106) Deerskin / Doppia Pelle

Il biglietto d’acquistare per “Deerskin /Doppia Pelle ” è :Sempre (Con Riserva)
Deerskin /Doppia Pelle  è un film del 2019 scritto e diretto da Quentin Dupieux, con : Jean Dujardin, Adele Haenel.

Sinossi:

Georges guida tutto il giorno per raggiungere un’anonima località di montagna e comprare un blouson di pelle. Pelle di daino 100%. Per soddisfare la sua ossessione, Georges ha dato fondo al conto e alla sua vita coniugale. Morbida, decorata di frange e rivestita in raso, la giacca lo innamora fino a possederlo e precipitarlo in un delirio criminale. Ad assecondare la sua follia c’è Denise, cameriera con la mania di smontare film celebri. Deciso a girare un film che celebri il suo blouson cognac, Georges si ‘arma’ di camera digitale e sbaraglia la concorrenza. Ogni altra giacca sulla faccia della terra non è che una mera imitazione e va ‘eliminata’. Ad ogni costo e con ogni mezzo.

Recensione:

Seguire la moda, vestirsi con abiti firmati ed apparire sempre eleganti è un lavoro faticoso quanto costoso.
Possedere un guardaroba ” vintage” senza apparire vecchio e ridicolo è una costante sfida.
Negli ultimi anni la “mania vintage” si è diffusa rapidamente facendo riemerge dal passato abiti, indumenti a dir poco brutti.
Voler essere sempre alla moda può portare a compiere stranezze uniche, financo folli.
“Deerskin” di Quentin Dupieux utilizza l’idea vintage come iniziale spunto narrativo per far conoscere al pubblico , Georges (Dujardin), uomo di mezz’ età ed in crisi matrimoniale ed isolatosi in un piccolo paesino .
Non prima d’aver speso ben 7500 euro per una giacca di pelle “Derkisn” , ma di  misura chiaramente sbagliata
Non sappiamo perché la moglie l’ abbia cacciato di casa, ma non possiamo non comprenderla nell’avergli bloccato le carte di credito dopo l’assurdo acquisto.
Georges è talmente ossessionato dalla sua “Deerskin”, al punto d’acquistare altri indumenti della stessa marca e riprendendosi con una vecchia telecamera.
Georges si finge un solitario ed eccentrico regista suscitando la curiosità ed interesse della barista Denise( una convincente Haenel) ma soprattutto aspirante montatrice di cinema.
Georges è ormai follemente “dipendente” dalla sua giacca al punto di parlarci ed operare per suo conto.
“Deerskin” è un film strano, surreale, grottesco e nella parte finale inaspettatamente violento e splatter.
Nonostante l’intreccio sia caotico, non inquadrabile e spiazzante mantiene costante un tono brillante e uno stile ironico decisivi per conquistare lo spettatore.
Jean Dujardin è davvero straordinario con questo personaggio . Rende credibile la tragicomica involuzione del suo personaggio nell’arco dell storia facendolo sembrare razionale e buffo.
“Deerskin” è la storia di un uomo solo , sconfitto dalle difficoltà personali che si aggrappa ad un ossessione ed alla vanità , ma iniziando così una fatale quanto esilarante discesa nel lato più oscuro della propria anima.
Dopo aver visto “Deerskin”, magari lo spettatore attento alla moda, potrebbe trarne qualche utile e vitale insegnamento.

96) Matthias & Maxime

Il biglietto d’acquistare per “Matthias et Maxime” è: Di pomeriggio

“Matthias et Maxime” è un film del 2019 scritto e diretto Xavier Dolan , con : Gabriel D’Almeida – Freitas, Xavier Dolan, Pier -Luc Funk, Samuel Gauthier, Antoine Pilon, Adib AlKhalidey, Micheline Bernard, Anne Dorval, Marilyn Castonguay, Catherine Brunet.

Sinossi:

Matthias & Maxime, film diretto da Xavier Dolan, racconta la storia di due amici di infanzia che stanno girando un cortometraggio amatoriale. Il film richiede che i due si bacino, ma dopo questo atto così innocuo le cose cambiano improvvisamente. Nelle menti dei due ragazzi, infatti, si insinua il dubbio sulle loro preferenze sessuali, che sconvolgerà la loro cerchia sociale e le loro esistenze.

Recensione :

È possibile che tra due amici di lunga data possa improvvisamente scoppiare la passione o addirittura un sincero e profondo sentimento amoroso?
Sulla carta la risposta dovrebbe essere secca e decisa: ovviamente no.
Poi nella realtà di tutti i giorni quello che dovrebbe essere un confine insuperabile si rivela una zona “grigia” o se preferite “fluida” dove tutto è possibile.
La TV e soprattutto il cinema intuendone la potenzialità drammaturgica e commerciale hanno realizzato negli anni numerosi progetti, alcuni dei quali diventati dei cult come nel caso de “Harry ti presento Sally”.
Tutti, almeno una volta, hanno vissuto questa fase, ma gestendola in modo diverso e personale.
La causalità spesso “gioca” un ruolo fondamentale quanto dispettoso nell’instaurare un dubbio, la tentazione in coppia storica d’amici.
A volte è sufficiente un solo bacio dato per gioco per destabilizzare certe ed orientamenti apparentemente solide.
Xavier Dolan firma con “Matthias et Maxine” una personale e sincera rivisitazione, della tematica scommettendo anche sui propri talenti attoriali.
Quest’ultima forse la meno riuscita pagando la bulimia egocentrica dell’uomo prima ancora dell’artista.
“Matthias et Maxime” è un film generazionale quanto universale affrontando con delicatezza e sensibilità il precario e variegato mondo dei rapporti umani.
“Matthias et Maxime” è una storia che inevitabilmente fin dall’ idea narrativa di partenza e poi nella successiva messa in scena dividerà nettamente il pubblico.
C’è chi lo amerà profondamente e chi invece (come il sottoscritto) pur apprezzandone l’eleganza dello stile, la creatività di Xavier Dolan nel raccontare e mostrare le sfumature più intime dell’animo, difficilmente si sentirà partecipe di questo travaglio sentimentale ed esistenziale dei due protagonisti.
Xavier Dolan è cresciuto, maturato umanamente oltre che artisticamente ed in qualche modo tramite “Mathias et Maxine” ha voluto condividere questo passaggio con il pubblico di Cannes.

75) L’Hotel degli Amori Smarriti

Il biglietto d’acquistare per “L’Hotel degli amori smarriti” è: Omaggio (Con riserva)

“L’Hotel degli amori smarriti” è un film del 2019 scritto e diretto da Christophe Honoré , con : Chiara Mastroianni, Benjamin Biolay, Vincent Lacoste, Kolia Abiteboul, Camille Cottin, Carole Bouquet, Stéphane Roger, Harrison Arevalo, Marie-Christine Adam, Claire Johnston.
Sinossi:
L’hotel degli amori smarriti, film diretto da Christophe Honoré, è la storia di Maria (Chiara Mastroianni), che dopo un matrimonio lungo vent’anni rompe con Richard (Benjamin Biolay). L’uomo, infatti, ha scoperto che lei lo tradisce. Maria lascia il tetto coniugale, si trasferisce nella stanza 212 di un hotel di fronte la sua casa. In questo modo, seppur lontana da Richard, la donna può osservarlo nel loro vecchio appartamento, guardando il loro matrimonio che va in mille pezzi.
Questa piccola camera di albergo diventerà sempre più affollata nel momento in cui diverse persone del suon passato torneranno farle visita per rivivere insieme vecchi ricordi, memorie smarrite e amori un tempo sognati, ma ormai apparentemente perduti. Il tutto durante un’unica magica notte, che trasformerà per sempre Maria.
Recensione:
Esiste matrimonio che non attraversi una piccola e/o grande crisi coniugale?
Esiste matrimonio in cui uno dei coniugi abbia pensato, sia stato tentato o abbia realmente tradito il proprio partner.
Un matrimonio può sopravvivere al tradimento?
“Tra moglie e marito non mettere il dito” recita un vecchio proverbio
La Settima Arte ha affrontato, raccontato le varie e numerose sfumature della crisi coniugale regalando alcune memorabili storie allo spettatore.
“L’hotel degli amori smarriti” di Cristophe Honorè presentato al Festival di Cannes 2019 , nella sezione” Un Certain Regard “rientra pienamente in questo particolare genere , presentando però alcuni aspetti strutturali e narrativi degni di nota
E soprattutto reso godibile dalla convincente performance di Chiara Mastroianni premiata come Migliore Interpretazione al “Un Certain Regard”

Il regista ha rivelato che il film proviene da un altro film mai girato. L’aveva intitolato Les Fleurs (I fiori) e la storia doveva essere ambientata alla fine degli anni ’50.

Il titolo originale del film (Chambre 212) fa riferimento all’articolo 212 del Codice civile, che enuncia che i coniugi si devono reciprocamente rispetto, fedeltà, aiuto e assistenza.
Richard e Maria sono sposati da 25 anni, incarnando la classica coppia borghese francese, colta ed erroneamente “liberal” almeno dal punto di vista Maria.
Infatti la donna si è concessa numerosi “tradimenti” durante il matrimonio, convinta d’aver l’assenso del marito.
Invece Richard una volta scoperto il tradimento, costringe Maria, per la prima volta, ad una sorta di auto critica esistenziale ed emotiva trasferendosi nell’albergo di fronte casa.
“L’hotel degli amori smarriti” deve essere infatti immaginato, vissuto come una terapia di coppia lunga notte in chiave onirica ed intimistica.
Maria “affronta” le proprie contraddizioni, errori e timori ritrovandosi nella stanza prima il Richard di 25 anni (Vincent Lacoste), poi Irene Haffner (Cottin), storica maestra di pianoforte di Richard nonché primo amore del marito e la eccentrica Volontà (Stephane Roger).
La stanza “212” si rivelerà un luogo affollato, volubile, intenso in cui ricordi, emozioni e ironici confronti renderanno piacevole quanto intesa la prima parte della pellicola.
Christophe Honoré parte da un ‘idea registica interessante e stilisticamente suggestiva nel rappresentare il dilemma sentimentale della protagonista dando voce e fisicità ai fantasmi del suo passato, facendogli interagire, amare e litigare rendendo briosa e brillante anche i passaggi più retorici e melensi.
Ma dopo un inizio scorrevole e funzionale, la storia si avvolge su sé stessa perdendo slancio e vivacità risultando statica, ripetitiva e monotona.
Nonostante la durata complessiva del film sia di un 1 h e 30 min., lo spettatore avverte un senso di stanchezza e disinteresse riguardo le dinamiche ed evoluzioni dei personaggi auspicando la fine di questa notte.
Chiara Mastroianni lascia il segno con il personaggio di Maria. risultando tratti davvero spumeggiante e politicamente scorretta e creando piena connessione con il pubblico.
Delude invece Camille Cottin nel ruolo dell’amante /maestra, probabilmente un personaggio poco adatto alle caratteristiche dell’attrice francese.
“L’hotel degli amori smarriti” è un film riuscito solamente in parte e complessivamente freddo nella costruzione dei personaggi e nella soluzione della crisi assi poco realistica, ciò nonostante consentirà allo spettatore una diversa e magari romantica prospettiva su come gestire e vivere una crisi di coppia.

58) I Miserabili

Il biglietto da acquistare per “I Miserabili” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto (con riserva). Sempre.

“I Miserabili” è un film di Ladj Ly. Con Damien Bonnard, Alexis Manenti, Djibril Zonga. Drammatico, 100′. Francia 2019

Sinossi:

Montfermeil, periferia di Parigi. L’agente Ruiz, appena trasferitosi in loco, prende servizio nella squadra mobile di polizia, nella pattuglia dei colleghi Chris e Gwada. Gli bastano poche ore per fare esperienza di un quartiere brulicante di tensioni tra le gang locali e tra gang e forze dell’ordine, per il potere di dettare legge sul territorio. Quello stesso giorno, il furto di un cucciolo di leone dalla gabbia di un circo innesca una caccia all’uomo che accende la miccia e mette tutti contro tutti.

Qual è il vero volto della Francia moderna? È il Paese multirazziale che meno di 12 mesi fa festeggiava la vittoria ai Mondiali di calcio in Russia, oppure quello incarnato dal movimento dei gilet gialli che con la loro protesta stanno mettendo Parigi a ferro e fuoco da mesi?

Quello che è certo è che l’illusione del cambiamento impersonificata dal giovane e rampante Presidente Macron è svanita, lasciando il posto a un nuovo clima di violenza e tensioni sociali. E in questo clima tornano alla ribalta questioni mai superate come il problema razziale, lo stato delle banlieue, il ruolo e l’azione delle forze di polizia.

“I Miserabili”, pellicola d’esordio della regista Ladj Ly, presentata in concorso a Cannes, è destinata a far parlare molto di sé. Il film, per certi aspetti, ricorda il premiato “Trainining Day” con Denzel Washington, e permette al pubblico di accompagnare una pattuglia di poliziotti durante un turno di servizio.

Attraverso l’esperienza dell’agente Ruiz (Bonnard), appena trasferitosi nella squadra mobile di un quartiere periferico di Parigi, il film punta il dito contro la corruzione e l’ambiguità delle forze dell’ordine e contro l’incapacità dello Stato di comprendere come la repressione violenta sia tutt’altro che una soluzione al problema delle periferie e alle proteste. continua su

“I Miserabili”: un film che nasconde un messaggio chiaro

 

30) La Gomera

Il biglietto da acquistare per “La Gomera” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto (con riserva). Sempre.

“La Gomera” è un film di Corneliu Porumboiu. Con Vlad Ivanov, Catrinel Marlon, Rodica Lazar, Agustí Villaronga, Sabin Tambrea. Drammatico, 97′. Romania, Francia, Germania 2019

Sinossi:

Un poliziotto è intento a liberare un uomo d’affari da una prigione di Gomera, un’isola delle Canarie. Tuttavia, deve prima imparare il difficile dialetto locale, una lingua che include sibili e sputi.

Recensione:

C’è del marcio… in Romania, o se preferite la tematica mafiosa è diventata narrativamente spendibile, al cinema, anche al di fuori dei confini nostrani. “La Gomera” (The whislters), con le ovvie differenze stilistiche e strutturali, può essere visto infatti come la versione rumena di “Pizza Connection” di Damiano Diamini.

Corneliu Pornumboiu decide di affrontare il tema della corruzione nella polizia di Stato e del dilagare della criminalità organizzata, prendendosi meno sul serio rispetto ad altri che lo hanno preceduto in questo genere.

Il regista sceglie una suddivisione in capitoli in cui si alterano fasi drammatiche e violente e altre più ironiche e quasi da commedia, rendendo così la visione per lo spettatore molto più godibile e avvincente. Se c’è un comune denominatore, in questo film, è che niente è come sembra. continua su

“La Gomera”: un film dove si alternano con stile dramma e commedia

21) Alice e Il Sindaco

Il biglietto da acquistare per “Alice e il sindaco” è:
Nemmeno regalato. Omaggio (con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Alice e il Sindaco” è un film di Nicolas Pariser. Con Fabrice Luchini, Anaïs Demoustier, Nora Hamzawi, Léonie Simaga, Antoine Reinartz. Commedia, 103′. Francia 2019

Sinossi:

A qualche mese dalle elezioni municipali, il sindaco di Lione non ha più idee. Dopo trent’anni di vita politica è come svuotato. In suo soccorso, l’entourage comunale recluta una giovane normalista. Il ruolo di Alice Heimann è rigenerare la capacità di pensare del sindaco e la visione necessaria all’azione politica. Introdotta nel cerchio della fiducia, Alice rivela un’agilità innata per la “cosa politica” fornendo carburante alla macchina municipale. E la macchina riparte ma gli scossoni e i sobbalzi non tarderanno a costringerla alla sosta forzata.

Recensione:

È ormai evidente come quest’anno ci sia una certa conflittualità artistica tra il sottoscritto e i film presentati alla Quinzaine di Cannes 2019. O forse sarebbe meglio parlare di “netta divergenza valutativa” tra me e il resto della stampa internazionale.

Dopo “il caso Lighthouse” ecco allora “l’enigma Alice e il sindaco”, commedia francese acclamata da pubblico e critica, vincitore dell’Europa Cinemas Label Award come miglior film europeo a Cannes, che ha lasciato invece il vostro redattore piuttosto freddino.

La pellicola risulta complessivamente interessante grazie al buon cast e alla regia lineare e incisiva, ma anche piuttosto debole, alla lunga, a livello drammaturgico. I protagonisti di Pariser – il vecchio sindaco e la giovane idealista – non bucano lo schermo, nonostante le buone prove dei due attori.

Paul e Alice incarnano i limiti e le contraddizioni della sinistra francese: entrambi vorrebbero cambiare marcia, dando un contributo al rinnovamento intellettuale, politico e morale della Francia. Ma, ascoltando i loro dialoghi, quello che emerge è soprattutto la loro incapacità di trasformare le idee in progetti concreti. continua su

“Alice e il sindaco”: una commedia francese sui limiti della politica

8) The Lighthouse

Il biglietto da acquistare per “The lighthouse” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“The Lighthouse” è un film di Robert Eggers. Con Willem Dafoe, Robert Pattinson. Drammatico. USA 2019

Sinossi:

Thomas Wake è il guardiano stagionale di un faro sperduto nel nulla, su un’isola battuta da venti e tempeste, nella Nuova Scozia di fine Ottocento, mentre Ephraim Winslow è il suo giovane aiutante, propostosi volontario per le quattro settimane del turno. L’accanirsi del maltempo costringerà i due uomini ad una permanenza ben più lunga del previsto e ad una convivenza forzata che porterà in superficie demoni personali, timori ancestrali e nuove, tormentate pulsioni, in un crescendo di follia e claustrofobia.

Recensione:

Presentato al Festival di Cannes 2019 nella sezione Quinzaine e successivamente al BFI London Film Festival, “The lighthouse” di Robert Eggers è un film difficile e faticoso da vedere.

Il mio primo pensiero, al termine della proiezione, è stato quello di organizzare il rapimento dei fratelli Eggers (che hanno scritto insieme la sceneggiatura), confinandoli sine die in un faro su un’isola sperduta. Sarebbe una punizione adeguata per il supplizio inflittomi.

Alla luce dei commenti e delle recensioni entusiastiche dei colleghi americani ho voluto riflettere attentamente su quanto visto. E a mente fredda posso dire che “The lighthouse” è un film esasperante, fastidioso, eccessivamente autoriale, nonostante alcuni aspetti positivi.

Inquadrarlo in un genere preciso è difficile. Presentato come un horror, si capisce subito che la definizione è fuorviante. “The lighthouse” è una storia di follia, solitudine, depravazione e soprusi resa possibile da uno scenario inquietante e desolante quanto affascinante – un faro dove, probabilmente, sono stati compiuti omicidi e riti sessuali. continua su

“The lighthouse”: un esercizio di stile registico che si perde in manierismi

5) La ragazza d’autunno

LA RAGAZZA D’AUTUNNO – foto di scena e la locandina del film

Il biglietto da acquistare per “La ragazza d’autunno” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“La ragazza d’autunno” è un film di Kantemir Balagov. Con Vasilisa Perelygina, Konstantin Balakirev, Olga Dragunova. Drammatico, 120′. Russia 2019

Sinossi:

Leningrado, 1945. La guerra è finita ma l’assedio nazista è stato feroce e la città è in ginocchio. Iya è una ragazza bionda, timida e altissima, che ogni tanto si blocca, per un trauma da stress. Lavora come infermiera in un ospedale e si occupa del piccolo Pashka. Ma quando la vera madre del bambino, Masha, torna dal fronte, lui non c’è più. Spinta psicologicamente al limite dal dolore e dagli orrori vissuti, Masha vuole un altro figlio e Iya dovrà aiutarla, a tutti i costi.

Recensione:

Chi sostiene che non possa esserci un’amicizia sincera tra due donne probabilmente dovrà cambiare idea dopo aver visto “La ragazza d’autunno” di Kantemir Balagov, vincitore del premio per la miglior regia nella sezione Un certain regard del Festival di Cannes 2019 e presentato nella selezione ufficiale del TFF.

Il film racconta la storia dell’intensa, simbiotica, a tratti perversa e ambigua amicizia tra due giovani donne nella Leningrado del dopoguerra: Iya, soprannominata “la giraffa” (beanpole) per la propria altezza, infermiera e madre, e Masha, di ritorno dal fronte.

“La ragazza d’autunno” ha una struttura narrativa difficilmente definibile, dal momento che si concentra sulle personalità delle due protagoniste e sull’imprevedibile e contorta evoluzione del loro rapporto. Nonostante contenga diversi spunti interessanti, il ritmo del film è piuttosto lento, monocorde, a tratti noioso.

Se il film si eleva dal grigiore è sicuramente per merito delle interpretazioni delle due attrici protagoniste, Vasilisa Perelygina e Viktoria Miroshnichenko, premiate a Torino come migliori interpreti. Le due spariscono letteralmente nei rispettivi personaggi, risultano vere, umane, fragili ma anche inquietanti. continua su

“La ragazza d’autunno”: prova da maestro per Kantemir Balagov

1) Sorry we missed you – 2020

Il biglietto da acquistare per “Sorry we missed you” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre (con riserva).

“Sorry  we Un film di Ken Loach. Kris Hitchen, Debbie Honeywood, Rhys Stone, Katie Proctor. Drammatico, 100′. Gran Bretagna, Francia, Belgio 2019

Sinossi:

Ricky, Abby e i loro due figli, l’undicenne Liza Jane e il liceale Sebastian, vivono a Newcastle e sono una famiglia unita. Ricky è stato occupato in diversi mestieri mentre Abby fa assistenza domiciliare a persone anziane e disabili. Nonostante lavorino duro entrambi si rendono conto che non potranno mai avere una casa di loro proprietà. Giunge allora quella che Ricky vede come l’occasione per realizzare i sogni familiari. Se Abby vende la sua auto sarà possibile acquistare un furgone che permetta a lui di diventare un trasportatore freelance con un sensibile incremento nei guadagni. Non tutto però è come sembra.

Recensione:

In passato ogni capo-famiglia era certo che avrebbe potuto, al momento opportuno, dare ai figli tutto il sostegno necessario per crescere ed emanciparsi, dal punto di vista affettivo ed economico. Oggi purtroppo, per molti, questo non è più possibile.

Siamo figli della crisi, di un’economia che stenta a ripartire e non permette più di guardare al futuro con ottimismo. Non siamo cresciuti, come i nostei genitori, con la certezza che il domani permetterà di migliorare la nostra condizione di partenza. Tutt’altro. Oggi sappiamo che difficilmente riusciremo ad avere – e lasciare ai posteri – quello che i nostri genitori hanno lasciato a noi.

A distanza di tre anni dal trinfo di “Io, Daniel Blake”, palma d’oro nel 2016, Ken Loach torna a Cannes con “Sorry we missed you”, un film che parla di famiglia e delle difficoltà del presente, e che sorprende il pubblico.

Con il suo proverbiale quanto efficace stile di racconto, il regista inglese conduce lo spettatore nella vita di una normalissima famiglia di Newcastle – composta dal padre Ricky, dalla madre Abbie e dai due figli, Liza Jane di 11 anni e Sebastian, liceale.  continua su

“Sorry we missed you”: a tu per tu con la realtà dei nuovi precari

136) La Belle Epoque

Il biglietto da acquistare per “La belle époque” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre (con riserva).

“La Belle Epoque” è Un film di Nicolas Bedos. Con Daniel Auteuil, Guillaume Canet, Doria Tillier, Fanny Ardant, Pierre Arditi. Commedia, 110′. Francia 2019

Sinossi:

Victor e Marianne sono sposati e “inversi”: lui vorrebbe ritornare al passato, lei andare avanti. Disegnatore disoccupato che rifiuta il presente e il digitale, Victor è costretto a lasciare il tetto coniugale. A cacciarlo è Marianne, psicanalista dispotica che ha bisogno di stimoli e ne trova di erotici in François, il migliore amico di Victor. Vecchio e disilluso, Victor accetta l’invito della Time Traveller, una curiosa agenzia che mette in scena il passato. A dirigerla con scrupolo maniacale è Antoine, che regala ai suoi clienti la possibilità di vivere nell’epoca prediletta grazie a sontuose scenografie e a un gruppo di attori rodati. Tutto è possibile, bere un bicchiere con Hemingway o sparare sull’aristocrazia del XVIII secolo. Victor sceglie di rivivere il suo incontro con Marianne, una sera di maggio del 1974 in un café di Lione (“La belle époque”). Sedotto dal fascino dell’attrice che interpreta la sua consorte a vent’anni, Victor col passato trova il futuro.

Recensione :

L’amore è eterno, finché dura. Il matrimonio è la tomba dell’amore, e l’unica guerra in cui dormi col nemico. Potremmo continuare a scrivere ovvietà e luoghi comuni sulla vita coniugale e su quanto questa venga sempre più guardata con diffidenza mista a vero e proprio terrore.

Eppure ci sono ancora persone convinte che sia possibile amare e sopportare “finché morte non ci separi” il proprio partner. Uno di questi è il regista francese Nicolas Bedos che due anni dopo il brillante esordio “Un amore sopra le righe”, torna a scavare nei sentimenti, nelle dinamiche e negli alti e bassi di una coppia sposata da lungo tempo in “La belle époque”, presentato alla Festa del cinema di Roma nella sezione Tutti ne parlano.

Il film è un divertente, spassoso, graffiante, sincero quanto sensibile e delicato omaggio alla vita coniugale, a quella scommessa che è l’amore, una scommessa che si rinnova giorno dopo giorno. E al contempo, anche un ritratto dei tempi che cambiano, perché oggi la crisi matrimoniale non è detto arrivi solo dopo pochi anni, ma può colpire anche coppie “storiche”.

“La belle époque” è una storia di tradimenti, separazioni, riappacificazioni e rinnamoramenti, un mix originale tra “Ritorno al futuro”, “Se mi lasci ti cancello” e “The Truman Show” che commuove e diverte lo spettatore.

Merito di una sceneggiatura intensa e credibile che inizialmente si concentra sulla crisi coniugale di Victor (Auteuil) e Marianne (Ardant) per poi allargarsi, con furbizia, anche a quella di Antoine (Canet) e Margot (Tiller). continua su

“La belle époque”: un gioiellino registico, narrativo e interpretativo