31) Le Guarigioni (Kim Rossi Stuart)

“Le Guarigioni” è una raccolta di racconti scritta da Kim Rossi Stuart e pubblicata il 24 Gennaio 2019 da” La Nave di Teseo”

Sinossi:

Un padre dal carattere volubile e un bambino silenzioso lasciano la città per aprire un maneggio tra il fango e la solitudine della campagna; uno scrittore cerca ripetutamente di innamorarsi davvero, per capire ogni volta di volere tutt’altro e in tutt’altro modo; un piccolo e morigerato imprenditore viene travolto dall’arrivo di una donna tanto appassionata quanto ingestibile; una moglie scettica, indipendente e sicura di sé sospetta di essere stata scelta per una rivelazione mistica; un prete ribelle combatte contro la pressoché totale scomparsa del Male nel mondo. Curiosi, burberi, inafferrabili, irrisolti e romantici, oppure fragili, buffi, egoisti e testardi, i personaggi di Kim Rossi Stuart si muovono nelle loro storie con l’andamento irregolare e imprevedibile di una vita che sposta i cartelli e confonde le direzioni, per irriderli e confonderli ogni volta. Uomini (e donne) che combattono contro gli eventi e le loro stesse idiosincrasie, per provare a trovare, se non le risposte, almeno le domande giuste da porsi, lungo un filo comune ma ben dissimulato che raccoglie assieme questi cinque racconti: microcosmi di amore, lotta, impazzimenti e visioni.

Recensione:

Chi mai mi guarirà dalla lettura dei 5 racconti scritti da Kim Rossi Stuart?

Quale farmaco potrà togliermi la sensazione d’aver letto almeno tre racconti degni della supercazzola ?

Chi o cosa potrà guarirmi dalla consapevolezza che Elisabetta Sgarbi direttrice e fondatrice della casa editrice de “La Nave di Teseo” abbia pubblicato il  quaderno degli “appunti” del popolare e bravo attore pensando comunque di farne un successo editoriale?

Sono volutamente sarcastico e pungente  nell’esporre il mio giudizio sulle “Le Guarigioni”, ma questo mio atteggiamento è frutto della delusione letteraria.

Non avrei probabilmente mai letto “Le Guarigioni”, se non avessi visto tre anni dopo il film “Bardo” diretto dallo stesso Kim Rossi Stuart ispirato liberamente dal primo racconto .

Sul magazine  “Parole a colori”  avendo espresso  un parere complessivamente positivo sul film (https://www.paroleacolori.com/brado-un-western-esistenziale-che-prova-a-spiegare-il-senso-della-vita/=),  nutrivo discrete aspettative anche il libro.

Invece, caro lettore /spettatore, mai dire mai anche in campo letterario, dovendo evidenziare purtroppo che il Kim Rossi Stuart in versione scrittore è  caotico, dispersivo, autoreferenziale e poco incisivo.

“Le Guarigioni”  composta da 5 racconti, si sono rivelati un esercizio letterario dell’uomo Kim   con lo scopo d’esorcizzare forse i propri demoni interiori ed ossessioni, ma troppo lontani dal “sentire comune” del lettore medio.

5 racconti  in cui fobie, angosce, rapporti conflittuali tra padre e figlio e marito e moglie sono declinati  con un intento narrativo ed introspettivo apprezzabile da  un pubblico colto e dotato di una grande pazienza letteraria.

Non sono riuscito a trovare, un mio limite, un filo rosso capace di unire i racconti e darmi un senso all’intera operazione dell’autore.

“Le Guarigioni” in conclusione sono state necessarie per l’uomo Kim , ma sicuramente indispensabili per  l’artista Kim Rossi Stuart nel suo processo di elaborazione creativa visto poi il film.

Ed al lettore tardivo come il sottoscritto, non resta  altro che guarire dalla noia.

20) Candido ( Guido Maria Brera con I Diavoli)

“Candido” è un romanzo scritto da Guido Maria Brera con I Diavoli e pubblicato nel Marzo 2021 da “La Nave di Teseo”

Sinossi:
Un imminente futuro fa da cornice a un mondo nel quale la tecnologia, invece di emancipare il genere umano, ha moltiplicato lo sfruttamento e le disuguaglianze sociali a livello esponenziale, arrivando a esercitare un controllo asfissiante sull’esistenza delle persone. Candido non è più il giovane ingenuo del capolavoro filosofico di Voltaire, ma un rider che, per guadagnarsi da vivere, pedala senza sosta su e giù per la città al soldo dei colossi del delivery. Un misterioso algoritmo, che tutto sorveglia e tutto stabilisce, è il sovrano indiscusso, sostenuto con forza da un novello Pangloss che appare come un ologramma sulle facciate dei palazzi, ripetendo in ogni angolo della città il potente mantra: “Tutto va bene”. Ben presto però l’ottimismo di Candido si affievolisce, scontrandosi con la dura realtà quotidiana: un lavoro sfiancante e uno stipendio che non basta mai, una madre di cui occuparsi e una casa che cade a pezzi, un amore virtuale che non può dargli ciò che lui davvero desidera. Una serie di tragicomici eventi fa maturare in lui il disincanto, finché esplode la rabbia di chi si accorge di essere solo la minuscola parte di un ingranaggio di una società al collasso, nella quale solo i più ricchi possono sopravvivere.
La storia di Candido – che ha ispirato un film in lavorazione coprodotto dai Diavoli – ci riguarda tutti: ribalta l’entusiasmo di chi crede ciecamente nella tecnologia, mostra le brucianti contraddizioni del capitalismo contemporaneo, e racconta il florido avvenire che poteva essere e, a quanto pare, non è.
Il collettivo I Diavoli è un laboratorio di narrazioni nato sul web per espandere l’universo dell’omonimo romanzo di Guido Maria Brera. Sperimenta molteplici forme di scrittura spaziando dalla fiction alla fact fiction, dal reportage narrativo alla saggistica disinvolta e pop. “Informare raccontando” è la formula che restituisce il senso di un’attività di produzione on line e non solo, che racconta i grandi eventi di questo tempo.

Recensione:
Non me ne vogliamo Guido Maria Brera e il collettivo “I Diavoli”, ma la mia prima e spontanea reazione alla fine della lettura di “Candido” è stato un sonoro: Bah!
Ho apprezzato lo sforzo creativo, narrativo e soprattutto sociologico di voler scrivere una storia immaginando quale tipo di mondo e soprattutto di società saremo e vivremo una volta terminata la pandemia.
Ammetto di non essere un amante del genere dispotico /fantasy di qualunque forma e tipologia artistica.
Mi sono approcciato a “Candido”, scevro di pregiudizi e preconcetti curioso di capire quale fosse la mission narrativa di Brera e soprattutto di scoprirne la visione sul mondo post covid.
“Candido” per il sottoscritto è non stata una lettura semplice, leggera, coinvolgente e trascinante.
Ho faticato non poco nel trovare il “mood” più adatto per entrare nel mondo e soprattutto nei pensieri di Candido, ingenuo e romantico rider di un mondo possibile quanto terribile.
Un mondo in cui i lavoratori non hanno più nessuna tutela, la privacy è stata abolita e le differenze sociali, ingiustizie economiche sono aumentate a dismisura.
Un mondo dove la finzione, l’apparenza, i social network sono diventate le fondamenta di una società estraniante, classista, falsa.
“Candido” più che un romanzo appare, come già annunciato, la prima bozza di una sceneggiatura di un film giocando più sulle immagini, sensazioni che sulla forza, incisività della parola.
Brera ed il collettivo “I Diavoli” hanno tentato di scrivere una versione moderna, personale del celebre romanzo “1984” di George Orwell, ottenendo però un risultato complessivamente modesto e caotico.
“Candido” ci appare un progetto freddo, citazionista, enfatico, autoreferenziale incapace di creare un legame emotivo con il lettore.
L’amore, i rapporti umani, l’amicizia nel mondo immaginato da Brera e dai Diavoli sono vissuti quasi esclusivamente in chiave virtuale ed i pochi resilienti al cambiamento sono visti con diffidenza mista al dileggio.
“Candido” sembra una versione moderna e per molti certi versi peggiorata di “Strange Days” film di fantascienza del 1995 diretto da Kathryn Bigelow e prodotto e scritto da James Cameron.
“Candido” paga una certa presunzione autoriale nel credere di scrivere una storia universale ed accessibile, quando in vero il testo è rivolto ad una fetta elitaria e colta di lettori.
Peccato, perché l’idea di partenza era ed è convincente. Ad essere sinceri la prima parte del romanzo funziona ed incuriosisce, per poi franare completamente.
Ci auguriamo che il “Candido” cinematografico possa avere un futuro migliore.

160) L’Omicidio é Denaro ( Petros Markaris)

“L’omicidio è denaro” è un romanzo scritto da Petros Markaris e pubblicato da La Nave di Teseo nel settembre 2020.

Sinossi:
In Grecia nessuno sembra occuparsi dei più poveri, di coloro che sono rimasti ai margini della società. Il vecchio militante di sinistra Lambros Zisis progetta così di far nascere il “movimento dei poveri”, perché la crisi non è finita: nonostante le bugie dei politici che raccontano di una ripresa degli investimenti, il mondo sta cambiando sempre più velocemente – tra il turismo mordi e fuggi che minaccia di svuotare Atene e gli immigrati che cercano in Europa un nuovo futuro – ma a pagare il conto sono sempre gli stessi. Eppure non è l’idealismo del suo vecchio amico Zisis a preoccupare il commissario Kostas Charitos – o almeno, non solo – quanto piuttosto i feroci omicidi di due investitori stranieri, uccisi a coltellate sulle note di una vecchia canzone popolare. Per trovare il colpevole, Charitos dovrà affrontare uno dei casi più difficili della sua carriera, indagando in una Atene sospesa tra speranza e disillusione, tra la bellezza immortale della sua storia e il caos dei nostri tempi.
Recensione:
Credo poco alle coincidenze nella vita, ma allo stesso tempo sono fortemente convinto che la letteratura sia capace d’ anticipare il futuro, raccontandone i cambiamenti epocali, le proteste e le esigenze più profonde di un popolo.
Da diversi anni sono diventato un fan del Maestro Markaris appassionandomi alle indagini del commissario Kostas Charitos.
Gli ultimi romanzi di Petros Markaris li ho definiti dei saggi socio /economici seppure siano stati “presentati” come romanzi gialli.
Markaris ha scelto coraggiosamente di raccontare, descrivere la Grecia post Troika, mettendo a nudo le fragilità e corruzione di un sistema politico più attento a soddisfare le richieste dei Paesi esteri piuttosto che occuparsi delle crescenti grida d’aiuto del popolo greco.
Corruzione, avidità, egoismo sono stati i “moventi” che hanno spinto “normali cittadini” a trasformarsi in feroci assassini.
La disperazione può spingere anche l’uomo più mite a covare desideri di vendetta.
In questo tragico 2020 stiamo leggendo, ascoltando come si siano drammaticamente mescolando due pandemie: quella sanitaria con quella economica.
Fatalmente collegate tra loro e paradossalmente contrapposte.
Quella sanitaria, si spera, possa avere una fine. Invece quella economica rischia d’essere realmente incontrollabile.
L’Europa, il mondo rischia di trovarsi un “esercito” di nuovi poveri, affamati, disperati, impensabili fino ad un anno fa
“L’omicidio è denaro” si basa narrativamente su queste amare e preoccupanti riflessioni, portando il lettore ancora in Grecia facendoli toccare con mano come il “risanamento “imposto dalla Troika abbia creato povertà e malcontento tra gli ex ceti medi.
Markaris punta il dito nei confronti di quei Paesi “speculatori” come la Cina, l’Arabia Saudita che hanno cominciato a fare “shopping” in Grecia acquistando isole, immobili, interi quartieri a prezzi stracciati, stravolgendo la precaria economia locale.
Un j’accuse forte e spietato rivolto all’attuale governo greco che per “amore” degli investimenti stranieri chiude gli occhi sulle modalità e tempistiche.
“L’omicidio è denaro” risulta però strutturalmente e narrativamente debole come thriller al traino della componente politica ed ideologica.
Un “limite” autoriale che Markaris paga alla lunga, lasciando scontento il fan puro del genere giallo.
È sicuramente interessante la “svolta creativa” di dare voce e spazio ad un personaggio storico il vecchio Zisis promotore del movimento dei poveri, ma non bastevole per colmare le criticità sopracitate.
“L’omicidio è denaro” è complessivamente una lettura godibile, avvolgente, piena di umanità, segnata da un realismo cinico quanto amato che solamente i grandi autori posseggono nelle vesti di attenti osservatori di una società malata ed involuta.
Petros Markaris se da una parte ci lancia un nuovo accorato appello all’unità contro la pandemia sociale imminente, dall’altra delude chi segue le indagini del Kostas Charitos anche solo per distrarsi da una realtà opprimente.
Il nostro modesto consiglio al Maestro è quello d’essere nel prossimo romanzo più giallista e meno sociologo.
Rivogliamo protagonista il vecchio Kostas Charitos!

70) A proposito di Niente (Woody Allen)

“A proposito di Niente” è l’autobiografia di Woody Allen pubblicata nel Maggio 2020 dalla La Nave di Teseo

Sinossi:
Nato a Brooklyn nel 1935, Woody Allen ha iniziato la sua carriera nello spettacolo a sedici anni, scrivendo battute per un giornale di Broadway, e ha continuato a scrivere per la radio, la televisione, il teatro, il cinema e il New Yorker. Ha lasciato la stanza dello scrittore decenni fa per diventare comico nei locali notturni e, da allora, un regista conosciuto in tutto il mondo. Durante sessant’anni di cinema, ha scritto e diretto cinquanta film, recitando in molti di essi. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, diverse statue sono state erette in suo onore (qualcosa di cui non riuscirà mai a capacitarsi) e i suoi film sono stati studiati nelle scuole e nelle università di tutto il mondo. In A proposito di niente, Allen racconta dei suoi primi matrimoni, con una fiamma della giovinezza e poi con l’amata e divertente Louise Lasser, che evidentemente adora ancora. Racconta anche della sua storia e dell’amicizia eterna con Diane Keaton. Descrive la sua relazione personale e professionale con Mia Farrow, che ha dato vita a film divenuti classici fino alla loro burrascosa rottura, per la quale l’industria dei tabloid ancora li ringrazia. Afferma di essere stato il più sorpreso di tutti quando a 56 anni è iniziata una relazione romantica con la ventunenne Soon-Yi Previn, diventata una storia d’amore appassionata e un matrimonio felice che dura da oltre ventidue anni. Ironico, pienamente sincero, pieno di guizzi creativi e non poca confusione, un’icona della cultura mondiale racconta, non richiesto, la propria storia. Woody Allen è uno scrittore, regista e attore. È stato stand-up comedian e autore di diversi libri. Vive nell’Upper East Side di Manhattan con Soon-Yi, sua moglie da ventidue anni, e le loro due figlie, Manzie e Bechet. È un grande appassionato di jazz e un tifoso di sport. Si rammarica di non aver mai fatto un grande film, ma ci sta ancora provando.

Recensione:
Attendevo di leggere con grande curiosità l’autobiografia di Woody Allen dopo che il “circo mediatico” per mesi si era scatenato, a mio parere, in sterili quanto inutili polemiche e contrapposizioni sull’opportunità che le memorie del regista newyorkese fossero date o meno alle stampe.
La decisione di Elisabetta Sgarbi di pubblicarlo per l’Italia è stato un ottimo colpo commerciale oltre che una condivisibile scelta liberale.
“A proposito di niente” è un’autobiografia atipica, diversa dalle numerose che ho avuto modo di leggere in questi anni.
E non poteva essere altrimenti trattandosi di Woody Allen, nell’ inedita veste di cantastorie di sé stesso e della propria straordinaria quanto discussa vita.
“A proposito di niente” è una lettura beffarda, ironica, autoironica che ricalca pienamente lo stile e soprattutto la personalità dell’autore.
Chi è Woody Allen?
Un grande regista o un terribile maniaco?
Un genio della commedia o un pedofilo?
Da tanti, troppi anni il mondo del cinema, i media e soprattutto i fan si sono aspramente divisi nel giudicare l’uomo Woody Allen, nonostante fino ad oggi nessun tribunale abbia mai emesso una sentenza di colpevolezza.
Nell’attesa del tribunale è giusto punire e mettere all’indice proibito l’artista Allen?
Il mio modesto consiglio è di mettere da parte qualsiasi tipo di pregiudizio e presunta certezza giudiziaria , concedendosi il piacere di leggere un’autobiografia che profuma contemporaneamente di cinema , umanità e financo di bizzarro bilancio
“A proposito di niente” diverte, fa sorridere e soprattutto stimola la fantasia del lettore nell’immaginare i luoghi, i personaggi e soprattutto rievoca i rapporti privati e professionali che hanno scandito la vita di Woody Allen.
“A proposito di niente” è un continuo e costante flusso di ricordi, sensazioni e rievocazioni di sentimenti da parte di Allen e ciò nonostante il lettore non avverte mai la sensazione di pesantezza e/o autocelebrazione del personaggio pubblico.
Woody Allen si apre completamente al lettore utilizzando però un leggero quanto disincantato approccio anche quando affronta passaggi più scabrosi come la devastante diatriba legale con l’ex compagna Mia Farrow.
Woody Allen si definisce un “diversamente ignorante” o se preferite un “acculturato tardivo” stimolato dalla presenza di belle quanto colte figure femminili nella propria esistenza.
Woody Allen ama le donne, ha amato tante donne e ne ha sposate quattro. È un cultore della bellezza femminile.
Alcune di queste donne (ad esempio Diane Keaton) sono transitate dallo status di partner/amante al ruolo di fidate consigliere nonché sincere amiche.
Woody Allen si sbilancia su tutto tranne sul proprio talento e competenza. Non “osa” dare consigli, suggerimenti ai giovani cineasti. Né tantomeno indica sé stesso come modello da seguire.
Si definisce un regista pigro, svogliato e disorganizzato sul set. Non ama ritirare premi. Non rivede mai i suoi film. Né tantomeno sottopone i propri lavori alla visione preventiva di un pubblico selezionato con l’intento di correggere eventuali errori
Per Woody Allen per diventare un regista di successo è necessario fare una cosa: scrivere, scrivere ed ancora scrivere.
Lui lo fa sempre: ogni giorno per otto ore al giorno utilizzando sempre e soltanto la sua cara macchina da scrivere.
La sceneggiatura secondo Allen è la parte più importante di un film. Senza una buona e solida sceneggiatura non può esserci un buon film.
Chi ama il cinema e/o sogna di diventare uno sceneggiatore di successo non potrà mai prescindere dalla visione e studio dei film di Woody Allen.
Altresì chi ama Woody Allen, non potrà esimersi da leggere quest’autobiografia.
Un “A proposito di niente” è un’opportunità letteraria unica quanto divertente di scoprire e conoscere meglio Woody Allen.

270) La Guardarobiera (Patrick McGrath)

“La Guardarobiera” è un romanzo scritto da Patrick McGrath, pubblicato in Italia dalla Nave di Teseo nell’ottobre 2017.

Sinossi:
Londra, gennaio 1947. La guerra è finita da due anni e la città è in macerie. In uno degli inverni più freddi da che se ne ha memoria, anche trovare qualcosa da mettere in tavola è molto difficile.
Ad abbattere ancor di più gli animi, arriva la perdita inaspettata e scioccante di uno dei più amati attori teatrali del momento: Charlie Grice muore in circostanze poco chiare, gettando la moglie Joan, donna bellissima e innamorata, che lavora come guardarobiera del teatro, in un dolore sordo e senza limiti.
Controvoglia, Joan assiste con la figlia Vera alla prima replica dello spettacolo che era di suo marito, sottoponendosi al trauma di vedere un altro uomo interpretarne il ruolo. L’idea la terrorizza, ma quando l’attore appare sul palco, la vedova è sconvolta nel
rendersi conto che dietro agli occhi dell’uomo brucia ardente lo spirito di Charlie. Più tardi, nel backstage, incontrando il sostituto, il suo cuore, stordito dalla gioia, ha la conferma che il suo grande amore vive nel giovane attore Daniel Francis. Ne diventa amica, lo invita a casa e comincia a donargli gli abiti del marito, sottratti al suo guardaroba.
Nasce così una relazione che oscilla tra l’attrazione e l’assedio del fantasma di Charlie, che trascina Joan in un gorgo. Chiamata da una voce amata e spaventosa al tempo stesso, la donna scoprirà il terribile segreto che avvolge anche la morte di suo marito Charlie Grice: la guerra, dopotutto, non è ancora finita.
Dal maestro del thriller psicologico, in un crescendo di tensione, un romanzo sui lati oscuri del dolore, dell’amore e della follia.

Recensione:
Se fossi stato veramente in teatro, anche se con imbarazzo mista a delusione, mi sarei alzato fischiando sonoramente lo spettacolo messo in scena da Patrick McGrath.
Mi dispiace molto per il Maestro Mc Grath, ma stavolta il suo lucido, straordinario “folle” talento si è rivelato ben poca cosa. Come se l’auote fosse stato sottoposto a una pesante cura farmacologica.
“La Guardarobiera” è un romanzo confuso, scialbo, noioso ed a tratti irritante.
L’idea di raccontare e mostrare come la morte di un marito possa provocare devastanti conseguenze nell’animo e soprattutto nella psiche di una vedeova spingendola fino alla soglia della follia era sicuramente interessante.
Come altresì poteva essere stimolante osservare la donna scoprire lentamente i segreti più oscuri e terribili del defunto, costringendola a prendere atto d’aver trascorso la propria esistenza con un vero “mostro”.
Spunti narrativi di grande potenziale ma poi sviluppati in un intreccio poco convincente ed avvincente  senza che la scelta dell ‘ambientazione storica abbia aggiunto un quid al racconto.
Le bugie di un matrimonio rappresentate e traslate nella ribalta teatrale, per invogliare ed incuriosire il lettore a calarsi dentro una storia in cui fosse sottile ed impercettibile il confine tra finzione e realtà, si rivela una scelta non adeguata e funzionale al progetto iniziale.
“La Guardarobiera” vorrebbe trasmettere in modo autentico, forte e sincero al lettore la tragica e drammatica evoluzione del dolore in rabbia della protagonista nei confronti del marito, ma le scelte creative volute da McGrath si rivelano inefficaci e fuorvianti.
“La Guardarobiera” è priva di una chiara, lineare e incisiva identità drammaturgica perdendosi in dispersive ed inutili sotto storie.
La verità rende liberi recita il Vangelo, ma nella vita reale può condurre una persona ad atti estremi.
Il tragico e feroce finale del romanzo è sicuramente la parte più riuscita e toccante della storia riuscendo a regalare l’unica vera emozione e brivido al lettore /spettatore.