano”.

Carrisi negli ultimi anni si è voluto cimentare con la regia cinematografica riscuotendo subito consensi e premi.

Una “distrazione piacevole” che, a nostro parere,  ha influenzato negativamente l’ultima trilogia letteraria  creata dallo scrittore pugliese, avendo come protagonista un psicologo, meglio ancora conosciuto come “l’addormentatore dei bambini”: Pietro Gerber.

I primi due romanzi delle trilogia, con grande dispiacere, li abbiamo giudicati non all’altezza della fama di Carrisi.

Evidenziando come  entrambi avessero il peccato d’origine d’essere stati scritti già per una futura trasposizione probabilmente televisiva , perdendo così il mordente e respiro letterario.

L’ impostazione drammaturgica  risentiva di questa “scelta a monte”  anche se mai dichiarata da Carrisi ,  facendo  pensare al plot di alcune  serie televisive americane,  depotenziando l’idea di partenza.

Ma se gli scrittori sono testardi, chi vi scrive non è da meno. Ho iniziato la lettura de “La casa delle Luci” sforzandomi d’essere aperto e libero da pregiudizi  passati.

Possiamo affermare che Donato Carrisi al terzo tentativo con Pietro Gerber, è riuscito almeno in parte a correggere le criticità strutturali , modificando lo stile di racconto e soprattutto dando più spazio alla storia , all’elemento introspettivo  senza eccedere nei manierismi e negli stereotipi di genere.

Pietro Gerber si mostra  finalmente come una persona imperfetta, trasandata fuori  e dentro. Non è più il sicuro ipnotista dei primi due romanzi, è un uomo in difficoltà, arranca, rischiando di perdersi nei meandri della mente e del proprio tragico passato “coperto” dal Sig. G, suo  padre.   I personaggi vecchi e nuovi appaiono più credibili, avvinti dal dolore o dal mistero , ed in entrambi casi  stimolanti da leggere e capire per il lettore.

“La Casa delle Luci”  chiude il cerchio  di una storia in bilico tra realtà e suggestione,  memoria e finti ricordi.

Donato Carrisi salva  sé stesso ed il personaggio di Pietro Gerber dall’anonimato letterario.

Chissà se con diverso linguaggio (televisivo?), Pietro Gerber troverà il modo d’incantarci completamente.

11) Il primo giorno della mia vita -il Film

Il biglietto d’acquistare per “Il primo giorno della mia vita” è : Omaggio (con Riserva)

“Il primo giorno della mia vita” è un film del 2023  diretto da Paolo Genovese, scritto da Paolo Genovese, Paolo Costella, Rolando Ravello, Isabella Aguilar, basato sull’omonimo romanzo scritto da Paolo Genovese e pubblicato da Einaudi nel Maggio 2018, con : Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Margherita Buy, Sara Serraiocco, Gabriele Cristini, Giorgio Tirabassi, Lino Guanciale, Antonio Gerardi, Lidia Vitale, Vittoria Puccini, Elena Lietti, Thomas Trabacchi, Davide Combusti.

Sinossi:

Il primo giorno della mia vita, il film diretto da Paolo Genovese, mette al centro della storia l’enorme valore della vita di ogni essere umano. Nel film si intrecciano le vicende di un uomo (Valerio Mastandrea), due donne (Margherita Buy e Sara Serraiocco) e un ragazzino (Gabriele Cristini). Ognuno di loro ha un motivo preciso per essere disperato, tanto da arrivare a chiedersi perché mai dover continuare a vivere.

Un giorno tutti questi personaggi in momenti diversi della loro vita si imbattono e conoscono un uomo misterioso (Toni Servillo). Sarà quest’ultimo a dare loro la possibilità di osservare cosa potrebbe accadere nel mondo, quando non ci saranno più.

È così che i quattro protagonisti avranno a disposizione una settimana per osservare sé stessi dal di fuori, per vedere cosa lascerebbero e come reagirebbero parenti e amici alla loro dipartita. Quest’esperienza rappresenterà per tutti l’occasione per tornare ad apprezzare di nuovo la vita.

Recensione:

Strano a dirsi, caro lettore /spettatore, ma in questo caso il vostro vecchio inviato aveva letto quattro anni fa il romanzo di Paolo Genovese, dando per scontato l’adattamento cinematografico.

Un adattamento arrivato probabilmente fuori tempo massimo causa pandemia e guerra, obbligando Genovese a riporre nel cassetto il sogno di girarlo negli Stati Uniti.

Infatti la prima differenza tra il libro ed il film, è la città in cui si svolge i fatti.

Da New York a  Roma, il passo è “breve” se la produzione non si è potuta permettere i costi della trasferta.

“Tutti mentono “ci ha insegnato il geniale quanto corrosivo Dr. House.

Chi vi dice di non aver pensato, almeno una volta nella vita, alla proprio morte ed in un momento di sconforto personale anche al suicidio: mente due volte, senza alcun dubbio.

La morte è un argomento delicato, terribile quanto affascinante e complesso.

Chi possiede il dono della fede vede nella morte il necessario passaggio per poter ambire alla vita eterna.

Chi invece per scelta, moda, indolenza, cinismo non crede a niente e nessuno, si limita a vivere una vita evitando d’affrontare il minor numero di rotture di coglioni di decimo livello, si  rivela  discepolo oltre che fan del vice questore Rocco Schiavone.

Esiste, purtroppo, anche una terza categoria fortemente legata alla tematica, tragicamente e quotidianamente in crescita: tutte quelle persone colpite dal demone più feroce e subdolo esistente: il mal di vivere alias depressione capace d’infettare qualsiasi anima.

La depressione non dà alcun preavviso, avvinghia la propria preda e raramente l’abbandona fino a quando non ha portato termine il compito: distruggerla fisicamente e spiritualmente.

Chi decide di suicidarsi, non è un vigliacco come molti dicono e scrivono con estrema facilità, ma bensì un soldato stanco di una guerra lunga, sfibrante e soprattutto combattuta in solitaria.

La depressione e il suicidio sono diventati spesso fonte di ispirazione narrativa ed artistica per scrittori, registi uniti nel folle ed ambizioso tentativo d’indagare l’animo umano e capirne i lati più intimi e profondi.

Paolo Genovese da un uomo curioso oltre che regista, sensibile ed attento agli usi e costumi della nostra società, ha rinnovato  questa sfida artistica ed umana , stavolta in campo cinematografico.

La seconda differenza risiede  nella sceneggiatura  scritta ad otto mani, modificando in modo consistente la prospettiva e forza dell’idea e paradossalmente facendone perdere intensità, unicità e profondità interiore

“Il primo giorno della mia vita” non era  il romanzo più originale, innovativo, dirompente esistente in letteratura su questa tematica,  ma conteneva  spunti e passaggi narrativi sicuramente intensi, delicati e non scontati per il lettore.

Invece la sceneggiatura si rivela confusa, dilatata, autoreferenziale e piuttosto fredda e stereotipata su alcuni personaggi.

“Il primo giorno della vita” era un romanzo “cinematografico”, nel senso più positivo del termine, poiché lo stile semplice, diretto quanto avvolgente di Genovese permetteva al lettore d’ immaginare ,fin dalla prima pagina, i luoghi, personaggi e situazioni inseriti nell’intreccio , invece una volta che i personaggi hanno preso vita  sulla scena, non è scattato l’atteso coinvolgimento.

Se Il lettore entrava subito in empatia con i protagonisti della storia condividendone i dolori, dubbi e contrastanti emozioni, lo spettatore fatica più del dovuto nel sostenere e condividere un viaggio interiore confezionato in stile americano.

“Il primo giorno della mia vita” mostra  come “il mal di vivere” possa colpire chiunque, non risparmiando neanche un indifeso e dolce bambino, non ascoltato ed “amato “in modo egoistico dai propri genitori.

Genovese si chiede e ci chiede quale sarebbe la nostra reazione di fronte alla possibilità d’ assistere al proprio funerale e osservare ed ascoltare le reazioni dei nostri cari ed amici.

Da tale esperienza potremmo ricavare qualche insegnamento ? Saremmo disposti a cambiare qualcosa nella nostra esistenza?

Chi ha compiuto il gesto estremo, potendo usufruire di tale dono per 7 giorni, tornerebbe poi sui propri passi ?

“Il primo giorno della mia vita” come romanzo evitava, fortunatamente, una deriva narrativa ed emozionale totalmente prevedibile e melensa riguardo la scelta finale compiuta dai cinque protagonisti, lasciando al lettore l’ inevitabile quanto necessaria dose di cinismo e delusione, mentre allo spettatore scioccamente viene imposto un quasi totale cambio di tono e di stile.

Il prestigioso cast artistico svolge il compitino senza lode e senza infamia, lasciando poco in dote allo spettatore.

La vita è un dono d’apprezzare e godere, nonostante le avversità, ogni giorno come fosse il primo.

Allo stesso tempo chi decide altrimenti , non va il nostro stolto biasimo , quanto semmai la sincera preghiera   affinché  la sua  anima sia finalmente libera e serena, magari in veste più utile per gli altri aspiranti suicidari.

1)“Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno” ( Benjamin Stevenson)

“Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno” è un romanzo scritto da  Benjamin Stevenson e pubblicato da Feltrinelli in Italia  l’undici ottobre 2022

Sinossi:

A Ernie Cunningham le riunioni di famiglia non sono mai piaciute. Di sicuro c’entra il fatto che tre anni prima ha visto suo fratello Michael sparare a un uomo e lo ha denunciato, un oltraggio che non gli è ancora stato perdonato. Perché i Cunningham non sono una famiglia come le altre. C’è solo una cosa che li unisce: hanno tutti ucciso qualcuno. Ora hanno deciso di ritrovarsi per un’occasione speciale: trascorreranno un fine settimana in un resort di montagna per festeggiare l’uscita di prigione di Michael. Ma i Cunningham non sono tipi da stare in pantofole davanti al caminetto. Il giorno dell’arrivo di Michael, viene trovato il cadavere di un uomo. Ha le vie respiratorie ostruite dalla cenere, come se fosse morto in un incendio, ma non ha ustioni sul corpo. Mentre una bufera si abbatte sul resort isolandolo e la polizia brancola nel buio, spetterà a Ern capire se il colpevole è uno dei suoi familiari, prima che vengano uccisi tutti.

Recensione:

Quando ho deciso di trasformare questo piccolo blog, nello spazio in cui condividere con voi anche le mie letture , lanciandomi in personali e soggettive recensione sui testi,  ero consapevole del concreto rischio di scambiare un testo orribile e stroncato dalla critica per un capolavoro e viceversa.

Cosa puntualmente accaduta

Altresì ero consapevole di dover spesso ammettere  la mia incapacità nel comprendere le idee,  cogliere le intenzioni dello scrittore di turno magari celebrato dai lettori con tutte le stelline possibili.

Idem.

Recensire un romanzo ed in più generale un testo letterario è un lavoro complesso, difficile, duro. Per farlo ci vuole competenza, conoscenza e tanto studio.

Il sottoscritto non possiede nessuna di queste doti e come ben sapete  scrive “di pancia” sperando nella vostra clemenza e pazienza.

Numerose volte in questi intesi dieci  anni mi è capitato di sintetizzare  la perplessità su quanto letto con un conciso e secco : mah!

Ma fino ad oggi mai il mio personale e modesto boh si è manifestato con il primo romanzo dell’anno oltretutto un gradito regalo di Natale.

Ma non potrei spiegare con altre espressioni/parole diversamente dal mio mah il  giudizio su “ Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno”.

Non conoscevo lo scrittore Benjamin Stevenson   prima di leggere il suo ultimo romanzo.

E’  stata sì un lettura veloce, leggera, lineare, semplice,  condita in alcuni passaggi di una buona ironia ed in altri da una efficace incisività narrativa, ma non bastevoli per far scattare al lettore “la sindrome da déjà-vu”.

Benjamin Stevenson ha scritto un thriller  di stampo familiare  puntando sull’isolamento dei personaggi dal resto del mondo  e con il crescente sospetto che l’assassino fosse uno dei suoi affetti.

Stevenson ha attinto a piene mani ai testi di Agata Christie e Simeon , sforzandosi in modo lodevole di applicare lo schema narrativo alla gelida Australia.

La stessa tecnica autoriale di rivolgersi direttamente al lettore, rompendo la quarta parete è qualcosa già vista e letta al cinema ed in letteratura.

L’intreccio non decolla realmente mai nonostante una serie importante di omicidi e colpi di scena soprattutto nel finale.

Il titolo del romanzo è sicuramente la cosa più bella ed accattivante di un romanzo che sicuramente amerete come il resto del web.

Ma il mio 2023 letterario inizia con un grande e sconsolato :  Mah!

100) Le otto montagne

“Le otto montagne” è un film di Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersch. Con Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Filippo Timi, Elena Lietti. Drammatico, 147′. Italia, Francia, Belgio 2022

Sinossi:

Pietro, bambino torinese, va in vacanza con la madre in un paesino della Valle d’Aosta dove abita un solo bambino suo coetaneo, Bruno. I due divengono presto amici a tal punto che i genitori di Pietro sono disposti ad ospitare Bruno per farlo studiare in città. Il padre però non è d’accordo e il bambino diventerà un ragazzo e un uomo che non lascerà mai la montagna. I due però continueranno ad incontrarsi e ristruttureranno insieme una baita prima che Pietro inizi poi a viaggiare nel mondo.

Recensione:

Poteva mancare, al mio sesto Festival di Cannes, almeno un film in concorso tratto da un romanzo best-seller di cui il sottoscritto non ha letto nemmeno una pagina? Domanda retorica! E quest’anno l’aggravante è che il romanzo in questione è stato scritto da un italiano, Paolo Cognetti, e si è pure aggiudicato il Premio strega…

“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, lo premetto, non è particolarmente consigliato per due categorie di pubblico: per gli amanti del mare e per chi non sopporta i film in dialetto, specie se nordico.

La sceneggiatura – piuttosto lunga, dispersiva e ridondante – racchiude al suo interno più storie e possibili chiavi di lettura. continua su

35)La disperata ricerca d’amore di un povero idiota (PIF)

“ La disperata ricerca d’amore di un povero idiota” è un romanzo scritto da Pif e pubblicato l’otto novembre da Feltrinelli Editore.

Sinossi:

“L’amore non è una formula matematica, non ci si può innamorare facendo dei calcoli.” Almeno questo è quello che pensa Arturo fino a quando rivede un vecchio compagno di classe, l’irritante Gianfranco Zamboni – ora ingegnere informatico. Dopo anni di lavoro a testa bassa, Arturo si è appena reso conto che amici e colleghi nel frattempo si sono sposati o convivono, molti hanno messo al mondo dei bambini e alcuni si sono già separati. Alle soglie dei quarant’anni, è ora di pensare a quel futuro che non ha mai avuto il coraggio di affrontare. Ma come si trova l’anima gemella, la persona che si è proprio sicuri sia quella giusta? L’incontro con il vecchio compagno di scuola sembra un appuntamento con il destino, perché Zamboni è a capo di un progetto sperimentale: una app finalmente efficace nel rilevare l’affinità fra persone. E siccome Arturo è un citazionista accanito, facendo sua la massima di Mae West “Tra due mali, scelgo sempre quello che non ho mai provato prima”, si butta nella sperimentazione. Mentre sembra stia nascendo una simpatia con Olivia, la ragazza dal sorriso raggiante che lavora nella mensa aziendale, l’app gli rivela che ha sette anime gemelle sparse per l’Italia e per il mondo. Nonostante il parere contrario dell’amico Carlo, inguaribile romantico, che lo spinge a uscire con Olivia, Arturo inizia il suo viaggio carico di speranza – ma anche di goffaggine e tanti dubbi. Da Siena alla Svezia, da Dubai alla Groenlandia, scoprirà molto su di sé, sui rapporti di coppia a ogni latitudine, e su cosa sia davvero un’anima gemella. Pif torna al romanzo con la sua voce inconfondibile e lo sguardo intelligente e critico, eppure sempre pieno di tenerezza, sulle contraddizioni del nostro presente, sulle fragilità fra il tramonto delle vecchie certezze e i falsi miti di nuove verità. Un romanzo picaresco ed esilarante sull’amore.

Recensione:

La maggioranza delle donne superata l’età fatidica dei trent’anni comincia a sentire il tintinnio delle lancette del proprio “orologio biologico”,  spaventata di non trovare l’uomo giusto con cui mettere su famiglia.

Tutto altro discorso per l’uomo che stupidamente si sente un eterno Peter pan, latin lover, cacciatore finché non si ritrova vecchio e solo.

Quando è il momento giusto per aprire le porte all’amore?

Quale è l’ età giusta per trovare l’anima gemella?

Esiste davvero l’anima gemella?

L’amore è il sentimento più difficile da raccontare, descrivere dagli scrittori, ma allo stesso tempo è quello più inseguito  dai lettori tra le pagine di un romanzo.

Pif cerca di dare  delle risposte e soprattutto un senso all’amore vissuto, provato dalla generazione over 40, che anzichè scegliere la strada più semplice, ama complicarsi la vita anche in campo sentimentale.

“La disperata ricerca d’amore di un povero idiota” è una commedia romantica ma temperato da una venatura malinconica/esistenziale che rende la lettura godibile e divertente.

Il lettore segue con curiosità la ricerca di Arturo Giammarresi (caro Pif magari è arrivato il momento di cambiare il nome del tuo alter ego letterario e cinematografico) del vero amore utilizzando una fantomatica app inventata da un cinico e sprezzante collega di Arturo.

Pif utilizza l’escamotage narrativo dell’app per evidenziare il suo personale quanto condivisibile insofferenza per l’abuso degli algoritmi ed  in più generale dei social network nelle relazioni sociali.

Tutto è studiato, selezionato, scelto sulla base di paramenti sempre più assurdi ed improponibili, facendo venire meno la spontaneità , istinto e casualità che un tempo erano parte vitale  e gioiosa delle nostre vite.

Pif  ci racconta di un quarantenne che si scopre incompleto, solo , stanco di un lavoro inutile e monotono  presso una grande  multinazionale.

Arturo desidera innamorarsi, creare un legame stabile , così decide d’intraprendere un viaggio per conoscere le sue nove presunte anime gemelle.

Un viaggio che si rivelerà divertente quanto disastroso sul piano amoroso, quanto illuminante sul piano della consapevolezza di sé.

L’amore esiste, ma spesso siamo ciechi nel vederlo davanti a noi. L’amore non aspetta in eterno.

  Arturo capirà amaramente quest’ importante lezione alla fine della sua ricerca.

Una dolorosa lezione che lo renderà pronto davvero , quando la sua anima gemella deciderà di dargli una seconda possibilità.

Un insegnamento che dovrebbe valere per  tutti noi.

34)Chi si ferma è perduto (Marco Malvadi e Samantha Bruzzone)

“Chi si ferma è perduto” è un romanzo scritto da Marco Malvadi e Samantha Bruzzone e pubblicato il 18 ottobre 2022 da Sellerio Editore.

Sinossi:

Serena, casalinga ultra indaffarata di un borgo vicino a Pisa, si imbatte casualmente in un cadavere. È quello del professor Caroselli, ottimo musicista e rigoroso insegnante nella scuola locale gestita dalle suore. Serena ha una solida formazione da chimica e un buon lavoro, ma ha scelto di licenziarsi stanca della discriminazione maschilista. Ma la sua identità non si esaurisce nel ruolo di madre di famiglia. Inoltre, la multitasking mamma di due figli e moglie di un distratto scienziato possiede quello che lei chiama «superpotere», un olfatto formidabile e professionalmente coltivato che le consente di distinguere perfino i singoli componenti chimici delle sostanze. Il passaggio da testimone in un caso di omicidio a investigatrice è così inevitabile. L’inchiesta ufficiale è invece condotta da Corinna Stelea, sovrintendente di polizia alta quanto un giocatore di pallacanestro. La coppia indirizza i sospetti verso i traffici del convento che gestisce la scuola. Molti pettegolezzi accompagnano l’indagine e molti segreti saranno svelati. Ma la soluzione sarà la più triste. Serena Martini e Corinna Stelea, i due nuovi personaggi creati dalla collaborazione di un affermato scrittore con una quasi esordiente, ma soprattutto dalla fusione di un punto di vista maschile e uno femminile, hanno giornate così complicate e vere che le loro più banali vicende quotidiane rischiano ogni momento di precipitare nell’acrobatico, nel paradosso, nell’avventura. Come già nella serie del BarLume, è l’affermazione del lato umoristico, o benevolmente assurdo, della vita che introduce nel poliziesco l’elemento comico, a cui in questo romanzo si aggiunge la capacità di rappresentare la sensibilità femminile.

Recensione:

Ammetto d’avere una discreta dose di scetticismo mista ad un’ elevata forma di pregiudizio letterario riguardo i romanzi scritti a quattro mani.

Scrivere un buon romanzo è un’ impresa difficile, complessa, travagliata e se a tutto ciò aggiungiamo il fatto di dover mettere d’accordo l’ego creativo di due scrittori allora è una mission quasi impossibile.

Gli scrittori sono strane creature, disposte a tutto pur di trovare la giusta ispirazione per il libro che gli possa  donare eterna gloria.

Se  poi la coppia di scrittori  sono anche marito e moglie, allora la missione non è più impossibile, ma diventa ai confini della realtà.

Marco Malvadi e sua moglie Samantha Bruzzone hanno voluto sfidare tutto ciò, decidendo di scrivere un giallo unendo i rispettivi talenti sperando di ottenere una chimica perfetta.

“Chi si ferma è perduto” è il risultato di una collaborazione che potremmo definire complessivamente riuscita, ma con ampi margini di miglioramento.

Un giallo ambientato in un piccolo paesino del pisano, nato dalla causale scoperta di un gruppo di mamme in passeggio del corpo del professore di musica, fa scattare da una parte nel memoria del lettore  delle reminiscenze televisive da “La signora in Giallo “e dall’altra il classico plot narrativo dei casi del “Bar Lume”.

“Chi si ferma è perduto” presenta un intreccio narrativo piuttosto classico, lineare,  abbastanza prevedibile negli sviluppi, ma ciò nonostante il lettore si gode la lettura leggera, frizzante, ironica, fatta d’intercalari toscani e soprattutto dei “pensieri e parole” pensante e non pronunciate dalle due protagoniste: Serena Martini chimica disoccupata e mamma a tempo pieno e Corina Stelea,  una poliziotta sveglia quanto insofferente alla stupidità dei suoi superiori.

L’inedita coppia investigativa è simpatica, divertente, complementare, ma ancora da “rodare” in indagini più incisivi ed articolati.

“Chi si ferma è perduto” è un buon primo giallo della coppia Malvadi-Bruzzone, ma ci aspettiamo molto di più perché va bene conoscere la chimica, ma ci vuole ben altro per fiutare una saga di successo.

33)Un cuore nero inchiostro- Le indagini di Cormoran Strike( Robert Galbraith)

“Un cuore nero inchiostro” è un romanzo scritto da Robert Galbraith e pubblicato da Salani Editore il 25 ottobre 2022.

Sinossi:

L’agenzia di Cormoran Strike e Robin Ellacott – detective privati, soci in affari e autoproclamatisi ‘migliori amici’ – non è certo a corto di clienti. Così, quando una giovane donna dall’aria stravolta si presenta in ufficio, la segretaria la rispedirebbe volentieri indietro, ma l’intuito di Robin le dice di ascoltarla. Mentre stringe la sua costosissima borsa macchiata di inchiostro, Edie Ledwell si presenta come la coautrice di una serie animata di culto che sta per sbarcare su Netflix e implora Robin di aiutarla a scoprire l’identità di una misteriosa figura che la perseguita online. Robin le consiglia di rivolgersi ad altre agenzie specializzate in reati informatici, ma rimane turbata da quell’incontro. E ancora di più la sconvolgerà leggere dell’assassinio di Edie Ledwell poco tempo dopo. Una nuova indagine sta per avvolgere Strike e Robin in una rete invisibile, pericolosa e oscura, in cui le identità si moltiplicano e si nascondono, la verità è più sfuggente che mai e il successo diventa un gioco crudele col destino. Un ingranaggio perfetto, una narrazione trascinante, un altro capitolo irrinunciabile della storia di Robin e Strike.

Recensione:

È sottile quanto importante la linea di demarcazione tra l’essere fan di un attore /serie tv e lo scivolare nel fanatismo , diventando  responsabile di azioni illegali o peggio ancora criminose.

Se da una parte il web ed ancora di più i social network hanno permesso al pubblico di ’”avvicinarsi” al proprio beniamino, dall’altra hanno scoperchiato il vaso di Pandora sulle stranezze e pulsioni più inspiegabili dell’animo umano.

Il fan medio “fatica” a distinguere il personaggio dall’interprete, sovrapponendo la sfera pubblica con quella privata creando così le condizioni per un pericoloso cortocircuito.

Chi  segue questo blog fin dalla nascita  sa bene quanto siamo stati “ coinvolti” da questo scomodo argomento e quali pesanti conseguenze abbiamo giustamente pagato.

Leggendo il sesto libro  di Robert Galbraith,  è quasi inevitabile immaginare  quanto ci sia dentro di personale della J.k Rowling  nell’intreccio narrativo.

Una storia che inizialmente si divide , alterna  tra il  mondo del web  e quello reale, per poi tragicamente intrecciarsi.

 J.K Rowling,  nonostante sia l’ideatrice di Harry Potter, negli ultimi anni  è stata  oggetto di feroci  e violente campagne d’odio sui social per le sue posizioni sui diritti civili non “allineate” al pensiero dominante.

La  scrittrice Rowling  intuendo il potenziale creativo di tutto questo odio, si è presa una geniale quanto perfida vendetta sui propri haters costruendo un giallo appassionante , pieno di colpi di scena, originale ed allo stesso tempo evidenziando i rischi ed i pericoli di un web senza regole e controlli.

Far diventare concreta , reale, una minaccia nata da un blog  di fan non era semplice , trovando un credibile motivo per “scomodare”  l’ormai celebre coppia investigativa composta da Strike e Robin.

L’aggressione e la morte di uno degli ideatori ha permesso il legame narrativo tra i due mondi  dando vita ad un racconto mai banale, spiazzante quanto incisivo nei contenuti.

“Un cuore nero inchiostro” è un giallo in cui nulla è come sembra e soprattutto fa emergere  gli aspetti peggiori ed oscuri del web: manipolazione psicologica, solitudine e mania del controllo .

“Un cuore nero inchiostro” si rivela una partita a scacchi giocata dalla coppia investigativa contro un avversario invisibile capace di ogni mossa pur di piegare la realtà al suo pericoloso mondo immaginario.

Chi è Anomia?

Quanti di voi ne hanno incontrato uno nella vostra esperienza con il web?

Dopo aver letto questo  romanzo, magari sarete più accorti nel dare fiducia a qualcuno nascosto da un nickname.