X-Files: dove eravamo rimasti?
A Cura di Polifemo
Le prime due puntate della nuova edizione di X-Files trasmesse da FOX non rappresentano una novità mostruosa, anzi. Diverse sono le auto-citazioni ed è chiara la volontà autoriale di non spostare poco o punto di ciò che è, indubbiamente, un prodotto ben rodato. Senza dubbio, però, esistono alcune differenze importanti. La prima è la resa delle riprese in alta definizione, che consentono una valorizzazione della fotografia, specie degli esterni “naturalistici”, una migliore “lettura” della capacità espressiva degli attori nonché di un maggior impatto degli effetti speciali. Rispetto alle precedenti stagioni, questo X-Files è più disperato, tetro e crudele, uno specchio – direi – del Paese senza speranza che l’America è divenuta dopo l’11 settembre.
Oltre allo sviluppo della trama lo dimostra il frequente ricorso ai primi piani degli attori, specie di Mulder e Scully, che onusti di esperienza e di precedenti lavori anche di notevole qualità hanno una marcia in più di quando erano “pischelli” e senza una ruga. Duchovny – Mulder è più disincantato, ironico, ma sempre coraggioso e imprevedibile. Anderson – Scully ha qualche ruga in più (essere stata la psicologa di Hannibal o il cacciatore di serial killer in Nord Irlanda qualche grattacapo lo causa…), non sembra essere contenta delle scelte fatte in passato ma indossa dei tailleurini decisamente migliori degli straccetti da scampoli di grande magazzino che indossava nella serie primigenia.
I volti di X-Files sono una sorta di biglietto da visita della serie. La ricerca della “maschera” che comunica subito la propria natura è sempre stata chiara, anche per tagliare la narrazione e dargli più sostanza: come, per esempio, quando Dana Scully parla con la suora che dirige l’orfanotrofio finanziato da una fondazione equivoca capiamo subito che la “capa ‘e pezza” è loffia… E non mancano, inoltre, i marchettoni alla aziende: la marca del SUV di Scully è bene in vista, quella di pc e cellulari pure. Del resto, non si vive di soli UFO…
Passando alla trama, la prima puntata serve per trovare un motivo per riaprire gli X-Files. Mulder sta inguattato da qualche parte, Scully lavora presso un ospedale cattolico il cui nome suona come “Nostra Signora delle Disgrazie”, Skinner è sempre in FBI, solita stanza e, penso, solita carica di vice direttore. Il governo degli Stati Uniti è sempre pieno di zozzoni che complottano alle spalle dei cittadini ignari e anche gli alieni sembrano essere sempre in agguato.
Stavolta, però, è la televisione – che, come ricorda Enzo Iannacci, “ha la forsa d’un leun!” – nelle sembianze di un Giacobbo d’oltre mare, titolare di successo di un programma su complotti e misteri di grande successo, che innesca il ritorno in campo della coppia per indagare su caso misterioso di una giovane donna che viene rapita dagli alieni sovente e vanta DNA alieno e una buona dose di telepatia. Niente spoiler e vai con la seconda, dove Dana e Fox, riavuto il tesserino federale, indagano su giro di manipolatori di DNA. Unico spoiler concesso, si rivede l’Uomo Che Fuma, non tanto in salute ma vivo e sempre sfumacchiante (ma non dovevamo vederci più?).
In attesa di sapere questa miniserie dove andrà a parare, qualche parola sulla nuova rotta della fiction USA. L’11 settembre è stato un grande trauma per il Paese, così come la guerra nel Vietnam. Ma se nel caso del conflitto orientale il disorientamento creato dall’uso della menzogna da parte del Governo prima e della sconfitta militare poi hanno notevolmente abbassato l’autostima degli yankees al punto di vergognarsi quasi di essere, appunto, americani, “nine-eleven” li ha fatti cadere dal loro castello di incertezze nel fossato limaccioso dell’incertezza totale. Il verbo “to trust” è molto presente nella vita degli americani. Una frase di Giovanni (VIII: 12-30), “La verità vi renderà liberi”, è quella che vi accoglie quando entrate nella sede della CIA, a Langley. Credere in chi governa e credere che chi li governa dica sempre la verità è ossessione drammatica per loro ma una gioia per noi che ne apprezziamo le conseguenze di tale ossessione sul piano creativo.
Ari-To be continued…