Melvin è un ragazzo di trent’anni appassionato di fiction. Guardando la TV si innamora dell’Aspirante Diva e decide di conoscerla. Anni dopo Melvin racconta la sua storia allo Splendente, il suo psichiatra. Il tempo è galantuomo.
Non ho l’età, cantava una giovanissima Cigliola Cinquetti al Festival di Sanremo nel 1964, e personalmente, dopo aver visto la serie Netflix “1899” firmata dagli ideatori di “Dark”, avrei la tentazione di cimentarmi a mia volta nel brano, se non fosse che sono stonato come una campana.
Il progetto della rodata coppia Baran Bo Odar e Jantje Friese è sicuramente interessante, ma per chi, come me, ha visto l’avvento di serie come “Twin Peaks” e “Lost”, quelle sì, davvero rivoluzionarie, non è facile gridare oggi al capolavoro.
Niente di particolarmente nuovo sotto il sole, insomma, ma grazie anche alle solide risorse economiche e produttive messe in campo da Netflix “1899” può meritare una visione, sempre che si lascino da parte i superlativi assoluti e gli entusiasmi esagerati. Ecco 3 pregi della serie:
“The time traveler’s wife” è Una serie di David Nutter. Con Theo James, Rose Leslie, Desmin Borges, Natasha Lopez, Micheal Park. Drammatico, sentimentale. USA, Regno Unito. 2022-in produzione
Sbagliare è umano, perseverare è diabolico, recita il detto. Detto puntualmente ignorato da sceneggiatori e produttori, quando si mettono in testa di adattare per il piccolo o grande schermo un romanzo di successo, nonostante sia stato ampiamente dimostrato che è difficilissimo, produrre qualcosa di accettabile.
Gli esempi di trasposizioni deludenti si sprecano, tanto che persino l’imperturbabile e professionalissima direttora Turillazzi ha confessato di essere sempre piuttosto restia, a vedere un film o una serie tratti da un romanzo, specie se il romanzo in questione è stato molto apprezzato.
Potete immaginare il mio stato d’animo prima di lanciarmi nella visione di “The time traveler’s wife”, la serie HBO disponibile su Sky Serie e NOW a partire dal 13 giugno. continua su
“Fedeltà” è un romanzo scritto da Marco Missiroli e pubblicato da Einaudi nel Febbraio 2019.
Sinossi:
«Il malinteso», cosí Carlo e Margherita chiamano il dubbio che ha incrinato la superficie del loro matrimonio. Carlo è stato visto nel bagno dell’università insieme a una studentessa: «si è sentita male, l’ho soccorsa», racconta al rettore, ai colleghi, alla moglie, e Sofia conferma la sua versione. Margherita e Carlo non sono una coppia in crisi, la loro intesa è tenace, la confidenza il gioco pericoloso tra le lenzuola. Le parole fra loro ardono ancora, così come i gesti. Si definirebbero felici. Ma quel presunto tradimento per lui si trasforma in un’ossessione, e diventa un alibi potente per le fantasie di sua moglie. La verità è che Sofia ha la giovinezza, la libertà, e forse anche il talento che Carlo insegue per sé. Lui vorrebbe scrivere, non ci è mai riuscito, e il posto da professore l’ha ottenuto grazie all’influenza del padre. La porta dell’ambizione, invece, Margherita l’ha chiusa scambiando la carriera di architetto con la stabilità di un’agenzia immobiliare. Per lei tutto si complica una mattina qualunque, durante una seduta di fisioterapia. Andrea è la leggerezza che la distoglie dai suoi progetti familiari e che innesca l’interrogativo di questa storia: se siamo fedeli a noi stessi quanto siamo infedeli agli altri? La risposta si insinua nella forza quieta dei legami, tenuti insieme in queste pagine da Anna, la madre di Margherita, il faro illuminante del romanzo, uno di quei personaggi capaci di trasmettere il senso dell’esistenza. In una Milano vivissima, tra le vecchie vie raccontate da Buzzati e i nuovi grattacieli che tagliano l’orizzonte, e una Rimini in cui sopravvive il sentimento poetico dei nostri tempi, il racconto si fa talmente intimo da non lasciare scampo. Con una scrittura ampia, carsica, avvolgente, Marco Missiroli apre le stanze e le strade, i pensieri e i desideri inconfessabili, fa risuonare dialoghi e silenzi con la naturalezza dei grandi narratori.
Recensione:
Cosa è la fedeltà: Una parola? Un simbolo? Una richiesta? Una predisposizione d’animo? Una condizione morale?
Abbiamo un disperato bisogno di fedeltà.
La pretendiamo in ogni rapporto che costruiamo nella nostra vita.
Rimanere fedeli ad un’ idea, all’amicizia, alla parola data e soprattutto alla persona amata è forse una delle prove più difficili ed impegnative da sostenere.
Quando iniziamo una relazione sentimentale giuriamo “amore eterno” e soprattutto di rimanere fedeli.
Il tradimento è l’antitesi della fedeltà, eppure nessuno dei due avrebbero ragion d’essere senza l’altro.
Si può rimanere comunque fedeli tradendo?
Sono alcune delle domande e soprattutto riflessioni che Marco Missiroli spinge a farci attraverso il suo romanzo “Fedeltà”.
“Fedeltà” è stato acclamato dalla critica e dai lettori divenendo un bestseller fin dalla prima pubblicazione e che il sottoscritto ha “recuperato” solamente ora dopo aver visto tre episodi della deludente serie Tv targata Netflix.
Devo ammettere che la lettura del romanzo mi ha lasciato piuttosto “tiepido”.
Non ho compreso come questo romanzo abbia potuto scatenare l’entusiasmo generale , fare vincere premi allo scrittore e spingere Netflix alla produzione della serie.
“Fedeltà” si è rivelato complessivamente una lettura banale, piena di stereotipi sul matrimonio e sulla vita di coppia.
L’intreccio narrativo mostra rari passaggi originali e/o particolarmente intensi sul piano introspettivo ed emozionale.
Missiroli fa entrare il lettore dentro la vita di Carlo e Margherita, una giovane coppia milanese apparentemente felice quanto innamorata , ma che in vero si rivelerà fragile e pronta a cedere alla tentazione.
Entriamo dentro la testa dei due protagonisti e dei loro amanti, sentiamo i loro dubbi, incertezze esistenziali, ma solo in parte abbiamo una sentita partecipazione con i personaggi.
“Fedeltà” vorrebbe raccontare una storia di sentimenti, di scelte, d’amore , ma poi tutto rimane freddo quanto auto referenziale in scrittura.
Milano è la vera protagonista del romanzo, quella che cambia e pulsa davvero negli anni del racconto.
La casa della “Concordia” inseguita, bramata ed infine acquistata con furbizia da Margherita, incarna l’essenza del libro, ovvero il desiderio impossibile ma alla fine raggiunto insieme da una coppia.
Il matrimonio in quanto tale vive di alti e bassi.
Una coppia si può tradire, litigare, allontanarsi, ma alla fine ritrovarsi per un figlio, per un’affinità elettiva o più banalmente per dover pagare un mutuo monstre di una casa.
“Fedeltà” è un romanzo dal taglio elitario, dall’animo radical chic, ma almeno conserva nel finale quel calore popolare ed universale che solamente l’unità familiare può dare specialmente nei momenti difficili come l’addio ad una persona cara.
“Sono Felice, dove ho sbagliato ?” è un romanzo scritto da Diego Da Silva e pubblicato il 15 Marzo 20022 da Einaudi . Sinossi: Vincenzo Malinconico è tornato ed è alle prese con un’ingiusta causa. D’amore. Già, c’è di mezzo l’amore anche stavolta, ma un tipo d’amore con cui Malinconico non ha avuto ancora a che fare, professionalmente parlando: l’amore impantanato, quello di chi pensa di avere diritto a un risarcimento per il dolore. Perché è proprio questo che gli chiedono gli Impantanati, sei donne e due uomini uniti in una strampalata associazione: di intentare una causa epocale per danni da sinistri sentimentali. E l’assurdo può sembrare a tratti possibile, al più eccentrico avvocato d’insuccesso di sempre.
L’amore può ingolfare una vita, metterla in attesa, in balia degli anni che passano. Tutti conosciamo coppie sfinite da rapporti senza futuro: amori dove i progetti, i desideri e persino i diritti ristagnano. A volte è proprio il legame, il problema. I rapporti di forza, il tempo sul groppone, il presente che dà dipendenza. Poi capita che una mattina la parte debole si svegli e decida che è venuto il momento di fare i conti. È quello che succede nella sesta avventura di Vincenzo Malinconico, l’avvocato delle cause perse ancor prima d’essere discusse, quando Veronica, la sua compagna, gli manda in studio una coppia di amici che gli chiedono d’intentare, con una class action, una causa epocale per l’infelicità di coppia. La pretesa dei due, apparentemente demenziale (ma Malinconico è avvezzo a questo genere di situazioni), si basa su un assunto neanche così sbagliato: se esiste un diritto privato, perché la sfera privata dei sentimenti non dovrebbe andare soggetta alla stessa legge che regola i rapporti patrimoniali? Fosse per Malinconico la chiuderebbe lì, anche perché ha altro di cui occuparsi (Alagia che sta per farlo diventare nonno, Alfredo in fibrillazione per il suo primo cortometraggio, uno strano figuro che lo pedina), ma finisce per cedere alle insistenze del suo socio Benny e si ritrova a partecipare con lui agli incontri degli Impantanati. E noi lo sappiamo bene: quando Malinconico si fa trascinare in una situazione che gli sta stretta, sbrocca ma riesce persino a divertirsi. Sicuramente a farci divertire come non mai, in questo che è uno dei romanzi più mossi e vivi di Diego De Silva. Fra risate, battibecchi, colpi di scena e ordinarie drammaturgie familiari, Malinconico riuscirà ad articolare una stralunata difesa. Ma di sé stesso, soprattutto.
Recensione: Se la felicità è una chimera, l’infelicità sentimentale è invece qualcosa di tangibile, presente e sfortunatamente un dolore universale. Tutti almeno una volta nella vita abbiamo sofferto per amore ed altresì abbiamo fatto soffrire. L’amore è un sentimento potente quanto destabilizzante. Vogliamo l’amore, un compagno, ma allo stesso modo evitiamo di caderci dentro questo pozzo senza fondo. Le relazioni tossiche possono produrre danni enormi, ma sono quelle “in stallo” di cui dobbiamo realmente preoccupare. Si può essere infelici vivendo una storia del genere? La risposta è , purtroppo, un sì tragicomico. L’infelicità può essere oggetto di disputa legale? Un gruppo di infelici innamorati potrebbe unirsi in una class action contro i propri partner alias carnefici Quello che potrebbe apparire sulla carta come una “boutade” /provocazione per la penna creativa di Diego Da Silva è stato lo spunto narrativo vincente per scrivere una nuova e divertente avventura legale del nostro caro avvocato Vicenzo Malinconico. In attesa di vedere in autunno su Rai l’attesa trasposizione televisiva, il lettore può gustarsi una storia davvero gustosa ed allo stesso tempo agrodolce . Pietro Da Silva conferma pienamente le sue doti narrative e stilistiche firmando un intreccio brioso, ironico, divertente e mai banale. Il lettore da una parte sorride amaro sull’infelicità amorosa del bizzarro gruppo che reclama giustizia in un tribunale e dall’altra partecipa allegramente invece alla condizione paradossale che si trova a vivere il nostro avvocato: è felice. La sua vita privata e sentimentale procedono bene, tutti i pezzi del suo puzzle esistenziale si sono incastrati. Malinconico fatica ad accettare questa condizione, ne è intimorito. La felicità improvvisa e piena esiste davvero si chiede ad un certo punto Malinconico, immaginando nefasti colpi di coda. Da Silva affronta il tema della felicità nei rapporti regalandoci spunti di riflessione e condivisione osservando i dialoghi dei protagonisti di questo romanzo. Anche gli infelici cronici come Vincenzo Malinconico possono vivere un lieto fine.
“Volevo fare la rockstar 2” composta da otto episodi , diretta da Matteo Oleotto, scritto : Giacomo Bisanti, Matteo Visconti, Alessandro Sermoneta
con: Giuseppe Battiston, Valentina Bellè, Angela Finocchiaro, Emanuela Grimalda, Anna Ferzetti, Riccardo Maria Manera, Francesco Di Raimondo, Sara Lazzaro, Matteo Lai, Fabrizio Costella, Alessia Debandi, Ernesto D’argenio, Margherita Morchio, Caterina Baccichetto, Viola Mestriner.
Sinossi:
Sono passati quasi due anni dall’ultima volta che Francesco(Giuseppe Battiston)mi ha dato un bacio. Non che mi sia annoiata nel frattempo eh! C’è stato il casino di Vittorio, che prima mi ha rubato una canzone epoi ha pensato bene di rubare anche al fisco inglese, finendo in galera e coi beni sequestrati giusto un nanosecondo prima che potessi chiedergli un risarcimento.. C’è stata la luuuunga trasformazione di Nice(Angela Finocchiaro)da arpia divora-proletari a dolcissimanonnina… e io faccio tanto la mona a prenderla in giro,ma…meno male che c’è lei, visto che senza i suoi “aiutini”non avrei saputo come mantenere i due alieni consumisti taglia extralarge che hanno preso il posto delle miebambine. Quelle che fino a ieri si lavavano con l’acqua scaldata in pentola, ora hanno bisogno di un tablet atesta per seguire i tutorial su come truccarsi. Nel frattempo,Nadja(Emanuela Grimalda)si è trovata una casa nuova, che tra parentesi è la mia. Tralasciando saluti al sole e sedute di meditazione, mi aiuta a gestire le tempeste ormonali delle gemelle che scuotono la casa come uno tsnunami. Ah, e come dimenticare Eros(Riccardo Maria Manera) che dopo aver finalmente preso il diploma, ha deciso d iscriversi all’università.D a non crederci….Insomma, come dicevo, non sono stati anni noiosi. Ma due anni senza un bacio sono tanti anche per me. Francesco ha passato diversi mesi (troppi) in Canada e adesso che è tornato non mi sembra vero. Certo, la situazione tra di noi non è delle più semplici, ma io sono fiduciosa, col tempo anche le ferite più profonde possono rimarginarsi. Serve solo un po’ di pazienza, ma la verità è che ci amiamo e io non vedo l’ora che si decida a dare il via alla nuova fase della nostra relazione. Quella in cui viviamo per sempre felici e contenti. Per fortuna credo che sia questione di giorni, perché il mio esemplare di orso milanese si fa di minuto in minuto più inquieto e si vede che sta cercando solo il momento più adatto per dirmi che mi ama
Recensione:
Giovedì scorso è andata in onda su Rai 2 la prima puntata dell’attesa seconda stagione di “Volevo fare la rockstar”.
È tornata Olivia alle prese con le due figlie alias “le grulle” ormai adolescenti ribelli e la divertente quanto variopinta compagnia d’amici e parenti che tre anni fa conquistò il pubblico di Rai 2.
Ispirato alla storia vera di una blogger, “Volevo essere la rockstar” si era contraddistinta come una serie leggera, briosa, ironica ed allo stesso tempo realistico e coinvolgente nel raccontare le “fatiche” di una giovane mamma nell’educare due figlie gemelle e coniugando vita privata con un lavoro precario.
La serie poteva contare su script lineare, semplice, solido in cui lo spettatore percepiva calore ed umanità
Valentina Bellè nel ruolo di Olivia aveva dimostrato di possedere una discreta “vis comica” , buoni tempi da commedia impreziosita dalla presenza del bravissimo Giuseppe Battiston.
Anche il resto del cast si era dimostrato all’altezza, tarato quanto convincente nei rispettivi personaggi.
Eravamo così molto curiosi di vedere i primi due episodi , sperando di “ritrovare” il piccolo gioiellino creativo, registico e narrativo messo in scena da Matteo Oleotto e soprattutto di respirare l’alchimia umana e recitativa all’interno del cast.
Ci dispiace invece dover scrivere che le sensazioni provate durante la visione sono state contrastanti ed il giudizio alla fine è deludente.
“volevo fare la rockstar 2”è partito con il freno a mano tirato.
La storia fatica a decollare, i personaggi , dopo tre anni di pausa, appaiono meno veri, “sbarazzini” ed empatici.
Risultano bloccati all’interno di una scrittura meno fluida ed incisiva, come se il salto temporale abbia negativamente influenzato l’anima della serie.
“il distacco creativo” dalla storia originale si è sentito in modo sensibile, evidenziando la difficolta degli sceneggiatori nel creare un nuovo filone , costruire l’evoluzione e cambiamenti per i personaggi.
La crescita fisica delle grulle, quella emotiva /esistenziale di Olivia ed il loro rapporto ora così conflittuale non convince, risultando finto.
Lo stesso Giuseppe Battiston ha mostrato un inaspettato “ affanno” nel calarsi nuovamente nei panni di Francesco.
Dalla relazione “tira e molla” tra Francesco ed Olivia che aveva caratterizzato la prima stagione, con l’arrivo della new entry (Anna Ferzetti) lo spettatore dovrà abituarsi, con una certa diffidenza, al più classico dei triangoli con annesse scenate di gelosie.
Una partenza sbagliata o se preferite una falsa partenza che delude i fan, facendo prevalere il timore che la “magia sia finita”.
Ci auguriamo d’essere seccamente smentiti con i prossimi episodi, perché vogliamo bene ad Olivia ed alla sua band, ma rimettersi “in riga” sarà davvero una prova da vera rockstar.
“Incastrati” è una serie di Ficarra e Picone. Con Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Marianna Di Martino, Anna Favella, Leo Gullotta. Commedia. Italia, 2022-in produzione
Sinossi:
Palermo. Due sfortunati tecnici della TV si ritrovano per caso sulla scena di un delitto e per evitare di essere sospettati finiscono per mettersi sempre più nei guai. Il crescendo di eventi e situazioni improbabili li porterà persino a fare i conti con la mafia.
Recensione:
La critica italiana e il pubblico sono rimasti positivamente colpiti da “Incastrati”, la prima serie tv firmata dal duo Ficarra e Picone, disponibile dal 1 gennaio su Netflix, riservandole parole entusiaste e grandi elogi.
Mi spiace ricoprire molto spesso nelle mie recensioni il ruolo di bastian contrario, buttando acqua sul fuoco degli entusiasmi. Anche in questo caso mi sento di condividere solo in parte l’entusiasmo generale. “Incastrati” è un progetto discreto, ma da qui alla decantata perfezione…
Ficarra e Picone confermano una verve comica efficace e incisiva nell’evidenziare limiti e contraddizioni della società siciliana e del “siciliano medio” attraverso una storia sospesa tra il grottesco e il surreale. E non è una novità assoluta, visto che già la commedia del 2017 “L’ora legale” aveva sorpreso il pubblico in positivo in questo senso. continua su :
“Vita da Carlo” è una serie di Carlo Verdone, Arnaldo Catinari. Con Carlo Verdone, Max Tortora, Monica Guerritore, Anita Caprioli, Filippo Contri. Commedia. Italia. 2021
Recensione:
L’immagine pubblica di Carlo è quella di un uomo generoso e sempre disponibile: a chi gli chiede selfie per strada, autografi negli autogrill, Carlo non si nega mai. Il prezzo di questa costante ribalta è una vita privata estremamente frugale, scandita da ritmi sempre uguali, quasi come una prigione. O una commedia.
Essere Carlo Verdone: pensate che sia un’impresa facile? 365 giorni all’anno, 7 giorni su 7? Dei personaggi famosi, della loro vita pubblica e privata, noi “comuni mortali” vediamo soltanto i lati “positivi” – la fama, il successo, il denaro e le possibilità che questo garantisce.
In realtà far convivere lavoro e famiglia, confrontarsi con i fan e con le loro, talvolta strampalate, pretese e richieste e persino affermare la propria individualità, l’essere persona e non (solo) personaggio non è facile.
Carlo Verdone affronta questi temi, con la consueta dose di ironia, nella serie “Vita da Carlo”, presentata in anteprima alla Festa del cinema di Roma e disponibile su Prime Video dal 4 novembre.
Nell’arco dei dieci episodi – la cui visione è nel complesso leggera e godibile, al netto di qualche criticità narrativa e strutturale – il pubblico si confronta con una versione inedita dell’attore, alle prese con problemi familiari, dubbi esistenziali, scelte professionali difficili e possibilità politiche. continua su
“Guida astrologica per cuori infranti ” è una serie ideata da Bindu De Stoppani. Con Claudia Gusmano, Michele Rosiello, Lorenzo Adorni, Alberto Paradossi, Esther Elisha, Fausto Sciarappa, Emanuela Grimalda, Lucrezia Bertini, Giancarlo Ratti. Commedia. Italia. 2021-in produzione
Sinossi:
Poco più che trentenne e single, non per scelta, Alice Bassi lavora come assistente di produzione in un piccolo network televisivo, con ben poche possibilità di carriera. Il suo ex, Carlo, sta per sposarsi e diventare padre. E a questo si aggiunge l’arrivo di Davide, il nuovo affascinante e misterioso direttore creativo, assunto con il compito di verificare la produttività del team. La vita di Alice però sta per cambiare completamente grazie all’incontro con Tio, un attore della soap opera di punta del network e sedicente guru dell’astrologia, destinato a diventare presto la sua personale “Guida astrologica per cuori infranti”.
Recensione:
Quando lo scorso febbraio Netflix ha annunciato l’inizio delle riprese della serie “Guida astrologica per cuori infranti”, il sottoscritto ha iniziato un silenzioso quanto snervante conto alla rovescia. Nel mentre mi sono letto il romanzo di Silvia Zucca (qui la recensione della direttora), e ho esultato come un tifoso allo stadio davanti al primo trailer.
E adesso, davanti alla prospettiva di scriverne la recensione, mi trovo davanti un conflitto d’interessi di stampo amicale prima ancora che artistico. Perché, come sapranno bene i lettori di Parole a Colori, verso Claudia Gusmano, che interpreta la protagonista Alice Bassi, provo un profondo affetto, oltre a una grande stima.
Lo premetto: in queste righe non troverete nessun pistolotto generazionale, sofismo esistenziale e/o lettura antropologica su chi siano e che cosa pensino i cosiddetti Millennial [i nati fra gli inizi degli anni ’80 e la fine degli anni ’90, ndr]. Non porterò avanti nemmeno uno sterile quanto ipocrita j’accuse nei confronti di Netflix Italia, reo di aver perso l’ennesima, grande occasione. continua su
“Imma Tataranni – Sostituto Procuratore” è una serie diretta da Francesco Amato. Con Vanessa Scalera, Massimiliano Gallo, Alessio Lapice, Carlo Buccirosso, Alice Azzariti. Poliziesco, commedia. Italia. 2019-in produzione
Recensione:
Una delle sorprese della stagione televisiva 2019/2020: la serie “Imma Tataranni – Sostituto procuratore”, basata sui romanzi di Mariolina Venezia, torna in onda su Rai 1 da questa sera, martedì 26 ottobre, per quattro prime serate. A indossare i look stravaganti e il carattere roccioso della PM di Matera, ancora una volta, Vanessa Scalera.
Due anni fa la critica e il pubblico, abituati ai soliti e rassicuranti volti noti della fiction, davanti al nome della protagonista reagirono all’unisono con un: Vanessa Scalera chi? La scelta di puntare su quest’attrice di solida formazione teatrale sembrava una scommessa azzardata, ma i dati Auditel, in costante aumento nel corso della prima stagione, ne hanno dimostrato la fondatezza.
Vanessa Scalera si è imposta all’attenzione di tutti per la sua straordinaria interpretazione, dimostrando personalità, carisma e talento nel rendere simpatica una donna scorbutica quanto precisa sul lavoro, che indossa con naturalezza tutta una serie di abiti sgargianti.
Già perché Imma Tataranni ci viene presentata come seria, rigorosa, abituata a sudarsi ogni conquista. Imma sorride poco o nulla; è scontrosa, quasi antipatica, nei rapporti umani, ma onesta nell’applicare la legge, senza fare alcun favoritismo.
La prima stagione si era conclusa con il bacio appassionato tra Imma e il fidato braccio destro, il maresciallo Ippazio Calogiuri (Lapice) durante la festa patronale. Adesso il PM dovrà combattere contro questa attrazione e al contempo gestire le aspirazioni artistiche del marito Pietro (Gallo), deciso a lanciarsi come musicista abbandonando il posto fisso. Continuerà a scontrarsi con l’autorevole, prudente e scaramantico procuratore capo Alessandro Vitali (Buccirosso) e farà i conti con l’infatuazione ambientalista che Valentina (Azzariti) concepirà insieme a una cotta adolescenziale per il figlio adottivo del Procuratore capo.
Probabilmente è questa una delle ragioni del successo della serie “Imma Tataranni – Sostituto procuratore”: il fatto di raccontare le vicende di una donna normale, alle prese con un lavoro difficile e con i mille problemi legati alla gestione della famiglia. continua su
“Una Sirena a Settembre” è un romanzo scritto da Maurizio De Giovanni e pubblicato da Einaudi nel luglio 2021
Sinossi: Nella città della Sirena le cose non sono mai come sembrano. Una doppia sfida per Mina Settembre, l’irresistibile assistente sociale del Consultorio Quartieri Spagnoli Ovest. Accadono due fatti. Due fatti che appaiono chiari, eppure a Mina i conti non tornano. Un’anziana viene scippata, cade e finisce in coma. Sin qui nulla di strano, purtroppo; è la soluzione del caso, il modo in cui arriva, a non convincere. E convince poco pure il secondo episodio, una scena di povertà estrema mandata in onda da una televisione locale: un bambino che si contende del cibo con un cane fra montagne di spazzatura. No, a Mina i conti non tornano proprio. Così, con l’aiuto dell’innamoratissimo Mimmo Gammardella, il ginecologo più bello dell’universo, e a dispetto del suo caustico ex marito, il magistrato Claudio De Carolis, decide di indagare. Solo che deve stare attenta, perché di mezzo, in questa vicenda, ci sono parecchie sirene, e le sirene, si sa, incantano. Per fortuna, a far da guida tra inganni e malintesi, c’è la Signora, straordinario personaggio che attraversa tutto il romanzo, una delle invenzioni più poetiche nate dalla fantasia di Maurizio de Giovanni. Recensione: Meno di un anno fa nello scrivere la mia entusiastica recensione sul romanzo “Troppo Freddo per Settembre” sottolineavo come fossi curioso di vederne l’adattamento televisivo con protagonista la brava e bella attrice Serena Rossi. Una scelta ritenuta perfetta considerando le qualità fisica e recitative dell’attrice napoletana preventivando così un grande successo di pubblico. Un anno dopo mi ritrovo da una parte ad autocelebrarmi per azzeccato pienamente le previsioni Auditel su Mina Settembre, ma dall’altra parte rivendicando un mix di amarezza e denuncia letteraria nei riguardi del Maestro De Giovanni. Inutile girarci intorno c’è un abisso narrativo, stilistico, identitario tra la Mina Settembre in versione letteraria e quella televisiva incarnata con bravura dalla Rossi. Il Maestro De Giovanni ha “compiuto” un personale quanto autoriale tradimento rispetto alle altre due saghe. Con gli altri due adattamenti televisivi de “ I Bastardi di Pizzo Falcone” e Il Commissario Ricciardi” abbiamo apprezzato il rispetto dell’impianto drammaturgico, dei personaggi , dei loro caratteri e personalità e soprattutto si è mantenuta una linea e coerenza di racconto rispetto allo spirito dei romanzi. Invece con Mina Settembre abbiamo presto atto ad una sorta di “scissione”- “contrapposizione” tra i due personaggi a 360 gradi. Mi ha divertito vedere la Mina televisiva, ma quella letteraria rimane di un altro livello qualitativo, stilistici e narrativo. Il lettore che ha scoperto, amato prima il personaggio letterario è rimasto spiazzato dalla versione televisiva se non in parte deluso. Nutriamo il massimo rispetto e stima per Maurizio De Giovanni, ma fatichiamo nel capire i motivi di questa duplice ed opposta Mina Settembre. “I punti di forza” della Mina Settembre letteraria sono quasi silenziati per non dire annullati nella versione televisiva. L’elemento romance che nei romanzi era appena accennato, nell’adattamento televisivo è diventato centrale, svilendo, a nostro modesto parere, i personaggi del bello quanto ingenuo ginecologo Mimmo e soprattutto quello di Paolo, il cinico e formale PM nonché ex marito di Mina. Ancora peggiore è stata “la sorte” del portiere Trapanese che dal divertente e mai sguaiato “machista” si è trasformato nel formato televisivo come il nonno della porta accanto. “Una Sirena a settembre” è complessivamente un romanzo piacevole, ironico da leggere avendo però la giusta dose di malinconica e sapore agrodolce , tipiche della saga di Settembre, ma sfortunatamente il lettore sente, percepisce come il testo sia “sporcato” da passaggi più televisivi che letterari. Maurizio De Giovanni si è ritrovato a dover gestire le due Mine cercando una difficile e forzosa coabitazione dentro la storia, ottenendo così un depotenziamento della storia e dei personaggi. “Una Sirena a Settembre” resta una lettura estiva consigliata, avvincente e ricca di colpi di scena ben costruiti, ma allo stesso ci permettiamo di lanciare un “affettuoso consiglio” al Maestro De Giovanni: Faccia chiarezza come autore su quale delle due Mina Settembre debba sopravvivere. Continuando con il doppio filone rischia di trasformare una brillante saga in uno stillicidio creativo e subito dopo in un cortocircuito narrativo ed artistico. Mina Settembre merita chiarezza, liberta ed i lettori /spettatori d’amarla una ed una sola.