“Chesil beach” è un romanzo scritto da Ian McEwan e pubblicato per la 1 volta da Einaudi nel febbraio 2015.
Sinossi:
In Inghilterra, secondo Philip Larkin, “i rapporti sessuali incominciarono nel millenovecentosessantatre”, “tra la fine del bando a “Lady Chatterley” e il primo ellepi dei Beatles”. La giovane coppia protagonista del nuovo romanzo di lan McEwan patisce invece gli ultimi fuochi di un clima diffuso di repressione sessuale. La prima notte di nozze, e prima esperienza sessuale per entrambi, scocca infatti alla vigilia di quell'”annus mirabilis”. Tutto avviene in appena due ore, in un antiquato hotel vicino alla celebre spiaggia di ciottoli di Chesil Beach. I due sposi stanno cenando in camera, ma già pensano a quello che accadrà più tardi. Edward è un ragazzo di provincia laureato in storia, indeciso se continuare la carriera accademica o lavorare nell’azienda del padre della sposa. Finalmente farà l’amore con Florence: è piuttosto nervoso e sa, per sentito dire, che deve cercare di controllarsi per non concludere troppo in fretta. Florence prova una profonda repulsione per il sesso, un misto di opprimente solitudine e vergogna; ma è ben attenta a mantenere le apparenze di un matrimonio felice e perfetto, ansiosa di non deludere Edward. Ma quello che succederà di lì a poco segnerà per sempre il destino di entrambi.
Recensione:
Dopo aver visto pochi mesi il toccante e coinvolgente adattamento cinematografico (qui la mia recensione per Parole a Colori: http://paroleacolori.com/chesil-beach-il-segreto-di-una-notte-dramma-dellincomprensione/), ero davvero curioso di leggere il romanzo di Ian McEwan non soltanto per valutare e raffrontare i due lavori, ma soprattutto per poter scavare più in profondità nell’animo, mente e cuore dei due giovani protagonisti che tanto mi avevano colpito: Edward e Florence.
La mia curiosità è stata ampiamente ripagata leggendo le sincere ed intense pagine scritte dall’autore.
“Chesil Beach” più che un romanzo sarebbe più giusto definirlo un illuminante quanto esaustivo saggio storico /sociologico con la peculiarità di possedere una straordinaria fluidità di lettura e potenza emotiva capace di conquistare il lettore, e soprattutto di farlo sentire come “il terzo incomodo” all’interno camera da letto dei due neo sposini.
Ian McEwan firma con maestria e sensibilità una vincente struttura narrativa dove alterna da una parte le paure, i pensieri, i sentimenti dei due ragazzi durante la prima notte di nozze e dall’altra fa conoscere allo stupito e incuriosito lettore in quali causali circostanze queste due anime così diverse quanto ingenue si siano incontrate e decise ad unirsi in matrimonio.
“Chesil Beach” diventa rapidamente ed amaramente il racconto di due esistenze segnate dalla carenza affettiva e disistima da parte delle rispettive famiglie.
Un tale disagio emotivo ed esistenziale da spingere i due ragazzi alla scellerata convinzione che il matrimonio possa essere l’unica possibilità per fuggire da un presente castrante e un futuro cupo e privo di libertà.
“Chesil Beach” racconta “il canto del cigno” di un’epoca, di una società ormai agonizzante, che da li a poco tempo sarà spazzata via dal 1968 e dall’ondata di cambiamento sociale, morale oltre che politico.
Florence ed Edward hanno la “sfortuna” d’essersi incontrarti ed innamorati in questo delicato passaggio, rimanendo vittime dell’ultimo retaggio sentimentale e sessuale in netto contrasto con le loro pulsioni e desideri giovanili.
“Chesil Beach” è sì il racconto di un amore mai consumato, ma soprattutto evidenzia come l’assenza d’ascolto e comprensione in una coppia, ieri come oggi, determini la fine di qualsiasi matrimonio.
“Chesil Beach” pur raccontando una storia nata e mai “consumata” in un’epoca ormai lontana esplora, analizza una modernità di sentimenti e d’umanità rendendola assolutamente adattabile e coinvolgente al lettore d’oggi ed offrendo preziosi ed utili alle neo coppie decise ad affrontare la sfida matrimoniale.
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11 ) Il Giorno dei Lord (Michael Dobbs)
“Il Giorno dei Lord” è un romanzo scritto da Michael Dobbs e pubblicato nel Giugno 2018 da Fazi Editore.
Sinossi:
Una volta all’anno, le persone più importanti d’Inghilterra si riuniscono tutte insieme in una stanza. La regina Elisabetta e il principe ereditario Carlo, il primo ministro, giudici, vescovi, leader spirituali e temporali. Non mancano le nuove generazioni: sono presenti il figlio del primo ministro britannico e il figlio della presidente USA. L’occasione è quella della cerimonia d’apertura del Parlamento, la cerimonia di Stato più importante dell’anno, un evento «strappato alle fornaci della storia britannica». Quattrocento anni prima, nella stessa occasione, Guy Fawkes aveva cercato di far saltare in aria tutti quanti. Ora tocca a un nuovo gruppo di congiurati, stavolta stranieri, prendere d’assalto la Camera dei Lord. Per un giorno, ventiquattr’ore di pura tensione in cui le crisi politico-diplomatiche si mischiano a quelle personali, verranno tutti presi in ostaggio: i terroristi terranno sotto scacco una nazione e il mondo intero, il tutto in diretta TV. Ma dovranno vedersela con Harry Jones, parlamentare ed ex militare pluridecorato in piena crisi matrimoniale, noto sia per il suo coraggio che per la sua capacità di indisporre i superiori per eccesso di intraprendenza. La parabola angosciante di uno scenario spaventosamente verosimile, che si conclude con uno sbalorditivo colpo di scena.
Recensione:
“Dio Salvi La Regina” …soprattutto se si dovesse verificare un attacco terroristico nel momento più formale e solenne della politica inglese ovvero il discorso annuale tenuto dalla sovrana Elisabetta II alla Camera dei Lord.
Che cosa accadrebbe se in questo tradizionale quanto formale appuntamento politico un gruppo di estremisti islamici riuscisse a sequestrare in un solo colpo le massime autorità istituzionali e governative inglesi, leader stranieri e drammaticamente anche il figlio unico della prima donna presidente degli Stati Uniti, minacciando una mattanza in diretta TV?
La storica e solida alleanza anglo americana sarebbe capace di reggere a questa sciagurata ipotesi?
È forse eccessivo ritenere che il terrorismo islamico si sia tragicamente diffuso anche e soprattutto per le responsabilità dei governi occidentali “guidati” dalla brama egemone degli Usa?
Michael Dobbs ritorna, dopo il successo letterario e poi televisivo di “House of Cards”, a stupire ed inquietare il lettore con “il Giorno dei Lord”, avendo l’ambizione letteraria, editoriale che sia il primo di una serie con protagonista Harry Jones, ex militare e politico inglese. Sperando di farne una figura alternativa , credibile ed amata al pari di James Bond creato dalla magistrale penna di Ian Fleming.
Michael Dobbs si lancia coraggiosamente nella riscrittura del genere spy story cercando d’unire la propria esperienza e cinismo di ex politico al talento dello scrittore.
“Il Giorno dei Lord” si colloca narrativamente a metà strada tra “House Of Cards” ed i romanzi di Ian Fleming, ma riuscendo, solamente in parte, ad avere una propria identità, forza e fascino rispetto alle due prestigiose fonti d’ispirazione.
“Il Giorno dei Lord” piace, intriga convince quando Dobbs “gioca” nel proprio abituale campo ovvero quello segreto e pericoloso della politica, rendendo il lettore testimone delle infuocate riunioni d’emergenza della task force presiedute dall’ambiziosa Tricia Willcocks, ministra degli interni e premier “pro tempore.
Osserviamo la cinica e subdola battaglia di potere in corso tra le parti, dove la ministra tenterà d’ottenere il massimo vantaggio politico dalla grave crisi scaricando sull’intelligence, militari e financo sugli americani le responsabilità del mancato salvataggio della Regina e degli altri ostaggi.
Ma a differenza di “House of Cards”, i protagonisti politici di questa storia pur apparendo forti e determinati, si dimostrano deboli quanto impotenti sul versante familiare e come i figli o la loro assenza possano rappresentarne “il tallone d’Achille”
“Il Giorno dei Lord” è altresì un romanzo prevedibile ed a tratti inverosimile nella parte più “action” e “spionistica” dove si evidenziano i limiti o se preferite la presunzione autoriale di Dobbs di poter gestire e raccontare in egual modo un genere finora mai utilizzato nei suoi precedenti scritti.
Harry Jones incarna pienamente il bello e brutto di questa storia, rivelandosi un personaggio funzionale, preciso, vincente quando “lavora” d’ esperienza, carisma e furbizia sfidando sfacciatamente la ministra Willcocks sul piano politico e decisionale , invece apparendo caricaturale nel ruolo d’eroe coraggioso con annessi problemi matrimoniali nell’atto d’entrare in azione nella Camera dei Lord.
Dobbs si dimostra acuto, sensibile quanto geniale nell’inserire alcuni teneri e toccanti dialoghi tra Elisabetta II ed il principe Carlo durante il comune sequestro terroristico, mettendo in luce il complesso e sofferto rapporto madre -figlio e quanto i loro rispettivi ed istituzionali ruoli gli abbiano reso difficile un vero e sincero rapporto d’affetto e reciproco sostegno.
“Il Giorno dei Lord” pur presentando alcune criticità strutturali e debolezze narrative rimane complessivamente una lettura gustosa, avvincente, piena di sorprese oltre a fornire riflessioni umane e considerazioni politiche universali.
Tematiche e spunti che solamente un valente ed autorevole autore Michael Dobbs è capace di maneggiare e domare scatenando il desidero del lettore di leggere quanto prima il sequel.
5) Maria Regina di Scozia
Il biglietto d’acquistare per “Maria Regina di Scozia” è: Omaggio (Con Riserva)
“Maria Regina di Scozia” è un film del 2018 diretto da Josie Rourke , scritto da Beau Willimon, con : Margot Robbie, Saoirse Ronan, Jack Lowden, David Tennant, Gemma Chan, Guy Pearce, Brendan Coyle, Martin Compston.
Sinossi:
Maria Regina di Scozia, film diretto da Josie Rourke, esplora la turbolenta vita della carismatica Mary Stuart (Saoirse Ronan).
Regina di Francia a 16 anni e vedova a 18, Mary sfida le pressioni politiche che vorrebbero si risposasse.
Fa ritorno invece nella sua natia Scozia per reclamare il suo trono legittimo. Ma la Scozia e l’Inghilterra finiscono per essere governate da sua cugina Elisabetta I(Margot Robbie). Ciascuna delle due giovani regine percepisce la “sorella” come una minaccia ma, allo stesso tempo, ne subisce il fascino.
Rivali per il potere e in amore, e reggenti in un mondo maschile, le due dovranno decidere tra il matrimonio e l’indipendenza.
Determinata a regnare non solo in senso figurato, Mary reclama il trono inglese, minacciando la sovranità di Elisabetta. Tradimento, ribellione e cospirazioni all’interno di ogni corte metteranno in pericolo entrambi i troni e cambieranno il corso della storia.
Recensione:
Numerose volte in passato il cinema ha voluto omaggiare, raccontare, affrontare la delicata, controversa e travagliata storia di Maria Stuarda, tragicamente giustiziata perchè “colpevole” d’essere legittimamente destinata a sedersi sul trono della protestante Inghilterra benché fosse di fede cattolica.
Maria Regina di Scozia fu fatta giustiziare su ordine di Elisabetta I, sua cugina nonché regina d’Inghilterra e di fede protestante.
L’esecuzione di Maria Stuarda non fu soltanto un passaggio decisivo, fondamentale quanto tragico del Regno Unito, ma soprattutto racconta la “disfida” morale, esistenziale e religiosa che si fu tra due donne coraggiose, indipendenti e scaltre ben lontane dall’accettare passivamente il ruolo di donna ubbidiente che la società maschilista dell’epoca imponeva al genere femminile.
“Maria Regina di Scozia” è stata ideata, scritta e messa in scena come una rilettura di questa pagina di storia mettendo al centro le due donne nonché Regine evidenziandone le opposte personalità, differenti visioni politiche e religiose ed in particolar modo il loro essere donna in quella società.
Lo spettatore quasi subito dimentica di vedere, osservare un’elegante, accurata ricostruzione storica dell’Inghilterra del 500 e di partecipare alle diatribe ed inganni delle due Corti reali, trovandosi piuttosto colpito e coinvolto dal travaglio emotivo ed intimo che Maria ed Elisabetta che si trovarono ad affrontare avendo nella controparte la propria nemica nonché nemesi. continua su
242) February – Suffragette
Spesso i figli ambiscono a diventare più bravi, famosi e apprezzati dei propri genitori.
Questi ultimi, pur lasciandoli liberi di scegliere la propria strada, purché siano felici spesso li spingono a succedere loro nell’attività e a compiere gli stessi studi. Per questa ragione esistono tanti figli d’arte, ma raramente “il talento” è stato trasferito attraverso un passaggio genetico.
Fino a due settimane fa non sapevo chi fosse Osgood Perkins e, quando il direttore del Torino Film Festival, Emanuela Martini, nella conferenza stampa di presentazione della kermesse ha invitato ad assistere all’esordio alla regia di questo figlio d’arte, ho deciso di fidarmi. Sì, perché il caro Osgood non è altro che il figlio del celebre Anthony Perkins. Osgood, già sceneggiatore e attore, ha deciso di esordire alla regia con un film horror, probabilmente anche per rendere omaggio al padre.
Il problema è che, pur essendo un omaggio fatto di cuore, per il povero spettatore è stato un colpo quasi mortale. “February” è davvero un film brutto e insulso per cui si fa anche fatica a inserirlo in un preciso genere. Definirlo un horror sarebbe un’offesa ai veri Maestri del genere. Non si capisce cosa Perkins voglia raccontarci con questa storia in cui sono mescolati in maniera caotica diversi cliché dell’horror: due studentesse costrette a rimanere da sole in un college deserto, una misteriosa presenza maligna e l’esorcista.
Una struttura narrativa composta di due diversi livelli temporali (presente e passato) che convince poco, mostrando limiti e difetti sia a livello di trama che di regia. Una regia che cerca di strizzare l’occhio a David Lynch e al suo talento naturale e soprattutto alla capacità di costruire dei film immersi in un’atmosfera surreale e onirica accattivante e seducente. Sfortunatamente, il tentativo si rivela maldestro e goffo, al punto da far deragliare fin da subito il film facendolo diventare un prodotto assai difficile da digerire artisticamente. Lo spettatore in platea non prova paura, ansia, né viene coinvolto dal pathos o dall’atmosfera cupa e angosciante, bensì deve lottare per non addormentarsi profondamente, anche a causa di lentezza esasperante e di un ritmo pressoché assente.
Dispiace per il giovane Perkins ma, se il buongiorno si vede dal mattino, forse è il caso di concentrarsi esclusivamente sulla carriera di attore lasciando ad altri il compito di regia. “February” rientra nella categoria biglietto “neanche regalato”, senza se e senza ma, con la speranza che da lassù il buon Anthony non se la prenda troppo e non torni giù a farmi visita mentre sono sotto la doccia.
Dopo l’orrore soporifero di Perkins, il vostro cronista si è spostato al Lingotto per assistere alla cerimonia d’inaugurazione del Festival e, subito dopo, alla “Premiere” nazionale del film inglese “Suffragette” di Sarah Gavron, inserito nella sezione “Festa Mobile.”
Torino si conferma una città sobria, riservata e non amante dell’eccesso e della volgarità e il suo festival del cinema rispecchia la sua anima ed essenza. La Cerimonia è iniziata con l’omaggio dell’orchestra sinfonica torinese alle vittime di Parigi, intonando la marsigliese. Successivamente, è salito sul palco il sindaco di Torino, Piero Fassino, per aprire ufficialmente il Festival in nome della città, affermando la vicinanza e solidarietà ai cugini francesi e sostenendo la necessità, dopo lunghe e sofferte riflessioni, di continuare con la kermesse perché la paura non deve né fermare la vita né condizionarla.
Dopo la musica e la politica, con l’arrivo sul palco della madrina, Chiara Francini, è stato il momento della bellezza. Anche se un po’ impacciata e poco naturale, l’attrice toscana ha presentato il programma del festival e, sforzandosi di essere una buona padrona di casa, invitando a farle compagnia il direttore del Festival Emanuela Martini. Non poteva mancare ovviamente il tributo al regista Orson Welles cui è dedicato il festival, a cento anni dalla sua nascita e a trenta dalla sua morte.
L’attore Giuseppe Battiston ha letto alcuni brevi passi di film di e con Orson welles per celebrare l’artista e raccontare l’uomo.
Dopo tante parole le luci si sono finalmente abbassate e lo spettatore ha fatto un passo indietro nella storia tornando al 1912, un secolo, come sappiamo bene, fatto di violenza, sangue e soprattutto di diritti negati. Ciò che i libri di storia raccontano poco e nulla come e quanto le donne abbiano dovuto lottare per aver riconosciuto i propri riconoscimenti civili, come ad esempio il diritto al voto.
Se vi dicessi che in un certo paese le donne non avevano diritto di voto, erano sottopagate e sfruttate al lavoro e non potevano esercitare alcuna forma di patria podestà sui figli, probabilmente pensereste con orrore a qualche nazione del terzo mondo.
Ebbene, cadreste in errore perché l’incivile paese di cui si parla è l’Inghilterra. Difficile da accettare, ma le donne inglesi furono costrette a una vera e propria resistenza civile per vedere riconosciuti i propri diritti. Il movimento delle “Suffragette” ha sostenuto una battaglia lunga e difficile nelle piazze e nei luoghi istituzionali.
Chi erano le Suffragette? Erano donne comuni, madri di famiglia, lavoratrici e soprattutto di diversa estrazione sociale, unite in questa missione di libertà.
Le Suffragette furono viste dalla polizia e dall’opinione pubblica per molto tempo come delle sovversive e quindi destinatarie di dure e violente rappresaglie da parte della polizia.
Arresti indiscriminati, interrogatori e detenzioni illegali, torture furono il prezzo che migliaia di donne inglesi pagarono per aver scelto di abbracciare il movimento civile.
Fu un movimento di massa e di opinione senza alcuna reclusione e impedimento sociale.
Un esempio in tal senso è rappresentato dalla protagonista della nostra storia Maud Watts (Carey Mulligan), umile donna, madre, moglie e sfruttata operaia in una lavanderia.
Maud non ha grilli per la testa. Si rompe la schiena in lavanderia fin da piccola, obbedendo alle regole, al padrone e al suo amato marito. Eppure un giorno Maud si ritrova ad assistere involontariamente a un’azione di protesta delle Suffragette ed è condotta in caserma.
Per la donna è ovviamente uno shock ma anche una presa d’atto di una condizione sociale e civile impossibile. Maud decide di sposare la causa delle Suffragette, anche a costo di perdere tutto: lavoro e famiglia. Maud non è un’eroina, bensì una donna qualsiasi che pretende di avere pari diritti dell’uomo. Il film è nel complesso ben girato, anche se ha un taglio per lo più televisivo. La sceneggiatura puntuale e storicamente curata ha il merito di raccontare in maniera semplice e diretta la condizione della donna dell’epoca e di come l’uomo la vedeva e considerava. Le due visioni della società si toccano e si scontrano attraverso le belle e toccanti scene tra la protagonista Maud e il commissario di polizia Steed (Brendan Glesson), mettendo in risalto come tra le leggi dei tribunali e i diritti naturali dell’uomo ci fosse un’enorme differenza. Il film può vantare una grande cura per le scene, una perfetta costruzione degli ambienti e accurati costumi. La struttura narrativa è però nel complesso poco agile e fruibile, rendendo il film lento e poco brillante sul piano del ritmo, pregiudicandone incisività e forza.
Carey Mulligan sfoggia un’interpretazione di livello, appassionata e intensa, ma non carismatica fino in fondo. Non possiede ancora quel quid per rendere il personaggio Maud memorabile. Sono evidenti le potenzialità com’è costante la crescita artistica dell’attrice.
Il resto del cast è di altrettanto valore e di solidità e forza artistica. continua su
Vittorio De Agrò e Cavinato Editore presentano “Essere Melvin”
http://www.ibs.it/code/9788899121372/de-agrograve/essere-melvin-tra.html
Often the children aspire to become better, famous and appreciated their parents.
The latter, while leaving them free to choose their own way, as long as they are happy often push them to happen to them in the activity and to do the same studies. For this reason there are so many sons of art, but rarely “talent” was transferred through a passage genetic.
Until two weeks ago I did not know who he was and Osgood Perkins, when the director of the Turin Film Festival, Emanuela Martini, in the press conference to present the festival invited to attend directorial debut of this family tradition, I decided to trust. Yes, because the dear Osgood is none other than the son of the famous Anthony Perkins. Osgood, former screenwriter and actor, has decided to debut as a director with a horror movie, probably also to pay tribute to his father.
The problem is that, despite being a tribute made of heart, for the poor spectator was a near-fatal blow. “February” is really a bad film and silly so you also find it hard to put it in a specific genre. Call it a horror film would be an insult to the true masters of the genre. It is not clear what Perkins wants to tell this story in which they are mixed in a chaotic manner different horror cliché: two students forced to stay alone in a desert college, a mysterious evil presence and the exorcist.
A narrative structure composed of two different time levels (past and present) that convinces little, showing the limits and flaws both in terms of plot that director. A director who tries to wink to David Lynch and his natural talent and especially the ability to build the film immersed in a surreal and dreamlike captivating and seductive. Unfortunately, the attempt proves to be clumsy and awkward enough to derail the film right away making it a product very difficult to digest artistically. The spectator in the audience does not feel fear, anxiety, or gets caught by the pathos or the atmosphere gloomy and distressing, but has to struggle not to fall asleep deeply, partly because of an agonizingly slow pace and almost absent.
Sorry for the young Perkins but if the morning starts in the morning, maybe it’s time to focus solely on the acting career, leaving to others the task of directing. “February” falls into the category ticket “even given” without ifs and buts, with the hope that from there the good Anthony do not take it too much and do not come down to visit me while I’m in the shower.
After the horror of soporific Perkins, your reporter has moved to the Lingotto to attend the opening ceremony of the Festival, and soon after, the “Premiere” National English film “Suffragette” by Sarah Gavron, entered in the “Festival Mobile.”
Turin confirms a city sober, reserved and not a lover of excess and vulgarity and its film festival reflects its soul and essence. The ceremony began with a tribute to the victims of the symphony orchestra in Turin in Paris, singing the Marseillaise. Later, he took the stage, the mayor of Turin, Piero Fassino, to officially open the Festival in the name of the city, saying the closeness and solidarity to the French cousins and supporting the need, after long and painful reflections, to continue with the festival because the Fear should not stop neither life nor to condition.
After the music and politics, with the arrival on stage of the godmother, Chiara Francini, was the moment of beauty. Although a little ‘awkward and unnatural, the actress Tuscan presented the program of the festival and, striving to be a good hostess, inviting her company Festival director Emanuela Martini. Obviously could not miss the tribute to director Orson Welles which is dedicated to the festival, a hundred years after his birth and thirty of his death.
The actor Giuseppe Battiston read some brief passages of movies and Orson welles to celebrate the artist and tell the man.
After so many words the lights finally dimmed and the audience has taken a step back in history going back to 1912, a century, as we know, the fact of violence, blood and especially of denied rights. What the history books tell little and nothing like and what women have had to fight to have recognized their civil awards, such as the right to vote.
If I told you that in a certain country women had no right to vote, were underpaid and exploited at work and could not engage in any form of parental authority over children, you’d probably think with horror in some third world nation.
Well, you would fall into error because the uncivilized country we are talking about is England. Hard to accept, but British women were forced to a real civil resistance to see their rights recognized. The movement of “Suffragettes” claimed a long and hard battle in the streets and institutional sites.
Who were the suffragettes? They were ordinary women, mothers of families, workers, and above all from different social backgrounds, united in this mission of freedom.
The suffragettes were seen by the police and the public for a long time as the subversive and then target of harsh and violent reprisals by the police.
Indiscriminate arrests, interrogations and detentions, torture was the price that they paid thousands of British women for choosing to embrace the civil movement.
It was a mass movement and opinion without any imprisonment and social impediment.
An example of this is the hero of our story Maud Watts (Carey Mulligan), a humble woman, mother, wife and exploited working in a laundry.
Maud has no shackles on my mind. It breaks his back in the laundry since childhood, obeying the rules, to master and to her beloved husband. Yet one day Maud finds himself inadvertently assist in a protest action of the Suffragette and be conducted in the barracks.
For the woman is obviously a shock but also an acknowledgment of a social and civil impossible. Maud decided to espouse the cause of the suffragettes, even at the cost of losing everything: work and family. Maud is not a hero, but an ordinary woman who claims to have equal rights. The film overall is well shot, although it has a cutting mostly television. The screenplay timely and historically accurate is the merit to tell in a simple and direct the status of women and the age of the man as he saw it and considered. The two visions of society meet and clash through the beautiful and touching scenes between the protagonist and Maud Police Commissioner Steed (Brendan Glesson), highlighting how between the laws of the courts and the natural rights of man there was a ‘ huge difference. The film boasts a great care for scenes, a perfect building environments and accurate costumes. The narrative structure, however, is generally not very agile and usable by making the film slow and lackluster in terms of rhythm, jeopardizing incisiveness and strength.
Carey Mulligan boasts an interpretation of level, passionate and intense, but not charismatic way down. It does not yet have that something to make the character memorable Maud. There are obvious potential as a constant artistic growth of the actress.
The rest of the cast is equally of value and solidity and artistic force. continues on
Vittorio De Agro and Cavinato Publisher present “Being Melvin”