141) Dei

“Dei” è un film di Cosimo Terlizzi. Con Andrea Arcangeli, Martina Catalfamo, Luigi Catani, Angela Curri, Mathieu Dessertine. Drammatico. Italia 2018

Sinossi:

Martino ha 17 anni e vive in un casolare della campagna pugliese. Il padre di Nicola vive di espedienti e, nella percezione della moglie Anna, porta a casa solo rottami e miseria. L’unica proprietà di valore è un ulivo secolare in cortile, su cui però incombe la doppia minaccia dell’epidemia di origine batterica che ha colpito gli uliveti pugliesi e della sete di denaro di Nicola. Anche Martino vorrebbe vendere l’ulivo per potersi permettere gli studi all’università di Bari, dove il ragazzo scappa, insieme all’amica Valentina, ogni volta che ne ha l’occasione. E mentre assiste a una lezione d’arte in cui si parla delle divinità greche, i due si imbattono in Laura, una studentessa della Bari bene che li introduce in un mondo parallelo di musica, terrazzi condominiali e internazionalità.

Recensione:

Ricordo ancora quando la professoressa d’italiano, a scuola, riconsegnandomi l’ennesimo compito con il suo bel corredo di segni rossi mi ripeteva: “Vittorio, avresti anche delle discrete idee, solo che la forma con cui le esprimi lascia a desiderare”. Mia madre, sconsolata, leggendo il voto, rincarava la dose: “Se almeno rileggessi prima di consegnare, potresti evitare gli errori di ortografia”.

Oggi non posso non ripensare a quei momenti nello scrivere la recensione di “Dei”, opera prima di Cosimo Terlizzi, e mi duole non poco indossare i panni del maestrino. Questo, però, è il classico film “vorrei ma non posso”.

Il regista mi perdonerà la franchezza, ma per quanto siano comprensibili l’ardore artistico, il desiderio di dimostrare il suo talento e stupire con una storia diversa quanto autentica, la voglia di ripagare la fiducia dell’amico e produttore Riccardo Scamarcio, una tiratina d’orecchie è d’obbligo.

Il suo “Dei”, nonostante l’impegno e la passione profusi dal giovane e volenteroso cast, convince poco sia a livello drammaturgico che emotivo, risultando un ibrido confuso tra “Stand by me” di Rob Reiner e “Chiamami col tuo nome” di Luca Guadagnino, senza una chiara identità.

Forse la storia ha alla base elementi autobiografici, ma questo non evita che la visione sia, per il pubblico, faticosa e a tratti persino noiosa. continua su

http://paroleacolori.com/dei-opera-prima-cosimo-terlizzi/

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