124) Diego Maradona

Il biglietto da acquistare per “Diego Maradona” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

“Diego Maradona” è Un film di Asif Kapadia. Con Diego Armando Maradona. Documentario, 130′. Gran Bretagna 2019

Sinossi:

Carriera, trionfi, vizi e caduta di Diego Armando Maradona, uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, arrivato dal Barcellona al Napoli il 5 luglio 1984. I sei anni che Maradona passa in Italia lo trasformeranno in una figura leggendaria, inarrestabile sul campo (dove vincerà due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa, oltre naturalmente la Coppa del mondo in Messico nel 1986 con l’Argentina), idolatrato da un popolo, distrutto dai legami con la camorra e dalla dipendenza dalla cocaina.

Recensione:

Meglio Maradona o Pelé? A chi ama il calcio sarà capitato di rispondere almeno una volta a questa domanda, di prendere posizione. Perché sembra quasi impossibile pensare a un mondo del pallone senza dicotomie e “duelli” tra grandi – Lionel Messi e Cristiano Ronaldo vi dicono qualcosa?

Diego Armando Maradona, però, non è stato soltanto un campione sul campo da gioco ma anche un personaggio la cui fama, le cui cadute e i cui eccessi hanno spesso travalicato l’ambito sportivo. Fino al drammatico epilogo.

“Diego Maradona” è complessivamente un documentario godibile, avvincente quanto nostalgico, ma manca di qualsiasi guizzo o peculiarità. Il regista Asif Kapadia, dopo l’Oscar e il successo ottenuti nel 2015 con “Amy”, ripropone lo stesso impianto e lo stesso stile avvicinandosi alla biografia di un altro personaggio controverso.

Consapevole che di Maradona, anche in campo cinematografico, si è già parlato in lungo e in largo, Kapadia illude lo spettatore di aver realizzato qualcosa di inedito e nuovo grazie all’uso di materiale privato ed esclusivo che riguardano il calciatore. Purtroppo si tratta solo di un bluff. continua su

“Diego Maradona”: storia di un mito, di un campione, di un eroe caduto

81) Il Labirinto degli Spiriti (Carlos Ruiz Zafòn)

“Il Labirinto degli Spiriti” è un romanzo di Carlos Ruiz Zafon e pubblicato da Mondadori per la prima volta in Itala nel novembre 2016.
È stato innamoramento letterario fulminante per il sottoscritto quando lessi anni fa “L’ombra del vento” dello scrittore spagnolo.
Mi colpì la forza, lo stile, il talento di Zafon di rompere le regole drammaturgiche finora conosciute creando uno straordinario e profondo legame tra il lettore e la storia da lui creata.
Il lettore veniva travolto dalle parole e coinvolto in un intreccio narrativo, che sebbene complesso ed articolato, dava la sensazione di scorrere fluido, semplice e chiaro.
Aspettavo con grande ansia e fiducia il nuovo libro di Zafon, felice di poter tornare nella Barcellona magistralmente costruita ed immaginata, perdendomi ancora una volta in un thriller gotico, misterioso ed intenso, in cui tutto ruota intorno all’amore per i libri.
Ebbene, dopo aver terminato la lettura de “Il Labirinto degli Spiriti”, provo, ahimè, la stessa sensazione che sente un cuoco quando ha sfornato una ciambella senza il buco.
Il voluminoso (815 pagine) e complesso romanzo di Zafon è sicuramente l’ulteriore conferma della creatività, fantasia ed ingegno dell’autore, ma allo stesso tempo evidenzia, forse, un atto di presunzione e civetteria artistica dell’uomo.
Zafon, forte dei meritati consensi di pubblico e critica, dà vita a un romanzo che sembra bearsi di sé stesso e della sua struttura narrativa articolata e suddivisa in più sotto storie.
Il lettore affronta le numerose pagine faticando a trovare un chiaro e preciso filo rosso narrativo, dovendo passare da un personaggio all’altro e sforzandosi di ricordare tutte le storie annesse.
La lettura risulta così non facile, naturale e spontanea, ed imponendo al lettore uno sforzo di memoria, se non addirittura di dover prendere appunti su un taccuino.
Non si discute ovviamente la bravura di Zafon di creare nuovi personaggi e di dargli anima e credibilità ed umanità, quanto però di averne messi troppi in scena, senza che il lettore possa entrarci in empatia fino in fondo.
Sarebbe stato opportuno, a mio parere, asciugare e ridurre la storia di qualche centinaio di pagine e soprattutto di rendere il finale meno frettoloso e maggiormente incisivo sul piano del pathos e ritmo narrativo.
“Il Labirinto degli Spiriti” resta comunque un romanzo da leggere non solamente per i già fan d Zafon, ma anche per chi ancora non ha avuto modo di conoscerlo ed apprezzarlo, rassicurandoli che Zafon è stato capace di scrivere libri davvero unici nel suo genere e magari d’approfondirlo in precedenti romanzi.

Roberto Sapienza “Ninni, mio padre”