96)Forever Young

Forver Young è un film di Valeria Bruni Tedeschi. Con Baptiste Carrion-Weiss, Alexia Chardard, Louis Garrel, Léna Garrel, Liv Henneguier. Titolo originale: Les Amandiers. Drammatico, 126′. Francia, Italia 2022

Sinossi

Parigi, 1986. È il momento delle audizioni per entrare nella prestigiosa scuola di recitazione del Théâtre des Amandiers, il cui direttore artistico era il carismatico Patrice Chéreau. Fra i pochi fortunati ammessi ci sono la bella Stella, concupita dal tenebroso e tormentato Etienne come dall’entusiasta Victor, Adèle la rossa e Frank che è già sposato e in attesa di un figlio, una ragazza incinta, un’altra gay, un cantante: tutti intorno ai vent’anni, tutti posseduti dal sacro fuoco della recitazione. È l’epoca dell’amore libero, ma lo spettro dell’Aids comincia già a farsi strada, e sarà destinato a porre fine alla gioiosa promiscuità cui i ragazzi sono abituati; così come le droghe facili taglieranno le gambe a chi fatica a gestire il proprio equilibrio interiore. Qualcuno ce la farà, nel teatro e nella vita, qualcun altro soccomberà alle pressioni di un mondo esterno in cambiamento.

Recensione:

Anche Valeria Bruni Tedeschi ha ceduto al richiamo della nostalgia e dei ricordi, tanto diffuso oggi nel mondo del cinema e della tv, decidendo di condividere col pubblico gli anni della sua formazione.

La prima parte del film è scandita dalle audizioni e dalle selezioni dei candidati, e ci fa conoscere i caratteri e le vite dei protagonisti, la bella Stella (Tereszkiewicz), il tormentato Etiennela rossa Adèle (Brethreau), e soprattutto le motivazioni che li hanno spinti a tentare questa non facile carriera.

In queste sequenze si avverte tutto l’entusiasmo, la gioia e la fiducia di questo manipolo di sognatori talentuosi che sudano sul palco, ascoltano gli insegnamenti dei professori e crescono giorno dopo giorno. continua su

77) Bones and all

Bones and all è un film di Luca Guadagnino. Con Timothée Chalamet, Chloë Sevigny, Michael Stuhlbarg, Mark Rylance, Taylor Russell. Drammatico, horror, 130′. USA 2022

Sinossi:

Verso la metà degli anni 80, Maren vive con il padre in Virginia ed è un’adolescente come tante. La sua vera natura costringe però il padre ad abbandonarla e a lasciarla al suo destino. Rimasta sola, Maren parte alla ricerca della madre che non ha mai conosciuto e lungo il tragitto conosce persone come lei, vagabondi ed emarginati nella società americana dell’era Reagan, tra cui Lee, di poco più grande, sbandato e affascinante, con il quale Maren prosegue il suo viaggio. Stato dopo stato, dal Maryland al Nebraska, incontro dopo incontro, Maren e Lee trovano la propria strada, incerti e spaventati di fronte all’irrompere del desiderio che li guida.

Recensione:

È complicato esprimere un giudizio definitivo sull’ultimo film di Luca Guadagnino“Bones and all”, il primo girato negli Stati Unito, presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia. D’altra parte è una costante del cinema del regista palermitano: o lo si ama o lo si detesta!

In questi anni, i passaggi alla Biennale non sono sempre stati trionfali, per Guadagnino, vedi quanto successo con “Splash” e “Suspiria”, ma stavolta qualcosa sembra essere decisamente cambiato…

Per ciò che mi riguarda, dovrei farvi sapere se mi sono saziato, cinematograficamente parlando, o meno con questi pezzi d’amore, di solitudine e di ferocia assemblati in una storia on the road ambientata nell’America rurale di Ronald Regan, piuttosto lontana da quella che siamo abituati a vedere al cinema.

Dovrei prendere posizione, insomma, ma sebbene siano trascorse molte ore dall’anteprima stampa, non riesco a sciogliere le mie riserve. continua

30) Physical

“Physical” è una serie TV composta da 10 episodi creata da Annie Weisman , diretto da Craig Gillespie e disponibile dal 18 giugno Apple TV+.

Cast:
Rory Scovel: Danny Rubin
• Della Saba: Bunny

• Dierdre Friel: Greta
Lou Taylor Pucci: Tyler
• Paul Sparks: John Breem
• Ashley Liao: Simone
• Ian Gomez: Ernie
• Geoffrey Arend: Jerry
Sinossi:
Ci troviamo nella soleggiata San Diego degli anni Ottanta quando la nostra Sheila Rubin (Rose Byrne) capisce di vivere ormai da troppo tempo all’ombra del brillante marito. Così la donna decide di dare una svolta alla sua esistenza partendo proprio dalle mura domestiche, da sempre le uniche custodi della sua segreta e divertente visione della vita. Adesso Sheila è pronta a cambiare e a trasformarsi in una grande occasione economica.
Arriva infatti come un fulmine a ciel sereno la più improbabile delle soluzioni alla sua soffocante vita, ovvero dedicarsi al mondo dell’aerobica. Nata inizialmente come una semplice passione per l’esercizio fisico, Sheila trasforma il suo interesse in un viaggio verso l’emancipazione e l’avvio di un rivoluzionario business: diventare la prima life coach al femminile.
Recensione:
Una tempo, non troppo lontano, la “casalinga di Voghera” era vista , analizzata, studiata dai pubblicitari e responsabili dei palinsesti TV come punto di riferimento o se volete consumatore ultimo dei prodotti da consumare, vendere /vedere.
Qualsiasi prodotto pubblicizzato , programma televisivo doveva essere plasmato, adeguato ai gusti della casalinga di Voghera.
Solamente così avrebbe potuto sperare nel successo commerciale oltre che di pubblico
La figura della casalinga ha subito, fortunatamente, un ‘evoluzione positiva, un cambiamento di percezione, prospettiva anche in campo culturale, artistico passando da un ruolo passivo ad uno attivo, da protagonista.
Dalla “casalinga di Voghera” siamo passati al fortunato ciclo seriale de “Casalinghe disperate – i segreti di Wisteria Lane”” con cui abbiamo scoperto come i personaggi più sinistri e i segreti più insospettabili si possano nascondere sotto le sembianze della vicina di casa.
“Casalinghe Disperate” in otto anni stagioni ha conquistato il gradimento di pubblico e critica dando il via in campo televisivo al genere dramedy : un ibrido tra dramma e commedia.
Apple + ha deciso raccogliere la pesante eredità rilanciando genere e tematiche affidandosi alla talentuosa penna di Annie Weisman ed alla creativa regia di Craig Gillespie.
La serie “Physical” possiamo definirla come la versione 3.0 di “Casalinghe Disperate”, ma ambientata nella calda e sexy California nei primi e favolosi anni 80.
Abbiamo avuto il piacere di vedere in anteprima tutti i dieci episodi di “Physical” e volendo rispettare l’embargo stringente di Apple + eviteremo di diffondere spoiler e/o anticipazioni di trama limitandoci ad alcune breve considerazioni.
La prima è sulla protagonista: Rose Byrne.
L’attrice australiana nel ruolo di Sheila Rubin è stata davvero straordinaria, camaleontica, versatile , intensa, credibile.
L’intera serie si poggia quasi esclusivamente sulle spalle della Byrne che non ha mai mostrato nessun cedimento, titubanza recitativa, ma semmai annottando , episodio dopo episodio, un continuo salto qualitativo e psicologico del personaggio.
Sheila Rubin se da una parte è una casalinga disperata, una madre, una moglie trascurata , dall’altra ci appare come una donna stanca di rimanere bloccata , ripiegata su sé stessa che sta sfogando le proprie frustrazioni con il cibo.
Un cortocircuito emotivo /esistenziale che mina la psiche della donna , rappresentata dall’ abbuffata quotidiana che si consuma segretamente dentro una stanza di un albergo.
Sheila ha ripetuto per mesi questo schema da mesi prosciugando i risparmi della famiglia e mettendone in rischio il futuro dopo che il marito è stato licenziato dall’Università.
Shelia Rubin vive 3 esistenze: la prima da casalinga , la seconda interiore da “Grillo Parlante” cinico e cattivo ed infine la terza segreta da sognatrice .
Rose Byrne scompare dentro il personaggio di Sheila, dandole anima, corpo e soprattutto quella umanità indispensabile per alternare sulla scena miseria e nobiltà di una donna.
Una donna stanca di vivere all’ombra del marito e di dover accettare i clichè sociali dell’epoca.
Il secondo elemento che spicca in “Phiysical” è sicuramente la scrittura mai banale, provocatoria, cinica quanto ironica nel mostrare i limiti e contraddizioni della nascente era reaganiana.
I personaggi , anche se in questa prima stagione appiano ancora abbozzati sul piano narrativo , grazie alla bravura degli attori soprattutto femminili si rivelano funzionali alla storia e perfettamente complementari all’evoluzione psicofisico della protagonista.
La sceneggiatura unisce la cattiveria tipica della serie tv “Dr House” con il classico sogno americano d’essere imprenditori di successo, ma in questo caso con la donna nella veste di protagonista e l’aerobica come inedito strumento di crescita personale
Il corpo della donna non è visto come una mera merce di scambio, ma bensì inserito all’interno di una cornice drammaturgica in cui rinascita e riscatto rappresentano i caposaldi della storia
Il terzo elemento che colpisce positivamente è l’intelligente quanto convincente dosaggio dell’effetto amarcord /malinconia che attraversano i dieci episodi.
L’amarcord deriva dalla saggia scelta dei pezzi musicali che accompagnano, amplificano i sogni e monologhi interiori di Sheila.
Invece l’effetto malinconia è reso tangibile dalla scrupolosa ricostruzione scenografica, accentuata dall’attenzione posta nella scelta dei costumi e dalle acconciature che caratterizzano i singoli personaggi.
Infine “Physical” ci racconta come e quanto la pubblicità rivoluzionò la nostra società cambiando i modi di pensare ed agire. Dando così il via all’età consumistica di massa in cui l’aspetto esteriore e la cura del corpo prenderanno il sopravvento sulla cultura e senso civico.
Le care videocassette alias “vhs” tornano magicamente protagoniste, sono il “core business” dell’intreccio e lo strumento decisivo per il cambio di vita della nostra Sheila.
Nostalgia e femminismo si mescolano splendidamente in “Physical” emozionando e divertendo lo spettatore .
“Physical” ci obbliga a guardarci dentro ballando con la brava e bella Rosy Byrne interrogandoci sulla scelte fatte e quelle da compiere da una diversa e originale prospettiva.
Sheila Rubin vi aspetta su Apple + per dare un senso alla vostra vita o più modestamente a questa calda estate forse post covid.

58) La nostra Storia

La nostra storia - Film (2020) - MYmovies.it

Il biglietto d’acquistare per “La nostra storia” è : Omaggio (Con Riserva)

“La nostra Storia” è un film del 2020 diretto da Fernando Trueba, scritto da Héctor Abad Faciolince, David Trueba, basato sul romanzo omonimo dello scrittore Héctor Abad Faciolince
Cast Artistico:
Javier Cámara
… Héctor Abad Gómez

Nicolás Reyes Cano
… Quiquin (Héctor niño)

Juan Pablo Urrego
… Héctor

Patricia Tamayo
… Cecilia Faciolince

Maria Tereza Barreto
… Mariluz (as Maria Teresa Barreto)

Laura Londoño
… Clara

Elizabeth Minotta
… Vicky

Kami Zea
… Marta

Whit Stillman
… Dr. Richard Saunders

Laura Rodriguez
… Barbara

Sinossi:
La vita di Héctor Abad Gómez, eminente dottore e attivista per i diritti umani nella polarizzata e violenta Medellin degli anni ’70. Un uomo di famiglia preoccupato non solo per i propri figli ma anche per quelli delle classi svantaggiate, la sua casa era intrisa di vitalità e creatività, il risultato di un’educazione basata sulla tolleranza e sull’amore. Nulla poteva predire che un terribile cancro avrebbe portato la vita di una delle sue amate figlie. Spinto dalla tristezza e dalla rabbia, Héctor si dedicò alle cause sociali e politiche dell’epoca. Ma la società intollerante di Medellin lo avrebbe molestato fino a farlo definitivamente tacere.

Recensione:
In un ‘epoca dove i supereroi cinematografici dominano la scena attirando rispetto e curiosità delle generazioni più giovani, non bisognerebbe mai dimenticare come nella vita reale esistano uomini meritevoli d’ analoga attenzione.
Uomini che hanno sfidato la corruzione, l’avidità e l’ignoranza dei politici di turno avendo a cuore il benessere della collettività.
Uomini che hanno pagato con la vita, il voler essere fedeli a sé stesso non piegando mai la testa.
Come dovremmo definirli questi uomini: Mosche bianche, folli o se preferite eroi civili?
Paese che vai e tragiche storie d’eroismo o resistenza civile ci imbattiamo sempre più spesso.
Il Premio Oscar Fernando Trueba fa conoscere allo spettatore italiano la vita ed opere del Dott. Hector Abada Gomez , medico colombiano dal carattere mite, compassionevole quanto determinato nel difendere il diritto alla salute per tutti i cittadini di Medellin.
Una storia di straordinaria normalità raccontata attraverso gli occhi di Hector, unico figlio maschio in una famiglia tutto al femminile, trasmettendo allo spettatore un senso umanità, semplicità, credibilità
“La nostra storia” ha una struttura narrativa semplice, lineare forse prevedibile nello sviluppo e piuttosto compassata nel ritmo, ma dotata comunque di un ‘anima ed identità narrativa.
Lo spettatore è piacevolmente “trascinato” all’interno dell’affollata, simpatica ed unita famiglia Gomez, dove il Dott Gomez e sua moglie crescono i figli all’insegna dell’educazione, rispetto e tolleranza.
L’ intuizione registica di caratterizzare l’intreccio narrativo con l’utilizzo del colore o del bianco nero sullo schermo si è rivelato creativamente efficace dando così forza al flusso di ricordi e creando una maggiore connessione emotiva del pubblico con la famiglia Gomez.
“La nostra storia” ha , a nostro modesto parere, il pregio di poter contare sulla bellissima, poetica ed intensa interpretazione di Javier Cámara capace di scomparire nei panni del Dott Hector , facendolo rivivere senza mai cadere nel retorico e passaggi buonisti.
Invece l’aspetto negativo del film riguarda la lunghezza eccessiva alias 136 min che oggettivamente potevano essere sensibilmente ridotti, evitando passaggi ripetitivi o poco funzionali .
“La nostra storia” tocca con abilità e sensibilità le corde emotive del pubblico che non potrà non amare e condividere l’umanesimo scientifico del Dottor Gomez .
Un medico che fino all’ultimo momento ha nobilitato il giuramento di Ippocrate applicandolo con rigore in ogni aspetto e rapporto della sua vita.

74) La Mia Banda Suona Il Pop

Il Biglietto d’acquistare per “La mia Banda suona il Pop” è: Omaggio (Con Riserva)

“La mia Banda suona il Pop” è un film del 2020 diretto da Fausto Brizzi , scritto da Fausto Brizzi, Marco Martani, Edoardo Falcone, Alessandro Bardani, con : Christian De Sica, Diego Abatantuono, Massimo Ghini, Angela Finocchiaro, Rinat Khismatouline, Giulio Base, Paolo Rossi, Natasha Stefanenko, Tiberio Timperi.

Sinossi:
La mia banda suona il pop, film diretto da Fausto Brizzi, racconta la storia della burrascosa reunion dei Popcorn, un famosissimo gruppo pop degli anni ’80, formato da Tony (Christian De Sica), Jerry (Paolo Rossi), Lucky (Massimo Ghini) e Micky (Angela Finocchiaro). È un importante magnate di Pietroburgo, Vladimir Ivanov (Rinat Khismatouline), a voler vedere ancora una volta insieme la sua band preferita per un’ultima emozionante esibizione. Franco (Diego Abatantuono), infido manager dei Popcorn, viene contattato da Olga (Natasha Stefanenko) per conto di Ivanov, ma l’agente non è molto d’accordo con l’idea del magnate e decide di proporgli alteri talenti italiani, disposti a esibirsi in Russia. Ivanov, però, non accetta un no come risposta, lui vuole i Popcorn. A Franco quindi rimane l’arduo compito di riunirli, ma i membri del gruppo non acconsentono a nessuna condizione di rivedersi e suonare di nuovo insieme. Eppure, complice il destino e forse anche la brama di denaro, i quattro si ritrovano costretti ad accettare la proposta dell’oligarca.
Mentre cercano di ritornare all’antico splendore e di sopportarsi tra un soundcheck e l’altro, i quattro Popcorn scoprono che la loro avventura russa è solamente un capro espiatorio; in verità, Olga li ha ingaggiati per poter derubare Ivanov senza essere scoperta. La loro colorata esibizione si tinge così dei scuri toni del thriller, ma la band vede nel piano di Olga un modo per ridare slancio alle loro miserie vite. Come? Rapinando loro Ivanov.

Recensione:
La nostalgia, l’amarcord in assenza di nuove e forti idee sono diventante fonte di possibili guadagni per produttori e di spunti narrativi per sceneggiatori in crisi creativa spingendo a rivalutare il trash e quella parte degli anni 80 che in altri momenti artistici sarebbero bollati come “orribili”.
Ma in un’epoca in cui le “reunion” siano esse musicali, televisivi o cinematografiche conquistano le prime pagine dei giornali, fanno impazzire i social network, era pressoché inevitabile per Fausto Brizzi e i suoi sceneggiatori scrivere una storia partendo da questa folle quanto nostalgica moda.
“La mia banda suona il pop” è una commedia agrodolce in cui lo spettatore sarà chiamato a conoscere, ascoltare e soprattutto cantare i pezzi del gruppo “Popcorn”, “fulgido esempio” di meteora musicale degli anni 80 scioltasi per insanabili divisioni personali.
“La mia banda suona il pop” se da una parte evidenzia la fase nostalgica che sta vivendo il nostro Paese, dall’altra ironicamente sottolinea come i gusti musicali nella Russia di Putin e degli oligarchi si sia fermata agli anni 80.
La Russia è diventata una sorta di “El Dorado” per le vecchie glorie della nostra canzone ormai dimenticati dal nostro Paese.
“La mia Band suona il Pop” strutturalmente va suddiviso in due parti: la prima mostra con brio, ironia e soprattutto con la giusta dose di malinconia in che modo i 4 componenti della band siano “sopravvissuti” allo scioglimento: Chi arrabattandosi con umili e desolanti lavori, chi diventando un triste ed ipocondriaco impiegato di un ferramenta o chi un’alcoolista.
Un’amara quanto credibile rappresentazione di quanto sia effimero il successo e come tanti “pseudo artisti” si siano ritrovati in poco tempo dalle stelle alle stalle e privi di un qualsiasi progetto alternativo per il futuro
La seconda parte invece vira invece, a mio modesto parere, in modo grossolano e poco lineare in una sorta di action movie in cui gli ultimi della classe trovano il modo, opportunità di prendersi una seconda chance trasformandosi in ladri.
“La mia Banda suona il Pop” si regge sulla bravura, esperienza e soprattutto sull’alchimia nata sul set tra i protagonisti del film.
Christian De Sica, Massimo Ghini e soprattutto l’ex coppia di coniugi composta da Angela Finocchiaro Rossi rappresentano il salutare quid in più alla visione dando spessore, vitalità e credibilità ai rispettivi personaggi, trascinando cosi il film nei passaggi narrativi meno riusciti ed inverosimili sul piano stilistico e registico.
Merita una menzione speciale la “rediviva” e splendida Natasha Stefanenko nel ruolo di Olga, spietata nonché doppiogiochista addetto alla sicurezza dell’eccentrico oligarca russo Vladimir Ivanov.
“La mia Banda suona il Pop” sebbene sia una commedia riuscita solamente a metà e con grosse lacune narrative e limiti strutturali nella seconda parte rimane comunque una visione godibile ed artisticamente dignitosa lasciando alla fine sorridente lo spettatore e forse curioso di vedere le nuove gesta dei Pop Corn visto l’avventuroso, esotico e soprattutto aperto finale.

57) US / Noi

 

 

 

 

 

“US/ Noi” è Un film di Jordan Peele. Con Lupita Nyong’o, Winston Duke, Elisabeth Moss, Tim Heidecker, Yahya Abdul-Mateen II. Horror, thriller, 116′. USA 2019

Sinossi:

In Tv uno spot pubblicizza l’iniziativa di beneficenza “Hands Across America”. Siamo nel 1986, quando sei milioni e mezzo di americani si tennero per mano e fecero donazioni per combattere fame e miseria. Un’immagine che colpisce la piccola Adelaide e che colpirà anche il suo doppio, incontrato una notte in una casa degli specchi in un Luna Park. Ai giorni nostri Adelaide è cresciuta, ha più o meno superato il trauma, e ha una famiglia, ma di nuovo una vacanza alla spiaggia scatena minacciosi doppi e questa volta non solo suoi, bensì di tutta la sua famiglia.

Recensione:

Dice Dante a Virgilio nel XXIX canto dell’Inferno: “credo ch’un spirto del mio sangue pianga la colpa che là giù cotanto costa”, riferendosi ai seminatori di discordia, che popolano le Malebolge. E la saggezza popolare gli fa eco con il detto: chi è causa del suo mal pianga se stesso.

Non avremo mai la certezza che il buon Jordan Peele abbia letto il Sommo Poeta o sentito il proverbio sopracitato, ma ci piace pensare che il regista americano nello scrivere la sceneggiatura del suo secondo, atteso film “Noi”, dopo il clamoroso successo riscosso da “Scappa – Get out”, sia stato in qualche modo ispirato da queste parole.

Questa storia, così come la precedente, è destinata a far parlare di sé non solo per quanto riguarda l’ambito artistico, ma per le implicazioni politiche e sociali. “Noi”, infatti, non è un “semplice” horror, ma una vera e propria pellicola d’autore.

Con la sua ricca sceneggiatura, e le molteplici chiavi di lettura, la pellicola rappresenta una critica progressista alla – discutibile – politica americana degli ultimi trent’anni. A differenza di tanti colleghi, infatti, Peele amplia lo spettro di osservazione, non limitandosi alla tanto criticata america di Trump ma tornando indietro nel tempo fino al 1986.

“Noi” è un film politico travestito da film di genere, che mantiene sempre viva la sua anima e la sua identità. Ma lasciando a ognuno il compito di fare le proprie riflessioni politiche e sociali, voglio limitarmi a parlare del film in quanto tale. continua su

http://paroleacolori.com/noi-un-horror-politico-intelligente-e-teso-ironico-e-stratificato/

115) Prima che la Notte

“Prima che la notte” è un film tv di Daniele Vicari. Con Fabrizio Gifuni, Lorenza Indovina, Dario Aita, David Coco, Selene Caramazza, Fabrizio Ferracane, Carlo Calderone.

Chi era Giuseppe Fava? Perché è così urgente che il pubblico televisivo e in modo particolare i giovani conoscano la storia di questo giornalista siciliano, ucciso dalla mafia locale il 5 gennaio 1984?

“Io ho un concetto etico del giornalismo: ritengo che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella siciliana rappresenti una forza essenziale. Un giornalismo fatto di verità impedisce la corruzione, frena la violenza, la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili. Pretende il funzionamento dei servizi sociali. Tiene continuamente all’erta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o calcolo, della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento!”

Fava firmò questo editoriale dopo che il suo editore aveva provato a censurarlo, nel 1980. E le sue parole rendono l’idea della caratura morale e del modo di pensare di questo giornalista, scrittore, drammaturgo, uomo carismatico, affascinante, solare, ironico, amante della vita e delle donne.

Il film tv “Prima che la notte”, in onda su Rai 1 il 23 maggio, in occasione della giornata della legalità, inizia il suo racconto proprio a partire da quell’anno.

Giuseppe Fava (Gifuni), sebbene abbia ottenuto numerosi successi professionali a Roma, decide di tornare a Catania accettando la proposta di un facoltoso imprenditore di fondare e dirigere un nuovo giornale. Il ritorno a casa ha un carattere privato: l’uomo vuole infatti definire il rapporto con la moglie Linda (Indovina), nonostante il loro matrimonio sia, di fatto, finito da tempo.

Fava si getta con entusiasmo nella nuova avventura professionale, formando una redazione di giovani giornalisti – carusi – tra cui anche il figlio Claudio (Aita), e dando vita a un giornale alternativo, scomodo e coraggioso, che parlava della mattanza in corso nelle strade di Catania, del boss mafioso Nitto Santapaola, dei quattro Cavalieri del lavoro, ribattezzati dell’Apocalisse, collusi con la malavita. continua su

http://paroleacolori.com/prima-che-la-notte-su-rai-1-il-film-tv-sul-giornalista-siciliano-giuseppe-fava/

72) Ready Player One

Il biglietto d’acquistare per “Read Player One” è: Sempre (Con Riserva)

“Read Player One” è un film del 2018 diretto da Steven Spielberg, scritto da Zack Penn e Ernest Cline, basato sull’omonimo romanzo di Ernest Cline, con : Tye Sheridan, Olivia Cooke, Simon Pegg, Mark Rylance, Hannah John-Kamen, T.J. Miller, Ben Mendelsohn, Julia Nickson, Lena Waithe.

Sinossi:
Ready Player One, il film diretto da Steven Spielberg, è basato sul romanzo omonimo di Ernest Cline. Si tratta di una rappresentazione distopica immersa nella suggestione della realtà virtuale, ma la sua particolarità è il rimasticare l’immaginario collettivo videoludico degli anni Ottanta, dalle avventure testuali stile Zork della Infocom passando per Pac-Man e altri titoli meno noti (se non ai veri appassionati). D’altra parte Cline, oltre a essere un nerd militante a 360° (possessore di una DeLorean), è sempre stato un appassionato di videogiochi, in grado di miscelare la propria mania con le sue doti di scrittura creativa, allenate da oltre vent’anni, anche in performance di poesia.

Nel 2045 la terra è diventata un luogo inquinato, funestato da guerre, povertà e crisi energetica. Gli abitanti versano in condizioni precarie, stipati in grossi container spogli, senz’altra evasione che il nostalgico mondo virtuale di OASIS. L’universo ispirato ai ruggenti anni ottanta, creato dal milionario James Donovan Halliday (Mark Rylance), conta milioni di login al giorno per la facilità d’accesso (sono sufficienti un visore e un paio di guanti atipici) e gli scenari iperrealistici in cui sfuggire al mondo tetro e pericoloso. La notizia della morte di Halliday arriva insieme con l’ultima, stimolante sfida lanciata dall’eccentrico creatore: una caccia al tesoro da miliardi di dollari.
L’adolescente Wade (Tye Sheridan), da sempre affascinato dalla figura del programmatore, ha collezionato informazioni sulla sua vita e il suo lavoro. Attraverso l’avatar Parzival proverà ad aggiudicarsi il premio in palio, contro i potenti nemici di una malvagia multinazionale (la IOI) e un nutrito gruppo di concorrenti senza scrupoli.
Recensione:
Caro Spettatore del Terzo Millennio
Ti risulterebbe, senza dubbio, inutile e tedioso dover leggere un’ulteriore recensione sul nuovo e già acclamato film di Steven Spielberg, avendo già subito nelle ultime ore l’ordalia di parole scritte da numerosi critici più o meno autorevoli sull’argomento.
Sarai stanco di vedere come attempati cronisti o sfigati divenuti improvvisamente arroganti cool, ti dicano “Ragazzo che cosa ti sei perso a non aver vissuto nei favolosi anni 80 e 90!”
Ebbene il sottoscritto, vecchio ed ancora sfigato, si unisce alla tua Resistenza ed insofferenza contro questa folle rivalutazione del passato e dei ruoli.
Essere un nerd faceva schifo negli anni Ottanta quanto immagino sia terribile esserlo oggi. È sufficiente leggere nelle pagine della cronaca dei continui e tragici casi di bullismo
Negli anni ottanta, caro lettore, neanche sapevamo che cosa era il bullismo, noi nerd eravamo derisi senza alcuna possibilità di difesa.
Ergo, sei fortunato a vivere la tua adolescenza nel 2018 potendo contare su armi di difesa prima sconosciute.
Fatta questa doverosa premessa, mi permetto di spingerti a vedere “Read Player One” per tre semplici e modesti motivi.
1) Steven Spielberg è un regista amato ed apprezzato in egual modo da differenti generazioni per il talento, sensibilità e semplicità dimostrate nel raccontare storie vere quanto di fantasia. Trovando il regista americano altresì il modo non soltanto di conquistare e strabiliare artisticamente e visivamente con uno stile di racconto e registico inconfondibili e unici, ma anche di trasmettere vivide e sincere emozioni. Steven Spielberg è un moderno cantastorie, capace di farti piangere, sorridere e riflettere con la stessa innata naturalezza e disarmante bravura. Chi ama il regista americano, non potrà sottrarsi alla visione di “Read Player One” perché come hanno scritto i veri critici “è una straordinaria e magnifica summa” del modo di fare e pensare cinema spielbergiana, evitando il facile rischio di apparire autoreferenziale, narcisista e supponente. continua su

http://www.nuoveedizionibohemien.it/index.php/appuntamento-al-cinema-51/

163) Nessuno come Noi (Luca Bianchini)

“Nessuno come noi” è un romanzo scritto da Luca Bianchini e pubblicato nel gennaio 2017 da Mondadori Editore.
Inutile girarci intorno chi ha avuto la fortuna di vivere gli anni 80 è stato allo stesso tempo un privilegiato, quanto oggi un nerd nostalgico senza speranza.
Gli Anni 80 sono stati gli anni in cui tutto era concesso senza pensare al futuro e alle conseguenze.
Il sottoscritto che ha vissuto quel periodo storico come nerd e teledipendente non poteva non essere attratto ed incuriosito dal nuovo romanzo di Luca Bianchini, che fin dalla quarta di copertina di prepara a un vero salto nel tempo stile “Ritorno al Futuro”
“Torino, 1987. Vincenzo, per gli amici Vince, aspirante paninaro e aspirante diciassettenne, è innamorato di Caterina, detta Cate, la sua compagna di banco di terza liceo, che invece si innamora di tutti tranne che di lui. Senza rendersene conto, lei lo fa soffrire chiedendogli di continuo consigli amorosi sotto gli occhi perplessi di Spagna, la dark della scuola, capelli neri e lingua pungente. In classe Vince, Cate e Spagna vengono chiamati “Tre cuori in affitto”, come il terzetto inseparabile della loro sit-com preferita. L’equilibrio di questo allegro trio viene stravolto, in pieno anno scolastico, dall’arrivo di Romeo Fioravanti, bello, viziato e un po’ arrogante, che è stato già bocciato un anno e rischia di perderne un altro. Romeo sta per compiere diciotto anni, incarna il cliché degli anni Ottanta e crede di sapere tutto solo perché è di buona famiglia. Ma Vince e Cate, senza volerlo, metteranno in discussione le sue certezze. A vigilare su di loro ci sarà sempre Betty Bottone, l’appassionata insegnante di italiano, che li sgrida in francese e fa esercizi di danza moderna mentre spiega Dante. Anche lei cadrà nella trappola dell’adolescenza e inizierà un viaggio per il quale nessuno ti prepara mai abbastanza: quello dell’amore imprevisto, che fa battere il cuore anche quando “non dovrebbe”. In un liceo statale dove si incontrano i ricchi della collina e i meno privilegiati della periferia torinese, Vince, Cate, Romeo e Spagna partiranno per un viaggio alla scoperta di sé stessi senza avere a disposizione un computer o uno smartphone che gli indichi la via, chiedendo, andando a sbattere, scrivendosi bigliettini e pregando un telefono fisso perché suoni quando sono a casa. E, soprattutto, capendo quanto sia importante non avere paura delle proprie debolezze.”

Il problema è, cari lettori, che l’intrigante e stimolante quarta di copertina, non trova adeguato riscontro nello sviluppo ed intreccio narrativo del romanzo
Luca Bianchini dimostra di conoscere pienamente e profondamente l’essenza e anima degli Anni 80, vivendoli nella fase dell’adolescenza, dove per un ragazzo non esistendo social network e cellulari , la massima goduria era vedere la domenica sera una puntata di Drive In su Italia Uno.
Bianchini trasmette nel testo le proprie emozioni, ricordi ed esperienze riuscendo a costruire una credibile, sincera e nostalgica cornice ambientale, in cui un lettore attempato non potrà che gustarsi rievocando la sua gioventù spensierata.
La storia in sé però risulta prevedibile e a tratti banale, non trovando mai un guizzo artistico, creativo e di pathos davvero significativo.
“Nessuno di noi” è un romanzo nel complesso ben scritto, leggero, scorrevole nella lettura, ma senza possedere una chiara e precisa identità narrativa.
Il lettore fatica ad entrare dentro una storia avara di un vero colpo di scena o di un evento che faccia fare al romanzo un salto di qualità.
Bianchini è bravo a “fotografare” l’epoca storica, a rievocare l’atmosfera, e il linguaggio giovanile, ma fallisce nel dare forza e profondità ai personaggi, non facendo scattare una vera empatia emotiva. con il lettore.
“Nessuno come noi” è un romanzo adatto al periodo estivo come lettura disimpegnata e allo stesso tempo è l’ideale per chi non si rassegna all’idea che i favolosi anni 80 siano finti troppo presto.

152) Tutti Vogliono Qualcosa

tutti vogliono qualcosa

Il biglietto d’acquistare per “Tutti vogliono qualcosa” è : 1) Neanche regalato 2) Omaggio 3) Di pomeriggio 4) Ridotto 5) Sempre

“Tutti vogliono qualcosa” è un film del 2016 scritto e diretto da Richard Linklater, con: Austin Amelio, Temple Baker, Will Brittain, Zoey Deutch, Ryan Guzman, Teyler Hoechlin, Blake Jenner, J. Quinton Jonson, Tanner Kalina, Glen Powell, Wyatt Russell, Juston Street, Forrest Vickery.

Tutti vogliono qualcosa, io ad esempio alla fine della proiezione dell’ultimo film di Linklater avrei voluto chiedere indietro due ore impegnate nella visione del nulla.
Due anni fa, Richard Linklater aveva stupito quasi tutti con il suo longevo e particolare film Boyhood, dimostrando di possedere, oltre che talento e creativà, una tenacia e una pazienza davvero uniche nell’aspettare dodici anni per finire di realizzare la pellicola.
Stavolta però i suoi pregi si sono trasformati nei suoi fatali punti deboli.
È difficile raccontare la trama di questo film perché, nonostante ci siano due ore incessanti di fitti dialoghi, si ha la sensazione di un’alluvione verbosa fine a se stessa.
L’incipit narrativo appare interessante, ambientando la storia all’inizio degli anni Ottanta e seguendo alcuni giovani studenti americani che si preparano ad affrontare l’esperienza universitaria.
I ragazzi non sono dei semplici studenti, ma anche validi e talentuosi giocatori di baseball, consapevoli delle loro doti e di poter aspirare a un futuro da professionisti.
Lo spettatore assiste alle loro discussioni e scherzi e alla voglia di divertirsi e di fare sempre e comunque festa. continua su

https://www.mygenerationweb.it/201606163165/articoli/palcoscenico/cinema/3165-tutti-vogliono-qualcosa-il-cazzeggio-universitario-in-un-film

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http://www.ibs.it/ebook/de-agr-vittorio/amiamoci-nonostante-tutto/9788891176837.html