15) Argentina 1985

“Argentina 1985 “ è un film del 2022 diretto da Santiago Mitre , scritto da Mariano Llinás, Santiago Mitre, con : Ricardo Darín, Peter Lanzani, Gina Mastronicola, Norman Briski, Alejandra Flechner, Francisco Bertín, Claudio Da Passano, Santiago Armas Estevarena, Paula Ransenberg, Carlos Portaluppi, Alejo Garcia Pintos, Héctor Díaz.

Sinossi:

Argentina, 1985, film diretto da Santiago Mitre, vede una squadra di avvocati alle prese con un processo, che coinvolge i comandanti della dittatura militare argentina negli anni ’80. Il processo ha avuto inizio, dopo che i procuratori Julio Strassera e Luis Moreno Ocampo (Ricardo Darín e Peter Lanzani) hanno indagato sugli eventi accaduti sotto il regime. I due non si sono mai scoraggiati, nulla li ha fermati, neanche la massiccia presenza dei militati all’interno della loro instabile democrazia. Nonostante le diverse minacce pervenute a loro stessi e alle loro famiglie, Strassera e Moreno Ocampo hanno riunito una squadra legale e lottato affinché le vittime potessero avere giustizia.

Mentre vengono affrontate le terribili vicende che hanno portato i comandanti a essere accusati per crimini contro l’umanità, il tempo incalza e il processo volge a termine verso il suo esito finale.

Recensione:

Il biglietto d’acquistare per “Argentina 1985” è : ridotto

La Storia irrompe  nel concorso principale di Venezia 79 con tutta la sua forza,    drammaticità  e solennità ,  trasformando in un caso politico oltre che artistico il   passaggio di “Argentina 1985 “di Santiago Mitre.

La stampa internazionale si è innamorata del film argentino vaticinandogli  un sicuro podio  nella notte dei premi.

Il sottoscritto è decisamente meno fan, pur riconoscendo  buone chance di vittoria per Mitre.

Santiago Mitre si è preso la grande responsabilità di raccontare per la prima volta passaggio più delicato e difficile  della giovane democrazia argentina : il processo  celebrato  contro  i 9 comandanti responsabili di  7 anni di puro terrore subiti  dal popolo argentino

L’ Argentina ha vissuto un incubo  ad occhi aperti   dal 24 Marzo 1976 al 1982, portandosi dietro una scia di sangue, dolore e crimini contro l’umanità.

Quando nel 1983 la democrazia è tornata .a Buenos Aires, nessuno argentino poteva e voleva dimenticare quanto successo.

In ogni famiglia c’è stato un evento traumatico:

Un  figlio, un padre, un mamma , cugino rapito, torturato e poi scomparso nel nulla

Nessuna democrazia può ritenersi tale se non si è in grado di processare e condannare i crimini dei capi.

Nell’Argentina uscita dalla dittatura  si respirava da una parte il desiderio , necessita di giustizia invocata dall’opinione pubblica  trascinando i militari alle sbarra e dall’altra il neo governo socialiste del Presidente Alfonsino che si muoveva con prudenza, stretto tra due fuochi, consapevole che i nostalgici del regime non avrebbero accettato tranquillamente una “Norimberga” di stampo argentino.

“Argentina 1985”  pur rievocando  le diverse tappe del processo e così collocandosi in un preciso filone cinematografico alias “Processo alla storia”, va però evidenziato come la sceneggiatura e poi la messa in scena si distacchi  chiaramente da altri  film di genere.

Il processo di Norimberga o quello celebrato in Israele contro il gerarca nazista Adolf  Eichmann, sono stati definiti storici , necessari e soprattutto simbolici.

La determinazione dei vincitori del secondo conflitto mondiale e  poi degli ebrei  di consegnare la follia nazista al giudizio della Storia prima ancora che  alla sentenza di un giudice

Invece  fin dalle prime scene  emerge un sentimento diametralmente opposto magistralmente reso   dai personaggi  di Argentina 1985.

Si voleva dimostrare che la nuova Argentina fosse nelle condizioni di garantire un processo equo anche agli più efferati dei criminali.

 Giustizia e verità  erano invocate  dall’opinione pubblica e dai familiari delle vittime.

Dimostrare d’essere migliori ,non cedendo al facile istinto di vendetta.

Lo spettatore entra in questa storia processuale e di dolore collettivo percependo una  dignità e compostezza anche nei momenti più intesi e terribili come ad esempio le testimonianze dei sopravvissuti alle torture.

“Argentina 1985” ci mostra lo  snodo  decisivo ed unico di un Paese che scelse di guardare in faccia i propri demoni , anziché chiudere tutto in un comodo armadio.

 Julio Cesar  Strassera(Darin) è uomo delle istituzioni, un funzionario della giustizia si definisce lui stesso cosi.

È soprannominato il “loco”,  ha sofferto gli anni della dittatura , senza mai schierarsi.

Strassera ha accettato l’incarico nutrendo molti dubbi  che il governo socialista consenta realmente che questo processo venga celebrato.

Paradossalmente quanto inaspettatamente Strassera troverà aiuto e sostegno legale da un team di giovani avvocati ed invece incontrando  scetticismo e rifiuto dai suoi coetanei.

La preparazione del processo assume così un  aspetto simbolico oltre che

generazionale. 

Strassera con il suo giovane team incarna  un patto intergenerazionale,  uniti  nel  chiedere conto delle atrocità commesse dai militari

“Argentina 1985” è allo stesso tempo un legal movie, sulla memoria, sulla resistenza civile e democratica.

Mitre evita il  facile sensazionalismo e retorica sui fatti ,  misurando con intelligenza i momenti forti e significativi

Strassera chiude l’appassionante requisitoria   chiedendo giustizia e promettendo “nunca mas” in nome della giovane ed orgogliosa Repubblica Argentina.

Lo spettatore se lo ripeterà   convintamente alla fine apprezzando di vivere in un mondo ancora libero.

11) Il primo giorno della mia vita -il Film

Il biglietto d’acquistare per “Il primo giorno della mia vita” è : Omaggio (con Riserva)

“Il primo giorno della mia vita” è un film del 2023  diretto da Paolo Genovese, scritto da Paolo Genovese, Paolo Costella, Rolando Ravello, Isabella Aguilar, basato sull’omonimo romanzo scritto da Paolo Genovese e pubblicato da Einaudi nel Maggio 2018, con : Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Margherita Buy, Sara Serraiocco, Gabriele Cristini, Giorgio Tirabassi, Lino Guanciale, Antonio Gerardi, Lidia Vitale, Vittoria Puccini, Elena Lietti, Thomas Trabacchi, Davide Combusti.

Sinossi:

Il primo giorno della mia vita, il film diretto da Paolo Genovese, mette al centro della storia l’enorme valore della vita di ogni essere umano. Nel film si intrecciano le vicende di un uomo (Valerio Mastandrea), due donne (Margherita Buy e Sara Serraiocco) e un ragazzino (Gabriele Cristini). Ognuno di loro ha un motivo preciso per essere disperato, tanto da arrivare a chiedersi perché mai dover continuare a vivere.

Un giorno tutti questi personaggi in momenti diversi della loro vita si imbattono e conoscono un uomo misterioso (Toni Servillo). Sarà quest’ultimo a dare loro la possibilità di osservare cosa potrebbe accadere nel mondo, quando non ci saranno più.

È così che i quattro protagonisti avranno a disposizione una settimana per osservare sé stessi dal di fuori, per vedere cosa lascerebbero e come reagirebbero parenti e amici alla loro dipartita. Quest’esperienza rappresenterà per tutti l’occasione per tornare ad apprezzare di nuovo la vita.

Recensione:

Strano a dirsi, caro lettore /spettatore, ma in questo caso il vostro vecchio inviato aveva letto quattro anni fa il romanzo di Paolo Genovese, dando per scontato l’adattamento cinematografico.

Un adattamento arrivato probabilmente fuori tempo massimo causa pandemia e guerra, obbligando Genovese a riporre nel cassetto il sogno di girarlo negli Stati Uniti.

Infatti la prima differenza tra il libro ed il film, è la città in cui si svolge i fatti.

Da New York a  Roma, il passo è “breve” se la produzione non si è potuta permettere i costi della trasferta.

“Tutti mentono “ci ha insegnato il geniale quanto corrosivo Dr. House.

Chi vi dice di non aver pensato, almeno una volta nella vita, alla proprio morte ed in un momento di sconforto personale anche al suicidio: mente due volte, senza alcun dubbio.

La morte è un argomento delicato, terribile quanto affascinante e complesso.

Chi possiede il dono della fede vede nella morte il necessario passaggio per poter ambire alla vita eterna.

Chi invece per scelta, moda, indolenza, cinismo non crede a niente e nessuno, si limita a vivere una vita evitando d’affrontare il minor numero di rotture di coglioni di decimo livello, si  rivela  discepolo oltre che fan del vice questore Rocco Schiavone.

Esiste, purtroppo, anche una terza categoria fortemente legata alla tematica, tragicamente e quotidianamente in crescita: tutte quelle persone colpite dal demone più feroce e subdolo esistente: il mal di vivere alias depressione capace d’infettare qualsiasi anima.

La depressione non dà alcun preavviso, avvinghia la propria preda e raramente l’abbandona fino a quando non ha portato termine il compito: distruggerla fisicamente e spiritualmente.

Chi decide di suicidarsi, non è un vigliacco come molti dicono e scrivono con estrema facilità, ma bensì un soldato stanco di una guerra lunga, sfibrante e soprattutto combattuta in solitaria.

La depressione e il suicidio sono diventati spesso fonte di ispirazione narrativa ed artistica per scrittori, registi uniti nel folle ed ambizioso tentativo d’indagare l’animo umano e capirne i lati più intimi e profondi.

Paolo Genovese da un uomo curioso oltre che regista, sensibile ed attento agli usi e costumi della nostra società, ha rinnovato  questa sfida artistica ed umana , stavolta in campo cinematografico.

La seconda differenza risiede  nella sceneggiatura  scritta ad otto mani, modificando in modo consistente la prospettiva e forza dell’idea e paradossalmente facendone perdere intensità, unicità e profondità interiore

“Il primo giorno della mia vita” non era  il romanzo più originale, innovativo, dirompente esistente in letteratura su questa tematica,  ma conteneva  spunti e passaggi narrativi sicuramente intensi, delicati e non scontati per il lettore.

Invece la sceneggiatura si rivela confusa, dilatata, autoreferenziale e piuttosto fredda e stereotipata su alcuni personaggi.

“Il primo giorno della vita” era un romanzo “cinematografico”, nel senso più positivo del termine, poiché lo stile semplice, diretto quanto avvolgente di Genovese permetteva al lettore d’ immaginare ,fin dalla prima pagina, i luoghi, personaggi e situazioni inseriti nell’intreccio , invece una volta che i personaggi hanno preso vita  sulla scena, non è scattato l’atteso coinvolgimento.

Se Il lettore entrava subito in empatia con i protagonisti della storia condividendone i dolori, dubbi e contrastanti emozioni, lo spettatore fatica più del dovuto nel sostenere e condividere un viaggio interiore confezionato in stile americano.

“Il primo giorno della mia vita” mostra  come “il mal di vivere” possa colpire chiunque, non risparmiando neanche un indifeso e dolce bambino, non ascoltato ed “amato “in modo egoistico dai propri genitori.

Genovese si chiede e ci chiede quale sarebbe la nostra reazione di fronte alla possibilità d’ assistere al proprio funerale e osservare ed ascoltare le reazioni dei nostri cari ed amici.

Da tale esperienza potremmo ricavare qualche insegnamento ? Saremmo disposti a cambiare qualcosa nella nostra esistenza?

Chi ha compiuto il gesto estremo, potendo usufruire di tale dono per 7 giorni, tornerebbe poi sui propri passi ?

“Il primo giorno della mia vita” come romanzo evitava, fortunatamente, una deriva narrativa ed emozionale totalmente prevedibile e melensa riguardo la scelta finale compiuta dai cinque protagonisti, lasciando al lettore l’ inevitabile quanto necessaria dose di cinismo e delusione, mentre allo spettatore scioccamente viene imposto un quasi totale cambio di tono e di stile.

Il prestigioso cast artistico svolge il compitino senza lode e senza infamia, lasciando poco in dote allo spettatore.

La vita è un dono d’apprezzare e godere, nonostante le avversità, ogni giorno come fosse il primo.

Allo stesso tempo chi decide altrimenti , non va il nostro stolto biasimo , quanto semmai la sincera preghiera   affinché  la sua  anima sia finalmente libera e serena, magari in veste più utile per gli altri aspiranti suicidari.

10) A Letto con Sartre

Il biglietto d’acquistare per “A letto con Sastre”  è : Di pomeriggio

“A letto con Sastre” è un film del 2021  diretto da Samuel Benchetrit, scritto da Samuel Benchetrit Gábor Rassov, con : Joey Starr, Bouli Lanners, François Damiens, Ramzy Bedia, Vanessa Paradis, Gustave Kervern, Valeria Bruni Tedeschi, Raphaelle Doyle, Constance Rousseau, Vincent Macaigne, Bruno Podalydès, Jules Benchetrit, Thierry Gimenez, Jean-Pierre Martinage.

Sinossi:

A letto con Sartre, film diretto da Samuel Benchetrit, è ambientato in una cittadina nei pressi di un porto a nord della Francia, dove le persone trascorrono la loro vita isolate e col tempo si sono abituate alla violenza. La loro esistenza viene sconvolta improvvisamente da arte e amore, che iniziano a influenzarle fortemente.

Tra di loro c’è il boss locale, Jeff (François Damiens), che cerca di conquistare la cassiera di cui si è innamorato con poesie d’amore, alquanto discutibili. Poi abbiamo i suoi due tirapiedi Jesus (Joey Starr) e Poussin (Bouli Lanners), impegnati a organizzare un party per la figlia adolescente di Jeff e perfino disposti ad aiutare la ragazza a fare colpo sul tipo che le piace. Infine, Jacky (Gustave Kervern), uno scagnozzo che grazie all’amore per una donna scopre l’arte del teatro e, pur di starle vicino, si ritrova a recitare in una pièce sulla vita sessuale di Sartre e Simone de Beauvoir.

È così che la poesia, l’arte e il teatro aiuteranno questi personaggi a dare un senso alla loro vita, mostrando come spesso anche i più “duri” abbiano un cuore tenero.

Recensione:

I romantici e gli artisti in generale sono convinti che  l’Amore e l’Arte possano realmente  influenzare, trasformare,  determinare la vita di un uomo.

Ma è davvero così o è solamente l’utopica illusione di queste due categorie di persone?

E’  possibile che un uomo gretto, magari un criminale innamoratosi di una giovane cassiera , decida di iscriversi  ad un corso di poesia per far colpo ?

Riuscite ad immaginare uomini duri e violenti dediti alla lettura di testi filosofici o diventare attore di teatro per amore?

“A Letto con Sastre” è il divertente, surreale, commovente tentativo creativo e stilistic del regista Samuel Benchetrit di dimostrare il potere salvifico e catartico del teatro , della poesia e soprattutto dell’Amore.

La scelta narrativa di raccontare tre storie intrise di violenza, solitudine  si  è rivelata complessivamente  azzeccata e  convincente , nonostante il film presenti  un inizio piuttosto lento e farraginoso.

Benchetrit  insieme con l’altro sceneggiatore Rassov hanno improntato l’intreccio narrativo su tempi lunghi.  

Scena dopo scena sale il pathos, si  è conquistati dalla disarmante quanto potente  anima del film: nessuno resta immune al fascino della poesia e richiamo dell’amore.

Un concetto semplice ma allo stesso tempo complesso da trasmettere e comprendere sulla scena dovendo evitare cadute retoriche, melense e soprattutto auto referenziali.

“A Letto con Sastre”   è un viaggio introspettivo, allegorico, grottesco che non lascia indifferenti, ritrovando un po’ di noi stessi nei diversi personaggi ben costruiti in scrittura e resi credibili dagli interpreti davvero all’altezza.

“A Letto con Sastre” non è un film per tutti o quanto meno bisogna essere pazienti, facendosi trascinare dalle emozioni e sensate provate e vissute dai personaggi alla ricerca di un cambiamento o di riscoperta di  una moglie un po’ abbrutita (una meravigliosa Bruni Tedeschi)ma sempre bella e presente.

“A letto con Sastre” è quel genere di film autoriale capace di toccare il cuore anche dello spettatore poco incline alla riflessione ed all’interiorità.

8) L’Innocente

“L’Innocente” è un film di Louis Garrel. Con Louis Garrel, Anouk Grinberg, Noémie Merlant, Roschdy Zem, Manda Touré. Commedia, 99′. Francia 2022

Sinossi:

In quel di Lione, Abel lavora come guida in un acquario e non si è ancora ripreso dalla prematura scomparsa della moglie. Anche la madre Sylvie gli dà pensiero, visto che continua a sposare detenuti in serie. L’ultimo della lista è l’ex-rapinatore Michel, il quale appena uscito di prigione apre un negozio di fiori assieme alla donna. Abel, però, è convinto che ci sia sotto qualcosa di losco. Preoccupato per la madre, si mette a pedinarlo coinvolgendo un’amica, Clémence.

Recensione:

La mamma è sempre la mamma. Per quanto il rapporto con colei che ci ha messo al mondo possa essere conflittuale o difficile, è molto difficile per un figlio, specie se maschio, non nutrire verso di lei un forte senso di attaccamento. E ritenere ogni altro uomo non alla sua altezza… 

Il quarto film da regista di Louis Garrel, “L’innocent”, presentato fuori concorso a Cannes 2022, è stato pensato e scritto seguendo un doppio binario: affettivo ed esistenziale. Da un lato c’è la declinazione del rapporto madre-figlio, dall’altro una riflessione sulle seconde possibilità. continua su

7) Le vele scarlatte

Le Vele Scarlatte è un film di Pietro Marcello. Con Juliette Jouan, Raphaël Thierry, Noémie Lvovsky, Louis Garrel, Yolande Moreau. Drammatico, 100′. Francia, Italia 2022

Sinossi:

Il soldato Raphael torna dalla Grande guerra al suo villaggio normanno, identificandosi come “l’uomo di Marie”. Marie non c’è più, ma c’è una bambina di cui Raphael ignorava l’esistenza: è sua figlia Juliette, che diventerà la sua ragione di vita. Per lei l’uomo ricomincerà a fare il falegname, dimostrandosi l’artigiano migliore della zona e un eccellente intagliatore. Ad aiutarlo c’è Madame Adeline, una vedova di buon cuore che accoglie entrambi nella sua fattoria. Ma Raphael, Juliette e Madame Adeline non sono ben visti nel villaggio, che considera l’uomo colpevole di omissione di soccorso, e le donne due streghe – come ogni “femmina non addomesticata”. Il loro è tuttavia un percorso di speranza, in attesa del passaggio delle vele scarlatte pronosticato a Juliette dalla maga del paese.

Recensione :

Pronti via, e la mia amata sezione Quinzaine decide di crearmi più di un problema, aprendo il suo programma con il nuovo film di Pietro Marcello, “Le vele scarlatte” (L’Envol), un racconto intenso e malinconico.

La piccola Giuliette, rimasta orfana di madre, viene allevata prima dalla nonna e dopo dal padre Raphael, tornato indenne dalla Grande guerra. Nella Francia povera e contadina delle piccole comunità, dominano i pregiudizi e il maschilismo.

Raphael è un omone imponente, schivo e silenzioso; un abile falegname capace di costruire di tutto con le sue grosse mani. Di Marie, la madre di Giuliette, non sappiamo niente, ma si percepisce il legame che univa i due. continua su

6) Grazie Ragazzi

“Grazie Ragazzi” è un film di Riccardo Milani. Con Antonio Albanese, Sonia Bergamasco, Vinicio Marchioni, Giacomo Ferrara, Giorgio Montanini. Commedia, 117′. Italia 2023

Sinossi:

Antonio Cerami è un attore di teatro che da tre anni non calca il palcoscenico, vive da solo in un appartamento a Ciampino dove sente il passaggio di ogni aereo e doppia film porno per arrivare a fine mese. Il suo amico Michele, che ha un lavoro stabile presso un piccolo teatro romano, gli trova un incarico insolito: sei giorni di lezioni di recitazione presso un carcere di Velletri allo scopo di far mettere in scena ai detenuti una serie di favole. È un progetto finanziato dal Ministero cui la direttrice del carcere, Laura, ha acconsentito senza troppo entusiasmo, ma ad entusiasmarsi sarà Antonio, che deciderà di mettere in scena presso il teatro di Michele un progetto più grande: “Aspettando Godot” di Samuel Beckett. Così Mignolo dalla moglie focosa, Aziz nato a Tripoli e arrivato in Italia col gommone, Damiano il balbuziente, Diego il boss e Radu l’addetto alle pulizie rumeno lavoreranno per interpretare un testo complesso e impegnativo, con risultati tutti da scoprire.

Recensione:

Ciclicamente, in Italia, torna alla ribalta il dibattito sul problema delle carceri, che divide politici e opinione pubblica in due fazioni contrapposte. La prima è per la tolleranza zero, soprattutto in materia di reati di sangue e di mafia. La seconda per le pene alternative e per una riforma del sistema carcerario, ormai vetusto.

Se tutti sono d’accordo nel riconoscere il problema del sovraffollamento delle carceri, che non riescono più a portare avanti la duplice funzione punitiva e riabilitativa dell’individuo, le soluzioni credibili per risolverlo latitano.

Negli anni il cinema italiano ha cercato di raccontare, con alterne fortune, la prigione, soffermandosi per la maggior parte sull’aspetto detentivo. Riccardo Milani e Gabriele Astori, invece, hanno voluto parlare dell’altra faccia della medaglia, riadattando il film francese “Un triomphe” di Emmanuel Courcol. continua su

4) Un Vizio di Famiglia

Il biglietto d’acquistare per “Un vizio di Famiglia” è : Omaggio

“Un Vizio di Famiglia” è un film del 2022 scritto e diretto da       Sébastien Marnier , con :

Attore e     Ruolo

Laure Calamy  Stéphane

Suzanne Clément la detenuta

Doria Tillier     George

Jacques Weber     Serge

Dominique Blanc  Louise

Naidra Ayadi   Leila

Céleste Brunnquell     Jeanne

Véronique Ruggia Saura   Agnès

Sinossi:

Un vizio di Famiglia, film diretto da Sébastien Marnier, racconta la storia di Stéphane, una donna umile e modesta, senza alcuna pretesa, che lavora come operaia. Un giorno senza nessun preavviso nella sua vita irrompe il padre, una figura che la donna non hai mai conosciuto, nonché un uomo molto ricco che vive nella sua grande villa insieme a quattro donne. Quest’ultime si sentono infastidite dalla presenza di Stéphane in casa, motivo per cui cercano di metterla in ogni modo a disagio.

Pur di essere accettata, Stéphane prova a fare una bella impressione a quella che è la sua nuova famiglia, inventando e raccontando bugie sulla sua vita, che in breve tempo da strumento di difesa diverranno causa di gelosia e amarezza. È così che all’interno della villa inizierà a diffondersi un male, che andrà a insidiarsi nelle basi della famiglia, pronto a farle vacillare..

Recensione:

Quanto è importante , vitale per chiunque di noi  sentirsi amati, accettati ?

La famiglia  rappresenta un’ istituzione opprimente o  possiamo ancora vederla, sentirla come un luogo  sicuro?

Esistono ancora delle famiglie  felici o proprio all’interno del nucleo familiare si sviluppano gli istinti più oscuri e feroci dell’uomo?

Ogni famiglia ha la propria storia, segreti e scheletri dell’armadio che possono sconvolgere lo status quo:  come ad esempio l’arrivo di figlia illegittima quanto desiderosa di ottenere un po’ d’affetto paterno.

“Un vizio di famiglia” presentato in anteprima alla 79 Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti Extra , lo potremmo definire  come l’ arzigogolato tentativo creativo di mescolare il genere noir con il dramma familiare  cercando d’imitare i toni e soprattutto lo stile unico  di Alfred Hitchock nel  raggiungere il climax facendo sobbalzare ed inquietare lo spettatore.

“L’origine del male”  si rivela essere una sorta di “fritto  misto” drammaturgico  in cui l’intreccio cambia con troppa facilità  pelle, identità e genere con il solo scopo di sorprendere, ma finendo così per  rendere la visione dispersiva, lunga e cervellotica.

Lo spettatore fatica nel trovare il giusto mood psicologico per approcciarsi ad una visione disturbante, cupa e cinica sulla famiglia.

Chi è davvero Stephanie? La donna è una novella Cenerentola oppure è un abile manipolatrice?

Laure Calamy sfodera una performance davvero sontuosa, ardita, ricca di sfumature e contraddizioni psicologiche con l’obiettivo  parzialmente riuscito di rendere impossibile allo spettatore di capire la vera natura del suo personaggio.

Ma nonostante i talenti attoriali della Calamy e della bella Dorian Teller, insolitamente quanto efficacemente  sotto tono, la storia sbanda continuamente come se il regista non avesse chiaro  con quale taglio indirizzarla e soprattutto chiuderla ( c’erano almeno 3 finali più che plausibili, rispetto a quello scelto decisamente grottesco e stridente con quanto visto per quasi due ore.

“Un vizio di famiglia” è costruito come fosse un gioco di specchi in cui il ruolo di vittima e carnefice si scambiano e confondono  tra i personaggi di una famiglia in cui l’odio ed il sospetto reciproco rappresenta l’unico collante possibile.

“Un vizio di Famiglia” avrebbe voluto raccontarci, mostrarci e soprattutto trasmettere tramite i diversi personaggi come l’assenza o meno di una famiglia nella vita di una persona possa essere decisivo spesso in negativo.

Ma questo affresco familiare voluto da Sébastien Marnier e presentato qui in Laguna, appare decisamente forzato e sprezzante  sull’idea famiglia senza possedere però la forza  destabilizzante che ebbe all’epoca il film danese “Festen”.

In conclusione possiamo affermare che sono proprio le persone più  instabili a sentire bisogno di una famiglia anche a costo di compiere atti truffaldini ed impensabili pur di farne parte.

3)M3GAN

Il biglietto d’acquistare per “M3GAN” è :  Di pomeriggio

“M3GAN” è un film del 2023 diretto da Gerard Johnstone, scritto da Akela Cooper, James Wan, con : Allison Williams, Violet McGraw, Jenna Davis, Ronny Chieng, Brian Jordan Alvarez, Jen Van Epps, Lori Dungey, Stephane Garneau-Monten.

Sinossi:

M3GAN, il film diretto da Gerard Johnstone, vede protagonista una meraviglia di intelligenza artificiale, una bambola a grandezza naturale programmata per essere la più grande compagna dei bambini e la più grande alleata dei genitori. Progettata da Gemma (Allison Williams), brillante robotica di un’azienda di giocattoli, M3GAN è in grado di ascoltare, guardare e imparare, diventando amica e insegnante, compagna di giochi e protettrice del bambino a cui è legata.

Quando Gemma diventa improvvisamente la tutrice della nipote orfana di 8 anni, Cady (Violet McGraw), è insicura e impreparata a diventare genitore. Sottoposta a forti pressioni sul lavoro, Gemma decide di abbinare il suo prototipo M3GAN con Cady nel tentativo di risolvere entrambi i problemi: una decisione che avrà conseguenze inimmaginabili.

Recensione:

Le differenti indagini di mercato concordano su un punto: i giochi dei bambini /preadolescenti rimangono un business strategico da conquistare per le aziende del divertimento

Ogni anno  viene presentato un giocattolo /bambola/videogioco più tecnologica e stupefacente quanto costosa per le tasche del povero genitore. Con quest’ultimo  disposto a tutto pur di vedere felice il proprio piccolo.

Altresì la tecnologia ed in particolare la robotica  ha compiuto passi impensabili fino a pochi decenni fa.

Un robot simile all’uomo è ancora un utopia pericolosa o siamo vicini a questo scenario?

Un robot può avere un anima , una personalità o peggio ancora può ribellarsi al proprio creatore?

Tutte queste tematiche economiche, genitoriali e spunti filosofici rappresentano il plot narrativo di M3GAN, che  vedremo dal 3 gennaio nelle nostre sale.

“M3GAN” di Gerard Johnstone  potremmo definirla  come la sintesi moderna di alcuni  tra i più celebri personaggi letterari e cinematografici  : da Frankenstein passando per Chucky : la bambola assassina alla macchina infernale fino ad arrivare ai giorni nostri con la brutta saga di Annabelle.

“M3GAN” è un robot bambina creata dalla geniale programmatrice Gemma, che si ritrova tragicamente quanto improvvisamente a doversi occupare di sua nipote, dopo la morte dei genitori.

Gemma non ha alcuna propensione materna, incarna il modello della donna in carriera incapace di relazionarsi e soprattutto comprendere il dolore ed il trauma della nipote.

Ma Cady è piuttosto il tassello mancante agli occhi della zia per varare il suo progetto più ambizioso: M3GAN, il giocattolo che tutti i bambini vorrebbero avere.

Lo spettatore over 40 ed appassionato di telefilm americani anni 80 non potrà non ricordare la divertente sit com “Super Vichy” in cui la protagonista era propria una bambina robot  fatta passare per una figlia adottiva dalla famiglia del suo inventore.

Immaginate ora una Vicky cattiva, manipolatrice, violenta ed ecco a voi: M3GAN

Tutte queste informazioni potrebbero farvi pensare che gli sceneggiatori abbiamo fatto un mero di lavoro di “copia ed incolla”  per scrivere la storia di “M3GAN” senza aggiungere di nuovo al genere horror/fantascienza.

Per un certo verso questa sensazione ha un fondamento guardando lo sviluppo dell’intreccio ed evoluzione dei personaggi abbastanza prevedibili, ma dall’altro  il film si lascia comunque vedere avendo un discreto ritmo ed una serie di passaggi riusciti a livello emozionale e di pathos.

In conclusione “M3GAN” è quel  tipo di film che seppure privo di picchi creativi/recitativi   può soddisfare  gusti ed aspettative di pubblico di diverse età

2) I Migliori Giorni

Il biglietto d’acquistare per “I migliori giorni” è : Di pomeriggio

“I migliori giorni” è un film del 2023 scritto e diretto da Massimiliano Bruno ed Edoardo Leo, con : Edoardo Leo, Massimiliano Bruno, Anna Foglietta, Max Tortora, Paolo Calabresi, Luca Argentero, Valentina Lodovini, Greta Scarano, Claudia Gerini, Stefano Fresi, Marco Bonini, Maria Chiara Centorami, Ludovica Martino, Liliana Fiorelli, Pietro De Silva, Jonis Bascir, Laline Cafaro, Giorgia Salari, Giuseppe Ragone, Tiberio Timperi, Malvina Ruggiano, Mariachiara Dimitri, Daniele Locci.

Sinossi:

I Migliori Giorni, diretto da Massimiliano Bruno ed Edoardo Leo, è un film corale diviso in quattro episodi, ognuno dedicato a una festività, e che indaga su come l’animo umano affronti queste feste. Il primo episodio vede una deputata invitare per la cena della Vigilia di Natale il segretario del suo partito. L’invito nasconde, però, un doppio fine, la donna spera, così facendo, di ottenere sostegno dal segretario in futuro. La presenza alla tavola di due fratelli da sempre rivali non metterà a rischio solo l’intera serata, ma anche la carriera della deputata.

Il secondo episodio racconta come un ricco imprenditore provi a rifarsi un’immagine positiva trascorrendo il Capodanno alla mensa dei poveri. Purtroppo per lui, qui incontra il suo ex autista, licenziato ingiustamente e determinato ad avere la sua vendetta.

Poi c’è la storia di una coppia a San Valentino, che dopo venticinque anni festeggia ancora la ricorrenza. Peccato che non siano solo lui e lei, ma anche l’altra e la lei dell’altra. È così chela festa degli innamorati si rivelerà essere un po’ troppo affollata.

Infine, nel giorno della festa delle donne, una nota conduttrice televisiva si ritrova costretta a chiedere scusa per aver mandato in onda un servizio sulla “la donna ideale”, che ha provocato una bufera sui social.

Se questi sono i migliori giorni, figuriamoci i peggiori…

Recensione:

Le Feste comandate dovrebbero essere un momento di gioia, serenità, amore e gentilezza da condividere con gli affetti più cari ed amici.

L’educazione , il decoro dovrebbero essere altresì regnare durante le feste.

Già le feste, le ricorrenze ed affini dovrebbero essere bei momenti, ma nei fatti  sono la fiera dell’ipocrisia, delle bugie e dei baci da “ Giuda”.

È altresì tradizione che il 1° gennaio gli italiani vadano al cinema per vedere un film divertente /ottimista.

Edoardo Leo e Massimiliano Bruno  hanno deciso  con coraggio e creatività di rompere  la tradizione ed il perbenismo imperante, presentando  l’altro volto delle feste ovvero quello che vorremo veramente dire, fare ai nostri  parenti, amici e partner.

“ I Migliori Giorni” è un film: “cattivo”, “duro”, “cinico” nel raccontare, incarnare con efficacia e crudezza gli aspetti più negativi ed egoisti della nostra società.

Lo spettatore osserva, nei quattro episodi che compongono il film ,  una famiglia  alle prese con la cena di Natale, un imprenditore ricco  impegnato in un  Capodanno sociale,  l’organizzazione   di San Valentino da parte di una coppia e  la celebrazione dell’otto marzo in uno studio televisivo.

Quattro storie  d’infelicità, rabbia, tradimento e di meschino maschilismo in campo lavorativo   che fotografano una società involuta, piegata su stessa e prigioniera di tabù e valori  ormai soffocanti quanto senza senso.

I personaggi di queste storie sono infelici, costretti in in relazioni finite o obbligati a reprimere la propria natura e pensiero .

“I Migliori Giorni” racconta di noi, nessuno escluso mettendoci di fronte ai nostri limiti, errori e meschinità.

I primi due episodi: il Natale al tempo del Covid con Anna Foglietta , Edoardo Leo e Massimiliano nei panni dei fratelli coltelli   e quello del Capodanno con Max Tortora nel ruolo dell’avido imprenditore e Paolo Calabresi in quello dell’ex autista ingiustamente licenziato sono quelli più convincenti sul piano recitativo,  emotivamente più coinvolgenti e narrativamente più incisivi.

Gli altri due: San Valentino con  Luca Argentero, nel ruolo del marito infedele e Valentina Lodovini in quello della moglie che  sente qualcosa per  la “sua segretaria” Greta Scarano, e l’Otto Marzo con Claudia Gerini e Stefano Fresi sono meno potenti a livello artistico , un po’ telefonati  e prevedibili in chiave di scrittura, ma comunque funzionali all’idea di partenza.

“I Migliori Giorni” non è il classico film di Capodanno, non regala sorrisi né tanto meno ottimismo,   ma alla fine lo spettatore  forse riceverà uno dono più importante e prezioso: l’auspicabile speranza /consapevolezza d’essere migliori di questi personaggi nell’anno appena iniziato.

98)Il Gatto con gli Stivali 2 : L’ultimo desiderio

“Il Gatto con gli Stivali 2 : L’ultimo desiderio” è un film di Joel Crawford, Januel Mercado. Con Antonio Banderas, Salma Hayek, Olivia Colman, Harvey Guillen, Samson Kayo. Animazione, 100′. USA 2022

Sinossi:

Il Gatto con gli Stivali ha appena scoperto di aver esaurito otto delle sue nove vite, e ha incontrato un Lupo Cattivo che gli ricorda come, a questo giro, anche lui dovrà morire. Dunque Gatto va alla caccia di una stella caduta nella Foresta Oscura che possa esaudire il suo più grande desiderio: ripristinare le numerose vite perdute. Ma non è il solo ad avere una grande aspirazione esistenziale, ci sono anche Kitty Zampe di Velluto, Riccioli d’Oro e i tre Orsi e Jack Horner, un megalomane squilibrato uscito da una filastrocca di Mamma Oca. Ad affiancare il Gatto e la (sua?) Kitty c’è un microscopico cane travestito da felino che si offre volontario per la pet therapy ed è l’unico ad essere contento della propria vita così com’è. In una gara di velocità per assicurarsi la Stella dei Desideri tutti i personaggi dovranno rivalutare le loro priorità.

Recensione:

Dopo undici anni dall’ultima avventura da solista ritorna sul grande schermo il più intrepido, temuto e vanesio spadaccino delle fiabe, che abbiamo conosciuto grazie a “Shrek”: il Gatto con gli Stivali.

Ritroviamo il nostro leggendario micio intento a combattere un gigante con le sue armi abituali: la spada, una parlantina incessante e l’ironia. Sembra tutto uguale al passato, se non fosse per un dettaglio: Gatto non ha tenuto il conto delle vite a sua disposizione! E adesso, delle proverbiali nove, gliene resta soltanto una.

Come gestire la cosa? Andando avanti come sempre, in barba al pericolo, oppure appendendo le armi e le velleità da eroe al chiodo e ritirandosi in un centro d’accoglienza per gatti? continua su