5) Le Variazioni di Giuditta (Sabrina Sciabica)

“Le variazioni di Giuditta” è un romanzo scritto da Sabrina Sciabica e pubblicato l’undici Febbraio 2023 da PortoSeguroEditore.

Sinossi:

Una metropoli sovrappopolata in cui si costruisce sottoterra; appartamenti trasformati in tuguri in multiproprietà, con servizi in comune nei quali gli abitanti non devono mai incontrarsi. Un governo che applica divieti di ogni sorta, e usa gli spazi prima dedicati ai musei per attività, a suo dire, più redditizie. È la Roma di un futuro prossimo, a tratti distopico, descritta in Le variazioni di Giuditta. Una città degradata, umiliata e non più capitale. «Perché Giuditta mi ossessiona?» si chiede Nya, giornalista che sfugge all’insoddisfazione rifugiandosi nell’instancabile ricerca di questa figura, nel “web limitato” a cui è consentito accedere. «Perché gli esseri umani si sono adattati a tutto, comprese le limitazioni della libertà personale?» si domanda Andrea, che non sopporta la prigionia nella quale è costretto a vivere. Per caso, da un foglio sfuggito al rigoroso sistema di disinfezione quotidiano, nell’unico ambiente condiviso, comincia un intrigante scambio di doni tra i due coabitanti.  Tra incontri, scontri e assemblee clandestine, in quanto gli assembramenti sono vietati per evitare la comparsa di forme di associazioni sovversive, l’arte recupera i suoi spazi.

Riuscirà a risvegliare i cittadini dal torpore in cui si sono adagiati?

La parola “Libertà” è scandita, urlata, pretesa , invocata , riscoperta dalla singola persona nel momento   in cui le viene tolta, limitata e/o tolta , magari dallo Stato per raggiungere un obiettivo più alto e nobile.

È ancora vivo e doloroso il ricordo delle chiusure del 2020, quando tutti noi ci  ritrovammo chiusi dentro le quattro mura di casa.

Decliniamo il concetto di libertà  in  differenti declinazioni: c’è quella dii muoversi, esprimersi , viaggiare, creare, contestare, scrivere.

Ma come sarebbe l’Italia  privata  dell’Arte e della cultura e con musei  chiusi definitivamente ?

Quale Italia vivremo  in cui  Milano è  diventata capitale d’Italia, mentre  Roma è stata declassata ,umiliata scivolando nell’oscurità e degrado civile, sociale ed artistico?

Sarebbe un  Paese schiacciato da un regime che obbliga i propri cittadini a lavorare dieci ore al giorno ed a vivere una vita anonima e ripetitiva dentro i rispettivi tuguri.

È un incubo di società che Sabrina Sciabica ci presenta con il suo nuovo romanzo “Le Variazioni di Giuditta”.

 “Le Variazioni di Giuditta” non è un semplice romanzo di genere dispotico, semmai utilizzato come espediente letterario per dare vita   a drammaturgia più complessa , ricca di citazioni e rimandi letterati, artistici e politici.

“Le variazioni di Giuditta” è  l’urlo della generazione over 35 che si è sentita tradita, intrappolata dalla politica.

Una generazione sospesa  dentro un  sistema elitario , soffocante  e soprattutto volutamente miope di fronte ai veri  talenti  , offrendo visibilità e posti di responsabilità agli incompetenti di regime.

Sciabica scrive un romanzo di critica politica, sociale ben mascherato in una storia d’amore e ribellione.

Una ribellione pacifica organizzata da uomini e donne stanche del pensiero unico e di una” normalizzazione” che ha quasi ucciso la creatività e curiosità di conoscenza ed il desiderio d’amare e mettersi in gioco.

“Le variazioni di Giuditta” è anche un gradevole ed intelligente guida alle bellezze di Roma che nonostante il degrado odierno  conserva tutto il proprio fascino e bellezza.

“Le Variazioni di Giuditta” è un invito a non rimanere indifferenti , a non sentirsi sazi e privi di sogni ed aspirazioni.

Sabrina Sciabica  scrivendo questo romanzo, probabilmente ha avuto una funzione catartica e liberatoria.

Al lettore pigro e svogliato va il mio accorato invito alla lettura, al fine di capire che non è mai troppo tardi per cambiare se stessi e magari la società grazie all’Arte!

11) Il primo giorno della mia vita -il Film

Il biglietto d’acquistare per “Il primo giorno della mia vita” è : Omaggio (con Riserva)

“Il primo giorno della mia vita” è un film del 2023  diretto da Paolo Genovese, scritto da Paolo Genovese, Paolo Costella, Rolando Ravello, Isabella Aguilar, basato sull’omonimo romanzo scritto da Paolo Genovese e pubblicato da Einaudi nel Maggio 2018, con : Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Margherita Buy, Sara Serraiocco, Gabriele Cristini, Giorgio Tirabassi, Lino Guanciale, Antonio Gerardi, Lidia Vitale, Vittoria Puccini, Elena Lietti, Thomas Trabacchi, Davide Combusti.

Sinossi:

Il primo giorno della mia vita, il film diretto da Paolo Genovese, mette al centro della storia l’enorme valore della vita di ogni essere umano. Nel film si intrecciano le vicende di un uomo (Valerio Mastandrea), due donne (Margherita Buy e Sara Serraiocco) e un ragazzino (Gabriele Cristini). Ognuno di loro ha un motivo preciso per essere disperato, tanto da arrivare a chiedersi perché mai dover continuare a vivere.

Un giorno tutti questi personaggi in momenti diversi della loro vita si imbattono e conoscono un uomo misterioso (Toni Servillo). Sarà quest’ultimo a dare loro la possibilità di osservare cosa potrebbe accadere nel mondo, quando non ci saranno più.

È così che i quattro protagonisti avranno a disposizione una settimana per osservare sé stessi dal di fuori, per vedere cosa lascerebbero e come reagirebbero parenti e amici alla loro dipartita. Quest’esperienza rappresenterà per tutti l’occasione per tornare ad apprezzare di nuovo la vita.

Recensione:

Strano a dirsi, caro lettore /spettatore, ma in questo caso il vostro vecchio inviato aveva letto quattro anni fa il romanzo di Paolo Genovese, dando per scontato l’adattamento cinematografico.

Un adattamento arrivato probabilmente fuori tempo massimo causa pandemia e guerra, obbligando Genovese a riporre nel cassetto il sogno di girarlo negli Stati Uniti.

Infatti la prima differenza tra il libro ed il film, è la città in cui si svolge i fatti.

Da New York a  Roma, il passo è “breve” se la produzione non si è potuta permettere i costi della trasferta.

“Tutti mentono “ci ha insegnato il geniale quanto corrosivo Dr. House.

Chi vi dice di non aver pensato, almeno una volta nella vita, alla proprio morte ed in un momento di sconforto personale anche al suicidio: mente due volte, senza alcun dubbio.

La morte è un argomento delicato, terribile quanto affascinante e complesso.

Chi possiede il dono della fede vede nella morte il necessario passaggio per poter ambire alla vita eterna.

Chi invece per scelta, moda, indolenza, cinismo non crede a niente e nessuno, si limita a vivere una vita evitando d’affrontare il minor numero di rotture di coglioni di decimo livello, si  rivela  discepolo oltre che fan del vice questore Rocco Schiavone.

Esiste, purtroppo, anche una terza categoria fortemente legata alla tematica, tragicamente e quotidianamente in crescita: tutte quelle persone colpite dal demone più feroce e subdolo esistente: il mal di vivere alias depressione capace d’infettare qualsiasi anima.

La depressione non dà alcun preavviso, avvinghia la propria preda e raramente l’abbandona fino a quando non ha portato termine il compito: distruggerla fisicamente e spiritualmente.

Chi decide di suicidarsi, non è un vigliacco come molti dicono e scrivono con estrema facilità, ma bensì un soldato stanco di una guerra lunga, sfibrante e soprattutto combattuta in solitaria.

La depressione e il suicidio sono diventati spesso fonte di ispirazione narrativa ed artistica per scrittori, registi uniti nel folle ed ambizioso tentativo d’indagare l’animo umano e capirne i lati più intimi e profondi.

Paolo Genovese da un uomo curioso oltre che regista, sensibile ed attento agli usi e costumi della nostra società, ha rinnovato  questa sfida artistica ed umana , stavolta in campo cinematografico.

La seconda differenza risiede  nella sceneggiatura  scritta ad otto mani, modificando in modo consistente la prospettiva e forza dell’idea e paradossalmente facendone perdere intensità, unicità e profondità interiore

“Il primo giorno della mia vita” non era  il romanzo più originale, innovativo, dirompente esistente in letteratura su questa tematica,  ma conteneva  spunti e passaggi narrativi sicuramente intensi, delicati e non scontati per il lettore.

Invece la sceneggiatura si rivela confusa, dilatata, autoreferenziale e piuttosto fredda e stereotipata su alcuni personaggi.

“Il primo giorno della vita” era un romanzo “cinematografico”, nel senso più positivo del termine, poiché lo stile semplice, diretto quanto avvolgente di Genovese permetteva al lettore d’ immaginare ,fin dalla prima pagina, i luoghi, personaggi e situazioni inseriti nell’intreccio , invece una volta che i personaggi hanno preso vita  sulla scena, non è scattato l’atteso coinvolgimento.

Se Il lettore entrava subito in empatia con i protagonisti della storia condividendone i dolori, dubbi e contrastanti emozioni, lo spettatore fatica più del dovuto nel sostenere e condividere un viaggio interiore confezionato in stile americano.

“Il primo giorno della mia vita” mostra  come “il mal di vivere” possa colpire chiunque, non risparmiando neanche un indifeso e dolce bambino, non ascoltato ed “amato “in modo egoistico dai propri genitori.

Genovese si chiede e ci chiede quale sarebbe la nostra reazione di fronte alla possibilità d’ assistere al proprio funerale e osservare ed ascoltare le reazioni dei nostri cari ed amici.

Da tale esperienza potremmo ricavare qualche insegnamento ? Saremmo disposti a cambiare qualcosa nella nostra esistenza?

Chi ha compiuto il gesto estremo, potendo usufruire di tale dono per 7 giorni, tornerebbe poi sui propri passi ?

“Il primo giorno della mia vita” come romanzo evitava, fortunatamente, una deriva narrativa ed emozionale totalmente prevedibile e melensa riguardo la scelta finale compiuta dai cinque protagonisti, lasciando al lettore l’ inevitabile quanto necessaria dose di cinismo e delusione, mentre allo spettatore scioccamente viene imposto un quasi totale cambio di tono e di stile.

Il prestigioso cast artistico svolge il compitino senza lode e senza infamia, lasciando poco in dote allo spettatore.

La vita è un dono d’apprezzare e godere, nonostante le avversità, ogni giorno come fosse il primo.

Allo stesso tempo chi decide altrimenti , non va il nostro stolto biasimo , quanto semmai la sincera preghiera   affinché  la sua  anima sia finalmente libera e serena, magari in veste più utile per gli altri aspiranti suicidari.

45) Vita da Carlo

“Vita da Carlo” è una serie di Carlo Verdone, Arnaldo Catinari. Con Carlo Verdone, Max Tortora, Monica Guerritore, Anita Caprioli, Filippo Contri. Commedia. Italia. 2021

Recensione:

L’immagine pubblica di Carlo è quella di un uomo generoso e sempre disponibile: a chi gli chiede selfie per strada, autografi negli autogrill, Carlo non si nega mai. Il prezzo di questa costante ribalta è una vita privata estremamente frugale, scandita da ritmi sempre uguali, quasi come una prigione. O una commedia.

Essere Carlo Verdone: pensate che sia un’impresa facile? 365 giorni all’anno, 7 giorni su 7? Dei personaggi famosi, della loro vita pubblica e privata, noi “comuni mortali” vediamo soltanto i lati “positivi” – la fama, il successo, il denaro e le possibilità che questo garantisce.

In realtà far convivere lavoro e famiglia, confrontarsi con i fan e con le loro, talvolta strampalate, pretese e richieste e persino affermare la propria individualità, l’essere persona e non (solo) personaggio non è facile.

Carlo Verdone affronta questi temi, con la consueta dose di ironia, nella serie “Vita da Carlo”, presentata in anteprima alla Festa del cinema di Roma e disponibile su Prime Video dal 4 novembre.

Nell’arco dei dieci episodi – la cui visione è nel complesso leggera e godibile, al netto di qualche criticità narrativa e strutturale – il pubblico si confronta con una versione inedita dell’attore, alle prese con problemi familiari, dubbi esistenziali, scelte professionali difficili e possibilità politiche. continua su

34)Luna Park

“Luna Park” è una miniserie ideata da Isabella Aguilar. Con Simona Tabasco, Lia Grieco, Guglielmo Poggi, Edoardo Coen, Alessio Lapice, Giulio Corso, Tommaso Ragno, Milvia Marigliano, Mario Sgueglia. Drammatico. Italia. 2021-in produzione

Recensione:

La parola Luna Park rievoca in me felici ricordi, legati alla mia infanzia e adolescenza e alla mia famiglia. I miei “poveri” genitori erano costretti a fermarsi in qualsiasi fiera con giostre esistente, per soddisfare i capricci di quel figlio che mal sopportava, invece, i musei e le città d’arte.

Per me, Luna Park significava gioia, stupore, divertimento, magia. Una meravigliosa pausa da una realtà spesso noiosa e ripetitiva. Da teledipendente, invece, mi vengono in mente i pre-serali di Rai1 degli anni ‘90, condotti da personaggi del calibro di Pippo Baudo e Mara Venier.

Questa personale divagazione era necessaria per rendervi partecipe de mio sincero rammarico da attempato recensore nel dover associare, da oggi, a questa bella parola anche un senso di noia e inutilità. Sono queste le sensazioni dominanti, dopo aver visto i sei episodi della miniserie ideata e scritta da Isabella Aguilar.

Dispiace vestire nuovamente i panni del guastafeste, criticando senza remore un progetto Netflix, e per giunta italiano, ma mi è oggettivamente impossibile elogiare qualcosa dove non ho compreso la linea narrativa, l’evoluzione dei personaggi, il senso.

“Luna Park” è una serie priva di riferimenti di genere, indicazioni stilistiche, identità. Sei ore di ibrido pasticciato. Thriller, dramma, melò si mescolano in una sceneggiatura priva di mordente, che lascia lo spettatore freddo e distaccato. E questo nonostante una vera e propria montagna russa di colpi di scena e cambi di registro.

La ricostruzione storica, quanto meno, è attenta, e lo sforzo produttivo importante si vede (l’Italia degli anni ’60 rivive nei costumi e nelle scenografie). continua su

86) Voci Capitoline ( Sabrina Sciabica)

“Voci Capitoline” è una raccolta di racconti scritta da Sabrina Sciabica e pubblicata da L’Erudita Editore nel Febbraio 2019.

Sinossi:
Le Voci capitoline sono venti reportage sulla vita quotidiana in una delle più antiche e immense città del mondo: uno sguardo rapido e fulmineo, una narrazione di mondi possibili, personaggi realmente incontrati ed episodi accaduti. Questi screenshot metropolitani possono essere letti anche singolarmente o in un ordine diverso da quello presentato. Essi offrono uno spaccato della società con_ temporanea e hanno, come argomento e sfondo comune, la città eterna. Alcune storie sono realistiche, basate su incontri e scontri sui mezzi pubblici, altre invece partono da fatti e atmosfere concreti per arrivare a situazioni surreali, corrispondenti a sogni o desideri dei personaggi che animano questo teatro fantastico che è la vita. Racconti ironici e comici si susseguono a quelli più riflessivi e malinconici, catturando così il lettore in un multiforme vortice emozionale. Con uno stile ironico e mai banale, Sabrina Sciabica ci fa viaggiare sulle montagne russe di una vita selvaggia che è quella della Roma odierna.
Recensione:
Roma caput mundi.
Roma città eterna.
Roma capoccia
Roma ed ancora Roma.
Quanti autori, poeti, cantanti, filosofi hanno provato nel corso dei secoli a raccontare, catturare, rappresentare l’anima più intima e sfuggevole di questa città?
Tanti per dire troppi, illudendosi d’aver trovato la giusta ispirazione per questa impossibile missione artistica
Quando paradossalmente sarebbe stato più efficace lasciarsi guidare dalle semplici emozioni ed esperienze personali
È quello che ha fatto con bravura ed intelligenza Sabrina Sciabica scrivendo la convincente e poetica raccolta di racconti “Voci capitoline”.
Sabrina Sciabica, dopo il brillante esordio letterario de “L’Imbarcadero per Mozia”, omaggia la sua città d’azione firmando 20 racconti/reportage capaci d’emozionare, coinvolgere e far sorridere il lettore.

In ogni racconto viviamo e vediamo Roma attraverso gli occhi e sensazioni del personaggio sempre diverso, particolare e mai banale
“Voci capitoline” è una lettura piacevole, intrigante, divertente, magica in cui sono mescolati con sagacia ed armonia ricordi personali dell’autrice ad altri passaggi di pura finzione dando vita ad un ‘inedita visione e rilettura della città eterna.
Sabrina Sciabica si conferma un ‘autrice creativa, poliedrica oltre che dotata di uno stile narrativo elegante, intenso quanto diretto e comprensibile.
“Voci capitoline” è una raccolta che vi scalderà il cuore e la mente facendovi conoscere e amare in modo diverso grazie alla bella penna della sensibile osservatrice  Sabrina.

38) La Fuga

“La Fuga” è un film di Sandra Vannucchi. Con Donatella Finocchiaro, Filippo Nigro, Lisa Ruth Andreozzi, Madellena Halilovic, Andrea Atzei. Drammatico, 80′. Svizzera, Italia 2017

Sinossi:

Una ragazzina di undici anni di nome Silvia vive schiacciata dalla depressione clinica della madre. Quando capisce che nessuno potrà aiutarla a esaudire il sogno di visitare Roma, Silvia scappa con l’intenzione di vedere la città da sola. Sul treno incontra Emina, una ragazza rom, e decide di seguirla per le strade della capitale.

Recensione:

Quante volte, da bambini, arrabbiati con i nostri genitori abbiamo pensato di scappare di casa o desiderato di poter cambiare famiglia? Quante volte, da adolescenti, abbiamo fantasticato di lasciarci tutto alle spalle per vivere una vita o quanto meno una giornata memorabile, lontani dai rimproveri di mamma e papà?

Visto quanto possano rivelarsi precari gli equilibri familiari, potremmo andare avanti all’infinito con questo elenco di “quante volte”.

“La fuga”, opera prima di Sandra Vannucchi, racconta in modo semplice, sincero ma incisivo il disagio vissuto dalla protagonista Silvia (Andreozzi) davanti allo stato depressivo cronico della Giulia (Finocchiaro). Silvia è una ragazzina tranquilla, giudiziosa, studiosa, ma è pur sempre una ragazzina che vorrebbe essere amata, coccolata e seguita dai genitori.

Il film racconta altresì la storia di un’inaspettata, sincera e profonda amicizia, quella tra Silvia e la coetanea Emina (Amatovic), di etnia rom. Questo permette allo spettatore di conoscere meglio una realtà discussa come quella dei rom a Roma, attraverso lo sguardo ingenuo e libero da pregiudizi della protagonista.

Nonostante “La fuga” sia una pellicola low budget, spicca per la qualità della scrittura, per la ricchezza emozionale trasmessa attraverso una struttura narrativa puntuale, funzionale quanto avvolgente, e per la bravura del cast. continua su

http://paroleacolori.com/la-fuga-alla-scoperta-di-una-roma-diversa-pera-prima-di-sandra-vannucchi/

13) Il Primo Re

“Il Primo Re” è un film del 2019 diretto da Matteo Rovere, scritto da Matteo Rovere, Filippo Gravino, Francesca Manieri, con : Alessandro Borghi, Alessio Lapice, Fabrizio Rongione, Tania Garribba, Massimiliano Rossi, Michael Schermi, Vincenzo Crea, Max Malatesta, Vincenzo Pirrotta, Lorenzo Gleijeses, Antonio Orlando, Florenzo Mattu, Martinus Tocchi.
Sinossi:
Il Primo Re, il film di Matteo Rovere, vede protagonisti Romolo (Alessio Lapice) e Remo (Alessandro Borghi), due fratelli gemelli che vivono in pace, allevando le loro pecore.
Travolti da una spettacolare piena del fiume Tevere, vengono catturati, assieme ad altri – dai crudeli guerrieri di Alba Longa.
Grazie alla loro astuzia e alla loro forza, riescono a fuggire assieme agli altri prigionieri, portando con loro una vestale (Tania Garribba) e il Sacro Fuoco che custodisce.
Da quel momento in avanti, con Romolo gravemente ferito, dovranno lottare per la sopravvivenza, attraversando foreste oscure e affrontando feroci nemici. E dovranno fare i conti con un Destino divino che metterà i due fratelli di fronte a scelte difficili e a confrontarsi con la loro voglia di esercitare il libero arbitrio. Fino al raggiungimento delle sponde del Tevere, e alla fondazione di una nuova civiltà. Dal loro sangue nascerà una città, Roma, il più grande impero che la Storia ricordi. Un legame fortissimo, destinato a diventare leggenda.

Recensione:
Matteo Rovere è indubbiamente una persona “coraggiosa” nell’intraprendere costantemente nuovo sfide produttive ed artistiche scontrandosi contro le logiche commerciali dominanti.
Se poi al coraggio dell’uomo uniamo la creatività autoriale e lungimiranza produttiva allora è “quasi” scontato sottolineare come Matteo Rovere abbia vinto pienamente la sua scommessa realizzando “Il Primo Re”.
Ma qualè metro di giudizio e paragone dobbiamo utilizzare per questa pellicola? .
E’ indispensabile fare questa premessa, a nostro parere, donde evitare equivoci intellettuali e soprattutto “alimentando” vane e fuorvianti attese nello spettatore.
Se dovessimo valutare “Il Primo Re” nell’esclusivo quanto limitante panorama cinematografico italiano , il nostro giudizio sarebbe davvero semplice quanto immediato :
“ Il Primo Re è uno straordinario colpo di vitalità del cinema italiano nel dimostrare come sia ancora possibile realizzare un film di “genere” .
Oltre a stupire e sconvolgere positivamente lo spettatore con numerose scene di combattimento davvero credibili quanto efferate.
Gli sceneggiatori del “Il Primo Re” sono stati abili quanto bravi nell’ unire, mescolare tematiche così difficili quanto opposte : il mito, azione e religione . Firmando una sceneggiatura potente, solida, suggestiva e permettendo allo spettatore diverse quanto corrette letture ed interpretazioni su quanto visto, sentito e percepito.
La stessa “ardita” scelta d’utilizzare” il “protolatino” come strumento di comunicazione e dialogo tra gli attori imponendo un duplice e gravoso sforzo recitativo e professionale agli interpreti e soprattutto lo sforzo allo spettatore di dover leggere sottotitoli per oltre due ore, è complessivamente “vinta” oltre a garantire un salto di qualità e profondità narrativa al progetto stesso.
“Il Primo Re” non soltanto conferma il talento e poliedricità recitativa di Alessandro Borgi nel ruolo del rude, potente e carismatico Remo, ma accende meritamente i riflettori sugli altri due interpreti principali: Alessio Lapice (Romolo) e Tania Garibba (la mistica quanto fascinosa vestale Satnei), altrettanto credibili, valorosi , talentuosi e dotati di una significativa presenza scenica.
Matteo Rovere riadatta con il proprio stile ed idea di cinema tre film “cult” del calibro di “Apocalypto” di Mel Gibson, “Revenant” di Inarritu ed infine “Silence” di Martin Scorsese, mettendo in scena un film che complessivamente non “sfigura” con questi tre “mostri sacri” del cinema internazionale.
Ma se volessimo “superare” il perimetro italico e valutare “Il Primo Re” , come giustamente merita, inserendolo in una cornice internazionale?
Allora, caro lettore, qualche problema e criticità sono opportune oltre che doverose evidenziarle.
“Il Primo Re” è un film visivamente bello (davvero magistrale la fotografia del Maestro Daniele Ciprì) quanto però freddo e solamente a tratti davvero coinvolgente ed avvolgente.
“Il Primo Re” appare drammaturgicamente come una “fusione fredda” di più generi avendo voluto soddisfare esigenze autoriale ed interessi commerciali, alla lunga difficilmente compatibili.
L’impianto narrativo risulta così diviso in due netti e chiari tronconi:

http://www.nuoveedizionibohemien.it/index.php/appuntamento-al-cinema-73/?fbclid=IwAR2sVh55655kraGM-3o5jNOH6sZguZooESxYx-K0P2X6fantZXu_j5pAKt4

219) Nero a Metà

“Nero a Metà” è una serie diretta da Marco Pontecorvo. Con Claudio Amendola, Miguel Gobbo Diaz, Fortunato Cerlino, Rosa Diletta Rossi, Alessandro Sperduti, Margherita Vicario, Sandra Ceccarelli, Alessia Barela, Antonia Liskvova, Angela Finocchiaro, Roberto Citran.

Sinossi:

Neanche il tempo di salutare, con rammarico, gli amati Bastardi di Pizzofalcone che mamma Rai propone al suo pubblico, forse per evitargli una possibile astinenza da crime, una nuova serie: “Nero a metà”.

Recensione:

Dalla bella e ricca Napoli si ritorna a Roma, precisamente nel multietnico quartiere Monti, dove operano l’ispettore Carlo Guerrieri (Amendola), cinico ma fortemente legato alla figlia Alba, e la sua squadra. Gli equilibri cambiano quando in commissariato arriva un nuovo collega, Malik Soprani (Diaz), trentenne di colore, perfettino e modaiolo.

Ma attenzione, come hanno voluto ribadire in conferenza stampa prima Tinni Andretta, direttore Rai Fiction, e poi il regista Marco Pontecorvo, lo spettatore non deve aspettarsi una serie tutta costruita sul contrasto umano e professionale tra i due protagonisti.

“Nero a metà”, infatti, è un progetto più complesso, prima di tutto tematicamente, che vuole cercare di combattere i pregiudizi mostrando, con ironia, come in ogni persona – bianca, nera, ricca, povera – possano nascondersi dei lati oscuri.

Claudio Amendola torna a indossare i panni di un tutore dell’ordine in una serie dopo l’esperienza di “Tutti per Bruno” (2010). Questa volta, però, il suo personaggio è più sfaccettato, coraggioso e carismatico ma con diversi scheletri nell’armadio.

La serie – basata su una sceneggiatura originale e non, come spesso accade, su romanzi di successo – si propone di portare lo spettatore alla scoperta di una Roma inedita, attraverso storie e casi ispirati all’attualità e alla cronaca nera degli ultimi anni.

Dopo aver visto in anteprima la lunga puntata pilota (questa dura ben 130′, mentre gli altri episodi staranno sui classici 50′), volendo evitare ogni forma di spoiler, posso anticiparvi che il mio giudizio è un ni, con riserva. continua su

http://paroleacolori.com/nero-a-meta-in-onda-sui-rai-1-la-serie-crime-con-claudio-amendola/

133) 2 Night

Il biglietto da acquistare per “2night” è:Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto (con riserva). Sempre.

Un film di Ivan Silvestrini. Con Matilde Gioli, Matteo Martari, Giulio Beranek. Drammatico, 74′. Italia, 2016

Nel 2017 è ancora possibile essere romantici? Un uomo e una donna possono parlarsi e conoscersi, prima di portare il rapporto su un piano fisico, oppure tutto ormai inizia con il sesso? Ma soprattutto, i più giovani sanno ancora parlare con il cuore oppure seguono solo l’istinto?

Tranquilli, non vogliamo iniziare un dibattito su cosa sia meglio tra l’edonismo imperante nella nostra società e la ricerca di spiritualità new age che molti, almeno sulla carta, dicono di cercare. Sono solamente riflessioni sparse dopo aver visto “2night” di Ivan Silvestrini.

Un film remake di un successo israeliano, girato in appena dodici giorni, con una produzione low budget, che ha il merito di raccontare con credibilità, semplicità e bravura come funzionino i rapporti sociali e sentimentali tra un uomo e una donna oggi.

È notte. In una discoteca romana due sconosciuti si incontrano e si attraggono. continua su

http://paroleacolori.com/2night-due-sconosciuti-un-automobile-la-notte-romana/

112) East End

Il biglietto da acquistare per “East End” è: 1)Nemmeno regalato; 2)Omaggio; 3)Di pomeriggio; 4)Ridotto; 5)Sempre (con riserva).

Un film di Luca Scanferla, Giuseppe Squillaci. Animazione, 85′. Italia 2016

Roma – Lazio non è solamente una partita di calcio, come dichiarò incautamente il tecnico Zdenek Zeman qualche anno fa alla vigilia di una gara – poi persa malamente.

Roma – Lazio è un derby che dura tutto l’anno, nelle case, nelle scuole, nei bar e soprattutto nelle radio della capitale.

Solamente chi vive o ha vissuto nella città eterna può comprendere fino in fondo che cosa significa vincere un derby per un romanista o un laziale. Perché la fede calcistica si sceglie sin da bambini, è una cosa per la vita.

Adesso, grazie al divertente e originale “East End”, Roma – Lazio diventa anche un caso internazionale che vede coinvolti niente meno che gli Stati Uniti, la Cia e la Nasa.

Che cosa lega l’attività della Cia contro il terrorismo islamico e l’attesa spasmodica di un gruppo di ragazzi per il derby?

Luca Scanferla e Giuseppe Squillaci, in arte Skanf & Puccio firmano una sceneggiatura divertente, ironica, dissacrante e pungente, che non cade mai in eccessi narrativi o luoghi comuni. continua su

http://paroleacolori.com/east-end-tentativo-di-cartoon-politicamente-scorretto/

Vittorio De Agrò presenta “Amiamoci, nonostante tutto”