Il biglietto d’acquistare per “Il Regno” è: Omaggio
“Il Regno” è un film del 2020 diretto da FRANCESCO FANUELE, scritto da Francesco Fanuele e Stefano Di Santi, con: Stefano Fresi, Max Tortora, Silvia D’Amico e Fotini Peluso.
Sinossi:
Tranquilli: è una commedia. Eppure trent’anni fa, Giacomo, poco più che dodicenne, viene rinnegato dal padre e cacciato dal casale di campagna che gli ha dato i primi natali. La storia inizia quando il vecchio avvocato del padre, l’eccentrico Bartolomeo Sanna, invita Giacomo a tornare al casale per i funerali dell’odiato genitore. L’uomo si reca al cancello della sua vecchia dimora e nota con stupore che l’avvocato lo è andato a prendere in carrozza. Strano. Ancora più strano è prendere atto che il funerale si tiene all’interno della tenuta, con un prete che parla solo in latino e una folla di contadini vestiti di nero (“amici di papà”, spiega Sanna). Sembra uno scherzo ma non lo è! infatti, Giacomo scopre di aver ereditato Il Regno del padre. In che senso? Presto detto: nei suoi terreni c’è una comunità di persone che ha scelto di tornare a una vita più umile, modesta, senza gli assilli della tecnologia. (“Ma che è? Il medioevo?”, domanda l’ignaro erede al trono). Non capita tutti i giorni di ereditare dei sudditi pronti a darti cieca obbedienza, prosperose ancelle ben disposte a insaponarti la schiena e soprattutto il potere di legiferare a proprio piacimento. Ma Giacomo non è affatto come il padre, che fu un prepotente autocrate tutto d’un pezzo. Lui con i sudditi ci vuole parlare, ci vuole fare amicizia. Grosso errore, nessuno vuole un monarca compagnone, ma lui è così. Riuscirà il re più strampalato della storia a farsi rispettare e diventare l’uomo che non è mai riuscito ad essere?
Recensione:
“Il mio Regno per un cavallo” gridò Riccardo III sul campo di battaglia.
Alla fine del film lo spettatore sarà tentato d’emulare il grido shakespeariano con “Una sceneggiatura valida per il Regno di Fanuele” , resosi conto della debolezza narrativa della storia.
“…Il progetto di lungometraggio de “IL REGNO” deriva dal mio corto di diploma del Centro Sperimentale di cinematografia. Si percepiva subito che alla vicenda serviva più respiro narrativo di quello che può dare un cortometraggio e così, presentandomi da Domenico Procacci, gli dissi che avevo in mente un film che ampliasse quello stesso impianto narrativo…” così scrive Francesco Fanuele nelle sue note di regia.
Sono proprio queste parole paradossalmente ad evidenziare il cortocircuito creativo e drammaturgico del progetto.
“Il Regno” come lungometraggio si è rivelato “privo” del necessario sviluppo registico e narrativo, presentando superficialmente ogni personaggio sulla scena e limitandone qualsiasi evoluzione psicologica e caratteriale
“Il Regno -Il Film” si è rivelato prigioniero dell’idea originaria del corto pluripremiato, sfruttando solo in parte le nuove risorse creative ed interpretative dando così al pubblico la sensazione di girare a vuoto.
Il film “ondeggia” tra il genere fiaba moderna e quello da commedia esistenziale senza prendere mai una precisa e chiara direzione autoriale.
“Il Regno” risente di uno stile di racconto ondivago, dispersivo e con un ritmo discontinuo e pathos altalenante.
Intendiamoci la pellicola, nonostante le criticità sopracitate, riesce a mantenere un sufficiente tasso di godibilità e freschezza per merito di un cast artistico affiatato e ben armonizzato.
Stefano Fresi e Max Tortora occupano la scena dimostrando talento, esperienza e poliedricità dando sostanza e credibilità ai loro due personaggi senza mai scivolare nell’eccessivo o fiabesco sul piano interpretativo.
Se la coppia Fresi-Tortora diverte, colpisce, illumina la scena, sono altrettanto degne di note le performance femminili di Fotina Peluso e Silvia D’Amico.
Le due attrici sono state capace di coniugare ed alternare bellezza e talento arricchendo la cifra qualitativa e visiva del film.
Francesco Fanuele firma un esordio incompiuto, a nostro modesto parere, sprecando almeno in parte l’opportunità di dimostrare tutto il proprio potenziale.
La sua è una regia piuttosto “classica”, lineare, pulita ma in netto controtendenza rispetto ai suoi colleghi di pari età.
“Il Regno” convince maggiormente nella parte commedia esistenziale dove Stefano Fresi dà il meglio di sé.
“Il regno” rappresenta per il protagonista: la fase coming age, l’affrancamento dall’oppressiva figura paterna ed infine crisi e riscatto esistenziale.
È necessario avere un Regno per sentirsi apprezzato o quanto meno umanamente considerato?
È difficile dirlo, ma sicuramente anche in questa fiaba moderna è confermato che il nostro eroe /re diventa davvero tale andando incontro al proprio destino o comunque responsabilità legali/ giudiziarie.