“Intrigo bretone” è un romanzo scritto da Jean-Luc Bannalec e pubblicato da Beat edizioni il 16 Gennaio 2020.
Sinossi:
È primo mattino a Concarneau, la maestosa «città blu» gioiello della Bretagna. Il commissario Georges Dupin, come d’abitudine, siede ai tavoli dello storico ristorante Amiral con il giornale spiegato davanti a sé e il primo caffè della giornata. Da quando, in seguito a «certe controversie», è stato trasferito da Parigi alla remota provincia, la lettura dei quotidiani locali è un rigoroso rituale con cui si propone di penetrare i misteri dell’anima bretone e gli insoliti costumi di quella gente «ai confini del mondo». Quel giorno, tuttavia, a disturbare la sua lettura è l’insistente squillo del cellulare. All’altro capo, l’insopportabile voce di Kadeg, il più zelante dei suoi ispettori, lo informa di un fatto straordinario: un brutale omicidio ha sconvolto l’idilliaco Pont-Aven, un pittoresco villaggio divenuto celebre alla fine dell’Ottocento per la sua colonia di artisti, tra cui Paul Gauguin. La vittima è Pierre-Louis Pennec, novantunenne proprietario dell’Hotel Central, trovato morto nel suo ristorante: un albergatore leggendario, un’istituzione, proprio come lo erano stati suo padre e, prima di lui, sua nonna, Marie-Jeanne, fondatrice del Central e amica di tutti gli artisti che lo frequentavano. Chi ha potuto fare una cosa simile? Georges Dupin sa che il caso va risolto alla svelta: l’omicidio di un personaggio come Pierre-Louis Pennec ha colpito i bretoni al cuore e le pressioni delle autorità locali non tarderanno a farsi sentire. Per di più è alta stagione, un periodo in cui nessuno vuole vedere un assassino andarsene in giro a piede libero. Costretto a districarsi tra l’ostinato silenzio dei bretoni e il loro stile di vita, del tutto inconcepibile per un parigino doc come lui, il commissario Dupin non tarderà a rendersi conto che la vita apparentemente irreprensibile di Pierre-Louis Pennec nascondeva in realtà uno straordinario segreto.
Recensione:
In un’epoca culturale dove i generi letterari appaiano forzatamente “contaminati”, stravolti, modificati e dalle esigenze e smanie commerciali degli editori
E dove lo stesso lettore sembra aver “smarrito” il gusto, l’esigenza di leggere un testo classico, lineare quanto ben strutturato.
Ci piace sottolineare con questa recensione pasquale come sia ancora possibile leggere un romanzo giallo “tradizionale” apprezzando le doti creative e stilistiche di un autore privo di smanie da “nuovismo letterario ”.
“Intrigo bretone” può infatti definirsi un giallo “d’antan” a livello narrativo, strutturale e stilistico lasciando nel lettore una sensazione più che positiva
Jean -Luc Bannalec saggiamente ha evitato di seguire la moda del momento: inventarsi un nuovo sottogenere e/o “sporcare” quello già esistente.
L’autore nel costruire il “intrigo bretone” si rifà alla classica quanto solida tradizione gallista francese evitando rovinose quanto inutili fughe autoriali, o peggio ancora depauperando l’identità e vis narrativa del suo romanzo.
“Intrigo bretone” è una storia ben scritta, fluida, avvolgente per quanto sia drammaturgicamente prevedibile nello sviluppo.
Ma la suddetta “prevedibilità” non comporta noia o calo d’attenzione durante la lettura, anzi.
L’intreccio di “Intrigo bretone” riserva diversi quanto inaspettati colpi di scena, introdotti sempre con pazienza e cura dall’autore, facendo così salire costantemente l’interesse e curiosità sull’indagine.
Un’indagine su un duplice omicidio condotta dal bravo quanto burbero commissario Dupin che pagina dopo pagina ci appare il convincente trait d’union di tre celebri figure di poliziotto l’investigatore Nero Wolfe, il commissario Maigret ed il tenente Colombo.
“Intrigo bretone” è un piacevole “ritorno” alla tradizione di genere facendo riscoprire il piacere di leggere un gustoso romanzo giallo sia ai vecchi quanto nuovi lettori.